Respinta definitivamente la domanda avanzata dalla moglie. Elemento centrale la cospicua somma che l’uomo ha provveduto a versare alla donna. Tale ‘obolo’ ha potuto compensare, secondo i giudici, le diminuzioni di reddito lamentate dalla donna.
Equilibrio immutato le presunte diminuzioni del reddito della moglie, difatti, possono essere compensate dal cospicuo versamento da parte del marito, versamento frutto della liquidazione della quota ereditaria di un immobile di proprietà della famiglia di lui. Ciò significa che i rapporti economici fra i due coniugi, oramai divorziati, non si sono affatto modificati. Di conseguenza, è corretta la scelta di rispondere negativamente alla richiesta della donna di ottenere un assegno ad hoc a proprio favore. Cass., ord. numero 9498/2014, Sesta Sezione Civile, depositata oggi Compensazione. Parte importante del «procedimento di divorzio» è la definizione delle posizioni economiche dei due coniugi. Nodo rilevante, in particolare, è l’«assegno in favore della moglie», riconosciuto dai giudici del Tribunale e negato, invece, dai giudici della Corte d’Appello. Piccata la reazione della donna, che ricorre in Cassazione, ribadendo il proprio diritto all’«assegno», alla luce del peggioramento della propria posizione economica, peggioramento causato, evidenzia la donna, anche da una «malattia». Ma, nonostante tali elementi, i giudici del Palazzaccio condividono in pieno la decisione assunta in secondo grado confermato, quindi, il ‘niet’ alla richiesta avanzata dalla donna. Quadro di riferimento, spiegano i giudici, è quello secondo cui «l’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questi goduto durante la convivenza matrimoniale, e, tuttavia, indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi». Però, all’interno di questo ‘quadro’, analizzando, in dettaglio, la «posizione della moglie», è corretto ritenere che «la quota ereditaria di immobile, appartenente alla famiglia del marito, liquidata dal marito stesso, con versamento a lei di una cospicua somma» può «compensare le eventuali diminuzioni di reddito della moglie». Peraltro, aggiungono i giudici, sul fronte delle presunte «diminuzioni di reddito» lamentate dalla donna, e legate alla «malattia» da lei subita, va tenuto presente che dalla «documentazione» disponibile emerge «un sostanziale ristabilimento, e quindi l’assenza di ogni ricaduta» sulla sua potenziale «produzione di reddito».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 28 gennaio – 30 aprile 2014, numero 9498 Presidente Bernabai – Relatore Dogliotti Osserva In un procedimento di divorzio, tra B.M. e R.A., la Corte d'Appello di Venezia, con sentenza in data 13/05/2011, in riforma della sentenza del Tribunale di Verona, escludeva l'assegno in favore della moglie. Ricorre per cassazione la B Resiste con controricorso il marito. Non si ravvisano violazioni di legge. Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi Cass. numero 2156 del 2010 . In sostanza la ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica. Il giudice a quo analizza la posizione della moglie e ritiene che la quota ereditaria di immobile, appartenente alla famiglia del marito, liquidata dal marito stesso, con versamento a lei di una cospicua somma, può compensare le eventuali diminuzioni, peraltro non provate, di reddito della moglie in sede di separazione consensuale, del resto, entrambi i coniugi avevano dichiarato di essere autosufficienti economicamente . Quanto alla malattia della moglie, il giudice a quo ritiene che dalla documentazione emerga un sostanziale ristabilimento, e quindi l'assenza di ogni ricaduta sulla produzione del reddito della moglie stessa. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in €. 2.000,00 di cui €. 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell'articolo 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.