Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza numero 36759/18 depositata il 31 luglio in merito ad una causa avente ad oggetto il ricorso di un imputato di omicidio stradale al quale, oltre alla pena concordata tra Il Gip e il Pm ai sensi dell'articolo 444 c.p.p., veniva disposta anche la revoca della patente di guida. La decisione della Suprema Corte sul contrasto di più norme. Nel caso in esame in cui ad intervenire è la diversa normativa del codice di procedura penale e del codice della strada, la Corte di Cassazione ha precisato che il primo, secondo e terzo periodo del comma 2 dell'articolo 222 d. lgs. numero 285/1992 non sono in contraddizione con il quarto periodo dello stesso comma, poiché i primi tre valgono da norma transitoria, ossia segnalano che «per i fatti commessi in epoca antecedente rispetto alla novella legislativa introdotta dalla l. numero 41/2016, in vigore dal 25 marzo 2016, in relazione ai quali non può retroagire la più grave sanzione della revoca, successivamente introdotta, continua a trovare applicazione la sanzione amministrativa, in precedenza prevista, della sospensione della patente di guida». Proseguono gli Ermellini sottolineando che la revoca della patente di guida opera in caso di accertata violazione degli articolo 589-bis e 590-bis c.p. che riguardano l'omicidio stradale e le lesioni personali stradali gravi o gravissime, «mentre la sospensione opera per gli altri casi, pure previsti dal codice della strada, in cui si verificano danni alla persona».
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con ordinanza numero 20204/18 depositata il 31 luglio. Il caso. Con apposito decreto il Tribunale stabiliva l'affidamento del figlio minore condiviso ai genitori e la sua residenza presso il padre, regolando la frequentazione con la madre e disponendo il mantenimento secondo le attuali disponibilità di entrambi i genitori. Adita la Corte d'Appello da parte della madre che proponeva reclamo a quanto stabilito nel giudizio di primo grado, veniva parzialmente modificato il regime di frequentazione del minore con la madre, ampliandone il tempo di convivenza. Ricorre in Cassazione la madre , alla quale si difende con controricorso il padre del minore eccependo l'inammissibilità del ricorso ordinario per cassazione avverso un provvedimento adottato solamente nell'interesse del minore e non per dirimere un contrasto fra contrapposti diritti soggettivi. Minori nati fuori dal matrimonio. La ricorribilità per cassazione dei decreti emessi in secondo grado dalla Corte territoriale avverso provvedimenti adottati ex articolo 317-bis c.c., relativi a figli nati fuori dal matrimonio, è già stata più volte affermata e rileva come «in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, la l. numero 54/2006 ha equiparato la posizione dei figli nati “more uxorio” a quella dei figli nati da genitori coniugati, estendendo la disciplina di separazione e divorzio anche ai procedimenti ex articolo 317-bis c.c.». Una volte sottolineato quanto sopra detto, il ricorso nel caso di specie appare comunque inammissibile perché non coglie la ratio decidendi per ciò che riguarda l'estensione della frequentazione del figlio con la madre al fine di una migliore attuazione del diritto del minore a un rapporto paritario con entrambi i genitori. Non c'è quindi contrasto fra motivazione e dispositivo del decreto della Corte d'Appello.