La semplice ritenzione precaria non costituisce appropriazione indebita se attuata a garanzia di un preteso diritto di credito e conservando la cosa a disposizione del proprietario, condizionandone la restituzione all'adempimento della prestazione cui lo si ritiene obbligato.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 22188, depositata il 29 maggio 2014. Il caso. Un'autovettura Ferrari California era stata sequestrata in via preventiva e il Tribunale del Riesame di Lecce aveva confermato la revoca del provvedimento impugnato. A provocare il ricorso in Cassazione una questione di cessione di uso dell'auto che, in un primo momento era stata consegnata in uso ad un uomo da una società di leasing e, successivamente, ceduta ad altro soggetto, quello accusato di appropriazione indebita. Il punto controverso segnalato era dato dal fatto che la società di leasing non aveva mai accettato il nuovo contratto che, quindi, agiva contro il secondo individuo denunciandolo di appropriazione indebita. La revoca del sequestro preventivo. Il secondo individuo aveva ottenuto la revoca del sequestro preventivo, dimostrando che la detenzione dell'auto era frutto di un contratto stipulato con il primo. La revoca ottenuta dal pm veniva, poi, confermata dal Tribunale che rilevava l'assenza dell'elemento soggettivo dell'appropriazione indebita, evidenziando che il contratto e il pagamento dei canoni determinava un possesso precario dell'autovettura, e quindi una mera ritenzione precaria attuata a garanzia di un preteso diritto di credito alla restituzione dei canoni già pagati. E se invece ci fossero gli elementi dell'appropriazione indebita? Seguendo tale tesi il primo soggetto ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che il contratto di cessione era privo di efficacia, avendo la società di leasing rifiutato la cessione repentinamente. Da qui, si assumeva che la mancata restituzione si configurasse come comportamento uti dominus che integra il reato di appropriazione indebita e non una mera ritenzione perché il diritto preteso è ancora dubbio e certamente non accertato giudizialmente. Ritenzione sì ma non c'è interversione del possesso. La Suprema Corte non ritiene che la mancata restituzione di un bene realizzi l'ipotesi delittuosa se non quando si accompagni all'elemento soggettivo di convertire il possesso in proprietà. Come è stato sottolineato in arresti precedenti della Cassazione, il diritto di ritenzione attua una forma di autotutela in deroga alla regola per cui nessuno può farsi giustizia da sé e che non integra appropriazione indebita la condotta di chi, a fronte dell'inadempimento del debitore, eserciti a fini di garanzia del credito il diritto di ritenzione sulla cosa detenuta in ragione di un rapporto obbligatorio, salvo che compia sul bene atti di disposizione sintomatici della volontà di effettuare l'interversione del possesso.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 marzo – 29 maggio 2014, numero 22188 Presidente Gallo – Relatore Taddei Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Lecce decidendo sull'appello presentato nell'interesse di E.C., avverso la revoca del sequestro preventivo, confermava il provvedimento impugnato. Il sequestro riguardava un'autovettura Ferrari California, consegnata in uso a E.C. dalla Neos Finance SpA in esecuzione di un contratto di leasing e successivamente, ceduta in uso a S.M. in qualità di amministratore della Esse Auto srl con un contratto non accettato dalla società di leasing e sottoposta a sequestro preventivo dal GIP del Tribunale di Lecce, per un ipotesi di appropriazione indebita, quando lo S. si era rifiutato di restituire l'autovettura. La Esse auto aveva, poi, chiesto ed ottenuto dal P.M. la revoca del sequestro , dimostrando di detenere l'autovettura in virtù del contratto stipulato con E. al quale stava dando esecuzione avendo provveduto al pagamento dei canoni di leasing. 1.1 Il Tribunale, ravvisando che nei fatti in esame poteva profilasi l'assenza dell'elemento soggettivo dell'appropriazione indebita, tenuto conto del contratto intervenuto con l'E. e del pagamento dei canoni e,pertanto, del possesso precario dell'autovettura da parte dello S., determinata dalla semplice ritenzione precaria , attuata a garanzia di un preteso diritto di credito alla restituzione dei canoni pagati, confermava la revoca del sequestro. 1.2 Avverso tale provvedimento propone ricorso il difensore di fiducia di E., chiedendone l'annullamento e deducendo la violazione dell'articolo 606 comma 1 lett.c in relazione all'articolo 321 comma 1 e 3 cod.proc.penumero ed il travisamento della prova. Lamenta in particolare due errori di valutazione del Tribunale il documentato mancato pagamento dei canoni di locazione, del quale il Tribunale non ha tenuto conto e la circostanza che la mancata accettazione del nuovo contraente da parte della Neos Finance SpA era stata repentina e pertanto doveva intendersi privo di efficacia il contratto di cessione. Ne consegue che la mancata restituzione del bene si configura come intenzione di comportarsi rispetto allo stesso come un proprietario, con la conseguenza che sussistono tutti gli elementi del reato di appropriazione indebita la mancata restituzione non può qualificarsi come diritto di ritenzione perché dubbio è il preteso diritto e non ancora giudizialmente accertato. La revoca del sequestro,inoltre, è illegittima perché disposta fuori dai canoni dettati dell'articolo 321 cod.proc.penumero non essendo affatto mutato lo stato di fatto che aveva determinato il sequestro e sussistendo al momento della revoca tutti gli elementi di fatto che avevano determinato la misura cautelare. Considerato in diritto 2. Il ricorso non è fondato. 2.1 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il collegio condivide e fa propria, l'omessa restituzione della cosa non realizza l'ipotesi del reato di cui all'articolo 646 c.p. se non quando si ricollega oggettivamente ad un atto di disposizione uti dominus e soggettivamente all'intenzione di convertire il possesso in proprietà ne deriva che la semplice ritenzione precaria, attuata a garanzia di un preteso diritto di credito conservando la cosa a disposizione del proprietario e condizionando la restituzione all'adempimento della prestazione cui lo si ritiene obbligato, non costituisce appropriazione perché non modifica la natura del rapporto giuridico fra il bene e la cosa numero 9410 del 1981 Rv. 150664 ,numero 10774 del 2002 rv 221522 . 2.2 E' stato in particolare, osservato nella sentenza numero 17295 del 2011 di questa stessa sezione, che la dottrina individua il c.d. diritto di ritenzione quando, di fronte al mancato tempestivo adempimento dell'obbligazione, il creditore che detenga in ragione del rapporto obbligatorio una cosa di proprietà del debitore può rifiutarsi di restituirla fino a quando l'obbligazione non sia adempiuta e che tale concetto è del tutto conforme ai principi della giurisprudenza di legittimità che ha sottolineato come il diritto di ritenzione previsto dall'articolo 1152 c.c., attuando una forma di autotutela in deroga alla regola per cui nessuno può farsi giustizia da sè, costituisce istituto di carattere eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica e che compete quindi solo al detentore qualificato . Cassazione civile, sez. 2, 19/08/2002, numero 12232 e che pertanto non integra il delitto di appropriazione indebita il creditore che, a fronte dell'inadempimento del debitore, eserciti a fini di garanzia del credito il diritto di ritenzione sulla cosa di proprietà di quest'ultimo legittimamente detenuta in ragione del rapporto obbligatorio, a meno che egli non compia sul bene atti di disposizione che rivelino l'intenzione di convertire il possesso in proprietà. 2.2 Ciò premesso, le censure che muove il ricorrente non intaccano il principio non il preteso mancato pagamento dei canoni del leasing, che il Tribunale definisce in termini di importo consistente sempre incamerati senza riserva alcuna, dalla Neos Finance SpA. Pagamenti che il ricorrente contesta senza tuttavia,allegare la prova di quanto afferma e rinviando in modo improprio ad una produzione che non può valere in sede di legittimità, ove vige il principio di autosufficienza del ricorso. 2.3 Neanche appropriato è il richiamo ad un necessario mutamento del quadro processuale di riferimento come pretende il ricorrente per aversi la revoca del provvedimento di sequestro ben potendo tale revoca derivare dalla valutazione di un elemento decisivo nel caso in esame la ricezione dei canoni pagati dalla Esseauto da parte della Neos, in aperto contrasto con il diniego di riconoscere la modifica del contraente non compiutamente valutato nelle precedenti decisioni, come è avvenuto nel caso in esame. Sicuramente non autorizza tale interpretazione il tenore letterale dell'articolo 321 cod.proc.penumero ove si prevede l'immediata revoca del sequestro quando risultino mancanti anche per fatti sopravvenuti,le condizioni di applicabilità, con tale congiunzione intendendosi sicuramente una carenza originaria. Il ricorso,pertanto, deve essere rigettato ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.