Né la radicale omissione della comunicazione di apertura del procedimento all’incolpato ed al pm, né il non immediato compimento della comunicazione all’incolpato risultano ex lege sanzionati con la nullità della relativa delibera.
Così si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza numero 2355, depositata il 9 febbraio 2015. Il caso. Il CNF sanzionava un avvocato per comportamento scorretto verso un cliente, avendo utilizzato due mandati conferiti in bianco, nonostante il cliente li avesse revocati. Veniva disattesa la censura di genericità dell’incolpazione, nonché quella di tardiva comunicazione dell’avviso e dell’omessa comunicazione al pm. L’avvocato ricorreva in Cassazione, deducendo la nullità della delibera di apertura del procedimento disciplinare, essendo la relativa comunicazione stata effettuata non immediatamente, ma a distanza di due mesi. Lamentava, inoltre, la mancata comunicazione al pm dell’inizio del procedimento. Infine, contestava l’assoluta genericità dell’incolpazione espressa nella comunicazione di inizio del procedimento. Mancata comunicazione. La Corte di Cassazione ricorda che né la radicale omissione della comunicazione di apertura del procedimento all’incolpato ed al pm, né il non immediato compimento della comunicazione all’incolpato risultano ex lege sanzionati con la nullità della relativa delibera. Anche qualora il Consiglio dell’Ordine proceda a raccogliere informazioni e documentazione ai sensi dell’articolo 47 r.d. numero 37/1934, la mancata comunicazione del procedimento all’incolpato ed al pm prima dell’atto di citazione, previsto dal successivo articolo 48, non comporta alcuna sanzione di nullità. Incolpazione generica. Sempre secondo l’articolo 47, in più, la comunicazione deve contenere l’enunciazione sommaria dei fatti per i quali il procedimento è stato iniziato, mentre la menzione circostanziata degli addebiti è prevista solo dall’articolo 48 come requisito della citazione a giudizio. Di conseguenza, è irrilevante l’incompiutezza di alcuni degli elementi dell’accusa, come, nel caso di specie, quelli incidenti sull’indicazione delle parti lese, della pratica di riferimento, delle fonti di accusa e del dato temporale. Tale incompiutezza non è, difatti, incompatibile con il requisito della sommaria indicazione del fatto addebitato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 18 novembre 214 – 9 febbraio 2015, numero 2355 Presidente Rovelli – Relatore Cappabianca Svolgimento del processo. Con deliberazione 16.12.2009, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Forlì-Cesena dispose, a carico dell'avv. C.Z., l'apertura di procedimento disciplinare numero 17/09 , per comportamento scorretto verso cliente, consistente nell'aver utilizzato, nel gennaio 2007, due mandati conferiti in bianco, benché il cliente li avesse revocati. L'impugnativa proposta dal professionista avverso la deliberazione, fu dichiarata inammissibile dal Consiglio nazionale forense, con decisione che, in esito al ricorso dell'interessato, fu, tuttavia, cassata con rinvio da queste Sezioni unite, con sentenza 16178/11 ispirata all'indirizzo, allora in auge, di cui a Cass., ss.uu., 29294/2008 e 22624/2010 . Riassunta la causa dallo Z., il Consiglio nazionale forense, con decisione 20.03.2014 numero 38, respinse il ricorso del professionista, disattendendo la censura di genericità dell'incolpazione nonché quelle di tardiva comunicazione del relativo avviso e di omessa sua comunicazione al P.M. Avverso la decisione, l'avv. Z., ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi ed illustrato le proprie ragioni anche con memoria. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Forlì-Cesena non ha svolto difese. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso, l'incolpato - deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 47 r. d. 34/1934 e 152 c.p. c. in relazione al'articolo 360 numero 3 c.p.c. e, solo in subordine, ove ritenuto inapplicabile ex articolo 360 numero 4 c.p.c. - censura la decisione impugnata per non aver rilevato la nullità della delibera di apertura di procedimento disciplinare, essendo la relativa comunicazione all'interessato stata effettuata, non immediatamente, ma a distanza di circa due mesi. Con il secondo motivo di ricorso, l'incolpato - deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 47 r.d. 34/1934 in relazione all'omessa comunicazione dell'apertura del procedimento al p.m. in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. e, solo in subordine, ove ritenuto inapplicabile ex articolo 360 numero 4 c.p.c. - censura la decisione impugnata per non aver rilevato la nullità della delibera di apertura di procedimento disciplinare, per mancata comunicazione al P.M. dell'inizio del procedimento. I menzionati motivi - che, in quanto strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati - sono infondati. Infatti né la radicale omissione della comunicazione di apertura del procedimento all'incolpato ed al P.M. né tantomeno il solo non immediato compimento della comunicazione all'incolpato risultano ex lege sanzionati con la nullità della relativa delibera. E, peraltro, questa Corte - sul presupposto che le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli territoriali dell'Ordine degli Avvocati ed il correlativo procedimento rivestono natura amministrativa e non giurisdizionale v., tra le altre, Cass. 29294/08, 138/06 - ha già puntualizzato che, anche qualora il Consiglio dell'Ordine proceda a raccogliere informazioni e documentazione ai sensi dell'articolo 47 r.d. 37/1934, la mancata comunicazione del procedimento all'incolpato e al Pubblico Ministero prima dell'atto di citazione di cui al successivo articolo 48 non comporta alcuna sanzione di nullità cfr. Cass., ss. uu., 20843/07, 5072/05, 1988/98 . Con il terzo motivo di ricorso, l'incolpato - deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 28, 50, 56 r.d.l. 1578/1933 violazione e falsa applicazione degli arti. 24 e 111 Cost. violazione e falsa applicazione della Legge 36/1934 in relazione al capo d'incolpazione che è del tutto generico ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. - censura la decisione impugnata per non aver rilevato l'assoluta genericità dell'incolpazione espressa nella comunicazione di inizio del procedimento. . Anche tale motivo è infondato. In disparte la considerazione che la censura appare assorbita dal rilievo che nemmeno la radicale carenze della comunicazione produce effetti pregiudizievoli sull'andamento del procedimento e, per altro verso sul piano dell'ammissibilità della censura , il rilievo che il ricorso non reca descrizione delle specifiche caratteristiche della comunicazione censurata, deve, invero, osservarsi che l'articolo 47 r.d. 37/1934 stabilisce che la comunicazione deve contenere la enunciazione sommaria dei fatti per i quali il procedimento è stato iniziato mentre la menzione circostanziata degli addebiti è prevista soltanto dal successivo articolo 48 come requisito della citazione a giudizio. Da ciò consegue l'irrilevanza dell'incompiutezza di alcuni degli elementi dell'accusa quale, nella specie, parrebbero quelli incidenti sull'indicazione delle parti lese, della pratica di riferimento, delle fonti di accusa e del dato temporale , di per se stessa non incompatibile con il requisito della sommaria indicazione del fatto addebitato, richiesto ai fini considerati. Alla stregua delle considerazioni che precedono, s'impone il rigetto del ricorso. Stante l'assenza d'attività difensiva dell'intimato Consiglio dell'Ordine, non vi è luogo a provvedere sulle spese. P.Q.M. la Corte di cassazione, a sezione unite, rigetta il ricorso.