Enel ‘pressa’ ingiustamente un consumatore per una bolletta: nessun danno esistenziale

Azzerata completamente la visione del Giudice di pace, il quale aveva imposto all’azienda di versare mille euro al consumatore per rimediare al danno esistenziale provocato dal pressing concretizzatosi nelle indebite richieste di pagamento di una bolletta. Nonostante gli elementi portati dal consumatore, come la sindrome ansiosa-depressiva da lui sofferta, non si può ritenere provato il danno ipoteticamente legato alla condotta aziendale.

Lunga, estenuante battaglia con Enel Distribuzione s.p.a., e tutto per una bolletta di appena 90 euro! Alla fine, il consumatore può cantare vittoria, ma, nonostante ciò, non può pretendere di vedere risarcito il danno provocatogli, a suo dire, dalle pressanti, illegittime, pressanti richieste di pagamento fatte dall’azienda. Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza numero 1362/14 depositata oggi Che stress! A dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria sono le «plurime, indebite richieste di pagamento di una bolletta di 90 euro» avanzate da Enel Distribuzione s.p.a. nei confronti di un consumatore che, una volta vista sancita l’illegittimità dell’azione portata avanti dall’azienda, punta ad ottenere un risarcimento del «danno esistenziale» subito. A dir la verità, la richiesta non è neanche esorbitante appena 2mila e 500 euro. E, comunque, a ridurre tale importo provvede già il Giudice di Pace, che ritiene sì legittima la richiesta del consumatore, ma impone all’azienda il «pagamento» di appena mille euro come «ristoro per il danno esistenziale» provocato, e testimoniato dallo stress subito dal cliente. Di avviso opposto, invece, i giudici del Tribunale i quali, accogliendo l’appello proposto da Enel Distribuzione s.p.a., ritengono assolutamente non fondata la «domanda di risarcimento» presentata dal consumatore. Nessun danno. Di fronte alla decisione assunta in secondo grado, l’uomo sceglie di proporre ricorso in Cassazione, rivendicando, ancora una volta, la legittimità della propria richiesta di «risarcimento». A sostegno di questa tesi, soprattutto, la sottolineatura della «ripetuta trascuratezza dell’Enel nel non valutare correttamente la sua posizione debitoria» ciò, sostiene l’uomo, gli ha provocato un evidente «danno esistenziale, consistente nel dover provvedere, per non vedere interrotta» la fornitura, «ad una serie di attività non dovute, quali frequentissimi e ripetuti contatti con i call-center pagamento di somme non dovute invio di fax e lettere pagamento, per intero, di fatture riscossione di assegni per il rimborso delle relative somme». Tutto ciò, secondo l’uomo, è dimostrato «documentalmente» assolutamente indiscutibile, quindi, il «danno» provocato dalla condotta tenuta dall’Enel. Ma questa visione viene ritenuta non plausibile dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali mostrano di condividere, in toto, le considerazioni compiute in secondo grado. In sostanza, nonostante gli elementi portati dall’uomo, il «danno esistenziale» non è riconoscibile, perché, semplicemente, «non provato». E questa valutazione non può essere modificata neanche dal richiamo, fatto dall’uomo, alla «sindrome ansiosa-depressiva da lui sofferta» tale situazione di difficoltà, in pratica, non è collegabile al «comportamento di Enel Distribuzione s.p.a.».

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 novembre 2013 – 23 gennaio 2014, numero 1362 Presidente Berruti – Relatore D’Amico Svolgimento del processo A.G. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Ariano Irpino l'Enel Distribuzione s.p.a. per sentirla condannare al pagamento della complessiva somma di E 2.508,08, di cui E 8,08 a titolo di ingiustificato arricchimento e di E 2.500,00 a ristoro del danno esistenziale che asseriva di aver subito a seguito di plurime, indebite, richieste di pagamento di una bolletta di E 90,05. Il Tribunale accolse la domanda attrice e condannò la convenuta al pagamento, in favore del G., della complessiva somma di E 1.000,00, oltre accessori, per danno esistenziale. Propose appello l'Enel Distribuzione chiedendo la riforma della impugnata sentenza, ritenuta erronea e ingiusta nella parte in cui la condannava al risarcimento del danno esistenziale del G Il Tribunale ha accolto l'appello ed ha rigettato la domanda di risarcimento formulata dall'attore. Quest'ultimo propone ricorso per cassazione con un unico motivo. Resiste con controricorso l'Enel Distribuzione s.p.a. Motivi della decisione Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione». Sostiene A.G. che il secondo giudice non ha correttamente motivato in ordine alle ragioni poste a fondamento della pretesa da lui azionata in primo grado e che egli, in ragione della ripetuta trascuratezza dell'Enel, nel non valutare correttamente la sua posizione debitoria, subì un danno esistenziale consistente nel dover provvedere, per non vedere interrotta la sua utenza, ad una serie di attività non dovute quali frequentissimi e ripetuti contatti con i cali center pagamento di somme non dovute invio di fax e lettere pagamento per intero di fatture riscossione di assegni per il rimborso delle relative somme. La prova di tale danno, ad avviso del G., è stata da lui. stesso fornita documentalmente e risulta anche dalla comune esperienza di cui all'articolo 115, 2° comma c.p.c., mentre il Tribunale, riguardo ad essa, non ha svolto alcuna convincente argomentazione. Il ricorrente solleva infine eccezione di illegittimità dell'articolo 2059 c.c. - per disparità di trattamento rilevante ex articolo . 3 cost. - nella comune interpretazione data del c.d. danno esistenziale, laddove non sembra riconosciuta la tutela delle lesioni temporanee dei diritti di rilevanza costituzionale. Il motivo è infondato. Premesso che il ricorrente, in base alle argomentazioni svolte, avrebbe dovuto denunciare una violazione di legge e non un vizio di motivazione, deve rilevarsi, sotto quest'ulltimo profilo, che la sentenza impugnata è adeguatamente motivata e non consente di individuare alcuna illogicità nella ricostruzione dei fatti di causa. A.G., invece, pur denunciando il suddetto vizio, tende sostanzialmente ad una ricostruzione di tali fatti diversa da quella effettuata dall'impugnata sentenza in relazione alla dedotta esistenza del danno esistenziale ed alla prova del nesso di causalità fra la denunciata sindrome ansiosa-depressiva che assume da lui stesso sofferta e il comportamento di Enel Distribuzione. Irrilevante appare poi la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 2059 c.c., laddove si afferma che quest'ultima disposizione porrebbe una disparità di trattamento fra chi subisce un danno permanente e chi subisce un danno non permanente. Il giudice di merito non ha infatti riconosciuto il danno esistenziale perché non provato e non perché si trattava di un danno non permanente. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in e 3.000,00 di cui E 2.800,00 per compensi. Roma, 22 novembre 2013.