Il capo reparto di un negozio è legittimato a proporre querela in caso di furto

Il capo reparto di un esercizio commerciale, qualora si trovi in una particolare relazione qualificata con il bene sottratto, è legittimato a proporre querela nel caso di furto.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 11968/18, depositata il 15 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo confermava la sentenza emessa dal Giudice di prime cure con cui l’imputato veniva ritenuto responsabile del reato di furto all’interno di un esercizio commerciale. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando la carenza di potere del capo reparto nello sporgere querela, in quanto questi non avrebbe potuto essere equiparato al responsabile dell’esercizio commerciale, unico legittimato, in forza di un principio fissato dalla Suprema Corte, ad esporre querela. Capo reparto e responsabile dell’esercizio commerciale. Il Supremo Collegio evidenzia che attraverso il principio per cui in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell’esercizio stesso, quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce , la Corte non ha certo voluto attribuire alcuna rilevanza significativa alla qualifica formale di un soggetto quale responsabile dell’esercizio commerciale” , poiché tale potere è riconosciuto a tale soggetto non in quanto tale, ma quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce” . Pertanto, la Suprema Corte chiarisce che non vi è dubbio quindi che non solo il responsabile dell’esercizio commerciale, ma anche il capo reparto rientra nella nozione di persona offesa, come tale legittimata a proporre querela, ove si trovi in una particolare relazione qualificata con il bene , ossia una relazione che comporta l’autonomo potere di custodia e vendita. La Corte quindi rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 gennaio – 15 marzo 2018, n. 11968 Presidente Lapalorcia – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 9 gennaio 2017 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado con cui P.G. è stato condannato alla pena di giustizia per il delitto di furto di cui all’art. 624 c.p. perpetrato all’interno dell’esercizio commerciale O 2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidandolo ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 606 lett. e e 125 comma 3 c.p.p. e vizio di motivazione. Lamenta il ricorrente che i giudici di merito hanno inopinatamente equiparato il capo reparto al responsabile dell’esercizio commerciale quale soggetto titolare del diritto di sporgere querela per il furto. È stata quindi erroneamente richiamata la sentenza del Supremo Collegio n. 40354/2013, che ha attribuito espressamente il potere di proporre querela al responsabile dell’esercizio commerciale, nonostante, nel caso di specie, fosse evidente che colui che ha sporto querela, il capo reparto, fosse soggetto distinto dal responsabile dell’esercizio. 2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al rigetto del secondo motivo d’appello. La Corte territoriale non ha spiegato il motivo per cui ha equiparato la figura del capo reparto a quello del responsabile dell’esercizio commerciale. Considerato in diritto 1. Entrambi i motivi del ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per comodità espositiva, sono infondati. Va preliminarmente osservato che il Supremo Collegio, nella sentenza n. 40354 del 18.7.2013, Rv. 255975 ha formulato il seguente principio di diritto Il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce in modo clandestino o illecito. Ne discende che, in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell’esercizio stesso, quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce . Le Sezioni Unite di questa Corte sono giunte alla elaborazione di tale principio all’esito di un articolato percorso argomentativo nel quale è stata approfondita la nozione di possesso in senso penalistico , che coincide con la relazione qualificata di natura non solo giuridica ma anche fattuale tra un soggetto ed un determinato bene, che implica un autonomo potere di custodire, gestire ed alienare il bene medesimo. Nell’ottica pubblicistica del diritto penale - ma anche il diritto civile, peraltro, nell’elaborazione del concetto di possesso, si muove nella stessa direzione - assume rilievo non solo la relazione possessoria non sorretta su base giuridica ma anche quella clandestina o illecita, con la conseguenza che costituisce furto pure la sottrazione della refurtiva al ladro, atteso cheta sottrazione della refurtiva al ladro, riguardata nell’ottica del diritto penale, non rende meno aggressiva e biasimevole la condotta e giustifica la reazione punitiva . Dunque, il Supremo Collegio, nel valorizzare nel proprio apparato argomentativo la relazione fattuale tra un soggetto e una determinata res, non ha certo voluto attribuire alcuna rilevanza significativa alla qualifica formale di un soggetto quale responsabile dell’esercizio commerciale , tanto è vero che nel sopra menzionato principio di diritto espresso dalla sentenza n. 40354/2013 è stato ritenuta come persona offesa legittimata alla proposizione della querela anche il responsabile dell’esercizio stesso, non in quanto tale, ma quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce . Non vi è dubbio quindi che non solo il responsabile dell’esercizio commerciale, ma anche il capo reparto - e tale ragionamento può essere esteso a qualsiasi addetto alle vendite al ricorrere delle sotto indicate condizioni - rientra nella nozione di persona offesa, come tale legittimata a proporre querela, ove si trovi in una particolare relazione qualificata con il bene, che comporti un autonomo potere di custodirlo e venderlo. Nel caso di specie, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, non contestata dal ricorrente, la sig.ra M.E., capo reparto, si trovava con i beni sottratti in una relazione della natura di quella sopra descritta, essendo deputata alla custodia ed alla vendita dei beni medesimi. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.