Pur essendo regolato dal principio devolutivo, oltre che dalla necessità che si risolva in una critica specifica alla decisione censurata, l’appello è un’impugnazione di merito, che può attingere, quindi, ogni aspetto della regiudicanda, compresa la possibilità di una completa revisione del primo giudizio.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 18746, depositata il 4 maggio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza di primo grado di condanna nei confronti di un imputato, accusato di reati in materia di stupefacenti. I giudici d’appello, che deliberavano un dispositivo di conferma della sentenza impugnata, fondavano il proprio giudizio unicamente sulla ritenuta inammissibilità dell’impugnazione, considerando la genericità delle doglianze e l’inconsistenza dei motivi posti a sostegno dei motivi d’appello. L’imputato ricorreva in Cassazione, affermando di aver sufficientemente specificato le proprie doglianze, rivolte soprattutto contro le fonti di prova intercettazioni telefoniche e sequestro di droga utilizzate in primo grado per la condanna, e per la determinazione della pena, aumentata a causa della continuazione. Possibilità d’appello. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, pur essendo regolato dal principio devolutivo, oltre che dalla necessità che si risolva in una critica specifica alla decisione censurata, l’appello è un’impugnazione di merito, che può attingere, quindi, ogni aspetto della regiudicanda, compresa la possibilità di una completa revisione del primo giudizio. Elementi necessari. I motivi d’appello possono risolversi in una motivata sollecitazione alla rilettura delle prove. La regola di specificità deve essere interpretata ed applicata alla luce dei principi regolatori del mezzo di impugnazione considerato, e, nel caso dell’appello, è sufficiente che siano identificati con accettabile precisione i punti cui si riferiscono le doglianze e la loro ragione essenziale. Nel caso di specie, l’appellante aveva posto in discussione la lettura operata dal primo giudice sul senso delle conversazioni intercettate, limitandosi ad un’acritica riproduzione dei colloqui, il che, a prescindere dal suo fondamento, era, a giudizio della Cassazione, una doglianza puntuale. Per quanto riguardava, invece, la determinazione della pena, l’atto d’appello non si limitava a contestare genericamente il carattere eccessivo del trattamento sanzionatorio, ma si concentrava specificamente sugli aumenti operati in forza della continuazione, sollecitando una riduzione e proponendo delle ragioni giustificatrici. Di conseguenza, poteva darsi che le doglianze sarebbero risultate, all’esame del merito, prive di fondamento, ma l’appellante aveva diritto al loro esame. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava il caso alla Corte d’appello di Milano per la valutazione delle censure mosse alla decisione di primo grado.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 gennaio – 6 maggio 2014, numero 18746 Presidente Agrò – Relatore Leo Ritenuto in fatto 1. È impugnata la sentenza in data 14/05/2012 della Corte d'appello di Milano, con la quale si è confermata la sentenza del Tribunale di Milano del 14/07/2011. Con tale ultimo provvedimento, il R. era stato dichiarato colpevole di ripetute violazioni della legge penale in materia di stupefacenti parte soltanto delle quali attenuate a norma del comma 5 dell'articolo 73 del d.P.R. numero 309/1990 , e condannato, previa riconoscimento delle attenuanti generiche ed applicazione dell'articolo 81 cpv. cod. penumero , alla pena di cinque anni di reclusione ed euro 27.000 di multa. Le accuse avevano preso corpo nell'ambito delle indagini condotte su alcuni fornitori di sostanze stupefacenti, e progressivamente estese nei confronti di loro acquirenti, dediti secondo l'accusa ad ulteriori attività di smercio. In particolare, erano state intercettate comunicazioni provenienti dal R., che in diverse occasioni si sarebbe portato a Milano per rifornirsi di droga. Nell'ultima di tali occasioni, a seguito delle intercettazioni telefoniche, la polizia giudiziaria era intervenuta in flagranza di reato, sorprendendo l'odierno ricorrente in possesso di circa 229 grammi di eroina e 62 grammi di cocaina, oltreché della scheda telefonica utilizzata per i contatti col fornitore. Il Tribunale aveva considerato le conversazioni poste a base delle varie contestazioni, trascritte e succintamente commentate, come elementi univoci di prova dei singoli episodi, attribuendo un ruolo di indiretta conferma al sequestro del quale poco sopra si è detto. La decisione era stata appellata dall'imputato, lamentando la carenza di attività investigative a riscontro dei fatti desunti dalle comunicazioni telefoniche, la cui evocazione avrebbe dato luogo ad «un vuoto elenco di frasi per nulla esaustive e prive di capacità dimostrative». In punto di pena, era stata particolarmente censurata la quantificazione dell'aumento ex articolo 81 cpv. cod. penumero , relativo a fatti di gravità asseritamente contenuta e commessi in un ristretto arco di tempo. La Corte territoriale, che pure ha deliberato un dispositivo di conferma della sentenza impugnata, ha per altro fondato il proprio giudizio unicamente sulla ritenuta inammissibilità dell'impugnazione, «attesa la genericità delle doglianze e l'inconsistenza dei motivi posti a sostegno dei motivi di appello». 2. Propone ricorso il Difensore dell'imputato, con un unico motivo riferito alle lettere b e c dell'articolo 606 cod. proc. penumero , ed incentrato sull'asserita violazione degli articolo 581, comma 1, lettera c e dell'articolo 591, comma 1, lettera c , cod. proc. penumero L'appellante avrebbe sufficientemente specificato le proprie doglianze, lamentando che la sentenza di primo grado sarebbe stata motivata mediante trascrizione pedissequa ed acritica delle conversazioni intercettate, e l'arbitraria generalizzazione di un elemento di riscontro l'arresto in flagranza valevole per una sola delle contestazioni. Proprio l'apoditticità della motivazione avrebbe precluso il pieno dispiegarsi dell'attività difensiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto. Come già si è accennato, la Corte territoriale non ha enunciato un dispositivo di inammissibilità dell'appello proposto nell'interesse del R., e tuttavia ha motivato la conferma della sentenza appellata unicamente in base all'indicata inammissibilità, con il sintetico rilievo trascritto in chiusura del § 1 del Ritenuto in fatto. È ovvio che l'espressione citata sarebbe del tutto inidonea ad integrare l'apparato motivo richiesto dalla legge, ove si trattasse di giustificare un giudizio di infondatezza dei motivi di doglianza espressi con l'atto d'appello. A tale proposito va brevemente rilevato come il Difensore di R. avesse obiettato in merito alla concludenza degli elementi raccolti circa gli episodi di illecita detenzione di stupefacenti contestati al proprio assistito a suo avviso, poiché la polizia giudiziaria non avrebbe dato seguito con perquisizioni e sequestri alle conversazioni intercettate, non potrebbe considerarsi certa la prova che, nel corso degli appuntamenti concordati per telefono, vi fossero stati effettivi passaggi di droga la sentenza di primo grado avrebbe illustrato il contenuto dei colloqui senza commentarlo criticamente, in guisa da dimostrarne la forza dimostrativa. Con un secondo mezzo, l'appellante aveva specificamente censurato la determinazione quantitativa degli aumenti di pena ex articolo 81, comma 2, cod. penumero un computo sproporzionato per eccesso, dato che lo stesso Tribunale avrebbe riconosciuto la lieve entità dei fatti, comunque commessi nell'ambito di una ristretta cerchia di persone. Può aggiungersi fin d'ora che l'aumento per i reati satellite era stato quantificato, per ciascuno, in quattro mesi per la reclusione ed in euro 3.000 per la multa . Ciò detto, va ribadito che la motivazione della sentenza d'appello non contiene alcun riferimento al merito delle censure, e sarebbe quindi inesistente, ove mirata in tal senso. Per altro, nella sostanza, la Corte territoriale ha chiaramente voluto sanzionare la ritenuta inammissibilità dell'impugnazione in questa chiave è stata intesa dall'odierno ricorrente, ed in questa chiave deve oggi essere apprezzata. 2. L'indicato giudizio di inammissibilità risulta ingiustificato. Come già si è rilevato, la manifesta infondatezza dei motivi - ove mai si fosse considerata produttiva dell'asserita inammissibilità in senso contrario, relativamente all'appello, Sez. 5, Sentenza numero 37730 del 31/05/2013, rv. 257246 - sarebbe oggetto di mera enunciazione. Quanto invece alla genericità - cioè quel vizio che certamente è rilevabile per ogni forma di impugnazione secondo il combinato disposto degli articolo 581, lettera c e 591, comma 1, lettera c del codice di rito - va detto che si tratta di connotazione non riferibile all'appello nella specie proposto dall'imputato. 2.1. Pur essendo regolato dal principio devolutivo, e naturalmente dalla necessità che si risolva in una critica specifica alla decisione censurata, l'appello è impugnazione di merito, che può attingere ogni aspetto della regiudicanda, ed anche risolversi, alle condizioni indicate, in istanza di completa revisione del giudizio di prima istanza, anche riguardo a tutti e soli i profili trattati in quel giudizio Sez. 3, Sentenza numero 1470 del 20/11/2012, rv. 254259 . In particolare, anche alla luce del favor impugnationis, i motivi dell'appello possono risolversi in una motivata sollecitazione alla rilettura delle prove. La regola di specificità deve essere interpretata ed applicata alla luce dei principi regolatori dei mezzo di impugnazione di volta in volta considerato, ed è sufficiente, quanto all'appello, che siano identificati con accettabile precisione i punti cui si riferiscono le doglianze e la ragione essenziale delle medesime Sez. 4, Ordinanza numero 48469 del 07/12/2011, rv. 251934 Sez. 6, Sentenza numero 9093 del 14/01/2013, rv. 255718 . È certo vero che, nella giurisprudenza di questa Corte, risultano presenti decisioni orientate in senso favorevole a provvedimenti dichiarativi di inammissibilità dell'appello per il carattere aspecifico dei motivi. La distanza effettiva tra le varie opzioni, sul piano dei principi, deve per altro essere misurata delle fattispecie concrete di volta in volta considerate. Sono di fatto compatibili con il principio sopra enunciato, ad esempio, decisioni di inammissibilità riguardanti generiche doglianze sull'entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale Sez. 6, sentenza numero 39247 del 12/07/2013, rv. 257434 , o censure risolte in mere asserzioni, non sostenute da alcun argomento giustificativo o dimostrativo Sez. 6, Sentenza numero 1770 del 18/12/2012, rv. 254204 . 2.2. Il caso sottoposto all'esame di questa Corte non è riconducibile alle situazioni indicate. L'appellante ha posto in discussione, relativamente a reati specificamente indicati, la lettura operata dal primo giudice circa il senso delle conversazioni intercettate, ponendo un problema concreto a prescindere naturalmente dal relativo fondamento , e cioè l'assenza del riscontro che sarebbe venuto dall'eventuale sequestro dello stupefacente considerato. Egli assume che la sentenza impugnata si sarebbe limitata all'acritica riproduzione dei colloqui, ed anche questa - sempre a prescindere dal suo fondamento - è una doglianza puntuale. Ancor più chiara la situazione in punto di determinazione della pena. L'atto d'appello non lamenta genericamente il carattere eccessivo dei trattamento sanzionatorio, ma si concentra specificamente sugli aumenti operati in forza della continuazione, sollecitandone una riduzione e proponendo anche, al proposito, delle ragioni giustificatrici. Può darsi, anche in questo caso, che le doglianze risultino, all'esame del merito, prive di fondamento. Ma non v'è dubbio che vi fosse - secondo l'attuale fisionomia del sistema, come stabilita dalla legge - un diritto dell'odierno ricorrente a quel rinnovato esame della questione. La sentenza d'appello va quindi annullata con rinvio, affinché, nel nuovo giudizio di secondo grado, ritenuta l'ammissibilità dell'impugnazione, la Corte milanese rivaluti il merito delle censure mosse alla decisione del Tribunale. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio d'appello ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.