Crediti previdenziali e sanzioni civili: un legame indissolubile

Il credito per le sanzioni civili costituisce una conseguenza automatica e legalmente predeterminata dell’inadempimento o del ritardo nel pagamento dei contributi previdenziali, pertanto, nella sua accessorietà, ha la stessa natura giuridica dell’obbligazione principale, con la conseguenza che ad esso si applica lo stesso regime prescrizionale di quest’ultima.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza 20585/2015, depositata il 13.10.2015. Un problema comune Un fondo previdenziale privato otteneva nei confronti di un obbligato un decreto ingiuntivo di pagamento per contributi non versati. I giudici di merito avevano dapprima revocato il decreto, poi confermato la revoca, accogliendo l’eccezione di prescrizione avanzata dall’obbligato, con condanna di quest’ultimo al pagamento della minor somma. L’ente previdenziale ricorreva, quindi, in cassazione al fine di ottenere chiarezza sui termini prescrizionali previsti dalla legge numero 335/1995, con riferimento sia ai crediti previdenziali, sia alle sanzioni civili connesse al mancato versamento dei contributi. Un’unica regola sulla prescrizione. Già con la sentenza numero 5522/2003 la Corte di Cassazione aveva precisato che l’articolo 3, comma 9, l. numero 335/1995 prevedeva la prescrizione in 5 anni per tutte le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria e in 10 anni per le contribuzioni previdenziali ed assistenziali, comunque obbligatorie, di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie. Oggi tale distinzione non ha più senso d’esistere poiché, dal 1.1.1996, il termine prescrizionale di 10 anni è stato ridotto a 5, con la conseguenza che vi è un’unica regola per la prescrizione dei crediti contributivi 5 anni. Nel caso di specie, l’ente previdenziale creditore è una cassa per liberi professionisti, che, facendo leva sulla sua natura speciale rispetto ai fondi per i lavoratori dipendenti, avrebbe voluto chiamarsi fuori dalla disciplina omogenea della prescrizione quinquennale. Sul punto la Suprema Corte è netta con la l. 335/1995 soprattutto con l’articolo 3 comma 9 il legislatore ha voluto regolare l’intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, dettando un’unica regola per tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle dei liberi professionisti. Non v’è dubbio, quindi. La norma è omnicomprensiva. In questa prospettiva, non rileva nemmeno il processo di privatizzazione delle casse dei professionisti, né il loro regime di autofinanziamento. Al fine di uniformare la disciplina della prescrizione, il legislatore non ha voluto considerare che la riduzione da 10 a 5 anni del termine prescrizionale, avrebbe potuto impoverire i bilanci degli enti previdenziali vi era un fine ultimo più generale! Le sanzioni civile seguono fedelmente i crediti previdenziali. L’ente previdenziale ricorrente si chiede, infine, se le sanzioni civili, connesse al mancato pagamento dei contributi siano anch’esse soggette alla prescrizione quinquennale. La risposta è “sì” e le ragioni sono due. In primo luogo, il pagamento delle sanzioni civili è conseguenza automatica, prevista ex lege, dell’inadempimento contributivo. Le sanzioni, pertanto, hanno la stessa natura giuridica dell’obbligazione principale versamento contributivo e restano soggette al medesimo regime prescrizionale. Ad ogni modo, quandanche si volesse sostenere la diversa natura delle sanzioni civili rispetto all’obbligo contributivo, bisogna tenere conto che tale diversa natura non eliminerebbe il carattere di accessorietà delle sanzioni. Le sanzioni civili, infatti, vengono applicate automaticamente in caso di mancato o ritardato pagamento dei contributi, dando luogo ad una dipendenza funzionale tra omesso pagamento dei contributi e sanzione. Non c’è credito previdenziale senza sanzione civile. Non si scappa! Il credito per le sanzioni civili, nella sua accessorietà, ha la stessa natura giuridica dell’obbligazione principale, pertanto ad esso si applica lo stesso regime prescrizionale di quest’ultima.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 8 luglio – 13 ottobre 2015, numero 20585 Presidente Curzio – Relatore Marotta Fatto e diritto 1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto “Con sentenza numero 3157/2011 depositata in data 14 aprile 2011, la Corte di appello di Roma confermava la decisione resa dal Tribunale della stessa sede che aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla INARCASSA nei confronti di G.A. per il complessivo importo di 72.668,00 Euro quali contributi relativi agli anni 1999 - 2005 e sanzioni relative agli anni 1998 - 2002 e, accolta l'eccezione di prescrizione quinquennale del G. , condannato quest'ultimo al pagamento della minor somma di 10.442,20 Euro. Riteneva la Corte territoriale che il termine di prescrizione di cui all’articolo 3, comma 9, della legge numero 335/1995 avesse portata generale e fosse dunque applicabile anche agli enti previdenziali privatizzati e che non sussistessero altri atti validamente interruttivi oltre quello individuato dal Tribunale notificazione del decreto ingiuntivo, avvenuta il 14/12/2007 . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'INARCASSA affidato a due motivi. G.A. è rimasto solo intimato. Con il primo motivo l'INARCASSA denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 3, commi 9 e 10, della legge numero 335/95 e 18 della legge numero 6/81. Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la disciplina dei termini prescrizionali prevista dalla legge 335/95 non può valere anche per le sanzioni connesse al mancato versamento dei contributi. Con il secondo motivo l'INARCASSA denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 9, 10, 16, 17 e 18 della legge numero 6/81 nonché degli articolo 2697, 2935, 2943, 2944 cod. civ. e vizio motivazionale. Deduce che i giudici di appello erroneamente hanno ritenuto non raggiunta la prova dell'avvenuta comunicazione delle lettere interruttive laddove risultava che il G. avesse riscontrato tali lettere, con ciò dando atto di averle ricevute. Con il terzo motivo l'INARCASSA denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2935 cod. civ., dell'articolo 3, commi 9 e 10 degli articolo 9, 10, 16, 17 e 18 della legge numero 6/81 nonché omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. Si duole del fatto che sia stata disattesa dalla Corte territoriale la richiesta subordinata volta ad ottenere la condanna del G. al versamento delle somme dovute per contributi in riferimento agli anni successivi al 1998, con gli accessori di legge fino al soddisfo si duole altresì della mancata pronuncia sull'eccezione secondo la quale i termini di prescrizione decorrono, per ciascuna annualità, dal 31 dicembre dell'anno successivo a quello di riferimento. Con il quarto motivo l'INARCASSA denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 3, commi 9 e 10, della legge numero 335/95 e 18 della legge numero 6/81. Lamenta l'applicazione da parte della Corte territoriale del termine di prescrizione decennale evidenziando che il regime di prescrizione dei crediti dell'INARCASSA trova la propria fonte esclusiva nell'articolo 18 della legge numero 6/81. Rileva che le disposizioni delle leggi speciali sulla previdenza di ciascuna categoria professionale, espressamente fatte salve dal d.lgs. numero 509 del 1994, rispondono ad uno specifico interesse pubblico al reperimento e alla conservazione delle fonti di finanziamento della previdenza sociale e sono improntate al principio solidaristico. Vigendo il regime di integrale autofinanziamento, ogni episodio di prescrizione diminuisce la provvista delle Casse e dunque mette a rischio l'adempimento dei generali doveri di solidarietà endocategoriale, sicché una rilevante abbreviazione dei termini prescrizionali non potrebbe che comportare ripercussioni negative sui risultati di bilancio. Deduce che, ove le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 9 e 10, della legge numero 335/95 dovessero ritenersi applicabili alle Casse dei liberi professionisti, esse sarebbero costituzionalmente illegittime, atteso che la riduzione a cinque anni del termine di prescrizione determina la lesione del diritto di difesa dell'ente previdenziale, al quale verrebbe inopinatamente sottratta la possibilità di far valere in sede giudiziale le sue ragioni. Ragioni di ordine logico impongono l'esame prioritario del quarto motivo di ricorso che è manifestamente infondato. La questione dedotta dalla ricorrente è stata posta più volte all'esame di questa Corte e decisa in senso sfavorevole all'ente previdenziale. Con sentenza numero 5522 del 9 aprile 2003 è stato affermato che l'articolo 3, comma 9, della legge numero 335 del 1995, prevedendo che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie - termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 lettera a - e in cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria lettera b , ha regolato l'intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con conseguente abrogazione, ai sensi dell'articolo 15 disp. prel. cod. proc. civ., per assorbimento, delle previgenti discipline differenziate, sicché è venuta meno la connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali. Tale principio è stato ribadito da questa Corte cfr. Cass. 13 febbraio 2006, numero 26621 Cass. 29 novembre 2007, numero 24910 Cass. 6 luglio 2011, numero 14864 si veda anche la recente Cass. 20 febbraio 2014, numero 4050 con specifico riferimento ai crediti contributivi dell'INARCASSA, per i quali è stato ritenuto che dovesse essere applicata la nuova normativa, diversamente da quanto sostenuto dal predetto ente previdenziale, secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma speciale di cui all'articolo 18 della legge numero 6 del 1981 e la prescrizione decennale ivi prevista, in forza del principio lex specialis derogai legi generali . Questa Corte ha pure ritenuto l'applicabilità dell'articolo 3, comma 9, cit. ad altre ipotesi di sistemi previdenziali categoriali geometri e commercialisti Cass. 1 luglio 2002 numero 9525, Cass. 27 giugno 2002 numero 9408, Cass. 12 gennaio 2002 numero 330, Cass. 16 agosto 2001 numero 11140. Il tenore della disposizione di cui alla legge numero 335 del 1995, articolo 3, comma 9, non lascia spazio ad interpretazioni diverse. Da essa si evince che il legislatore ha inteso regolare l'intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con riferimento a tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti. Infatti la previsione di cui alla lettera b , riferita a “tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”, è onnicomprensiva e non lascia fuori nessuna forma di previdenza obbligatoria. Né può ritenersi che l'articolo 3, comma 10, contenga il richiamo ad una disposizione in tema di sospensione dei termini di prescrizione articolo 2, comma 19, D.L. numero 463/83, convertito con modificazioni nella legge numero 638/83 , che non si applicherebbe ai liberi professionisti. Tale circostanza, infatti, non esclude la portata generale ed organica della normativa in questione, la quale si applica a “tutte” le contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatorie, comprese quelle relative ai liberi professionisti. Inconferente è, poi, il richiamo al processo di privatizzazione delle Casse dei liberi professionisti, al loro regime di autofinanziamento, alle ripercussioni negative che una abbreviazione dei termini prescrizionali potrebbe comportare sui risultati di bilancio degli enti previdenziali, al vantaggio che ricaverebbero da un termine di prescrizione ridotto i professionisti non adempienti all'obbligo contributivo. Trattasi di questioni che concernono profili, in verità di scarsa rilevanza, tutti superati dalla decisiva circostanza che il testo normativo non contiene limitazioni di sorta. Nessuna deroga, in particolare, è prevista dalla norma per gli enti previdenziali c.d. “privatizzati” in quanto il d.lgs. numero 509 del 1994, mentre ha mutato la natura giuridica delle Casse, trasformandole in enti privati, nulla ha innovato in ordine al rapporto previdenziale tra l'ente e gli iscritti, che resta assoggettato agli stessi principi ed alle stesse regole della previdenza obbligatoria, con le particolarità previste dalla legge numero 335/1995. Manifestamente infondata è infine la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 9 e 10, della legge numero 335/95, ove queste disposizioni dovessero ritenersi applicabili alle Casse dei liberi professionisti. A prescindere dalla considerazione che per i contributi relativi al periodo precedente la data di entrata in vigore della legge è stato mantenuto il termine decennale di prescrizione in presenza di atti interruttivi o di procedure iniziate nel rispetto della normativa precedente, va osservato che per le contribuzioni successive a detto periodo la situazione delle Casse non appare dissimile da quella degli altri enti di previdenza ed assistenza obbligatoria, onde una eventuale diversità di trattamento con riguardo al termine di prescrizione sarebbe oltre che ingiustificata, irragionevole. Alla luce della giurisprudenza sopra citata deve, poi, ritenersi manifestamente infondato anche il primo motivo. La ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per avere ritenuto applicabile, anche alle sanzioni civili, il termine di prescrizione quinquennale dettato per le obbligazioni contributive previdenziali dalla legge numero 335 del 1995, articolo 3, comma 9. A sostegno della censura ha richiamato Cass. 10 agosto 2006, numero 18148, secondo cui, costituendo le sanzioni civili una obbligazione di natura diversa dalle obbligazioni contributive, non è ad esse applicabile il regime di prescrizione previsto per queste ultime obbligazioni. L'orientamento citato dalla ricorrente confermato dalla sola successiva Cass. 6 luglio 2011, numero 14864 è stato tuttavia superato da molteplici e conformi pronunce successive. È stato, infatti ritenuto che in tema di contributi previdenziali, l'obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o tardivo pagamento dei contributi medesimi cosiddette sanzioni civili costituisce una conseguenza automatica - legalmente predeterminata - dell'inadempimento o del ritardo ed assolve una funzione di rafforzamento dell'obbligazione contributiva alla quale si somma ne consegue che il credito per le sanzioni civili ha la stessa natura giuridica dell'obbligazione principale e, pertanto, resta soggetto al medesimo regime prescrizionale cfr. Cass. 4 aprile 2008, numero 8814 Cass. 21 dicembre 2010, numero 25906 Cass. 22 febbraio 2012, numero 2620 Cass. 20 febbraio 2014, numero 4050 e, in precedenza, Cass. 12 maggio 2004 numero 9054 Cass. 15 gennaio 1986 numero 194 . Deve, dunque, considerarsi prevalente l'indirizzo favorevole alla sussistenza di una identica natura giuridica del credito per sanzioni civile rispetto a quello per contributi evasi. In ogni caso, anche a voler sostenere una natura diversa delle sanzioni rispetto ai crediti contributivi, sia in ragione della diversità di disciplina e dei diversi presupposti che ne scaturiscono, sia per espressa disposizione di legge si pensi alle norme del codice civile in materia di privilegi articolo 2754 e 2788 cod. civ. , tale diversa natura non elimina il fondamentale carattere di accessorietà, evocato dalla disciplina legislativa che obbliga il contribuente inadempiente al pagamento di una somma aggiuntiva a titolo di sanzione civile in ragione d'anno. Seppure tale carattere non significa attribuzione a tali somme aggiuntive la medesima natura degli interessi civilistici, caratterizzati dall'elemento della periodicità con la conseguente inapplicabilità del termine quinquennale di cui all'articolo 2948, numero 4 cod. civ. , tuttavia l'individuazione del termine prescrizionale non può che riferirsi alle norme di legge che, nello specifico, regolano la materia delle conseguenze dell'inadempimento contributivo. Di conseguenza, le doglianze della ricorrente vanno disattese. Invero, con ordinanza interlocutoria del 1 aprile 2014, numero 7569, una causa avente ad oggetto analoga questione è stata da questa Corte rimessa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite in relazione al contrasto determinatosi in particolare tra la decisione Cass. 6 luglio 2011, numero 14864 e le altre, di segno contrario, sopra citate . Valuterà il Collegio l'opportunità di attendere le determinazioni del Primo Presidente e quelle, eventuali, della Sezioni Unite. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Occorre innanzitutto rilevare un profilo di inammissibilità laddove, pur a fronte di denunciati vizi di violazione di legge, in realtà la ricorrente lamenta principalmente una erronea valutazione delle circostanze fattuali che, se rettamente apprezzate, avrebbero dovuto condurre a ritenere interrotto il termine di prescrizione, e dunque un vizio motivazionale. Per il resto, la ricorrente pretende un riesame degli atti di causa inammissibile in questa sede di legittimità. La Corte territoriale, peraltro, con puntuale ricostruzione di tutti gli atti sottoposti alla sua valutazione ha dato compiutamente conto delle ragioni per le quali ha ritenuto che non potesse essere attribuita valenza probatoria, ai fini del ricevimento da parte del G. delle missive indicate in appello, a documenti peraltro neppure analiticamente indicati che non contenevano alcun riferimento “a note con le quali l'opponente aveva risposto alle comunicazioni contestate” o a un “carteggio tra le parti” evidenziando altresì, al riguardo, che mancava un riscontro tra alcuni atti citati dall'appellante e quelli presenti nel fascicolo della fase monitoria ovvero anche a documenti tutti di provenienza dell'Istituto che contenevano il riferimento alla corrispondenza inter partes . Trattasi di motivazione congrua e logica che resiste alle censure della ricorrente. Il terzo motivo di ricorso è in parte assorbito dalla decisione sul quarto motivo ed in parte inammissibile. La richiesta di condanna al “versamento delle somme dovute per contributi in riferimento agli anni successivi al 1998, con gli accessori di legge fino al soddisfo” è, infatti, in parte assorbita dalla ritenuta prescrizione dei crediti anteriori al gennaio 2003. Per il resto le doglianze della ricorrente risultano assolutamente generiche e non è dato evincere se il minor credito riconosciuto dal Tribunale con la corretta applicazione della prescrizione quinquennale sia stato eventualmente quantificato senza tener conto della esigibilità dei contributi solo a far data dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. In conclusione, si propone il rigetto del ricorso riservata al collegio ogni valutazione in ordine all'ordinanza interlocutoria di cui sopra si è detto , il tutto con ordinanza, ai sensi dell'articolo 375 cod. proc. civ., numero 5”. 2 - Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. 3 - L'Inarcassa ha depositato memoria ex articolo 380 bis cod. proc. civ 4 - Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia non scalfite dalla memoria ex articolo 380 bis cod. proc. civ. con la quale l'Inarcassa si è limitata sostanzialmente a riproporre le ragioni esposte a sostegno dei motivi di ricorso e a ribadire la diversità della natura delle somme aggiuntive rispetto ai contributi. Va, in ogni caso, ulteriormente precisato che non sussistono ragioni per rimeditare l'indirizzo di questa Corte già espresso con le decisioni Cass. 9 aprile 2003, numero 5522, Cass. 13 febbraio 2006, numero 26621, Cass. 29 novembre 2007, numero 24910, Cass. 6 luglio 2011, numero 14864 e ribadito con la più recente Cass. 20 febbraio 2014, numero 4050 secondo il quale, con l'entrata in vigore della normativa di cui alla legge numero 335 del 1995, che ha regolato l'intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, sono state abrogate per assorbimento le previgenti discipline differenziate, sicché è venuta meno la connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali e dunque non può più applicarsi la norma di cui all’articolo 18 della legge numero 6 del 1981 Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti per ciò che riguarda l'indicazione del termine di prescrizione decennale riferito ai contributi, ivi previsto. Occorre, poi evidenziare che questa Corte a Sezioni unite, con la recente decisione numero 5076 del 13 marzo 2015 intervenuta a seguito dell'ordinanza interlocutoria del 1 aprile 2014, numero 7569, ha precisato che sotto il profilo normativo, le somme aggiuntive appartengono alla categoria delle sanzioni civili, vengono applicate automaticamente in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi assicurativi e consistono in una somma ex lege predeterminata il cui relativo credito sorge de ture alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo, in relazione al periodo di contribuzione. Vi è, quindi, tra la sanzione civile di cui trattasi e l'omissione contributiva, cui la sanzione ovile inerisce, un vincolo di dipendenza funzionale che in quanto contrassegnato dall'automatismo della sanzione civile rispetto all'omesso o ritardato pagamento incide, non solo geneticamente sul rapporto dell'una rispetto all'altra, ma conserva questo suo legame di automaticità funzionale anche dopo l'irrogazione della sanzione, sì che le vicende che attengono all'omesso o ritardato pagamento dei contributi non possono non riguardare, proprio per il rilevato legame di automaticità funzionale, anche le somme aggiuntive che, come detto, sorgendo automaticamente alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo rimangono a questo debito continuativamente collegate in via giuridica . Le Sezioni unite hanno, quindi, affermato il seguente principio di diritto In materia previdenziale, le somme aggiuntive irrogate al contribuente per l'omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali sono sanzioni civili che, in ragione della loro legislativamente prevista automaticità, rimangono funzionalmente connesse all'omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali, sì che gli effetti degli atti interruttivi, posti in essere con riferimento a tale ultimo credito, si estendono, automaticamente, anche al credito per sanzioni civili . Con tale decisione, le Sezioni unite hanno, dunque, mostrato di aderire all'indirizzo si vedano le già ricordate cfr. Cass. 4 aprile 2008, numero 8814, Cass. 21 dicembre 2010, numero 25906, Cass. 22 febbraio 2012, numero 2620, Cass. 20 febbraio 2014, numero 4050 e, in precedenza, Cass. 12 maggio 2004, numero 9054 Cass. 15 gennaio 1986, numero 194 secondo cui l'obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o tardivo pagamento dei contributi previdenziali costituisce una conseguenza automatica e legalmente predeterminata dell'inadempimento o del ritardo e svolge una funzione di rafforzamento dell’obbligazione contributiva, alla quale si somma ne consegue che il credito per le sanzioni civili, nella sua accessorietà, ha la stessa natura giuridica dell'obbligazione principale l'automatismo della sanzione civile rispetto all'omesso o ritardato pagamento incide, non solo geneticamente sul rapporto dell'una rispetto all'altra, ma conserva questo suo legame di automaticità funzionale anche dopo l’irrogazione della sanzione” , pertanto, resta soggetto al medesimo regime prescrizionale facendo sì che l'interruzione della prescrizione del credito principale si comunichi a quello accessorio . Non vi è dubbio allora che, costituendo l'obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o tardivo pagamento dei contributi cosiddette sanzioni civili una conseguenza automatica - legalmente predeterminata dell'inadempimento o del ritardo ed assolvendo tale obbligo una funzione di rafforzamento dell’obbligazione contributiva alla quale si somma, il credito per le sanzioni civili, proprio in ragione dell'affermata sussistenza di un legame di automaticità funzionale, resti soggetto al medesimo regime prescrizionale. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell'articolo 375, numero 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo. 4 - In conclusione il ricorso va rigettato. 5 - Nulla va disposto per le spese del presente giudizio di legittimità, non avendo l'intimato svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso nulla per le spese.