Ai fini del sequestro preventivo funzionale alla confisca, non occorre la prova del nesso di pertinenza della cosa rispetto al reato, essendo confiscabili anche i beni che si trovano nella mera disponibilità dell’indagato, concetto che deve essere interpretato quale potere di fatto sulla cosa, coincidente con la definizione del possesso civilistico.
Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 10193/15 depositata l’11 marzo. Il caso. Il Tribunale di Como rigettava l’opposizione presentata da due coniugi che mirava ad ottenere la restituzione di un immobile sotto sequestro di proprietà della moglie – terza estranea al reato – ma ritenuto nella disponibilità del marito, indagato nel procedimento penale. I coniugi impugnano l’ordinanza in Cassazione lamentando l’inosservanza della legge penale in punto di qualificazione del concetto di disponibilità del bene da parte dell’indagato non proprietario. Il sequestro di beni nella disponibilità dell’indagato. La Corte di Cassazione non ritiene fondato il ricorso, in quanto la motivazione del provvedimento impugnato si sottrae a qualunque censura di inadeguatezza o apparenza. Precisano i Supremi Giudici che ai fini del sequestro preventivo funzionale alla confisca, di cui all’articolo 322 – ter, c.p., non occorre la prova del nesso di pertinenza della cosa rispetto al reato, essendo confiscabili anche i beni che si trovano nella mera disponibilità dell’indagato. La “disponibilità” in senso civilistico. Il concetto di disponibilità, pur non avendo ricevuto interpretazioni sempre conformi da parte dalla giurisprudenza di legittimità, risulta definito quale relazione materiale del soggetto con il bene, caratterizzata dall’esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. La “disponibilità” viene dunque a coincidere con la signoria di fatto sulla res che distingue il possesso civilistico, delineato dall’articolo 1140 c.c Conseguentemente non è necessario che i beni siano nella titolarità giuridica dell’indagato, occorrendo invece un suo potere di fatto sulla cosa, esercitato direttamente o a mezzo di altri soggetti. Al pari del concetto civilistico, la disponibilità risulta estesa a tutte quelle situazioni in cui il bene ricade negli interessi economici del prevenuto, anche se egli esercita il proprio potere sulla cosa per mezzo di terzi. La condizione che legittima il sequestro è dunque l’interposizione fittizia, cioè quella situazione in cui il bene, pur formalmente di altri, sia nell’effettiva disponibilità dell’indagato. L’impossibilità di equiparazione del comodato al leasing. La difesa tentava inoltre di dimostrare la mancanza della disponibilità del bene da parte dell’indagato richiamando una sentenza numero 4297/13 con cui la Cassazione medesima escludeva la possibilità che un contratto di leasing consentisse quel potere uti dominus che giustifica il sequestro. In questa fattispecie contrattuale effettivamente ci si trova di fronte ad una situazione di disponibilità giuridica qualificata del godimento del bene, basata su una fonte legittima e, dunque, per sua natura diversa «da quella disponibilità di fatto “mascheratrice” di una vera proprietà, solo formalmente riferibile ad altri». Nel caso di specie il rapporto tra i coniugi relativo al godimento dell’immobile è però configurabile quale comodato, con la conseguenza che un’equiparazione del leasing al comodato, ai fini dell’esclusione del concetto di disponibilità, non appare « calzante», caratterizzandosi il secondo istituto per la concessione di una cosa da parte del comodante al comodatario in uso gratuito, sia pure con obbligo di successiva restituzione, a differenza del caso di leasing nel quale sono tipicamente riscontrabili canoni predeterminati per l’utilizzo del bene, il quale resta giuridicamente, e non solo formalmente, di proprietà del concedente, fino al pagamento dell’ultima rata. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle speso processuali.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 ottobre 2014 – 11 marzo 2015, numero 10193 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza del 14 gennaio 2014 il Tribunale di Como, in funzione di giudice dell'opposizione, rigettava l'opposizione proposta da B.P.F. indagato per i reati di cui ai capi G ed H della contestazione provvisoria in riferimento al D. Lgs. 74/00 e da M.E. coniuge del B. e terza estranea al reato allo stesso contestato mirante ad ottenere la restituzione dell'immobile di proprietà M. sito in omissis , in quanto ritenuto nella disponibilità del B 1.2 Avverso la detta ordinanza propongono ricorso il B. e la M. , nella rispettiva veste di indagato e di terza estranea al reato, a ministero del difensore di fiducia deducendo, con unico articolato motivo, inosservanza della legge penale in punto di qualificazione data dal Tribunale al concetto di disponibilità del bene da parte dell'indagato non proprietario, nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto di attribuibilità del bene suddetto alla disponibilità dell'indagato. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. Affrontando in ordine di priorità logica il secondo motivo di ricorso afferente ad una dedotta manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto di attribuibilità del bene nella disponibilità dell'indagato, sebbene appartenente a terzo estraneo al reato, va anzitutto ribadito che, a norma dell'articolo 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in tema di provvedimenti cautelari di natura reale può essere proposto soltanto per violazione di legge, anche se in tale nozione possono rientrare la mancanza assoluta di motivazione ovvero la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali, ad esempio, l'articolo 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, mentre non possono trovare ingresso né la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'articolo 606 c.p.p., lett. e , né, ancor meno, il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento v. S.U. 29.5.2008 numero 25932, Ivanov, Rv. 239692 Sez. 5^, 13.10.2009 numero 43068, Bosi, Rv. 245093 Sez. 1^, 27.10.2011 numero 40827, Madio, Rv. 248468 secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento, o del tutto mancante ovvero privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice . 2. Nel caso in esame, per come si avrà modo di verificare in prosieguo, non si è in presenza né di una mancanza della motivazione né di un'argomentazione apparente definita dalla difesa dei ricorrenti apodittica , avendo invece il Tribunale fatto corretto uso dei propri poteri in tema di motivazione sulla base di alcuni dati che conferiscono concretezza alla motivazione medesima. 3. Passando all'esame del primo motivo che afferisce, invece, ad una vera e propria inosservanza della legge penale perché ricollegata ad una definizione errata della nozione di disponibilità del bene utilizzata dal Tribunale per giustificare l'infondatezza dell'opposizione e di riflesso il mantenimento del sequestro preventivo, vanno formulate le seguenti osservazioni. 4. Come è noto ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all'articolo 322 ter cod. penumero , non occorre provare il nesso di pertinenzialità del bene rispetto al reato, essendo assoggettabili a confisca cose che si trovino nella disponibilità dell'indagato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato cfr. tra le tante Sez. 6^ 27.1.2005 numero 11902, Baldas, Rv. 231234 . Tale tipo di sequestro può ricadere, quindi, su beni, comunque, nella disponibilità dell'indagato. Quanto al concetto di disponibilità , l'orientamento di questa Corte Suprema non si presenta uniforme e tuttavia ritiene il Collegio di condividere quanto in proposito affermato dalla sentenza della Sez. 1^ 9.3.2005 numero 11732, De Masi ed altro, Rv. 231390 secondo cui, per disponibilità , deve intendersi la relazione effettuale del condannato con il bene, caratterizzata dall'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. La disponibilità coincide, pertanto, con la signoria di fatto sulla res indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso come definito nell'articolo 1140 cod. civ 4.1 Non è necessario, pertanto, che i beni siano nella titolarità del soggetto indagato o condannato, occorrendo, invece, che egli abbia un potere di fatto sui beni medesimi e quindi la disponibilità degli stessi. Ovviamente tale potere di fatto può essere esercitato direttamente o a mezzo di altri soggetti, che, a loro volta, possono detenere la cosa nel proprio interesse detenzione qualificata o nell'interesse altrui detenzione non qualificata . Sicché la nozione di disponibilità non può essere limitata alla mera relazione naturalistica o di fatto con il bene, ma va estesa, al pari della nozione civilistica del possesso, a tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricada nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché il medesimo eserciti il proprio potere su di esso per il tramite di altri. Viene, cioè, in rilievo e legittima il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, l'interposizione fittizia, vale a dire quella situazione in cui il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nella disponibilità effettiva dell'indagato o condannato. Si è così ritenuto che, ai fini dell'operatività della confisca per equivalente prevista dall'articolo 322 ter cod. penumero e, di riflesso, della possibilità di adozione di un provvedimento di sequestro preventivo dei beni che possono formarne oggetto, il requisito costituito dalla disponibilità di tali beni da parte del reo non viene meno nel caso di intervenuta cessione dei medesimi ad un terzo con patto fiduciario di retrovendita Sez. 2^ 20.12.2006 numero 10838, Napolitano, Rv. 235828 che il sequestro può riguardare anche un bene in comproprietà tra l'indagato ed un terzo estraneo Sez. 3^ 27.1.2011 numero 6894, Panozzo, Rv. 249539 e persino un bene facente parte del fondo patrimoniale familiare Sez. 3^ 3.2.2011 numero 18527, Zavarise, Rv. Rv, 250525 . 4.2 È sempre necessaria la dimostrazione, da parte della Pubblica Accusa, della disponibilità, secondo la nozione sopra delineata, del bene da parte dell'indagato e la non corrispondenza tra tale situazione e l'intestazione formale, dovendo in particolare il P.M. fornire la prova dell'esistenza di situazioni che avallino siffatta discrasia Sez. 2^ 23.3.2011 numero 17287, Tondi, Rv. 250488 . La possibilità, ai fini della sussistenza del periculum di cui all'articolo 321 cod. proc. penumero di sottoporre a sequestro preventivo beni formalmente intestati a terzi estranei al procedimento penale, impone una pregnante valutazione, sia pure in termini di semplice probabilità, sulla base di elementi che appaiono indicativi della loro effettiva disponibilità da parte dell'indagato, per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione Sez. 6^ 16.4.2008 numero 27340, P.M. in proc. Cascino, Rv. 240573 Sez. 2^ 28.1.2014 numero 5657, P.M. in proc. Scozzaro, Rv. 258210 . 4.3 Nel caso di specie i criteri sopra enunciati sono stati puntualmente osservati dal Tribunale che ha evidenziato alcuni dati fondamentali dai quali desumere come, a fronte di una situazione di titolarità formale dell'immobile in capo ad un soggetto estraneo al reato M.E. , coniuge dell'indagato , il B. avesse la materiale disponibilità di quel bene, che si assume essere stato acquistato anche con risorse economiche dello stesso B. , ancorché intestato alla M. . In particolare è risultata decisiva la destinazione di parte dell'abitazione ad ufficio operativo del B. ancora, il mantenimento della residenza anagrafica da parte del B. in quell'immobile in contrasto con quanto dichiarato da una sua dipendente che aveva riferito come il B. avesse da tempo trasferito la propria attività operativa all'estero anche fisicamente , come esattamente osservato dal Tribunale inoltre l'irrilevanza del contratto di comodato datato 21 ottobre 2008, registrato quattro mesi dopo e in ogni caso riguardante una porzione dell'immobile e non l'abitazione nella sua interezza. 4.4 Corretta appare la decisione del Tribunale in merito alle diverse finalità del contratto di comodato destinato ad assolvere esigenze di domiciliazione professionale o anche di carattere fiscale, non mancando di osservare come in forza di tale contratto il B. si era accollato l'onere del pagamento delle tasse ed utenze dell'intero immobile nonostante il contratto di comodato riguardasse solo una parte di esso. 4.5 Tali elementi, giudicati dal Tribunale sintomatici della concreta disponibilità dell'appartamento da parte del B. con motivazione che si sottrae a qualsivoglia censura di carenza o apparenza, appaiono quindi sufficienti per ritenere infondate le censure sollevate dalla difesa del B. . 5. Si sostiene da parte della difesa del ricorrente che il contratto di comodato, stipulato in epoca non sospetta, non escludeva affatto che la M. mantenesse i poteri tipici del proprietario, mentre tale contratto limitava grandemente i poteri sulla cosa da parte del B. obbligato alla restituzione del bene. E a riprova della tesi della indisponibilità del bene da parte dell'indagato la difesa ha fatto richiamo ad una precedente decisione di questa Corte che ha escluso la possibilità che un contratto di leasing consentisse quel potere uti dominus sulla cosa tale da giustificare il sequestro del bene v. Sez. 6^ 10.1.2013 numero 4297, P.M. e Orsi, Rv. 254483 . 5.1 Posto che la disponibilità di cui parla la norma in questione non può che significare signoria di fatto sulla cosa implicante un rapporto con la cosa uti dominus, indipendentemente, cioè, da intestazioni formali puramente strumentali, tali da porre il formale proprietario nella posizione di soggetto, quando non coinvolto nella stessa vicenda illecita, comunque sostanzialmente indifferente all'ablazione, è incontestabile che nel caso del contratto di leasing ci si trovi in presenza di una situazione di disponibilità giuridica qualificata del godimento del bene, sulla base di una fonte giuridica legittima e, quindi, fuori da quella disponibilità di fatto mascheratrice di una vera proprietà, solo formalmente riferibile ad altri. Nel contratto di leasing, sia finanziario che traslativo, la proprietà, non solo formale, del bene resta in capo al concedente fino al pagamento dell'ultima rata, con il quale soltanto, in una a quello del residuo prezzo, si verifica il trasferimento della proprietà stessa dal concedente all'utilizzatore. 5.2 La dedotta equiparazione del contratto di leasing al contratto di comodato ai fini dell'esclusione, in entrambi i casi, del concetto di disponibilità, non appare calzante in quanto il contratto di leasing si differenzia nettamente dal comodato, caratterizzato dalla concessione di una cosa da parte del comodante al comodatario in uso gratuito sia pure con obbligo di successiva restituzione il che non esclude affatto che il comodatario nella vigenza del contratto, possa esercitare poteri di fatto sulla cosa uti dominus . Peraltro non può non evidenziarsi che un contratto di comodato tra coniugi, per di più residenti nello stesso immobile, ben può costituire un tipico esempio di disponibilità di fatto mascheratrice come ricorda la citata decisione Orsi di una situazione di proprietà riferibile ad altri. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato. Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.