La delega sul conto corrente della società, ad un rappresentate legale di una diversa società, che non prevede limitazioni e permette di operare liberamente, configura un’ipotesi di “disponibilità” ex articolo 322 ter c.p., che determina l’ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente anche nei confronti delle somme contenute nel conto della società stessa.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 7553/16, depositata il 25 febbraio. Il caso. Il rappresentante legale di una società adisce la Cassazione avverso l’ordinanza della sezione del Riesame del Tribunale di Modena, che rigettava l’impugnazione del sequestro preventivo per equivalente disposto dal Gip in riferimento ad un procedimento penale nei confronti del rappresentante legale di una società terza. In particolare, per il sequestro, l’autorità giudiziaria attingeva al conto corrente bancario intestato alla società di cui la ricorrente è rappresentante legale e sul quale l’imputata nel processo aveva una delega ad operare. Motivo del ricorso è la mancanza di fumus commissi delicti, in quanto l’imputata disponeva di una mera delega limitata a specifiche esigenze della società intestataria del conto. Disponibilità dei beni oggetto di confisca. Secondo la Corte, le presunzioni legali previste dalle norme tributarie «anche se non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione dei reati del d.lgs. numero 74/2000» disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto , hanno un valore indiziario per integrare il fumus commissi delicti, in assenza di elementi di segno contrario, per giustificare l’applicazione di una misura cautelare reale. Quindi, riguardo al concetto di disponibilità dei beni oggetto di confisca, oltre al potere di fatto, sarebbe stato necessario altresì dimostrare la discrasia tra la disponibilità sostanziale e l’intestazione formale del bene, attraverso una valutazione, anche probabilistica, circa il carattere fittizio dell’intestazione dei beni. Poteri della delega. Per quanto concerne la titolarità della delega ad operare su di un conto corrente bancario, intestato ad altri, la Corte sostiene che configura un’ipotesi di “disponibilità” ex articolo 322 ter c.p., che determina l’ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, se la delega non prevede limitazioni, permettendo al delegato di operare liberamente. Nel caso di specie, costituisce un accertamento di fatto la previsione della delega, rilasciata all’imputata, ad operare senza limitazioni sul conto, che, quindi, attribuisce un potere dispositivo illimitato sull’intero capitale depositato. Inoltre, la Cassazione evidenzia che tale delega non contiene neppure limiti nelle modalità concrete di esercizio di essa da parte dell’imputata, poiché non restringe neppure l’area di azione della delega alle specifiche esigenze del soggetto intestatario. Quindi, seguendo il ragionamento della Corte, quello che interessa per la predisposizione della misura cautelare del sequestro per equivalente è il potere di utilizzo del conto da parte dell’imputata, che da quanto emerge dagli accertamenti del giudice di merito, nel caso concreto, è un potere pieno e non soggetto a limitazioni. Inoltre, tale accertamento non sarebbe sindacabile in sede di legittimità, poiché in Cassazione il ricorso per violazione di legge, ex articolo 325, comma 1, c.p.c., in tema di misure cautelari, permette di ricorrere solo per la mancanza della motivazione o per la presenza di una motivazione apparente, ma non per un mero vizio logico. Per questi motivi la Cassazione respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 – 25 febbraio 2016, numero 7553 Presidente Amoresano – Relatore Mocci Ritenuto in fatto 1. Il 30 gennaio 2015, il GIP presso il Tribunale di Modena disponeva il sequestro preventivo per equivalente fino alla concorrenza di Euro 353.609,00, nell’ambito di un procedimento penale nei confronti di tale Z.M.V. . Fra gli altri, veniva attinto da tale provvedimento anche il conto corrente bancario numero presso Carisbo s.p.a., intestato a Betakon s.r.l. e sul quale l’indagata aveva una delega ad operare. 2. Su gravame della stessa Betakon, il Tribunale di Modena, sezione del Riesame, rigettava l’impugnazione con ordinanza del 14 maggio 2015. Il giudice del riesame affermava che la Idea s.r.l., di cui la Z. era legale rappresentante, aveva omesso di provvedere al versamento delle ritenute alla fonte, in relazione all’anno di imposta 2009. Ciò rendeva ipotizzabile in astratto la commissione del reato contestato, di cui all’articolo 10 bis D. Lgs. numero 74/2000. Attesa la natura e la finalità sanzionatoria della confisca per equivalente, essa non avrebbe richiesto, fra i suoi presupposti applicativi, la pertinenzialità fra il bene sequestrato ed il reato commesso, essendo sufficiente la disponibilità fattuale di tale bene in capo all’indagato. Nella specie, la Z. avrebbe avuto la disponibilità del conto corrente sottoposto a sequestro, ex articolo 322 ter c.p., né alcunché avrebbe prodotto la Betakon a supporto dell’affermazione circa l’esclusiva proprietà delle somme depositate ed avendo valore meramente contabile gli estratti conto relativi alla movimentazione bancaria. 3. Ha proposto ricorso per cassazione la Betakon, denunciando violazione dell’articolo 606 lett. b c.p.p., in relazione al fumus commissi delicti, nonché violazione dell’articolo 606 lett. b c.p.p., in relazione agli articolo 322 ter e 321 c.p.p Considerato in diritto 1. La società ricorrente assume la mancanza del fumus commissi delicti, ancorché il Tribunale lo avesse ritenuto sussistente. 2. Aggiunge, con riguardo al concetto di disponibilità dei beni oggetto di confisca, che oltre al potere di fatto, sarebbe stato necessario altresì dimostrare la discrasia fra la disponibilità sostanziale e l’intestazione formale del bene, attraverso una valutazione, anche probabilistica, circa il carattere meramente fittizio dell’intestazione dei beni. In tal senso, la semplice esistenza di una delega, senza alcuna precisazione sul suo contenuto, sarebbe stata insufficiente, e la Pubblica accusa non avrebbe assolto l’onere di accertarne la consistenza. Nella specie, la Z. disponeva di una mera delega ristretta e limitata alle specifiche esigenze della società intestataria, terza in buona fede ed estranea ai reati contestati. 3. Il ricorso è inammissibile. 3.1. Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur non potendo costituire di per sé fonte di prova della commissione dei reati previsti dal D.Lgs. numero 74 del 2000, hanno un valore indiziario sufficiente ad integrare il fumus commissi delicti idoneo, in assenza di elementi di segno contrario, a giustificare l’applicazione di una misura cautelare reale Sez. 3, numero 2006 del 02/10/2014 dep. 16/01/2015 Rv. 261928. Nella specie, mancano oggettivamente elementi di segno contrario, né sono stati indicati dalla ricorrente. Il primo motivo è pertanto immeritevole di accoglimento. 3.2. Ad analoga conclusione si deve pervenire con riguardo alla seconda censura. La titolarità di una delega ad operare su di un conto corrente bancario intestato ad altri configura indubbiamente l’ipotesi di disponibilità richiesta dall’articolo 322 ter c.p. esteso ai reati tributari dalla L. numero 244 del 2007, articolo 1, comma 143 , ai fini della ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, laddove, in particolare, la delega non preveda limitazioni, nel senso che il delegato sia autorizzato ad operare incondizionatamente cfr. per una fattispecie analoga, Sez. 3, numero 38694 del 2 luglio 2014, non mass. cfr. altresì Sez. 2, numero 22153 del 22/02/2013 dep. 23/05/2013 Rv. 255950. Nel caso di specie, costituisce accertamento in fatto cfr. pag. 5 dell’ordinanza la circostanza di una delega, per la Z. , ad operare senza limitazioni, tanto che ella, su quel conto, esercitava operazioni, sia in entrata che in uscita . Ed allora, la procura speciale o delega ad operare conferita all’imputata teoricamente ha attribuito a quest’ultima un potere dispositivo illimitato sull’intero capitale depositato, non essendo per la verità neppure dedotto che una siffatta delega avesse dei limiti peculiari ovvero che le modalità concrete di esercizio di essa da parte dell’indagata fossero contenute in margini ristretti e finalizzate alle specifiche esigenze proprie del soggetto intestatario quali il prelievo periodico di pensioni, il pagamento di imposte facenti capo alla predetta, etc. . Insomma, ciò che conta è il potere di utilizzo di fatto che, nel caso di specie, secondo quanto accertato dal giudice di merito, è pieno. E un tale accertamento non è qui sindacabile, tanto più che, in tema di riesame delle misure cautelari, il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’articolo 325, comma primo, cod. proc. penumero , può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa Sez. 5, numero 35532 del 25/06/2010 dep. 01/10/2010 , Angelini, Rv. 248129. 4. In applicazione dell’articolo 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - in mancanza di elementi che possano far ritenere incolpevole la causa di inammissibilità del ricorso cfr. Corte Cost., sent. numero 186 del 2000 - al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si stima equo fissare in Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle Ammende.