Il rilascio concordato esclude la risoluzione

Il grave inadempimento può consistere in una rilevante e non totale limitazione d'uso del cespite.

Nell'ipotesi in cui, nel corso del procedimento instaurato per ottenere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento, intervenga la restituzione dell'immobile per finita locazione, non vengono meno l'interesse ed il diritto del locatore ad ottenere l'accertamento dell'operatività di una pregressa causa di risoluzione del contratto per grave inadempimento, potendo da tale accertamento derivare effetti ulteriori e diversi rispetto alla semplice risoluzione come, in caso di immobile non abitativo, la debenza o non debenza dell'indennità di avviamento. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 9852/14, depositata il 7 maggio scorso. Il caso. Una società svolgente attività commerciale deteneva in locazione, mediante due distinti contratti, due immobili di proprietà di un unico locatore. Il proprietario, nella parte che utilizzava direttamente, eseguiva lavori di ristrutturazione. Il conduttore conveniva in giudizio il locatore rilevando che i lavori edili eseguiti - per modalità e tempo impiegato - avevano determinato la riduzione della clientela e conseguentemente del fatturato indi chiedeva la risoluzione del contratto per grave inadempimento, la condanna al risarcimento dei danni, l'indennità per perdita dell'avviamento nonché la restituzione del deposito cauzionale. Il locatore si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda formulata da parte attrice con condanna al pagamento dei canoni non versati e degli accessori di legge. Il tribunale accoglieva le difese di parte convenuta condannando parte attrice al pagamento dei soli canoni scaduti. La corte d'appello condannava il locatore a restituire il deposito cauzionale e la conduttrice a pagare i canoni scaduti maggiorati della penale pattuita. Le parti hanno proposto ricorso per cassazione. Rilascio del locale e cessazione della materia del contendere. Parte attrice-ricorrente ha osservato che il rilascio dell'immobile in favore del locatore, successivo alla introduzione del giudizio, non implica, come sostenuto dal giudice di merito automatica rinuncia alla domanda di risoluzione del contratto. La S.C. ha accolto la doglianza chiarendo definitivamente che, nell'ipotesi in cui, nel corso del procedimento instaurato per ottenere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento, intervenga la restituzione dell'immobile per finita locazione, non vengono meno l'interesse ed il diritto del locatore ad ottenere l'accertamento dell'operatività di una pregressa causa di risoluzione del contratto per grave inadempimento, potendo da tale accertamento derivare effetti ulteriori e diversi rispetto alla semplice risoluzione come, in caso di immobile non abitativo, la debenza o non debenza dell'indennità di avviamento. La Cassazione ha ulteriormente chiarito che la pronuncia di cessazione della materia del contendere postula che sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare la totale eliminazione delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, il venir meno dell'interesse ad agire ed a contraddire e della conseguente necessità di una pronuncia del giudice sull'oggetto della controversia sicché, con riguardo alla posizione di chi ha agito in giudizio, è necessario che la situazione sopravvenuta soddisfi in modo pieno ed irretrattabile il diritto esercitato, così da non residuare alcuna utilità alla pronuncia di merito Cass. numero 6909/2009 . Offerta di restituzione dei locali e canone di locazione. Il pagamento dei canoni scaturisce dalla disponibilità dei locali in favore del conduttore. I giudici di legittimità hanno osservato che il giudice di merito ha ritenuto irrilevante l'offerta - non accolta - di restituzione dei locali in favore del proprietario mentre ha statuito che la restituzione dell'immobile è avvenuta per volontà concordata tra le parti e tanto esclude la risoluzione per inadempimento. Dunque, corretta e correttamente motivata è la condanna al pagamento dei canoni sino alla effettiva detenzione da parte del conduttore. Inadempimento del proprietario. Il conduttore ha sostenuto che, in materia locatizia, l'inadempimento del locatore non si identifica esclusivamente con la totale indisponibilità del cespite ben potendo consistere in una serie di comportamenti che non escludono totalmente ma limitano grandemente l'uso del bene. Sul punto, la S.C. ha chiarito che la valutazione di rilevanza dell'inadempimento è lasciata al giudice di merito che ha l'obbligo di motivare congruamente la propria decisione. Nel caso di specie, il giudice di merito ha analizzato la fattispecie fattuale e motivatamente escluso la rilevanza dell'inadempimento. Vizio motivazionale nel giudizio di legittimità. In Cassazione può essere eccepito un vizio di motivazione relativo alla sentenza di prime cure, tuttavia, il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre soltanto in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere la comprensione della ratio decidendi che sorregge il decisum sicché non sussiste contraddittorietà della motivazione allorché dalla lettura della sentenza non sussistono incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice. Nel caso di specie l'eccezione proposta è infondata perché consiste in una nuova interpretazione di circostanze correttamente decise dal giudice territoriale. Con queste argomentazioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 14 gennaio – 7 maggio 2014, numero 9852 Presidente Petti – Relatore Scrima Svolgimento del processo L'Istituto Podologico Italiano S.r.l., premesso di condurre in locazione due immobili adiacenti siti in omissis , di proprietà della BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy Società di Gestione del Risparmio p.a., già BNL Fondi Immobiliari Società di Gestione del Risparmio p.a., in virtù di due contratti di locazione, deduceva che, a causa di lavori di ristrutturazione effettuati dalla locatrice, si erano verificati disagi notevoli, in particolare logistici e di orario, che avevano ridotto l'accesso dei pazienti all'ambulatorio della società istante e conseguentemente il suo fatturato. Chiedeva, pertanto, l'accertamento della risoluzione dei detti contratti in virtù della clausola risolutiva espressa di cui all'articolo 20 dei contratti in parola o, in subordine, la risoluzione degli stessi per grave inadempimento della locatrice e, in ogni caso, la condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni subiti, oltre alla corresponsione dell'indennità di avviamento e alla restituzione del deposito cauzionale versato. La locatrice si costituiva contestando le domande proposte nei suoi confronti e proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale volta alla condanna della controparte al pagamento dei canoni di locazione e degli acconti per gli oneri accessori. Con sentenza del 24 aprile 2009 il Tribunale di Roma rigettava le domande della conduttrice in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava l'Istituto Podologico Italiano S.r.l. al pagamento della somma dovuta a titolo di canoni di locazione per il periodo maggio 2007 - febbraio 2008 e rigettava tale domanda in relazione ai predetti acconti regolava le spese. Avverso tale sentenza proponeva gravame l'Istituto Podologico Italiano S.r.l. ribadendo quanto rappresentato nel ricorso introduttivo del giudizio. La BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy società di Gestione del Risparmio p.a. chiedeva il rigetto dell'appello e proponeva, a sua volta, appello incidentale, chiedendo, in parziale riforma della sentenza impugnata, la condanna dell'appellante al pagamento della somma di Euro 5.950,56 a titolo di acconti per oneri accessori non corrisposti, oltre alle penalità contrattuali dalle singole fatture sino al pagamento. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 22 febbraio 2012, in parziale riforma della sentenza impugnata, accogliendo parzialmente l'appello principale e quello incidentale, condannava la parte appellata al pagamento della somma di Euro 12.240,02, oltre interessi, a titolo di restituzione dei depositi cauzionali, e l'appellante al pagamento della penalità, pari all'1 % da calcolarsi su ciascun canone non pagato dalla data di ogni singola scadenza, e compensava per intero tra le parti le spese di lite. Avverso la sentenza della Corte di merito l'Istituto Podologico Italiano S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione articolato in sette motivi. Ha resistito con controricorso la BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy società di Gestione del Risparmio p.a., che ha pure proposto ricorso incidentale sulla base di un unico motivo e ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all'articolo 366 bis c.p.comma - inserito nel codice di rito dall'articolo 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40 ed abrogato dall'articolo 47, comma 1, lett. d della legge 18 giugno 2009, numero 69 - in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata 22 febbraio 2012 . 2. Preliminarmente va dato atto dell'avvenuta riunione ex articolo 335 c.p.comma dei ricorsi proposti in via principale e incidentale avverso la medesima decisione. 3. Con il primo motivo si denuncia in relazione all'articolo 360 comma 1 nnumero 3 e 5 c.p.comma - violazione e falsa applicazione degli articolo 1219 – 1220 c.comma - erronea e/o distorta interpretazione dei fatti - omesso esame di un punto decisivo ai fini della decisione - carenza di motivazione su di un punto decisivo ai fini della decisione . La ricorrente rappresenta di aver materialmente riconsegnato le chiavi e i locali, con redazione di apposito verbale, in data 25 giugno 2009, fatti salvi e impregiudicati tutti i diritti delle parti connessi alla presente causa come indicato a verbale , precisando che la scadenza ultima di uno dei contratti in questione quello del 5 giugno 1998 era al 31 maggio 2009, sicché la riconsegna è avvenuta 25 giorni dopo la scadenza contrattuale e deduce che l'offerta di riconsegna dei locali era stata fatta dalla conduttrice ritenendo il contratto risolto per le inadempienze della controparte. Assume pertanto la società ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che con tale riconsegna essa avesse inteso rinunciare a tutte le domande formulate ovvero che la decisione in merito alla risoluzione dei contratti non fosse più da esaminare in quanto caducata, con conseguente cessazione della materia del contendere. La conduttrice aveva infatti manifestato il suo interesse ad una tale decisione, da cui, peraltro, dipendevano tutte le successive domande inoltre, entrambe le parti avevano dimostrato di avere interesse concreto, seppur divergente, circa la decisione sul punto. Lamenta inoltre la ricorrente che la Corte di merito ha fatto discendere dal ritenuto recesso la debenza, da parte della conduttrice, dei canoni di locazione come liquidati dal primo Giudice oltre alla penale per tutto il periodo in cui la conduttrice ha continuato a detenere i locali, senza tener conto del quadro normativo di riferimento, né della circostanza che, comunque, la locatrice aveva rifiutato di ricevere le chiavi dei locali locati, offerte sin dal settembre 1997 dalla conduttrice, la quale non aveva di fatto successivamente usufruito degli immobili in parola. 3.1. La doglianza è fondata solo in relazione alla censurata declaratoria di cessazione della materia del contendere con riguardo alle domande di risoluzione proposte, in quanto - come questa Corte ha già avuto modo di affermare - nell'ipotesi in cui, nel corso del procedimento instaurato dal locatore per ottenere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore intervenga la restituzione dell'immobile per finita locazione, non vengono meno l'interesse ed il diritto del locatore ad ottenere l'accertamento dell'operatività di una pregressa causa di risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore, potendo da tale accertamento derivare effetti a lui favorevoli come, in caso di immobile non abitativo, la non debenza dell'indennità di avviamento Cass. 14 febbraio 2012, numero 2082 e tanto evidentemente vale pure qualora, come nel caso all'esame, sia stata proposta anche domanda di accertamento della risoluzione del contratto in virtù di clausola risolutiva espressa. Peraltro, la pronuncia di cessazione della materia del contendere postula che sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare la totale eliminazione delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, il venir meno dell'interesse ad agire ed a contraddire e della conseguente necessità di una pronuncia del giudice sull'oggetto della controversia sicché, con riguardo alla posizione di chi ha agito in giudizio, è necessario che la situazione sopravvenuta soddisfi in modo pieno ed irretrattabile il diritto esercitato, così da non residuare alcuna utilità alla pronuncia di merito Cass. 20 marzo 2009, numero 6909 v. pure Cass. 12 agosto 2007, numero 17861 , il che non è avvenuto nel caso all'esame. Pur avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto cessata la materia in relazione alle domande di risoluzione, tanto non comporta tuttavia l'accoglimento del motivo, atteso che la ricorrente difetta di interesse sul punto, avendo la predetta Corte comunque esaminato tali domande non solo in relazione alla soccombenza virtuale ma anche con riferimento alle ulteriori domande e le ha ritenute sia quella di risoluzione di diritto che quella per inadempimento grave del locatore infondate, del che è peraltro ben consapevole la ricorrente v. terzo motivo di ricorso p. 75 . Deve poi aggiungersi che il motivo è infondato in relazione alle ulteriori doglianze proposte in ordine alla ritenuta debenza dei canoni di locazione come liquidati dal primo Giudice per il periodo maggio 2007 - febbraio 2008 in cui entrambi i contratti erano ancora in corso, come precisato in controricorso, scadendo l'altro contratto il 30 giugno 2011 , avendo la Corte di merito condivisibilmente altresì ritenuto, con motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, che la restituzione dei beni locati fosse riconducibile alla volontà delle parti recesso della conduttrice accettato dalla locatrice , stante comunque la detenzione dei beni da parte della conduttrice e tenuto conto che in base alle pattuizioni contrattuali articolo 4 il pagamento del canone di locazione non può essere sospeso per nessun motivo, sia pure per pretese inadempienze dell'istituto contestate dell'inquilino . A tanto va aggiunto che la Corte di merito ha considerato irrilevante la precedente offerta dei locali, ritenendo giustificato il rifiuto del locatore, essendo stata l'offerta formulata allegando l'avvenuta risoluzione del contratto, laddove le relative domande sono state ritenute infondate dalla Corte di merito, con decisione che resiste alle a censure sollevate v. oltre nella motivazione . 4. Con il secondo motivo, si denuncia in relazione all'articolo 360 comma 1 nnumero 3 e 5 c.p.comma - violazione e falsa applicazione dell'articolo 1456 c.comma in relazione all'articolo 1362 c.comma - carenza di motivazione su di un punto fondamentale ai fini della decisione . Lamenta la ricorrente che la clausola numero 20 dei due contratti stipulati dalle parti sia stata ritenuta dalla Corte di merito di mero stile facendo discendere la risoluzione dall'inadempimento di tutte le obbligazioni contrattuali, limitandosi così i Giudici di appello, nell'interpretazione del contratto, al senso letterale delle parole, senza indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti. 4.1. Il motivo è infondato sul punto la Corte territoriale ha argomentato con motivazione congrua ed immune da vizi logici la sua decisione al riguardo, facendo corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di clausola risolutiva espressa v. Cass. 27 gennaio 2009, numero 1950 . 5. Con il terzo motivo si lamenta in relazione all'articolo 360 comma 1 nnumero 3 e 5 c.p.comma - violazione e falsa applicazione degli articolo 1453 e 1455 c.comma in relazione all'articolo 1575 c.comma - carenza di motivazione su di un punto fondamentale ai fini del decidere - travisamento - illogicità . Lamenta la parte ricorrente che le ipotesi di inadempimento a carico della locatrice non si riducono a quella del materiale e totale impedimento dell'utilizzo del bene da parte del locatore ma deve ravvisarsi tale inadempimento anche quando la proprietà ponga in essere una serie di comportamenti che limitano l'uso del bene deduce che la locatrice avrebbe violato numerosi norme contrattuali e che anche l'inadempimento parziale, se grave, può dar luogo a risoluzione contrattuale censura inoltre la sentenza impugnata per non essersi la Corte di merito pronunciata neppure sulle domande di risarcimento dei danni, precisando che la condanna a tale risarcimento può essere pronunciata anche se, per la scarsa importanza dell'inadempimento, la domanda di risoluzione sia rigettata deduce che la locatrice non ha garantito il pacifico godimento dell'immobile, violando così l'articolo 1575 numero 3 c.c. sostiene che la Corte di merito non avrebbe correttamente applicato o interpretato le norme di legge indicate né avrebbe fornito adeguate motivazioni in relazione alle decisioni assunte. 5.1. Il motivo é infondato. La valutazione della sussistenza o meno della gravità dell'inadempimento, ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell'articolo 1455 c.c., costituisce questione di fatto, riservata al prudente apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, qualora sia sorretta - come nel caso all'esame - da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici ex multis v. Cass. 29 novembre 2004, numero 22415 . Va comunque evidenziato che la Corte di merito, lungi dal ritenere - come invece assume la ricorrente - che la risoluzione del contratto di locazione sia configurabile esclusivamente nel caso di mancato totale utilizzo dell'immobile , ha argomentatamente escluso l'inadempimento dedotto v. sentenza impugnata p. 4 e 5 anche alla luce delle esaminate clausole contrattuali né ha omesso di decidere sulla domanda di risarcimento dei danni, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente - avendo rigettato tale domanda, congruamente e logicamente motivando al riguardo v. sentenza impugnata p. 6 . 6. Con il quarto motivo si lamenta in relazione all'articolo 360 comma 1 nnumero 3 e 5 c.p.comma - violazione e falsa applicazione degli articolo 1582-1583 c.comma - omesso esame di un punto decisivo ai fini del decidere - carenza di motivazione su di un punto decisivo ai fini del decidere . Assume la ricorrente che la deroga di cui all'articolo 10 si riferisce agli articolo 1582 e 1584 e non 1583 c.comma come ritenuto dalla Corte di merito e sostiene che, al di là del caso di esecuzione di opere più o meno lunghe , le norme citate dovevano trovare applicazione nel caso di specie e lamenta che invece la Corte territoriale abbia escluso tale applicazione in modo illegittimo ed immotivato. 6.1. Il motivo è infondato. La previsione di cui all’articolo 10 è valida, rientrando nella disponibilità delle parti, e la motivazione della sentenza impugnata sul punto è congrua ed è esente da vizi logici o giuridici. Al riguardo va rilevato che sostanzialmente la parte ricorrente contesta la valutazione dei fatti operata dal Giudice del secondo grado laddove, come già evidenziato, l'apprezzamento del giudice di merito sulla sussistenza di elementi comprovanti l'inadempimento e la sua gravità nel quadro dell'economia contrattuale, implicando la risoluzione di questioni di fatto, è insindacabile in Cassazione se immune da errori logici o giuridici. 7. Con il quinto motivo si lamenta in relazione all'articolo 360 comma 1 nnumero 3 e 5 c.p.comma - violazione e falsa applicazione dell'articolo 34 L. 392/78 anche in relazione alla motivazione di cui al motivo sotto il numero 1 che precede - carenza di motivazione su di un punto fondamentale ai fini del decidere. Lamenta la ricorrente che la Corte di merito abbia ritenuto di non poter accogliere la domanda di condanna al pagamento dell'indennità di avviamento commerciale in ragione del ritenuto recesso del conduttore laddove, invece, il contratto non va ritenuto rescisso per volontà delle parti bensì risolto di diritto ovvero per inadempimento grave della locatrice assume, pertanto, che le spetterebbero diciotto mensilità per complessivi Euro 80.015,22. 7.1. Il motivo si fonda sul presupposto dell'intervenuta risoluzione del contratto di diritto o per inadempimento . Al riguardo resta invece ferma la statuizione della Corte di merito, in virtù del rigetto dei motivi che precedono. Dalla ricostruzione fattuale operata dai Giudici del secondo grado, si evince che si controverte in ordine a contratti di locazione in corso al momento della riconsegna delle chiavi. La Corte territoriale, ha interpretato la riconsegna delle chiavi come manifestazione della volontà del conduttore di recedere dai contratti e l'accettazione di tali chiavi da parte del locatore e come accettazione del recesso. Il rigetto della domanda relativa all'indennità di avviamento, supportata da motivazione congrua ed immune da vizi logici, è conseguenza legittima del ritenuto recesso e tanto ai sensi dell'articolo 34 della legge numero 392 del 1978. In relazione alle obiezioni sollevate al riguardo dalla ricorrente, secondo cui la riconsegna delle chiavi sarebbe avvenuta dopo la scadenza dei contratti, va rilevato che non risulta che tale questione - che certamente sarebbe stata risolutiva - sia stata trattata dinanzi alla Corte di merito e comunque almeno per uno dei contratti la controricorrente ha evidenziato, sia pure con riferimento al primo motivo, che uno dei contratti in questione aveva scadenza al 30 giugno 2011 v. controricorso p. 16 . 8. Con il sesto motivo si deduce in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 45 c.p.comma - violazione e falsa applicazione degli articolo 233 - 345 comma 3 e 437 c.p.comma - carenza di motivazione - violazione della par condicio . Lamenta la società ricorrente che pur avendo fatto espressa e reiterata richiesta di poter deferire giuramento decisorio alla controparte, la Corte di merito non avrebbe speso una sola parola per motivare la mancata ammissione del mezzo di prova richiesto. 8.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stato riportato il testo del capitolato articolato. 9. Con il settimo motivo si lamenta in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 4 c.p.comma - violazione e falsa applicazione degli articolo 112 - 115 - 116 c.p.comma - carenza di motivazione - iniquità - contraddittorietà . La ricorrente censura la sentenza impugnata per aver la Corte di merito attribuito rilevanza a circostanze non corrispondenti a reali accadimenti e, soprattutto che non risultano rilevate, eccepite e/o domandate da controparte . In particolare la società ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione alle domande di risoluzione in mancanza di espressa domanda al riguardo, abbia omesso di attribuire il dovuto rilievo alla non contestazione della controparte in relazione all'orario osservato dalla stessa ricorrente ed abbia omesso di valutare tutti gli elementi di prova acquisiti dinanzi al Giudice di primo grado v. ricorso p. 98 e sia incorsa nella violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., avendo posto a base della propria decisione emergenze processuali non ritualmente acquisite . 9.1. Il motivo è infondato. Ed invero, a prescindere che la cessazione della materia del contendere può essere dichiarata dal giudice d'ufficio, purché ne ricorrano le condizioni v. Cass. 12 agosto 2007, numero 17861 , sicché non è configurabile la violazione dell'articolo 112 c.p.comma per il solo fatto del suo rilievo d'ufficio, va osservato che sul punto manca l'interesse del ricorrente avendo comunque la Corte di merito esaminato le domande di risoluzione proposte, come già evidenziato scrutinando il primo motivo del ricorso. Le ulteriori doglianze sollevate con il mezzo all'esame, oltre a difettare di autosufficienza, facendosi riferimento a documenti v. ricorso p. 98 non meglio specificati, sia in relazione alla loro eventuale avvenuta produzione, sia in ordine alla loro reperibilità tra gli atti di causa sia con riferimento al loro tenore letterale, e riportandosi solo una sintesi di alcune deposizioni testimoniali e non il loro testo integrale Cass. 28 febbraio 2006 numero 4405 Cass. 12 marzo 2009, numero 6023 , vanno comunque disattese, rilevandosi che gli articolo 115 e 116 c.p.comma sono apprezzabili, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 che deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità , e non anche sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., primo comma, numero 3 v. Cass., 20 giugno 2006, numero 14267 Cass., 28 novembre 2007, numero 24755 Cass., 12 febbraio 2004, numero 2707 Cass., ord., 31 agosto 2011, in motivazione , come sostanzialmente lamentato dalla ricorrente pur avendo la stessa in rubrica fatto riferimento al solo numero 4 del primo comma dell'articolo 360 c.p.c In relazione poi ai vizi motivazionali, pure richiamati nella rubrica del mezzo, si osserva che la ricorrente non ha nell'illustrazione del motivo evidenziato specificamente le carenze della motivazione né ha trascritto proposizioni della sentenza tra loro contraddittorie Cass. 2 marzo 2012, numero 3248 va, inoltre, rilevato che il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum, sicché non sussiste motivazione contraddittoria allorché - come nel caso all'esame - dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice Cass., sez. unumero , 22 dicembre 2010 numero 25984 . Va infine evidenziato che il motivo tende ad una rivalutazione del merito della causa, inammissibile in questa sede, atteso che con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente l'apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell'ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione Cass., ord., 6 aprile 2011, numero 7921 . 10. Con l'unico motivo del ricorso incidentale si lamenta in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.comma - violazione o falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., dell'articolo 1362 e dell'articolo 1322 c.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio . Deduce la BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy società di Gestione del Risparmio p.a. che con la clausola di cui all'articolo 6 di entrambi i contratti di locazione le parti abbiano attribuito alla locatrice la facoltà di richiede anticipi per gli oneri accessori e in applicazione di tale clausola la locatrice ha chiesto alla conduttrice gli acconti per le spese relative ai servizi comuni, fatto salvo il conguaglio da effettuarsi al termine di ogni anno di locazione, una volta elaborato il consuntivo. La controricorrente ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per aver la Corte di merito ritenuto che la domanda relativa a tali anticipi fosse da rigettare, come già affermato dal Tribunale, e per aver perciò rigettato l'appello incidentale proposto al riguardo, rilevando che non era stata prodotta alcuna documentazione giustificativa delle spese assunte come effettuate, a fronte delle contestazione di controparte, e che non può ritenersi che, a fronte di detta pattuizione contrattuale, non sussista alcun onere di prova, non essendo stato indicato nella specie alcun importo determinato mensile da corrispondere. La controricorrente ricorrente incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.comma sostenendo che, se è pur vero che in base a tale norma chi vuoi far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, tuttavia, essa, al momento dell'emissione delle fatture, non poteva documentare l'importo richiesto, il che avrebbe potuto fare solo in sede di richiesta di conguaglio, laddove la domanda riconvenzionale si riferisce ai soli importi fatturati come acconti nel periodo maggio 2007 - febbraio 2008. Ad avviso della BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy società di Gestione del Risparmio p.a. la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che la prova del credito azionato dalla locatrice dovesse essere fornita con la produzione di documenti giustificativi di spesa e dei consuntivi, in quanto la domanda riconvenzionale, non avendo ad oggetto la richiesta di rimborso ex articolo 9 della legge numero 392 del 1978 ma solo degli acconti in via anticipata e provvisoria, troverebbe la sua giustificazione nei contratti di locazione. Assume la controricorrente ricorrente principale che la decisione sarebbe viziata anche per violazione e falsa applicazione dell'articolo 1362 c.c., per aver la Corte di merito - subordinando il pagamento degli acconti in parola all'onere di fornire la documentazione giustificativa - interpretato la clausola di cui all'articolo 6 in contrasto con la volontà delle parti, ed evidenzia, quanto al comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto, cui pure fa riferimento la norma richiamata, che la controparte non ha contestato, né in primo né in secondo grado né in ricorso, la legittimità della fatturazione degli acconti in parola. Sostiene ancora la BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy società di Gestione del Risparmio p.a. che qualora, invece, la Corte territoriale abbia interpretato correttamente il disposto contrattuale di cui all'articolo 6 dei contratti ma ciò nonostante abbia ritenuto onere della beatrice fornire la documentazione giustificativa, sussisterebbe la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1322 c.c., ben potendo le parti prevedere tale pattuizione nell'ambito della loro autonomia contrattuale. Lamenta infine la controricorrente ricorrente incidentale la contraddittorietà e l'insufficienza della motivazione in relazione al parziale rigetto della domanda riconvenzionale. 10.1. Il motivo é infondato. La clausola in parola è astrattamente valida, inserendosi la stessa nell'ambito dell'autonomia negoziale delle parti e non travalicando i confini della stessa ed evidenziandosi, altresì, che l'interpretazione della clausola in questione va effettuata anche in base al criterio ermeneutico della conservazione della clausola stessa di cui all'articolo 1367 c.c Ciò tuttavia non esime l'istante dall'onere di documentare la richiesta relativa a tali acconti anche in corso di causa, ove nel frattempo formatasi. Non sussistono i vizi motivazionali dedotti, avendo sul punto la Corte argomentato con motivazione congrua e priva di vizi logici. 11. Alla luce delle considerazioni che precedono sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere rigettati. 12. Tenuto conto dell'esito del giudizio, le spese del presente giudizio di cassazione vanno compensate per un terzo i restanti due terzi di dette spese vanno invece posti a carico della società ricorrente e liquidati come da dispositivo. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale e quello incidentale compensa per un terzo le spese del presente giudizio di legittimità che pone a carico della parte ricorrente per i restanti due terzi e liquida questi ultimi in complessivi Euro 6.000,00, di cui Euro 140,00 per esborsi, oltre accessori di legge.