L'amministratore di condominio non è legittimato a tutelare i singoli condomini

L'amministratore del condominio non può agire per tutelare i diritti dei singoli condomini essendo legittimato solo per la tutela dei beni comuni.

L'azione diretta al risarcimento del danno ex articolo 1669 c.c. relativa ai gravi vizi e difetti riscontrati nelle singole unità immobiliari è preclusa all'amministratore di condominio rimanendo nella disponibilità dei singoli proprietari che, in ipotesi, potrebbero anche decidere di non coltivare l'azione. Con la sentenza numero 10855 del 16 maggio 2014, la Cassazione affronta un tema di estrema delicatezza. Vertendo in materia di gravi vizi e difetti dell'immobile, si tratta di tracciare la linea di demarcazione tra i poteri attribuiti all'amministratore di condominio per la tutela dei beni comuni ed i poteri riservati, invece, ai proprietari delle singole unità immobiliari. Contestati i gravi vizi e difetti dell'immobile . L'amministratore di condominio dichiara guerra alla ditta venditrice denunciando l'esistenza di gravi vizi e difetti e chiedendo, conseguentemente, il risarcimento dei relativi danni. In particolare, veniva denunciata l'esistenza di gravi carenze strutturali con problemi di staticità nonché l'esistenza di irregolarità nella realizzazione dell'impianto elettrico. In particolare, veniva denunciata l'esistenza di vizi di costruzione afferenti le singole unità immobiliari consistenti in fessurazioni dei parapetti dei balconi e lesioni dei tramezzi interni. Seguendo un copione ormai noto, l'impresa esecutrice si trincerava sollevando eccezione di decadenza dalla garanzia e prescrizione della relativa azione risarcitoria. Il giudizio di merito si svolgeva pressoché a senso unico. Il Tribunale condannava la ditta al risarcimento dei danni e la Corte di Appello si limitava a ridurre il quantun risarcitorio ed il risarcimento delle spese legali. La questione, a questo punto, si spostava nelle aule di Piazza Cavour. L'amministratore di condominio ha le mani legate . La Corte di Cassazione ribalta totalmente il giudicato di merito. I vizi e difetti lamentati riguardano le singole proprietà immobiliari e non i beni comuni, di conseguenza, l'amministratore di condominio non è legittimato ad agire. In sostanza, il potere di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio, attribuito dall'articolo 1130, numero 4, c.c. rimasto inalterato a seguito della riforma all'amministra di condominio non può estendersi fino al punto da ricomprendere, al suo interno, anche il potere di proporre azioni risarcitorie di pertinenza del singolo e/o dei singoli condomino/i. Limitati i poteri dell'amministratore di condominio . Gli Ermellini, quindi, confermano la linea tracciata proprio dalla seconda sezione della Cassazione, che, con la sentenza dell'8 novembre 2010, numero 22656, relativa ad una azione risarcitoria per danni derivanti da infiltrazioni di umidità, aveva fissato i paletti al potere dell'amministratore di condominio. In quella circostanza, era stato chiarito che l'amministratore ha il potere-dovere di compiere atti conservativi a tutela delle parti comuni dell'edificio ma ciò può comportare solo la legittimazione a promuovere l'azione di cui all'articolo 1669 c.c., a tutela indifferenziata dell'edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivavano da vizi afferenti le parti comuni dell'immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusiva di condomini, ed a chiederne la relativa rimozione, eliminandone radicalmente le comuni cause o condannando il costruttore alle relative spese. Tale legittimazione non può tuttavia estendersi anche alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili di proprietà, trattandosi di diritti di credito ben distinti e individuabili, la cui tutela, chiaramente eccedente le suddette finalità conservative, competeva elusivamente ai rispettivi interessati. Manca il mandato . La Cassazione ha ribadito, in sostanza, che l'amministratore di condominio non ha i poteri necessari a tutelare la posizione dei singoli condomini e può agire per la loro tutela solo nel caso in cui sia dotato di uno specifico mandato da parte dei singoli interessati. Quando l'azione riguarda il risarcimento del danno sofferto dal singolo condomino e, come tale, ben distinto ed individuabile, nonché differente da quello inerente le parti comuni dell'edificio, l'amministratore di condominio ha le mani legate non potendo agire in assenza di uno specifico mandato. Porte sbarrate al risarcimento . A fare le spese, questa volta, sono i singoli condomini che, in pratica, vedono sfumare la possibilità di ottenere il risarcimento del danno subito. A quanto pare, infatti, i danni, nel caso in esame, erano realmente riscontrabili, tanto è vero che la loro esistenza non viene neanche contestata. Peraltro, come ben sappiamo, l'azione ex articolo 1669 c.c. prevede degli sbarramenti ben precisi che non possono essere superati l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta articolo 2053 c.c. e il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia articolo 2946 c.c. . Nel nostro caso, al momento in cui l'azione viene proposta dal condominio la citazione risale al 1992 , è di tutta evidenza che i singoli condomini non potevano non sapere dei danni, per cui, conseguentemente, è da tale data che scattano i termini per promuovere la relativa azione risarcitoria da parte dei singoli condomini azione che, nel 2014 data della sentenza di cassazione può dirsi ormai ampiamente prescritta. L'amministratore di condominio può scegliere l'avvocato? Quella degli incarichi professionali è sempre una questione delicata, serpeggia sempre il sospetto che l'amministratore di condominio curi più l'interesse delle proprie tasche che non quello dei condomini ed affidare l'incarico al proprio “amico di turno” invece che al professionista indicato dall'assemblea è uno dei sistemi più semplici per fomentare chiacchiere inutili e, fin troppo spesso, fuori luogo. A quanto pare, nel caso in esame, il mandato era stato conferito dall’amministratore ad un avvocato diverso da quello indicato dall'assemblea. In circostanze analoghe, in genere, sono i condomini a chiedere spiegazioni all'amministratore. Nel nostro caso è la ditta citata in giudizio ad alzare il ditino sollevando la questione. Sul punto, la Cassazione ha chiarito che il terzo citato in giudizio non può contestare la scelta operata dall'amministratore in quanto eventuali vizi di rappresentanza possono essere fatti valere solo ed esclusivamente dal rappresentato. Perseverare non sempre è diabolico . A questo punto giova introdurre una breve considerazione in materia di politica del diritto e, in particolare, in relazione agli interventi in tema di disincentivazione alle impugnazioni delle sentenze. Considerando gli aumenti esponenziali del contributo unificato, l'introduzione di filtri di ammissibilità e limitazioni ai motivi di ricorso per Cassazione, si ha la netta impressione che il Legislatore sia seriamente intenzionato a porre un freno all'insana abitudine di ricorrere alle aule di giustizia e sembra invitare il cittadino che incorre in una sentenza per lui ingiusta, a non insistere più di tanto. Il caso in esame dimostra in maniera lampante come perseverare nelle proprie fondate convinzioni, alle resa dei conti, premia e che il sistema giudiziario, se pur fallibile, trova il proprio fondamento nei classici tre gradi del giudizio. Ancora una volta, infatti, è stata la Cassazione a porre chiarezza su una questione su cui i giudici di merito non avevano fatto eccessiva chiarezza.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 marzo - 16 maggio 2014, numero 10855 Presidente Oddo – Relatore Oricchio Considerato in fatto 1.- Con atto di citazione notificato il 16 settembre 1992 il Condominio di via omissis conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo la RO.IN.CI.VA. di Romeo Salvatore e C. s.numero c. e P.C. . Parte attrice assumeva che negli edifici condominiali realizzati dalla società convenuta sul terreno del P. , in base ad un contratto di vendita ed appalto del 13 luglio 1987, si erano manifestate gravi carenze strutturali con problemi di staticità nonché l'irregolarità dell'impianto elettrico. Il condominio attore chiedeva, quindi, la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per la conseguenze dannose derivate dalla cattiva esecuzione delle opere. Costituitisi in giudizio entrambe le parti convenute resistevano all'avversa domanda attrice. In particolare la RO.IN.CI.VA. eccepiva la decadenza e prescrizione dell'avversa intrapresa azione, contestando nel merito la domanda il P. eccepiva l'improponibilità ed inammissibilità dell'azione, la decadenza dal diritto di garanzia, la prescrizione dello stesso e sosteneva che l'unica responsabile era la società costruttrice, chiedendo – in subordine - che quest'ultima fosse tenuta a rivalerlo in caso di condanna. Con sentenza del 19 luglio 2000 il G.O.A. del Tribunale di Palermo condannava in solido i convenuti al pagamento in favore del Condominio di L. 556.000.000, con diritto di rivalsa del P. . Avverso tale decisione del Giudice di prime cure interponevano appello il P.C. , reiterando l'eccezione di suo difetto di legittimazione passiva. Resisteva l'appellato Condominio, chiedendo il rigetto del gravame. Si costituiva, altresì, l'Immobiliare Futura s.a.s. già RO.IN.CI.VA. chiedendo, in via incidentale, la declaratoria di nullità della citazione introduttiva, reiterando le eccezioni di decadenza e prescrizione e concludendo, nel merito, per il rigetto della domanda attorea. Con sentenza numero 7/2008 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del primo Giudice, rideterminava la somma dovuta dagli appellanti principale ed incidentale a titolo di risarcimento danni, in Euro 177.842,29 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, confermando nel resto l'impugnata decisione e condannando il P. e la Immobiliare Futura in solido a rifondere al Condominio appellato i due terzi delle spese di entrambi gradi del giudizio, compensando le medesime per la parte rimanente. Per la cassazione della detta sentenza della Corte distrettuale ricorre la società Immobiliare Futura s.a.s. di Romeo Mario e C. in liquidazione già RO.IN.CI.VA. s.numero c. con atti affidati a quattro motivi. Resiste con controricorso il succitato Condominio di via OMISSIS depositando, da ultimo, copia di verbale di assemblea condominiale in data 19 dicembre 2013 . Resiste, altresì, e propone ricorso incidentale basato su due articolati motivi C.M.G. , quale vedova ed unica erede del P.C. . Hanno depositato memorie, ai sensi dell'articolo 378 c.p.c., l'Immobiliare Futura e C.M.G. . Ritenuto in diritto 1.- Con il primo motivo del ricorso si denuncia promiscuamente violazione e falsa applicazione degli articolo 1130-1131 e 1703 segg. c.c., violazione e falsa applicazione degli articolo 112 e 83 c.p.c. ai sensi dell'articolo 360, numero 3 c.p.c. e motivazione omessa o insufficiente ex articolo 360, numero 5 c.p.c Al riguardo si formula il seguente quesito ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c. dica la Corte Suprema che la Corte di Appello non si è pronunciata con l'impugnata sentenza sulla eccezione di invalidità della citazione introduttiva per carenza di legittimazione ad processum, sollevata dalla società odierna ricorrente per avere l'amministratore del condominio rilasciato procura ad un avvocato diverso da quello che l'assemblea aveva nominato per la proposizione del presente giudizio . Il motivo è infondato e deve, per l'effetto, rigettarsi. I vizi di rappresentanza sono eccepibili solo dal rappresentato. Nella fattispecie parte ricorrente, estranea al rapporto in base al quale il Condominio è stato rappresentato in giudizio con avvocato nominato dall'amministratore, non poteva avere e non ha alcun interesse a dedurre alcunché in ordine all'eventuale vizio di rappresentanza. 2.- Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta il vizio di violazione e falsa applicazione degli articolo 1667 e 1669 c.p.c. e violazione e falsa applicazione degli articolo 100 e 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360, numero 3 c.p.c., nonché l'ulteriore vizio di motivazione omessa o insufficiente ai sensi dell'articolo 360, numero 5 c.p.c Si formulano, al riguardo, i seguenti duplici quesiti di diritto dica la Corte Suprema che la Corte di Appello non si è pronunciata con l'impugnata sentenza sulla eccezione di carenza di legittimazione e di interesse del Condominio a a dedurre l'esistenza di vizi di costruzioni afferenti le singole unità immobiliari fessurazioni dei parapetti dei balconi e lesioni dei tramezzi interni e b a chiedere la condanna dei convenuti a risarcire i danni conseguenti dica la Corte Suprema se il Condominio non è legittimato ad agire per il risarcimento di danni riguardanti singole unità immobiliari, appartenenti a singoli condomini. E, dunque, che la Corte di Appello ha errato nel condannare la ricorrente a risarcire al Condominio resistente danni riguardanti singole unità immobiliari, appartenenti a singoli condomini . Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento. Col medesimo, in sostanza, si deduce l'omessa pronuncia sulla eccezione sollevata nel corso del giudizio di carenza di legittimazione e di interesse dell'amministratore del condominio a dedurre l'esistenza di vizi di costruzione afferenti le singole unità immobiliari ed a chiede la condanna dei convenuti a risarcire i danni conseguenti. Deve, in proposito, ribadirsi che il potere, attribuito ex articolo 1130, numero 4 c.c. all'amministratore condominiale, di compiere atti conservativi dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato non può mai estendersi fino al punto da considerare in esso ricompreso anche il potere di proporre azioni risarcitorie di pertinenza dei singoli condomini. Giova, in proposito, rammentare come già questa Corte ha avuto modo di evidenziare che la legittimazione dell'amministratore del condominio non può tuttavia estendersi alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario,relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva Cass., Sezione II, numero 22656/2010 . Nella fattispecie, infatti, si verte proprio in materia di diritti di crediti dei singoli condomini ben distinti ed individuabili, nonché differenti da quelli inerenti le parti comuni del'edificio, la cui tutela eccede chiaramente finalità conservative dello stabile condominiale. Per tali diritti individuali di credito la legittimazione ad agire rientra nella esclusiva competenza dei singoli interessati. 3.- Con il terzo motivo del ricorso si censurano unitariamente i vizi di violazione e falsa applicazione degli articolo 1228 e 2055 c.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. articolo 360, numero 3 c.p.c. e motivazione contraddittoria articolo 360, numero 5 c.p.c. , proponendo i seguenti testuali quesiti di diritto dica la Corte Suprema che in presenza di direttive del committente Dott. P. che hanno ridotto l'autonomia dell'appaltatore l'odierna ricorrente attraverso la imposizione del progetto, della relazione geologica e, sopra tutto, del direttore dei lavori, il committente deve rispondere, quanto meno a titolo di concorso, dei danni provocati dai difetti dell'opera dica la Corte Suprema che, in presenza di addebiti di responsabilità o corresponsabilità mossi dall'appaltatore odierna ricorrente al committente, la sentenza della Corte di merito viola il disposto dell'articolo 112 c.p.c. laddove non ha determinato la misura della responsabilità o corresponsabilità del dott. P. . Il motivo deve ritenersi assorbito dall'accoglimento, per le ragioni di seguito esposte sub 5., del ricorso incidentale. 4.- Con il quarto motivo del ricorso si censura, infine, il vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. e dell'articolo 112 c.p.c articolo 360, numero 3 c.p.c. , formulando il seguente testuale quesito dica la Corte Suprema che la Corte di Appello è andata ultra petita e comunque ha violato il giudicato implicito formatosi sulla pronuncia del Tribunale, laddove ha riconosciuto al Condominio gli interessi sulla somma liquidata a titolo risarcitorio, che invece il primo Giudice non gli aveva attribuiti . Parte ricorrente censura che la sentenza impugnata abbia condannato l'appaltatore al pagamento degli interessi dalla domanda al soddisfo, benché - secondo l'offerta prospettazione - il condominio in primo grado non avesse mai formulato richiesta di pagamento di interessi. L'esposta prospettazione è irrilevante ed il proposto motivo, in quanto infondato, va rigettato. La rivalutazione monetaria e gli interessi - come ha già avuto modo di affermare questa Corte - costituiscono una componente della obbligazione al risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche di ufficio ed in gradi di appello, pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono essere ricompresi nell'originario petitum della domanda risarcitoria ove non ne siano stati espressamente esclusi Cass., Sezione III, 30 settembre 2009, numero 20943 . 5.- Il proposto ricorso incidentale si fonda sulle formulate censure in relazione, rispettivamente, agli articolo 360 c.p.c, c. I, numero 3 e 360 c.p.c., c. I, numero 5. In relazione al primo si deduce promiscuamente violazione e falsa applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli articolo 1362, 1363, 1364, 1365, 1367 del codice civile e violazione e falsa applicazione dell'articolo 2700c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c. , con formulazione del seguente testuale duplice quesito se è vero che la sentenza della Corte di Appello di Palermo oggetto del presente ricorso ha violato le regole di ermeneutica imposte dall'interprete del contratto e, in particolare l'articolo 1362 c.c. difettando la sentenza di elementi che consentano di risalire all'iter logico percorso dal giudice per analizzare il testo integrale dei due contratti stipulati con l'atto complesso costituito dal rogito per notar Alessi l'articolo 1363, avendo, manifestamente, il Giudice limitato la propria attenzione alla clausola contenuta nell'articolo 10, senza porla in correlazione con le altre clausole contrattuali l'articolo 1364, avendo sostanzialmente valutato senza adeguato distinguo l'oggetto del contratto di appalto e l'oggetto del contratto di vendita l'articolo 1365, avendo presunto l'esclusione di divieti di ingerenza ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti, inerenti il cantiere, i ponteggi e mezzi d'opera. Ha violato gli articoli 115 e 116 c.p.c. e 2700 c.c, non avendo il Giudice considerato il valore probatorio costituito dall'atto pubblico in Notaio Alessi e non avendo posto a fondamento della propria decisione tale atto nella sua reale consistenza e nel suo contenuto, così pervenendo all'erronea individuazione del P. quale committente e corresponsabile della costruzione e dei vizi degli edifici costituiti nel Condominio di via OMISSIS , all'erronea individuazione dell'impresa quale appaltatrice piuttosto che come a mente del richiamato contratto quale proprietaria costruttrice, con conseguente ingiusta declaratoria di corresponsabilità del predetto con l'impresa costruttrice e correlata condanna risarcitoria . In relazione al secondo si censura omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia . Entrambi i motivi possono essere unitariamente esaminati attesa la continuità argomentativa che li connota. La fondatezza degli stessi comporta l'accoglimento del ricorso incidentale. La lamentata violazione dei criteri esegetici nell'interpretazione dei rogiti di vendita e di conferimento dell'appalto è sussistente. Nella fattispecie si doveva mettere in correlazione con il complesso delle altre clausole contrattuali la clausola ex articolo 10 del contratto di appalto che escludeva ogni ingerenza del committente nell'esecuzione dell'opera e quella ex articolo 8 del medesimo che limitava l'appalto alle opere da eseguire sulle porzioni di edificio di cui la committente si era riservata la proprietà . Solo da una tale complessiva correlazione, sostenuta da adeguata motivazione è possibile addivenire ad una adeguata valutazione circa la richiesta declaratoria di corresponsabilità del P. con l'impresa costruttrice per i denunciati danni e la correlata condanna risarcitoria. Sotto altro profilo la fondatezza del proposto ricorso incidentale emerge con riferimento al secondo motivo ed alla carenza motivazionale dell'impugnata decisione su un punto oggettivamente decisivo della controversia. Si tratta dell'aspetto relativo alla motivazione della responsabilità del committente anche sulle opere estranee al contratto di appalto. Sé è, infatti, vero che l'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'articolo 1669 c.c., può essere esercitata anche dall'acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare, direttamente o per il tramite del proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all'appaltatore esecutore opera, gravando sul medesimo venditore l'onere di provare di non aver avuto alcun potere di direttiva o di controllo sull'impresa appaltatrice, così da superare la presunzione di addebitabilità dell'evento dannoso ad una propria condotta anche omissiva Cass., Sezione, II, 17 aprile 2013, numero 9370 , tuttavia nella concreta fattispecie in esame vi è una carenza nell'impugnata sentenza che non da adeguatamente conto del suo decisum. Più specificamente, deve rilevarsi che la stessa decisione non ha chiarito adeguatamente le ragioni per cui il P. era corresponsabile di tutti i danni provocati agli acquirenti dai gravi difetti dell'opera nel suo intero e non limitatamente a quanto realizzato sulle porzioni di cui si era riservata la proprietà. Tanto in ragione della particolare fattispecie in esame, contrassegnata dall'aspetto per cui la valenza dell'intervenuto contratto di appalto era limitata alle suddette porzioni in ordine alle quali vi era stata riserva di proprietà. 6.- L'accoglimento del ricorso incidentale e, per quanto di ragione, di quello principale comportano la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Corte di Appello di Palermo, affinché la stessa decida la controversia uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, rigetta il primo ed il quarto motivo del ricorso principale, assorbito il terzo, cassa l'impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo.