Prima casa, bonus revocato se il riacquisto di una quota è minimo

di Antonio Terlizzi

di Antonio Terlizzi *Al fine di evitare la decadenza dai benefici fiscali prima casa e l'applicazione della soprattassa, nell'ipotesi di trasferimento dell'immobile prima del decorso del termine di 5 anni dalla data dell'acquisto, la nota II bis dell'articolo 1 della parte prima della tariffa allegata al d.p.r. numero 131/1986, prescrive al comma 4, ultimo periodo, che il contribuente, entro un anno dal trasferimento dell'immobile acquistato con i benefici, proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale . L' acquisto di una piccola quota di un immobile non comporta il potere di disporre del bene quale abitazione propria. L'acquisto non dell'intero, ma di una quota dell'immobile, può integrare il requisito, ma solo qualora sia significativo, di per sé, della concreta possibilità di disporre del bene sì da poterlo adibire a propria abitazione. L' acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile non può comportare da solo il potere di disporre del bene quale abitazione propria. Tale acquisto è inidoneo a realizzare l'abitazione, che è la finalità perseguita dal legislatore con il riconoscimento dell'aliquota dell'imposta ridotta sugli atti d'acquisto e non vale, pertanto, a realizzare la condizione dell'acquisto di altro immobile. La vendita della prima casa anteriormente al decorso di un quinquennio dal suo acquisto provoca la decadenza dall'agevolazione ottenuta in sede di acquisto a meno che, entro un anno da questa vendita, il contribuente acquisti un'altra casa da destinare a propria abitazione principale non evita, però, la decadenza il contribuente che, entro questo termine annuale, proceda all'acquisto di una quota di comproprietà di un'abitazione, se tale quota non sia significativa, di per sé, della concreta possibilità di disporre del bene, sì da poterlo adibire a propria abitazione . Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 13291 del 17 giugno 2011.Il caso. L'Agenzia delle Entrate di Pordenone revocava i benefici concessi a un acquirente sull'atto di acquisto della prima casa, per avere lo stesso alienato il bene entro il termine quinquennale, senza, tuttavia, procedere, nell'anno successivo alla vendita, all'acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale. Infatti, il contribuente, dopo aver venduto l'immobile adibito a prima casa, e per il quale erano stati concessi i previsti benefici fiscali, acquistava a millesimi di altro immobile da destinare a prima casa. La CTR friulana rigettava l'appello delle Entrate, annullando l'avviso di liquidazione con il quale erano stati revocati i benefici concessi. Contro questa pronuncia, l'Agenzia ha promosso ricorso per cassazione. Negati i benefici prima casa se l'acquisto della quota di altro immobile è davvero esigua. La S.C. ha accolto il ricorso del Fisco poiché il requisito dell'idoneità dell'immobile da adibire a abitazione principale ha carattere funzionale e non formale, non potendo non tenersi conto della valutazione del quantum del diritto di proprietà dell'immobile di cui l'interessato è in concreto titolare. Nell'ipotesi di trasferimento infraquinquennale dell'immobile comprato usufruendo dei benefici prima casa, il successivo acquisto di una piccola quota millesimale di un altro immobile, entro un anno dalla precedente vendita, determina la decadenza dai benefici fiscali, laddove l'esiguità della quota acquistata non permetta di disporre del bene in modo tale da poterlo adibire a propria abitazione. Infatti, tale acquisto risulta inidoneo a realizzare l'abitazione che è la finalità perseguita dal legislatore con il riconoscimento dell'aliquota dell'imposta ridotta sugli atti d'acquisto, e non vale, pertanto a realizzare la condizione dell'acquisto di altro immobile. Va comunque precisato che se il semplice acquisto di una quota in comunione di un immobile non è ostativo alla fruizione del benefico prima casa, è comunque necessario che la quota acquistata sia tale da consentire al contribuente/acquirente - nel rispetto della normativa civilistica in tema di comunione - di destinare la stessa a propria abitazione principale tale onere probatorio, ovviamente, spetta al contribuente/beneficiario .Non decade dal bonus il contribuente che, entro 1 anno dall'alienazione dell'immobile, acquisti altro immobile da adibire ad abitazione principale. Nel caso di immobili acquistati con i benefici prima casa e rivenduti prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, l'A.f. procede al recupero della differenza fra l'imposta ordinaria e quella ad aliquota agevolata, nonché all'irrogazione della sanzione amministrativa pari al 30% della differenza medesima. Devono, inoltre, essere recuperate le maggiori imposte ipo-catastali, maggiorate della sanzione amministrativa del 30%. La revoca dell'agevolazione non ha luogo nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici prima casa, acquisti un altro immobile da adibire a propria abitazione principale. Il termine triennale articolo 76, d.p.r. numero 131/1986 per l'accertamento dell'intervenuta decadenza dalle predette agevolazioni fiscali non si determina a far data dalla cessione dell'immobile bensì dall'anno successivo alla data di registrazione dell'atto di compravendita senza che il contribuente abbia posto in essere un nuovo acquisto.* Esperto tributario

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 17 gennaio - 17 giugno 2011, numero 13291Presidente Pivetti - Relatore GrecoSvolgimento del processoIl Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia che, rigettando l'appello dell'Agenzia delle entrate di Pordenone, ha annullato l'avviso di liquidazione con il quale erano stati revocati i benefici concessi ad sull'atto di acquisto della prima casa, avvenuto il 5 gennaio 1994, per avere l'acquirente alienato il bene entro il termine quinquennale, senza procedere, nell'anno successivo alla vendita, all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, il contribuente aveva infatti impugnato l'atto impositivo assumendo di avere invece adempiuto alla prescrizione di legge, avendo acquistato una quota del quattro per mille di altro immobile da destinarsi a prima casa.Secondo il giudice d'appello, l'avviso di liquidazione recava, in ordine alla revoca dei benefici, una motivazione - il mancato acquisto di altra abitazione nel termine - diversa e nuova, e perciò illegittima, da quella esplicitata dall'ufficio in giudizio, e cioè che la quota di immobile acquistata, stante la sua percentuale irrisoria rispetto all'intero, non poteva valere come acquisto di abitazione.Inoltre, atteso che i benefici in discorso possono essere concessi a chi acquista anche e soltanto una quota di immobile, non può ritenersi vi sia un limite quantitativo all'acquisto prò quota dell'immobile perché si decada da quei benefici, nulla disponendo la legge al riguardo la condizione essenziale perché non si verifichi la decadenza dai benefici è l'adibizione del secondo immobile acquistato, entro il termine, ad abitazione principale, a prescindere dalla quota di proprietà acquistata, restando ogni valutazione in proposito irrilevante ai fini della decisione. resiste con controricorso, articolando due motivi di ricorso incidentale.Motivi della decisioneCon il primo motivo l'amministrazione ricorrente censura la sentenza per aver violato i principi in terra di motivazione dell'avviso di liquidazione e relativa interpretazione, avendo ritenuto che l'atto impositivo portava uria motivazione ben diversa da quella poi esplicitata dall'ufficio in sede contenziosa.Con il secondo motivo si duole dell'insufficienza della motivazione sull'affermata modifica delle argomentazioni addotte dall'ufficio in giudizio, non costituenti, secondo la sentenza impugnata, legittima integrazione di una motivazione sintetica dell'avviso, ma nuova motivazione dell'atto dei tutto illegittima.Con il terzo motivo, denunciando violazione dell'articolo 1, nota II bis, della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, numero 131, in connessione con l'articolo 115, primo comma, cod. proc. civ., assume che il requisito dell'idoneità dell'immobile da adibire ad abitazione principale avrebbe carattere funzionale e non formale, non potendo prescindersi dalla valutazione del quantum del diritto di proprietà dell'immobile di cui l'interessato è in concreto titolare, rispetto alla pienezza ed esclusività del dominio.Con il primo motivo di ricorso incidentale il contribuente censura la decisione, sotto il profilo del vizio di motivazione, in ordine alla ritenuta idoneità, e conseguente ammissibilità, dell'appello principale dell'Agenzia.Con il secondo motivo lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, che sia stato erroneamente affermato che l'appello principale conteneva validi motivi di doglianza alla sentenza impugnata.Il ricorso incidentale, dal cui esame occorre muovere, è infondato.Il primo motivo, infatti, così come è articolato, è privo del requisito dell'autosufficienza, mentre il secondo è fondato sull'erroneo presupposto che la sentenza impugnata sia basata su due rationes decidendl non specificamente censurate con l'appello.Al contrario, l'avere il giudice di primo grado da una parte affermato l'infondatezza della motivazione dell'avviso di liquidazione, secondo cui il contribuente non aveva proceduto all'acquisto di un nuovo immobile, e dall'altra affermato che l'acquisto sia pure prò quota minima di un immobile evitava la decadenza dai benefici, non vale a dare vita a due distinte rationes decidendo, in quanto la seconda affermazione costituisce la ragione della prima, che, da sola, è una asserzione generica o non motivata. La censura dell'ufficio appellante è quindi specifica, essendo diretta a rilevare l'inidoneità di una quota così esigua ai fini dell'integrazione del requisito dell'acquisto di una nuova casa di abitazione.Quanto al ricorso principale, il primo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente legati, sono fondati.Al fine di evitare la decadenza dai benefici fiscali, tradizionalmente denominati della prima casa , e l'applicazione della soprattassa, nell'ipotesi di trasferimento dell'immobile prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell'acquisto, la nota II bis dell'articolo 1 della parte prima della tariffa allegata al testo unico dell'imposta di registro del 1986, nel testo introdotto con l'articolo 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, numero 549, prescrive al comma 4, ultimo periodo che il contribuente, entro un anno dal trasferimento dell'immobile acquistato con i benefici , proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale .L'acquisto non dell'intero, ma di una quota dell'immobile, può beninteso integrare il requisito detto, ma solo qualora sia significativa, di per sé, della concreta possibilità di disporre del bene sì da poterlo adibire a propria abitazione.Ciascun partecipante alla comunione, infatti, come stabilisce l'articolo 1102 cod. civ., può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di fame parimenti uso secondo il loro diritto.L'acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile non può perciò comportare da solo il potere di disporre del bene come abitazione propria esso è, cioè, inidoneo a realizzare l'adibizione ad abitazione che è la finalità perseguita dal legislatore con il riconoscimento dell'aliquota dell' imposta ridotta sugli atti d'acquisto, e non vale, pertanto a realizzare la condizione dello acquisto di altro immobile , di cui ai comma 4 della nota II all'articolo 1 della tariffa citata sull'idoneità della titolarità di una quota di immobile ai tini dell'integrazione dello speculare requisito dell'impossidenza, cfr. Cass. numero 9647 del 1999 e numero 10984 del 2007 .Per un verso la sentenza impugnata è quindi incorsa nell'errore di diritto denunciato, e per altro verso deve escludersi che le deduzioni in sede contenziosa dell'ufficio fossero eccentriche rispetto alla motivazione dell'atto impositivo, che, in presenza dell'acquisto di uria quota di A millesimi, contestava, appunto, al contribuente, di non aver proceduto entro un anno dall'alienazione all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale .Il primo ed il secondo motivo del ricorso vanno pertanto accolti, assorbito l'esame del terzo, mentre il ricorso incidentale va rigettato, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.La relativa novità della questione consente di dichiarare compensate fra le parti le spese del giudizio.P.Q.M.Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso, assorbito il secondo, e rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.