Il giudice può demandare al perito la valutazione della capacità a testimoniare del minore, ma non l’accertamento della sua attendibilità

La testimonianza del minore, da assumere secondo le linee guida delineate dalla Carta di Noto, richiede un duplice vaglio. Il giudice, in primis, dovrà valutare la capacità a testimoniare del teste minorenne, anche mediante l’ausilio del parere tecnico di un perito. In secondo luogo, il decidente dovrà accertare - da solo - l’attendibilità del soggetto minore, anche alla luce di riscontri esterni alle dichiarazioni del medesimo.

La sentenza numero 5169/2015, pronunciata dalla Terza Sezione Penale della Suprema Corte, ripercorre percorsi già delineati da precedenti dictat in materia di maltrattamenti e violenza sessuale in danno di minori. La quaestio. Il caso trae origine dall’affermazione della penale responsabilità di due coniugi, padre e madre di tre figli minori, condannati dal Tribunale di Termini Imerese rispettivamente alla pena di anni quindici di reclusione ed anni 7 e mesi 6 di reclusione, oltre pene accessorie, per i reati di cui agli articolo 81, 110, 572, 582, 585 in relazione all’articolo 576, comma 2, 609- bis , 609- ter , ultimo comma, c.p La Corte d’Appello di Palermo confermava il giudizio di colpevolezza nei confronti degli imputati, nonché il quantum del trattamento sanzionatorio. Avverso tale decisione propongono gravame i prevenuti, con due atti distinti. Tra i plurimi motivi di doglianza sollevati dagli imputati, merita superiore approfondimento quello con cui è lamentato il vizio di motivazione carenza, contraddittorietà ed illogicità in ordine alla violazione e falsa applicazione degli articolo 192 e 546 c.p.p., oltre che delle norme sostanziali contestate. Più segnatamente, la motivazione della sentenza impugnata è definita come apparente, in quanto adottata in assenza di un accertamento serio della verità e secondo una erronea lettura delle emergenze processuali, specie con riguardo alla ritenuta inattendibilità delle vittime, soggetti minori d’età, ed alla loro incapacità a testimoniare. La testimonianza dei minori nel processo penale. L’assunzione della testimonianza di un minorenne, proprio perché tale, impone criteri e modalità che la Legge si è sforzata di individuare. Il problema si appalesa sotto un duplice aspetto la capacità di deporre del minorenne e la veridicità della narrazione e ciò vale a maggior ragione quando il minorenne sia anche parte offesa e vittima del reato, soprattutto in materia di reati sessuali. In relazione alla capacità di deporre, in linea generale, il secondo comma dell’articolo 196 c.p.p. prevede che «Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge». La carta di Noto. Tuttavia, nel caso di minorenne dovranno essere osservati i protocolli enucleati nella ormai famosa Carta di Noto, redatta nel 1996 e modificata nel 2002, la cui funzione è quella di indicare le linee guida al modus operandi degli operatori di giustizia in siffatte occasioni anche se con specifico riferimento a testimoni minorenni vittime di abusi sessuali . Questa, in sostanza, prevede che i professionisti specificamente formati a raccogliere le testimonianze dei minorenni e a valutarne l’attendibilità, debbano utilizzare metodologie e criteri riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento. Tuttavia, deve evidenziarsi che «la valutazione psicologica non può avere ad oggetto l’accertamento dei fatti per cui si procede». Da ciò ne deriva che il frutto delle dichiarazioni del minorenne può servire al Giudice solo per convincersi che il soggetto sia idoneo o meno a rendere testimonianza è inibito, quindi, a chi effettua la perizia, di valutare attendibili gli eventuali fatti raccontati dal minore . In effetti, mentre la valutazione sulla capacità a rendere testimonianza può essere affidata a un perito, la veridicità o meno del racconto del minorenne resta onere esclusivo del Giudice. La decisione della Suprema Corte. Gli Ermellini rigettano il ricorso proposto dai due imputati e si pronunciano, in relazione alla contestata inattendibilità dei minori, in senso aderente ai principi poc’anzi ricordati. In effetti - commenta la Corte di Cassazione - la verifica dell’idoneità mentale, diretta ad accertare se il soggetto sia stato nelle condizioni di rendersi conto dei comportamenti tenuti in suo pregiudizio e se sia in grado di riferire sul loro contenuto senza essere scalfito da alterazioni psichiche, è demandabile al perito. Di converso, l’accertamento dell’attendibilità del teste, mediante l’analisi dei suoi atteggiamenti e dell’esistenza di riscontri esterni ed ulteriori, deve formare oggetto del vaglio del giudicante, sul quale grava l’obbligo di motivare in modo congruo ed adeguato la propria decisione. Ebbene, sulla scorta dell’esame degli atti processuali, la Corte di legittimità ritiene non censurabile la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Palermo, connotata da un esaustivo e logico percorso argomentativo circa la valutazione tanto della capacità a testimoniare delle vittime minorenni, ricavata dall’ausilio tecnico di un perito, quanto della loro attendibilità, riscontrata direttamente dai decidenti. La decisione in commento è espressione di granitici principi di giustizia. La ponderazione della veridicità di un testimone, in effetti, è una operazione non meramente psicologica, ma soprattutto tecnico-giuridica, che non può essere demandata ad un professionista che non sia esperto di diritto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 gennaio – 4 febbraio 2015, numero 5169 Presidente Squassoni – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell'8/1/2014, la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia emessa l'8/3/2013 dal Tribunale di Termini Imerese nei confronti di D.G.G. e D.P.F. , con la quale gli stessi erano stati riconosciuti colpevoli dei delitti di cui agli articolo 81 cpv., 110, 572, 582, 585, in relazione all'articolo 576, comma 2, 609-bis, 609-ter, ultimo comma, cod. penumero , e condannati, rispettivamente, alla pena di quindici anni di reclusione e di sette anni e sei mesi di reclusione, oltre pene accessorie ai due imputati, coniugi, era contestato di aver per anni maltrattato i due figli minori V. , nata il omissis e F. , nato il omissis , cagionando loro lesioni gravi, nonché di averli costretti a subire e compiere atti sessuali, materialmente posti in essere dal D.G. e non impediti - pur essendone a conoscenza - dalla D.P. . 2. Propongono ricorso per cassazione entrambi, con separati atti, deducendo i seguenti vizi, qui riportati nei termini strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero - violazione di legge in relazione all'articolo 603, comma 3, cod. proc. penumero mancata assunzione di prova decisiva e difetto di motivazione al riguardo. La Corte di appello avrebbe immotivatamente rigettato la richiesta di acquisizione della consulenza medica a firma del Dott. M.L. , nonché l'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale volta a nominare un perito che accertasse se D.G.V. avesse effettivamente perso la verginità con penetrazione violenta. La sentenza, sul punto, avrebbe attribuito piena fiducia ai consulenti del pubblico ministero, senza censurare la “superficialità e leggerezza” con le quali gli stessi avevano risposto a detto quesito in termini affermativi conclusioni, peraltro, del tutto disattese dal citato Dott. M. , il quale aveva escluso che la minore fosse stata sottoposta ad un rapporto sessuale completo e che fosse stata deflorata - omessa motivazione in ordine alla mancata acquisizione della comparsa di costituzione e risposta depositata nel giudizio per separazione giudiziale, nonché dell'ordinanza di convalida dell'arresto relativa a tale B.L. , oltre che di uno stralcio dell'interrogatorio reso da questi al Giudice per le indagini preliminari. Il Tribunale prima, la Corte di appello poi con ordinanza 8/1/2014 , avrebbero rigettato tali istanze con motivazione apparente ed inadeguata, così facendo mancare al dibattimento la figura del B. , indicato come “pedofilo disoccupato con precedenti per droga”, nonché assiduo frequentatore della D.P. e dei minori - violazione di norme processuali quali gli articolo 191, 359, 360, 511 cod. proc. penumero vizio di motivazione in ordine alla dichiara utilizzabilità della consulenza medica disposta dal pubblico ministero ed acquisita agli atti del dibattimento motivi nnumero 3-4 . I Giudici di merito avrebbero confuso gli accertamenti tecnici di cui agli articolo 359 e 360 cod. proc. penumero , non avvedendosi che quelli effettuati dai consulenti del p.m. - Dott. L. e S. - dovevano ritenersi irripetibili in quanto “disposti in una situazione psico-fisica soggetta a modificazione” quel che avrebbe imposto l'estromissione dal fascicolo della relativa relazione - vizio di motivazione - carenza, contraddittorietà ed illogicità - in ordine alla violazione e falsa applicazione degli articolo 192 e 546 cod. proc. penumero , oltre che delle norme sostanziali contestate motivo comune all'unico sollevato dalla D.P. . La sentenza di appello avrebbe del tutto disatteso i motivi di gravame, limitandosi ad ampi rinvii per relationem alla pronuncia di primo grado inoltre, avrebbe assegnato piena credibilità alle dichiarazioni delle persone offese, senza valutare le numerosissime censure che al riguardo erano state sollevate con l'atto di impugnazione. In particolare motivi nnumero 6 e 7 , la Corte di merito avrebbe confermato il giudizio di responsabilità con motivazione apparente, prescindendo da ogni serio accertamento della verità, specie con riguardo alle svariate critiche mosse alle dichiarazioni della teste A. assistente sociale , riportate nel presente ricorso, ed alla dedotta inattendibilità dei minori, emergente da plurimi elementi istruttori, a muover dalle molteplici contraddizioni. La sentenza, ancora, non avrebbe valorizzato le discutibili condotte di vita della D.P. , che - oltre a schiacciare la figura del marito - sarebbe stata solita riceve in casa e frequentare fuori numerosi uomini quel che avrebbe potuto ingenerare nei bambini fantasie e manipolazioni di ogni genere, non considerate dalla Corte. Ancora, questa avrebbe disatteso le svariate censure mosse alle modalità con le quali era stato condotto l'incidente probatorio, ricco di domande suggestive, fuorvianti e, peraltro, preceduto da non meglio individuati contatti preparatori - mancanza di motivazione quanto alle doglianze relative alla deposizione della Dott.ssa R. , perito nominato dal Giudice per le indagini preliminari, ed ai protocolli scientifici dalla stessa adottati. La Corte di merito avrebbe ritenuto la piena attendibilità dei minori tralasciando del tutto le numerose critiche mosse nel gravame all'operato dei consulenti tecnici e del perito, e disattendendo in toto i plurimi e pregiati rilievi mossi dalla Dott.ssa Mo. mancanza di motivazione quanto al denegato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 609-bis, ultimo comma, cod. penumero , nonché delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 3. I ricorsi sono infondati. Con riguardo ai primi due motivi sollevati dal D.G. , relativi alla mancata acquisizione della consulenza del Dott. M. , di una comparsa di costituzione e risposta nell'interesse del D.G. , di documentazione relativa a tale B.L. , nonché alla mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, osserva il Collegio che, per consolidato indirizzo di legittimità, la completezza e la piena affidabilità logica dei risultati del ragionamento probatorio seguito dalla Corte territoriale giustificano la decisione contraria alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale sul rilievo che, nel giudizio di appello, essa costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l'indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo grado sicché il potere del giudice di disporre la rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti per tutte, Sez. U, numero 2780 del 24 gennaio 1996, Panigoni, Rv. 203974 . Orbene, atteso che l'esercizio di un simile potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello, restando incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente argomentato Sez. 4, numero 4981 del 5/12/2013, Ligresti, Rv. 229666 Sez. 6, numero 32336 del 18/6/2003, Apruzzese, Rv. 226309 , deve sottolinearsi che la motivazione della sentenza impugnata da conto, in modo inequivoco, delle ragioni per le quali non è stata accolta la richiesta di rinnovazione parziale, ritenendo che gli elementi probatori disponibili risultassero completi e concludenti per la formazione del convincimento la pronuncia, pertanto, ha fatto buon governo del principio per cui il rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria in appello può essere motivato anche implicitamente, in presenza di un quadro probatorio definito, certo e non bisognevole di approfondimenti indispensabili per tutte, Sez. 6, numero 11907 del 13/12/2013, Coppola, Rv. 259893 . Alle stesse conclusioni si perviene, poi, quanto alla mancata acquisizione della consulenza del Dott. M. , in ordine alla quale la sentenza evidenzia che l'elaborato è stato redatto senza sottoporre a visita ginecologica D.G.V. circostanza pacifica e che si risolve “in una mera critica delle conclusioni cui sono pervenuti i consulenti del Pubblico Ministero” orbene, ritiene il Collegio che questa motivazione sia congrua, adeguata e, come tale, insuscettibile di censura in questa sede, nella misura in cui giustifica - con argomento logico - la scarsa attendibilità assegnata dalla Corte alla consulenza citata. 4. Quanto, poi, alla mancata acquisizione dell'ordinanza di convalida dell'arresto di B.L. e dello stralcio di interrogatorio dallo stesso reso innanzi al Giudice per le indagini preliminari, osserva il Collegio che la relativa doglianza appare oltremodo generica il ricorso, infatti, non specifica quale effettivo rilievo probatorio avrebbero tali documenti, invero desumibile soltanto da mere congetture sostenute dalla difesa che definisce il soggetto “pedofilo disoccupato con precedenti per droga” che frequentava la D.P. , quindi possibile autore delle violenze sessuali , adeguatamente respinte dalla Corte di appello con l'ordinanza dell'8/1/2014. 5. Fondato - ma ininfluente - risulta invece il terzo motivo. Il pubblico ministero, quando ritiene di effettuare indagini tecniche, può optare di eseguirle a sensi dell'articolo 359 o dell'articolo 360 cod. proc. penumero , oppure con la forma dello incidente probatorio la prima procedura, in particolare, presuppone una positiva valutazione della possibilità di futura reiterazione dell'accertamento e garantisce sia il suo veloce espletamento sia la segretezza delle investigazioni, necessaria nella prima fase delle indagini. La consulenza in tale modo redatta ha valore endoprocessuale superata tale fase, la stessa non assume rilevanza probatoria, salvo nelle ipotesi di rito abbreviato e di pena su richiesta oppure, al dibattimento, previo accordo delle parti. Non essendo annoverabile tra gli accertamenti tecnici non ripetibili, la consulenza del pubblico ministero non deve quindi essere inserita nel fascicolo del giudice ex articolo 431 cod. proc. penumero , comma 1, sub d salva l'ipotesi del comma 2 della norma e, di conseguenza, non è oggetto di lettura a mente dell'articolo 511 cod. proc. penumero . In sintesi, dunque, nel caso in cui si proceda ai sensi dell'articolo 359 cod. proc. penumero , l'apporto conoscitivo del consulente non può estendersi fino a convogliare nel processo indagini svolte senza contraddittorio con il consulente della difesa e senza la possibilità di un controllo postumo Sez. 3, numero 3258 del 4/12/2012, F., Rv. 254139 . Orbene, con riguardo al caso di specie, l'accertamento è stato eseguito nei termini della norma citata, sì che avrebbe dovuto trovare applicazione questo principio di diritto, non già la piena utilizzazione istruttoria della consulenza. Con la precisazione, peraltro, che il caso ben avrebbe richiesto, invece, la procedura rafforzata dell'articolo 360 cod. proc. penumero , atteso che l'apporto tecnico dei medici concerneva lo stato di verginità - o meno - di D.G.V. , erroneamente definito dalla Corte di appello come accertamento di uno stato di salute di un soggetto, che consente evidentemente una sua ripetizione conclusione invero non condivisibile, atteso che la verginità può esser persa in qualsiasi momento, sì che ogni giorno può risultare decisivo per l'esito dell'accertamento. Quanto precede, in ogni caso, non risulta decisivo nella vicenda in esame. Osserva la Corte, infatti, che la sentenza di appello ha confermato la prima pronuncia in ragione di una pluralità di altri elementi di prova, e relativi riscontri, sì che il complessivo quadro istruttorio supera - in maniera del tutto logica e congrua - la prova di resistenza imposta dal venir meno degli esiti della consulenza a muover dalle dichiarazioni rese dalle persone offese, oggetto di analisi negli ulteriori passi del gravame. 6. Debbono essere rigettati, di seguito, il quarto, quinto e sesto motivo di impugnazione. Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui sì saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, Sez. 3, numero 12110 del 19.3.2009, Campanella, numero 12110, Rv. 243247 . Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte in forza del quale l'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , è soltanto quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi ciò in quanto l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali Sez. U., numero 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074 . In altri termini, il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è limitato alla verifica della rispondenza dell'atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile a l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato b l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Sez. 2, numero 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542 Sez. 2, numero 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv, 251760 . Questa conclusione, peraltro, non muta a fronte del vigente testo dell'articolo 606, comma 1, lett. e cod. proc. penumero , come modificato dalla I. 20.2.2006 numero 46, che invero non ha trasformato il ruolo e i compiti di questa Corte, che rimane giudice della motivazione la stessa, pertanto, non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti, ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Del pari, il ricorrente non può limitarsi a fornire una versione alternativa del fatto, ma deve indicare specificamente quale sia il punto della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale illogicità vada desunta. Al riguardo, avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli atti del processo costituisce il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova , che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove , prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all'interno della decisione. In altri termini, vi è travisamento della prova quando il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse dell'imputato del pari, può essere valutato se vi erano altri elementi di prova inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi. In sintesi, detto travisamento è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia Sez. 2, numero 47035 del 3/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 Sez. 5, numero 18542 del 21/1/2011, Carone, Rv. 250168 . Fermo però restando - occorre ancora ribadirlo - che non spetta comunque a questa Corte Suprema rivalutare il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito in questi termini, tra le molte, Sez. 3, numero 5478 del 05/12/2013, Ferraris, Rv. 258693 Sez. 5, numero 9338 del 12/12/2012, dep. 27/2/2013, Maggio, Rv. 255087 . Se questa, dunque, è l'ottica ermeneutica nella quale deve svolgersi il giudizio della Suprema Corte, le censure che entrambi i ricorrenti rivolgono al provvedimento impugnato si evidenziano come manifestamente infondate la Corte di merito, infatti, ha steso una motivazione diffusa, congrua, ispirata a criteri logici e priva di vizi argomentativi per confermare il giudizio di penale responsabilità formulato dal Tribunale a carico degli imputati. In particolare, la sentenza evidenzia l'attendibilità intrinseca dei tre minori-persone offese escussi in incidente probatorio, ribadendo il carattere del tutto preciso ed analitico delle loro dichiarazioni, oltre che la spontaneità del loro narrato desunta in particolare, quanto ai fratelli D.G. , dalle casuali modalità di disvelamento ancora, in ordine ai minori D.G. , la Corte sottolinea “un'assoluta coerenza e costanza delle accuse mosse nei confronti dei genitori e, soprattutto, una sostanziale assenza di risentimento specifico nei confronti dei medesimi”, reso evidente, ad esempio, dal fatto che “il piccolo F. ha manifestato il desiderio di rimanere comunque accanto alla madre”. Analoghe conclusioni il Giudice di appello raggiunge quanto a D.P.D. figlia della sola imputata , la quale ha non solo confermato le dichiarazioni dei fratellastri, ma ha anche ribadito le attenzioni sessuali a lei rivolte dal D.G. . L'attendibilità dei minori risulta poi confermata - nel ragionamento espresso dalla Corte di merito - anche dalle conclusioni cui sono pervenuti i numerosi consulenti escussi non solo i citati S. e L. condizione ginecologica della D.G. , ma anche le dottoresse R. quanto ai fratelli D.G. e Di.Pa. quanto alla minore D.P. , con riguardo alle quali, in particolare, la Corte di merito evidenzia lo scrupolo e serietà con cui sono state sottoposte a rigoroso vaglio le varie dichiarazioni rese dai minori tutti, nel corso di diverse udienze. Orbene, così motivando, la sentenza ha fatto buon governo del principio, costantemente affermato in questa sede, per cui le dichiarazioni della persona offesa possono essere assunte anche da sole come fonte di prova di responsabilità, ove sottoposte a seria e penetrante verifica di credibilità oggettiva e soggettiva tra le molte, Cass., sez. 4, numero 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251661 Sez. 1, numero 29372 del 24/6/2010, Stefanini, Rv. 248016 . Questo principio, all'evidenza, trova applicazione ancora più rigorosa quando la persona offesa sia un minore ed i fatti narrati possano involgere gli aspetti più intimi della sua personalità, come nella vicenda in oggetto, così da accentuare il rischio di suggestioni, di reazioni emotive, di comportamenti di compiacenza o autoprotettivi, di contaminazioni esterne in questo caso, la valutazione delle dichiarazioni presuppone un esame della credibilità in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto dell'attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni per tutte, Sez. 3, numero 29612 del 5/5/2010, R., Rv. 247740 . Analisi che deve esser tanto più attenta e scrupolosa quanto più piccolo è il minore interessato e, pertanto, più limitata è la sua capacità di vigilanza e di elaborazione cognitiva e, ancora, più forte può essere l'intervento di fattori inquinanti e di fenomeni suggestivi da parte del contesto in cui il soggetto si colloca Sez. 3, numero 8057 del 6/12/2012, V., Rv. 254741 . Ne deriva che debbono essere analizzati con particolare attenzione due distinti profili, quali la capacità a testimoniare del minore e la sua attendibilità con la precisazione, però, che mentre la verifica dell'idoneità mentale, diretta ad accertare se il soggetto sia stato nelle condizioni di rendersi conto dei comportamenti tenuti in suo pregiudizio e sia in grado di riferire sugli stessi, senza che il suo narrato possa essere influenzato da eventuali alterazioni psichiche, è demandabile al perito, l'accertamento dell'attendibilità del teste, attraverso l'analisi della condotta dello stesso e dell'esistenza di riscontri esterni, deve formare oggetto del vaglio del giudice Sez. 3, numero 24264 del 27/5/2010, F., Rv. 247703 . In altri termini, questi può fare ricorso ad una indagine tecnica che fornisca dati inerenti al grado di maturità psichica del teste minore vittima di abusi sessuali, per valutarne l'attitudine a testimoniare, ovvero la capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessiva, ma non anche per valutare l'attendibilità della prova, poiché tale operazione rientra nei compiti esclusivi del giudice. Quel che, con motivazione congrua, adeguata e diffusa ha compiuto la Corte di merito. Non solo. La sentenza, oltre a fondarsi sull'argomentata attendibilità delle persone offese, valuta e valorizza anche riscontri esterni alle stesse. In primo luogo, le dichiarazioni delle testi A. e N. , rispettivamente assistente sociale del Comune di omissis e responsabile della comunità ove i minori D.G. erano stati collocati in esito alla scoperta degli abusi e maltrattamenti orbene, la pronuncia da atto delle confidenze che le stesse avevano ricevuto dai due bambini, sottolineandone il carattere dettagliato, preciso e coerente, tale da confermare ulteriormente tutte le ipotesi accusatorie. Ancora, la sentenza richiama le intercettazioni ambientali effettuate nei confronti di D.P.F. , dando conto - con logico e rigoroso percorso argomentativo, legato al dato letterale - di come le stesse costituiscano un'ulteriore conferma alle dichiarazioni accusatorie nei suoi confronti nella specie, quelle della figlia D. . Da ultimo, la Corte di merito affronta e supera - con adeguata motivazione - le censure mosse sul punto alla sentenza del Tribunale in particolare, con riguardo 1 alle ipotesi alternative formulate circa la lesione dell'imene di D.G.V. ritenute del tutto fantasiose, a fronte degli accertamenti medici , 2 al presunto ruolo di vittima che il D.G. padre avrebbe coperto nel rapporto matrimoniale ed alla speculare tesi contraria sostenuta dalla difesa D.P. , 3 ai presunti costumi liberi dell'imputata da cui la difesa avrebbe tratto conclusioni relegabili solo a mere congetture ed illazioni, come sopra accennato , 4 al materiale pornografico dal quale i bambini avrebbero potuto sviluppare fantasie sessuali ipotesi non supportata da adeguato riscontro probatorio . Orbene, a fronte di una motivazione siffatta, i ricorsi - ed in particolare quello, diffusissimo, del D.G. -, pur contestando formalmente la violazione di legge od il vizio di motivazione, di fatto sollecitano a questa Corte un'inammissibile, nuova valutazione di tutte le emergenze istruttorie acquisite al fascicolo per il dibattimento riportate in modo estremamente analitico nell'atto di gravame , delle quali si invoca una diversa e più favorevole lettura, idonea a scagionare i ricorrenti. Quel che, come sopra già richiamato, non è consentito in questa sede quel che, ancora, non tiene conto dell'ampia, argomentata e logica motivazione redatta dalla Corte di appello, come sopra sinteticamente riportata, con la quale le medesime emergenze probatorie sono state sottoposte a serio vaglio e rigorosa verifica, così giungendo a confermare la sentenza di primo grado. 7. Da ultimo, il nono e decimo motivo, anch'essi infondati. Con riguardo al mancato riconoscimento dell'ipotesi lieve di cui all'articolo 609-bis, ultimo comma, cod. penumero , già oggetto dell'appello, la Corte di merito ha evidenziato un insieme di elementi, quali “la ripetitività nel tempo delle violenze poste in essere dagli odierni imputati nei confronti dei figli, costretti a vivere per anni in una condizione del tutto allucinante nonché sottoposti anche alla terribili violenze sopra specificate” in sintesi, “terribili modalità del fatto, che denotano una personalità particolarmente negativa e violenta degli odierni imputati”. Orbene, così motivando, la Corte ha aderito al principio secondo cui, ai fini della configurabilità della diminuente in esame, deve farsi riferimento ad una valutazione globale della vicenda, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all'età, così da potere ritenere che la libertà sessuale della persona offesa sia stata compressa in maniera non grave, e che il danno arrecato alla stessa, anche in termini psichici, sia stato significativamente contenuto Sez. 3, numero 23913 del 14/5/2014, C, Rv. 259196 Sez. 3, numero 6623 del 10/12/2013, dep. 12/2/2014, T., Rv. 258929 Sez. 3, numero 18662 del 12/4/2013, A., Rv. 255930 una valutazione globale, quindi, correttamente svolta ed argomentata nella sentenza gravata. Analoghe conclusioni, poi, quanto alle circostanze attenuanti generiche, negate non solo alla luce degli elementi testé citati, ma anche per l'assenza di qualsivoglia profilo favorevole agli imputati risultante dagli atti motivazione, questa, che si conforma al principio di diritto per cui, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione Sez. 3, numero 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899 . I ricorsi, pertanto, debbono essere rigettati, con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta entrambi i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.