Condanna generica al risarcimento del danno: va verificata la sola potenzialità lesiva del fatto di reato

Integrato il reato, pur se prescritto, non occorre la prova concreta del danno prodotto.

La Corte d’appello, pur riconoscendo l’integrazione del reato, aveva dichiarato la prescrizione per la contestata bancarotta preferenziale a carico di dirigenti e sindaci della fallita società, ed aveva al contempo revocato ogni statuizione sulla condanna generica al risarcimento del danno, ritenuto non provato dalle costituite parti civili. Impugnano quest’ultime in punto di risarcimento del danno ritenuto il reato e verificatane la potenzialità lesiva, ogni indagine sull’an e sul quantum risarcitorio era da ritenersi indebita ed eccessiva la competenza giudiziale del giudice penale. La Cassazione, Quinta sezione Penale, numero 22870, depositata il 30 maggio 2014, riconosce il vizio e rinvia ancora al nuovo giudice dell’appello per un nuovo determinare. La premessa il risarcimento del danno sopravvive alla prescrizione del reato, occorre rinviare al giudice civile. Sul punto le recenti Sezioni Unite, numero 40109/2013 dep. il 29 settembre dichiarata l’estinzione del reato, vengono meno gli interessi penali del procedimento, il giudice penale si spoglia definitivamente della faccenda processuale ed opera il rinvio al giudice civile, siccome sono esaurite le competenze processuali e penali ad accertare il fatto. L’articolo 622 fa “fermi gli effetti penali della sentenza”, non esaurisce il dovuto rinvio al giudice civile ai soli casi di accertamento penale già compiuto – dunque di una responsabilità penale già acclarata, nella geografia sostanziale - bensì ad ogni altro tipo di statuizione penalmente rilevante, tipo la declaratoria di intervenuta prescrizione, come nel caso in oggetto. Dunque, esaurito in ogni caso il processo penale – e i soggiacenti interessi generali alla sanzione del reo -, non resta che il giudice civile, non necessariamente da invocare in via autonoma dai danneggiati ex articolo 75 e ss. c.p.p., invece da richiedere su rinvio del giudice penale. Per la condanna generica al risarcimento del danno va solo verificata la potenzialità lesiva del fatto di reato. Non occorre alcun approfondimento d’indagine, da parte del giudice penale. La Corte d’appello non aveva riconosciuto il danno - pur ritenuti integrati gli elementi costitutivi del reato e la decorrenza del tempo necessario a prescrivere - siccome non provato dalle costituite parti civili. La Cassazione chiarisce vanno indagate le potenzialità lesive del fatto di reato ed il nesso di causalità fra fatto e pregiudizio. Nulla più, tanto meno occorre la specifica indagine su tipo e quantum di danno recato alle persone danneggiate. L’aleatorietà della valutazione giudiziale penale – seppur maturata in giudicato - povera di approfondimento, di fatto non vincola il giudice civile, che ben può giungere a conclusioni difformi quando la parte non sia stata in grado di allegare prove del danno recato, in armonica sintonia con lo stato giurisprudenziale prevalente in punto di danno, patrimoniale e non patrimoniale. E’ in bancarotta anche chi aggrava un dissasto già avanzato. Il dissesto finanziario può essere stato solo aggravato dai comportamenti colpevoli degli imputati. Occorre provare una semplice relazione di aggravamento della precarietà finanziaria già in atto. Cala la soglia della punibilità. Ad esempio anche nei casi in cui l’aggravamento sia stato innescato da ulteriori fatti autonomi, la giurisprudenza, ai limiti dell’ossequio del principio di offensività, è di sovente giunta ad un giudizio di responsabilità penale. Di fatto, anche la minima – e dolosa - deviazione dai criteri di buona gestione può rilevare, per la complessità e l’interdipendenza di sovente sfuggente dei fattori aziendali, sulla tenuta economica di un operatore già in dissesto. Per il colpevole non resterebbe che affidarsi alla verifica del dolo, spesso si tratta di comportamenti illeciti sorretti dalla mera volontà di impegnare le ultime chanches per la salvezza dell’azienda.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 aprile 30 maggio 2014, numero 22870 Presidente Lombradi – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propongono ricorso per cassazione, quali parti offese costituite parti civili T.M. e T.S. , rappresentate e difese dall'avvocato Fiore Marocchetti Anumero Ad. e gli eredi di T.R. , B.M.T. , T.B.M.C. , T.B.M.L. , T.B.F.M. , tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Renato Paparo C.A.T.M. , rappresentata e difesa dall'avvocato Livio E.G. Galliano A.M. , F.A. anche quale erede di F.M.V. , F.L. idem , Tr.Ma. anche quale esercente la potestà sulla figlia minore m. ed entrambi quali eredi di G.R. , tutti difesi e rappresentati dall'avvocato Gianfranco Ferreri B.M.L. anche quale erede di numero d.P.O. e di E.R.P. , numero d.P.F. quale erede del padre O. , numero d.P.P.G. F. idem , numero d.P.G.V. idem , tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Maurizio De Nardo D.V. , D.P. , D.A. , A.G. , numero M.G. tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Augusto Fierro avverso la sentenza in data 21 gennaio 2013, della Corte d'appello di Torino, nel processo a carico di Fr.Ro. e Fu.Fr. , limitatamente all'accoglimento del gravame del primo. Costoro erano stati rinviati a giudizio per rispondere, assieme ad altri imputati, tra l'altro, del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale capo A in relazione alla dichiarazione di insolvenza della Vincent Giorgio Sim spa una bancarotta caratterizzata dall'avere gli imputati cagionato, per effetto di operazioni dolose, il fallimento della stessa società menzionata attraverso la gestione, del tutto irregolare e fuori contabilità, delle posizioni di circa 67 clienti e dall'avere distratto oltre 8 milioni di Euro, corrispondenti al deficit fallimentare contabilmente ingiustificato, dovuto ai maggiori crediti dei clienti nei confronti della Sim, rispetto alle risultanze contabili. Peraltro Fr. e Fu. erano stati ritenuti, all'esito del giudizio di primo grado, concluso con sentenza del 1 marzo 2011, non colpevoli di tale reato ma di altri minori, pure loro rispettivamente ascritti e cioè, il Fr. , dei reati di cui ai capi C ed E bancarotta fraudolenta preferenziale in relazione alla dichiarazione di insolvenza, formulata con sentenza del 18 luglio 2003, della Vincent Giorgio Sim spa, posta in liquidazione coatta amministrativa bancarotta semplice consistita nell'avere concorso a cagionare ed aggravare il dissesto della società, con inosservanza degli obblighi di controllo incombenti ex lege sugli imputati, quali sindaci effettivi della nominata società e, il secondo, del solo capo E . Tale ultimo reato era stato contestato anche con l'aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità. Il solo Fr. era poi stato condannato al risarcimento del danno in favore delle parti civili in relazione al capo C . Invece Fu. con Fr. era stato condannato al solo pagamento delle spese sostenute nel grado dalle PPCC costituite. Il giudice dell'appello, adito dagli imputati e dalle parti civili B. nonché eredi di numero O. , pronunciando sui ricorsi degli imputati, ha ritenuto integrati tutti gli elementi costitutivi del reato di bancarotta preferenziale ma ha anche reputato il reato prescritto, al pari di quello sub E . Ha poi ritenuto fondate le doglianze sulle statuizioni civili, che, non provate, sono state revocate pronunciando sul ricorso delle parti civili, ha ritenuto errata la decisione del primo giudice, riguardo alla ammissione della costituzione di parte civile dei singoli creditori, nel processo per bancarotta, alla sola ipotesi di bancarotta fraudolenta preferenziale capo C e non anche al reato sub E , ma ha ritenuto, comunque, come già anticipato, insussistente la prova del danno liquidato in primo grado. Ha spiegato che, quanto al capo C , era mancato il danno patrimoniale, per la intervenuta restituzione della somma distratta, mentre il danno morale era rimasto non provato dalle parti civili richiedenti, che comunque lo avevano subito, semmai, in relazione al reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo A bancarotta fraudolenta impropria ex articolo 261 e 223 L. fall. per il quale gli imputati Fr. e Fu. non erano stati condannati quanto al capo E , il danno risarcibile, pur ipotizzabile in linea di principio, non poteva però farsi coincidere con quello determinato dalla condotta distrattiva del coimputato V. , ma avrebbe dovuto essere individuato in quello derivante, in forma diretta e immediata, dal ritardo imputato, appunto, al citato capo E un ritardo che aveva soltanto concorso ad aggravare il dissesto provocato da V. . Analoghe considerazioni valevano per il danno morale. Conseguentemente, il giudice dell'appello, ha revocato le statuizione civili del primo giudice che erano state, come detto, di condanna del solo Fr. , al risarcimento del danno, da liquidarsi in separato giudizio, e di riconoscimento di una provvisionale di 5000 Euro a titolo di danno morale e ha condannato le parti civili appellanti, poi risultate soccombenti, al pagamento delle spese processuali del grado. Nella illustrazione dei motivi di ricorso deve darsi preliminarmente atto che, in tutti gli atti di impugnazione in esame è stata fatta dichiarazione espressa o comunque chiaramente desumibile dalla illustrazione dei temi sollevati nei ricorsi stessi di limitazione delle doglianze alla revoca delle statuizioni civili pronunciate, dal giudice dell'appello, nei confronti di Fr. . Con la conseguenza che, non essendo stata attinta, dai ricorsi, la posizione di Fu. , è da ritenere frutto di errore la registrazione del relativo nominativo nel registro della Cancelleria centrale e nel ruolo di udienza. L'errore va emendato con la semplice eliminazione della iscrizione. Ha dedotto l'avv. Marocchetti per le PPCC T. , limitatamente, dunque, alla posizione di Fr. 1 il vizio della motivazione e la violazione dell'articolo 597 c.p. p., dovuti al fatto che la revoca delle statuizioni civili era stata disposta nonostante che il tema non fosse stato devoluto, in via autonoma, al giudice dell'appello l'imputato Fr. si era limitato, infatti, a richiedere la detta revoca soltanto quale conseguenza della, pure invocata, assoluzione dal reato presupposto mentre, nel caso di specie, quella era stata riconosciuta per una ragione del tutto diversa e cioè per la mancanza di prova del danno, mai sostenuta o allegata dall'allora appellante. La responsabilità per il reato era stata, sul piano argomentativo, il presupposto della dichiarata prescrizione. Non poteva, d'altra parte, trovare applicazione estensiva il disposto dell'articolo 574 comma quattro cpp. 2 il vizio della motivazione in ordine alla affermata insussistenza della prova del danno patrimoniale e morale. Il difensore cita le prove documentali e soprattutto la corrispondenza del commissario liquidatore, versate nel fascicolo ed attestanti la presenza e poi la scomparsa dei valori presenti sul conto corrente, presso la Sim, intestato le ricorrenti. A ciò aggiunge che la giurisprudenza della Cassazione sentenza numero 43434/2012 e numero 36657/2008 richiede, per la condanna generica al risarcimento del danno, la sola dimostrazione della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e del nesso di causalità tra tale fatto e il pregiudizio lamentato. Non è invece richiesta, in tale sede, la prova del danno effettivo e tantomeno di quello morale, trattandosi di un accertamento a sua volta solo presuntivo, incapace di creare un pregiudizio sull' an debeatur . Nello stesso senso cita le sentenze numero 20231/2012 e numero 9266 del 1994, rv 189917. Aggiunge, il difensore, che la nozione di danno morale risarcibile deve intendersi in termini assai più ampi di quelli di cui all'articolo 2059 cc, ossia non più soltanto come danno morale soggettivo, patema d'animo conseguente al fatto illecito, ma come comprensivo di tutte le conseguenze dell'illecito che non sono suscettibili di valutazione pecuniaria. Cita due sentenze della cassazione civile numero 8828 e numero 8827 del 2003 a sostegno del proprio assunto, avendo, tali pronunce, altresì sostenuto una lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 2059 cc che consentirebbe di ritenere risarcibile anche ogni danno non patrimoniale pure non conseguente areato ma a valori della persona costituzionalmente garantiti. Sostiene, in conclusione, che è impossibile ritenere inesistente il danno morale nella specie oltretutto liquidato dal primo giudice soltanto sotto forma di provvisionale in un caso, quale è quello di specie, in cui il ritardo con il quale venne dichiarato il fallimento, a seguito della colpevole condotta omissiva di Fr. , contribuì ad aggravare danno a carico dei clienti che avevano affidato alla Sim i loro risparmi. Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno. Il primo motivo è, in realtà, infondato. Come bene chiarito nella memoria difensiva depositata nell'interesse di Fr. a firma degli avv.ti Zaccone e Comellini, e come del resto è chiaramente desumibile dalla lettura dell'atto di appello redatto nell'interesse dell'imputato pagg. 33 e 34 , la revoca delle statuizioni civili era stata sollecitata non solo nella prospettiva della richiesta assoluzione dai reati contestati, ma anche, in subordine, con riferimento alla ipotesi della conferma delle responsabilità, con chiaro, per quanto implicito, riferimento, dunque alla prospettiva del fallimento della prova sul punto. Non si apprezza pertanto alcuna violazione del principio devolutivo. Invece è fondato il secondo motivo di ricorso. La sentenza impugnata ha affermato la insussistenza della prova perché non fornita dagli interessati del danno patrimoniale e morale, vantato dalle parti civili costituite, con riferimento alla posizione del solo condannato in primo grado al risarcimento, nel presente processo, e cioè Fr. . In particolare, i giudici a quibus hanno affermato che il danno morale, inteso come sofferenza morale derivata dai fatti di bancarotta fraudolenta di cui al capo A , non può riguardare il Fr. , assolto e non ve ne è altro, dimostrato, dipendente dalla bancarotta preferenziale di cui al capo C . Analoghi rilievi sono stati effettuati con riferimento al danno patrimoniale e morale dipendente dal reato sub E . In sostanza i giudici di secondo grado hanno eliminato la statuizione di condanna generica al risarcimento del danno e quella, conseguente, di pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva, da imputare al danno morale, ritenendo non fornita la relativa prova dalle parti civili richiedenti. Ebbene, come correttamente osservato dal difensore ricorrente, non viene qui in discussione il principio, pienamente condiviso, secondo cui, anche quando il fatto illecito integra gli estremi del reato la sussistenza del danno non patrimoniale non può mai essere ritenuta in re ipsa , ma va sempre debitamente allegata e provata da chi lo invoca, anche attraverso presunzioni semplici v. tra le molte, Sez.civ. 3, Ordinanza numero 8421 del 12/04/2011 Rv. 617669 . Diversamente da quanto opinato dalla Corte territoriale, non è questo stesso il principio da applicare in caso di condanna generica al risarcimento dei danni, pronunciata dal giudice penale in tale occasione non si esige alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando, la condanna generica, soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della esistenza di un nesso di causalità tra tale fatto e il pregiudizio lamentato Sez. 5, Sentenza numero 45118 del 23/04/2013 Ud. dep. 07/11/2013 Rv. 257551 conformi numero 191 del 2001 Rv. 218077, numero 12199 del 2005 Rv. 231044, numero 36657 del 2008 Rv. 241344, numero 14377 del 2009 Rv. 243310 sulla non necessità di motivazione v. Sez. 5, Sentenza numero 2113 del 29/01/1997 Ud. dep. 06/03/1997 Rv. 207007 . Tale stato della giurisprudenza penale trova speculare riscontro in quella civile che riconosce al condannato, in forma generica, al risarcimento del danno in sede penale, con devoluzione al giudice civile per la liquidazione il diritto di contestare tanto l'esistenza che l'entità in concreto di un pregiudizio risarcibile Sez. 3 civ., Sentenza numero 2083 del 29/01/2013 Rv. 625080 . Infatti, qualora il giudice penale limiti la sua decisione alla condanna generica al risarcimento dei danni, la sentenza, pur se passata in giudicato, non vincola il giudice civile demandato alla liquidazione, restando salvo il potere-dovere dello stesso di escludere l'esistenza del danno risarcibile o il suo collegamento causale all'illecito, ove la parte interessata non fornisca in concreto le relative prove Sez. 3, Sentenza numero 7695 del 21/03/2008 Rv. 602218 . In sostanza non è richiesto che il danneggiato provi, nella sede penale, l'effettiva sussistenza e la concreta entità dei danni, mentre l'unica prova della quale il giudice è onerato, e cioè quella dell'inverarsi di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, nella motivazione della sentenza impugnata è stata illustrata. E ciò con riferimento sia alla astratta riconducibilità del danno, per i singoli creditori, anche alla ipotesi di bancarotta semplice pag. 18 della sentenza , sia con riferimento al fatto che il danno patrimoniale e morale, nella specie, era stato dedotto e allegato sulla base della consulenza tecnica t. . D'altra parte, appare del tutto apodittica la radicale negazione, da parte del giudice dell'appello, della configurabilità di un danno, sia patrimoniale che morale, derivante dai reati in ordine ai quali il Fr. è stato ritenuto risposabile e specialmente da quello di concorso nell'aggravamento del dissesto della società per inosservanza degli obblighi di controllo una negazione solo assertiva perché fondata sul non dirimente presupposto che anche altro reato quello di bancarotta fraudolenta sub A ascritto ad altri coimputati sarebbe stato causa di danni patrimoniali e morali per le parti civili. Ed invece, l'aggravamento del dissesto, pur essendo determinato da una condotta che necessariamente si innesta su quella di altri produttiva ab origine del dissesto stesso non per tale sua natura perde, sul piano della causalità o della interruzione del relativo nesso, la capacità di essere, a propria volta, idonea a produrre direttamente un danno sia patrimoniale che morale, che è quello derivante dall'aggravamento delle conseguenze del primo reato una condizione che la giurisprudenza non esita a considerare autonoma e sufficiente fonte di danno vedi, tra le molte, Sez. 4, Sentenza numero 24997 del 22/03/2012 Ud. dep. 21/06/2012 Rv. 253303 Sez. 5, Sentenza numero 17021 del 11/01/2013 Ud. dep. 12/04/2013 Rv. 255089 Sez. 5, Sentenza numero 17690 del 18/02/2010 Ud. dep. 07/05/2010 Rv. 247316 . In tale prospettiva, nella quale non si è in presenza di un mero giudizio di fatto come tale incensurabile in cassazione, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa dell'imputato, deve ritenersi, al contrario, censurabile la statuizione di revoca della condanna generica, del Fr. , al risarcimento del danno, mentre la analoga questione, posta dalla difesa, volta ad aggredire la revoca anche della provvisionale immediatamente esecutiva, resta assorbita, trattandosi di decisione comunque travolta dall'accoglimento del motivo sulla condanna generica, perché dipendente da questa, e destinata a divenire eventuale materia di devoluzione al giudice civile. Ha dedotto l'avv. Paparo per Anumero e eredi T. , sempre limitatamente alla posizione di Fr. 1 motivo analogo al primo motivo illustrato sopra 2 la violazione degli articolo 538 e segg. e 578 cpp. La affermazione di responsabilità per il reato sub E avrebbe dovuto comportare la statuizione civile conseguente posto che è del tutto illogico ritenere, in contrario, che il ritardo con cui è stato dichiarato il fallimento, a seguito della condotta colpevole di Fr. , non abbia cagionato un danno a chi, con il fallimento della Sim, ha perso gran parte dei propri risparmi. Tali soggetti avevano documentato le domande di risarcimento del danno patrimoniale e morale, fondatamente richiesto a colui che avrebbe potuto, con la condotta doverosa impostagli dalla legge, impedire o attenuare le conseguenze dannose della condotta distrattiva di V. . Inoltre, anche l'ipotesi di reato sub C comportava un evidente danno per le stesse parti civili, essendo rimasto accertato che l'imputato, compreso lo stato di decozione della società, si era adoperato per far recuperare alla propria moglie l'intero investimento. Tale condotta doveva avere necessariamente cagionato un danno anche solo morale in chi aveva confidato nella onestà del soggetto che era preposto al controllo del regolare comportamento degli amministratori 3 motivo analogo a quello illustrato sub 2 con riferimento al ricorso dell'avvocato Maroccheti. Il ricorso è fondato per le ragioni sopra illustrate, da intendersi qui richiamate. In più, deve riconoscersi la fondatezza della doglianza sulla manifesta illogicità della decisione del giudice a quo di negare la configurabilità del danno morale in relazione al reato di bancarotta preferenziale. Si tratta di una ipotesi di reato rimasta accertata nel senso della ritenuta consapevolezza e intromissione del ricorrente nella liquidazione preferenziale della somma apparentemente esistente sul conto che la moglie aveva attivato, presso la Sim, per la gestione dei propri investimenti. Risulta conseguentemente quantomeno apodittica se non gravemente carente, l'affermazione dei giudici secondo cui tale condotta dell'imputato non giustificherebbe l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno morale, essendo, al contrario, assolutamente evidente, al di là della allegazione di specifica prova e dunque ai fini della già pronunciata condanna generica che si è trattato di condotta non solo dotata di potenziale capacità lesiva rispetto alla sfera morale del richiedente ma, altresì, legata da un nesso di causalità col pregiudizio lamentato capacità lesiva e nesso di causalità configurabili in relazione al patema d'animo cagionato nei soggetti, quali le parti civili ricorrenti, che, dalla figura legale del prevenuto, avrebbero essere semmai tutelati e non certo danneggiati a vantaggio di altri creditori a quello vicini. Ha dedotto l'avv. Galliano per C. , ancora una volta nei confronti del solo Fr. , dopo avere premesso di essersi costituita contro tale imputato per il solo danno morale 1 il vizio della motivazione. Segnala il travisamento in cui è incorsa la Corte d'appello nel ritenere che il giudice di primo grado avesse ritenuto configurabile il danno soltanto con riferimento all'ipotesi di bancarotta preferenziale e non anche a quella di bancarotta semplice. Era vero il contrario, essendo, il capo E , esplicitamente menzionato nella motivazione, a pagina 30, e non potendo spiegare alcuna efficacia contraria il fatto che il coimputato Fu. , destinatario della sola contestazione sub E , sia stato riconosciuto esente da responsabilità civile 2 il vizio della motivazione in ordine alla esclusione del danno morale, che la parte civile C. ha assunto di avere subito. La Corte territoriale, invero, ha comunque affermato che la legittimazione alla costituzione di parte civile dovesse riconoscersi anche con riferimento alle reato sub E , ma ha poi negato la prova del danno vantato. Una simile affermazione è però in contrasto con quella, pure contenuta nella motivazione, secondo cui il danno sarebbe stato allegato sulla base delle conclusioni della perizia t. . A questa era da aggiungere la testimonianza del professor G. . Entrambe le emergenze dimostravano che il danno subito dalla ricorrente era di oltre 770 mila Euro una somma enorme, la cui perdita, al tempo temuta come definitiva, aveva creato nella ricorrente, in virtù di una conoscenza notoria dei fatti, un patema d'animo e un senso di paura per il futuro. A tali rilievi la difesa aggiunge quello, sopra formulato dai precedenti difensori, sulla giurisprudenza di legittimità che non richiede, per la condanna generica al risarcimento del danno, un'indagine sulla concreta esistenza del danno medesimo. Inoltre si deduce il vizio della motivazione con riferimento al giudizio collettivo espresso dal giudice dell'appello un giudizio che ha consentito al giudice di estendere alla ricorrente il principio del carattere immediato e diretto che deve caratterizzare il danno patrimoniale, nonostante che la stessa avesse richiesto soltanto il danno morale. Questo, d'altra parte, non è suscettibile di una prova tangibile ne è misurabile, tanto da essere affidato alla saggia valutazione del giudice e comunque discende chiaramente dalle condotte delittuose contestate, per le ragioni sopra già evidenziate dagli altri ricorrenti. In data 10 aprile 2014, il difensore ha presentato una memoria con la quale fa proprio e denunzia a propria volta la violazione del principio devolutivo. Il ricorso è fondato. Valgono, in proposito, tutte le considerazioni sopra già formulate. A queste va, tuttavia, aggiunto che il danno morale, nella specie, è stato negato, dal giudice a quo, per mancata prova da parte dell'interessato, sicché le ulteriori ed ultime considerazioni da parte del ricorrente, sulla qualità del rapporto che deve legare il fatto delittuoso a tal genere di danno, appaiono prive di rilevanza. Esse sono comunque anche manifestamente infondate posto che anche la giurisprudenza civile conferma che debba individuarsi una relazione di immediatezza tra il fatto reato e il danno morale risarcibile V. Sez. U civ., Sentenza numero 9556 del 01/07/2002 Rv. 555495 . Valgono peraltro le considerazioni svolte in tema di presupposti per la emissione di condanna generica al risarcimento del danno presupposti che non comprendono una indagine del giudice e tantomeno una allegazione dell'interessato, sulla effettiva sussistenza ed entità del danno medesimo. Deduce l'avv. F. per A. , i F. e Tr. ancora una volta nei confronti del solo Fr. 1 la violazione del principio devolutivo ai sensi dell'articolo 597 comma primo c.p.p. negli stessi termini già illustrati in riferimento alle precedenti posizioni v. ricorso avv. Marocchetti per T. il correlato vizio di motivazione nella forma del travisamento dei motivi di appello, con particolare riguardo alle conclusioni contenute a pagina 42 2 la inosservanza degli articoli 538 e seguenti cpp, in riferimento all'articolo 185 c.p., nonché il vizio di motivazione. Anche tale difensore ricorda che, nella sentenza impugnata, è stata ribadita la affermazione di responsabilità dell'imputato Fr. sia in ordine al reato di cui al capo C pagina 15 con esplicito riferimento al conseguente danno per il ceto creditorio, sia in ordine al reato di cui al capo E pagina 17 . Su tale base, doveva ritenersi ultronea, alla stregua della costante giurisprudenza di legittimità, la pretesa una volta deciso di pronunciare condanna generica al risarcimento dei danni della allegazione del concreto danno risarcibile richiesto. In ogni caso, la prova del danno in questione era già presente nelle risultanze dibattimentali, sicché è manifestamente illogica la affermazione della sentenza impugnata pag. 19 secondo cui sarebbe mancata la prova ai fini della dimostrazione del danno morale dal reato sub E posto che quello patrimoniale doveva farsi discendere dal reato di bancarotta fraudolenta sub A della incidenza del ritardo sulle sfere patrimoniali dei singoli creditori. Era vero, al contrario, che tale prova si ricavava dalla stessa sentenza pagg. 16 e 17 ove era stato precisato che il ritardo imputato al sindaco Fr. aveva avuto inizio il 31 agosto 2001 data nella quale era stato notiziato delle irregolarità, dalla apposita società di revisione, come peraltro ammesso dallo stesso Fr. quando la condotta tenuta dal ricorrente era stata quella di un controllo meramente formale della gestione del tutto anomala del conto intestato all'amministratore V. . Dunque, si ricavava dalla stessa sentenza che il periodo di rilievo per la incidenza del ritardo sull'aggravamento della posizione dei creditori era quello compreso tra la detta data del 31 agosto 2001 e quella del commissariamento della Sim ottobre 2002 . In aggiunta, il difensore analizza le posizioni di ciascuna delle parti civili da esso assistite, ponendo in evidenza quanto, in riferimento a ciascuna di esse, era emerso sia dalla relativa deposizione testimoniale che dalla perizia t. nonché dai relativi allegati, riversati sul CD , tale da dimostrare i movimenti fatti dai clienti in momenti successivi alla data del 31 agosto, correlati al conto personale di V. e a specifiche e ricostruite iniziative fraudolente di costui, nonché le fasi nelle quali ciascuno di essi aveva avuto contezza dell'azzeramento del proprio conto per fatti estranei alla propria volontà. Chiede, in conclusione, l'annullamento della sentenza impugnata, agli effetti civili, e la condanna del Fr. al pagamento delle spese di PC sostenute nel grado di appello nonché nel giudizio di cassazione. Il ricorso è parzialmente fondato. Il primo motivo è infondato per quanto detto sopra. Il secondo motivo, volto a denunciare il vizio della motivazione e la violazione di legge in riferimento alla statuizione di revoca della condanna generica al risarcimento del danno richiesto come danno morale e alle statuizione che da questa sono dipese in tema di spese è fondato e va accolto con le precisazioni che di seguito si illustreranno. Vale, anche per le posizioni qui in esame, il principio di diritto, sopra più ampiamente illustrato, circa la non necessità, in sede di condanna generica al risarcimento del danno, di indagine alcuna, volta ad accertare la effettiva e concreta sussistenza del danno lamentato. Tantomeno è ammissibile una motivazione che fondi la revoca della condanna generica precedentemente emessa, sul rilievo del mancato assolvimento dell'onore della prova, da parte dell'interessato, su tale specifico punto. La sentenza deve dunque essere annullata in riferimento al punto delle statuizioni civili revoca della condanna generica al risarcimento del danno mentre in relazione alla conseguente mancata condanna del Fr. alle spese sostenute dalle PPCC nel grado di appello, la tematica è destinata ad essere devoluta al giudice civile che la esaminerà e la affronterà sulla base del principio della soccombenza. Proprio per le ragioni dette sopra, risulta invece irrilevante la ulteriore doglianza volta dimostrare che la prova del danno in questione sarebbe stata già acquisita dal giudice di secondo grado, come desumibile dal testo stesso della sentenza impugnata e da emergenze probatorie singolarmente indicate. A parte la natura fattuale di tali emergenze, come tali non valutabili nella sede della legittimità, la verifica della eventuale mancata valutazione, da parte del giudice del merito, della prova che sarebbe già stata acquisita in ordine al danno morale patito dalle ricorrenti parti civili quale conseguenza dei fatti dolosi accertati sarebbe del tutto priva di rilievo in un caso, quale quello in esame, nel quale è comunque il giudice civile quello deputato, in base al sistema processuale,dopo la condanna generica al risarcimento pronunciata dal giudice penale, alla indagine sulla sussistenza del danno concreto e sulla sua entità. Va anche affermata la sospensione, allo stato, di ogni decisione sulla richiesta delle ricorrenti PPCC quelle il cui ricorso è qui specificamente in esame e comunque tutte le ricorrenti il cui ricorso è stato accolto nella presente sede di vedersi liquidate le spese sostenute nel procedimento di cassazione, atteso che essa dipenderà dalla attuazione del principio di soccombenza da verificarsi in base all'esito finale del processo Sez. 4, Sentenza numero 4497 del 15/10/1999 Ud. dep. 13/04/2000 Rv. 216462 . Ha dedotto l'avv. De Nardo per B. e per numero d.P.F. , P. e G. , in proprio e nelle qualità gli ultimi tre, soltanto di eredi, ancora una volta nei confronti del solo Fr. essendo state le sole parti civili che avevano appellato la sentenza di primo grado per vedere aumentata la entità della provvisionale e delle spese esse avevano, invece, visto respingere le proprie richieste, con conseguente condanna anche al pagamento delle spese processuali. 1 la inosservanza dell'articolo 597 comma 1 cpp. Si sostiene che al par. 12 dei motivi di appello di Fr. era stata richiesta la revoca della provvisionale e la revoca, altresì, delle ulteriori statuizioni civili ma solo quale conseguenza della invocata assoluzione dei reati. Non veniva, viceversa, contestata in via autonoma la sussistenza del danno. In tal caso, non poteva operare l'effetto estensivo dell'impugnazione, previsto per casi assolutamente specifici dell'articolo 574 cpp 2-3 la erronea applicazione dell'articolo 185 c.p. nonché degli articolo 538 e segg cpp e il vizio della motivazione. Anche tale difensore sottolinea l'errore della Corte di merito nel ritenere che il giudice di primo grado avesse escluso il reato di cui al capo E dal novero di quelli che potevano costituire fonte di responsabilità civile per l'imputato Fr. . Tale travisamento, invero comunque reso inefficace dalla contraria conclusione poi raggiunta dal giudice di secondo grado sul punto, era stato seguito dal riconoscimento del fatto che il reato in questione era legato da nesso di causalità, al dissesto. Per tale ragione poteva sostenersi che fosse stato lo stesso giudice dell'appello ad affermare la sussistenza del rapporto di immediatezza fra la condotta e l'aggravamento del dissesto, che, nei confronti delle parti civili, si era manifestato in un danno ai singoli patrimoni. In altri termini,il riconoscimento, contenuto in sentenza, che la condotta anche solo colposa del Fr. aveva aggravato il dissesto della società ed aveva quindi concorso ad aumentare le perdite dei clienti costituiva una affermazione completa della esistenza del rapporto diretto di causalità tra la condotta di rilievo penale e il danno morale patito dai clienti, a nulla rilevando che altra fonte del dissesto fosse da individuare nelle condotte distrattive. Analoghe considerazioni il difensore formula con riferimento alla illustrazione, in sentenza, del reato di bancarotta preferenziale al danno al ceto creditorio che secondo gli stessi giudici v. p. 15 ne è seguito. Aggiunge che nel processo erano state acquisite attraverso la deposizione della querelante B. , della teste c. , del perito t. e la produzione documentatele prove del danno patito dalle ricorrenti PPCC e soprattutto dal loro dante causa. Si trattava in particolare di quelle che avevano riguardato il profondo stato di prostrazione in cui era caduto numero O. che, a causa del comportamento delittuoso subito, si era tolto la vita e, altresì, di quelle che dimostravano i nuovi versamenti delle PPCC, poi oggetto di malversazione, anche quando vi erano già i segnali che rendevano indispensabile l'intervento del Fr. dopo agosto 2001 . Il danno subito era dunque non solo morale ma anche patrimoniale e derivava anche dalla bancarotta preferenziale come attestato in sentenza con la menzione al danno che ne era derivato al ceto creditorio. Anche tale difensore chiede la applicazione della giurisprudenza di legittimità che esclude, in caso di condanna generica al risarcimento del danno, la necessità della prova, in sede penale, della effettiva esistenza del danno stesso. 4 la inosservanza dell'articolo 592 cpp in relazione alla condanna al pagamento delle spese processuali. Le parti civili appellanti, infatti, non dovevano essere condannate alle spese perché avevano visto accogliere parte del loro gravame, concernente l’”interpretazione e la portata dell'articolo 240 L. fall. pag. 18 sentenza . In udienza il difensore ha dichiarato di rinunciare alla impugnazione sulla provvisionale. Il ricorso è parzialmente fondato. Il primo motivo è, infatti, infondato per le ragioni sopra esposte a proposito di analoga censura formulata da altri ricorrenti. Il secondo e terzo motivo sono, invece, fondati per le ragioni già illustrate a proposito di analoghe questioni poste dall'avv. Marocchetti. L'ultimo motivo è fondato e va accolto, atteso che la condanna delle parti civili allora appellanti, al pagamento delle spese processuali di quel grado, non è più giustificata dal principio della soccombenza, una volta riconosciuto il carattere indebito delle statuizioni civili di revoca che le avevano colpite e tenuto conto, altresì, dello specifico profilo di successo da esse conseguito in punto di legittimazione alla costituzione di parte civile in relazione al reato sub E . Deduce l'avv. Fierro per D.V. , P. ed A. nonché per As.Gi. e numero M.G. . 1 la inosservanza dell'articolo 597 comma 1 cpp, nei termini sopra già illustrati dagli altri difensori ricorrenti sullo stesso punto 2 la violazione degli articolo 538 e segg. cpp e il vizio della motivazione. Sostiene il difensore che illegittimamente sono state negate, in danno delle PPCC, conseguenze di natura patrimoniale e morale per effetto delle condotte ascritte al Fa. ai capi C ed E . Al contrario la logica avrebbe voluto che le gravi omissioni del Fr. fossero poste in rapporto di causalità con le diminuzioni patrimoniali subite dalle PPCC, clienti della Sim gestita dal coimputato V. . Infatti, tale omissione di controllo, doverosa quantomeno a partire del mese di agosto 2001, doveva ritenersi causa diretta delle perdite che le parti civili avevano dovuto registrare in riferimento agli investimenti da esse effettuati, successivamente alla detta data. Comunque era impossibile sostenere la inesistenza di un patema d'animo correlato alle dette condotte, invece ravvisabile perché determinato dal tradimento della fiducia riposto dalle ricorrenti nel soggetto deputato al controllo della regolarità della gestione della SIM. Inoltre le ricorrenti lamentano la mancata valutazione della loro specifica posizione, essendo stata fornita, nel processo, la prova che, dopo la data del 31 agosto 2001, e precisamente nel 2002 esse avevano versato 100.000 dollari. Rilevante deve ritenersi, ai fini che ci occupano, anche l'accertamento della responsabilità per la peculiare fattispecie di bancarotta preferenziale accertata. Ma soprattutto decisiva è la giurisprudenza già citata da tutti i precedenti ricorrenti in punto di condanna generica al risarcimento del danno. Il ricorso è fondato in parte qua, per tutte le assorbenti ragioni sopra esposte e nei limiti già indicati. Con riferimento alla richiesta di rifusione delle spese sostenute dalle Parti civili ricorrenti, ci si riporta a quanto sopra osservato replicando ai motivi di ricorso di A. , F. e Tr. e cioè al principio secondo cui tale domanda dovrà essere vagliata dal giudice civile e troverà soluzione in base al definitivo accertamento sulla soccombenza. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata, nei confronti di Fr.Ro. , limitatamente alle statuizioni civili, con rinvio al giudice civile compente per valore in grado di appello. Annulla senza rinvio la condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di appello, nei confronti degli eredi numero d.P.D.V.O. e di B.M.L. .