Per la Consulta se i compensi degli avvocati diminuiscono, l’accessibilità alla giustizia aumenta

Il passaggio dalle vecchie tariffe professionali ai nuovi parametri è stata la causa di numerose questioni di legittimità costituzionale sollevate da molti giudici, specialmente nella parte in cui le nuove norme si applicano anche ai processi in corso e, quindi, anche all’attività già svolta ed esaurita prima della sua entrata in vigore.

Secondo i giudici rimettenti la norma avrebbe come effetto quello di determinare un «mutamento dei compensi in corso di causa», che «si traduce in un mutamento dell’equilibrio contrattuale a suo tempo concordato». La nascita del diritto al compenso. Ebbene, la Corte Costituzionale, con l’ordinanza numero 261 del 7 novembre 2013, dopo aver dichiarato manifestamente inammissibili molte delle questioni sollevate, dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale ordinario di Cremona e dal Giudice di pace di Torre del Greco con riguardo agli articolo 9, commi 1, 2 e 5, d.l. 1/2012 e del d.m. numero 140 /2012. Secondo la Consulta quelle ordinanze muovono da una premessa interpretativa errata quella che appare una ‘retroattività’ dei nuovi parametri in realtà non è tale. Ed infatti, sarebbe possibile parlare di ‘retroattività’ soltanto se si ammettesse che il compenso del professionista sorge ipso facto al compimento di ogni singolo atto. Senonché, come ricorda la Consulta, esiste un consolidato orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale il compenso professionale costituisce un corrispettivo unitario, «che ha riguardo all’opera professionale complessivamente prestata». Se così è, ne deriva la correttezza del ragionamento - da sempre seguito in tutte le ipotesi di successione nel tempo di diverse tariffe - di liquidare il compenso maturato all’esito della facendo riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita. Compensi degli avvocati e accesso alla giustizia. Inoltre, secondo la Corte Costituzionale, non esisterebbe neppure una violazione dell’articolo 24 Cost. per effetto della riduzione delle tariffe forensi. Ed infatti, non può dirsi che quella riduzione [che dovrebbe leggersi anche insieme alla riduzione dei compensi degli ausiliari] “incida in senso limitativo dell’accesso dei cittadini alla giustizia e quindi del loro diritto di difesa”. E ciò per una semplice ragione “a rigor di logica, la riduzione dei compensi agli avvocati dovrebbe, al contrario, condurre ad un allargamento del ricorso alle vie giurisdizionali” Limite massimo ancorato al valore della causa. L’argomento, se da un lato, certamente può essere condiviso sempre nei limiti, però, che i parametri - o le tariffe - rispettino il dettato dell’articolo 36 Cost. , dall’altro, presenta un limite altrettanto innegabile. Inconveniente, che, secondo me, si coglie molto bene richiamando alla mente un’altra norma molto contestata e pure oggetto di censura dal giudice a quo e, cioè, quella in tema di liquidazione giudiziale delle spese processuali. Secondo la legge, infatti, «nelle cause previste dall’articolo 82 [il cui valore non eccede € 516,46 e nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente] le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda». Questa norma più che favorire l’accesso alla giustizia con riferimento a quelle che solitamente vengono definite cause ‘bagatellari’ tra le quali, in realtà, molto spesso vi sono cause potenzialmente seriali strategiche per l’effettività dell’ordinamento ed in particolare per la tutela della concorrenza, ma non solo dissuade dal far valere in giudizio certi diritti perché la parte, prima di iniziare il giudizio, saprebbe che non potrebbe riavere dalla controparte soccombente la rifusione integrale delle spese legali pattuite con il proprio difensore. Per esemplificare Se c’è una responsabilità, per così dire, ‘diffusa’ di 50 euro per soggetto danneggiato qual sarà l’attore naturalmente diverso da un c.d. attore ideologico che si avventura in un’azione legale nella quale, dopo aver anticipato il contributo unificato e la marca da bollo che il Destinazione Italia porterà a 27 euro! potrà tutt’al più sperare nella condanna della controparte a 50 euro di spese legali e la restituzione della metà delle somme già anticipate? E soprattutto quale sarà l’avvocato che si ‘accontenterà’ di 50 euro per una controversia che magari non sarà semplice a dispetto del valore modesto della causa?

Corte Costituzionale, ordinanza 4 - 7 novembre 2013, numero 261 Presidente Silvestri - Redattore Morelli Ordinanza nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, numero 1 Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27, e del decreto ministeriale 20 luglio 2012, numero 140 Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, numero 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27 , promossi dal Tribunale ordinario di Cremona con ordinanza del 13 settembre 2012, dal Giudice di pace di Torre del Greco con ordinanza del 21 novembre 2012, dal Giudice di pace di Sciacca con ordinanza del 2 novembre 2012 e dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore con quattro ordinanze del 7 maggio 2012, una ordinanza del 27 giugno 2012 ed altre tre ordinanze del 7 maggio 2012, rispettivamente iscritte al numero 305 del registro ordinanze 2012 ed ai nnumero 76, 118, 119, 120, 121, 138, 139, 140, 141 e 142 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nnumero 4, 17, 22 e 25, prima serie speciale, dell’anno 2013, e dell’articolo 91, ultimo comma, del codice di procedura civile, aggiunto dall’articolo 13, comma 1, lettera b , del decreto-legge 22 dicembre 2011, numero 212 Disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, numero 10, promosso dal Giudice di pace di Torre del Greco con la stessa ordinanza di cui sopra. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 2013 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli. Ritenuto che, con otto ordinanze, iscritte rispettivamente ai nnumero r.o. dal 119 al 121 e dal 138 al 142 del 2013, emesse nel corso di altrettanti giudizi civili, il Tribunale ordinario di Nocera Inferiore ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 101, 104, 107, 111 e 117 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale della disposizione intertemporale di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, numero 1 Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27, nella parte in cui dispone che «le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali, sino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al comma 2 e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» che, ai fini della liquidazione delle spese giudiziali in altro processo civile pendente innanzi al Tribunale ordinario di Cremona, anche questo giudice, con ordinanza iscritta al numero r.o. 305 del 2012, ha dubitato della legittimità del predetto articolo 9 del d.l. numero 1 del 2012 – con riferimento, in questo caso, ai suoi commi 1, 2, e 5, e con estensione della denuncia al nel frattempo adottato decreto ministeriale 20 luglio 2012, numero 140 Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, numero 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27 , «nella parte in cui [dette norme] dispongono l’applicazione retroattiva delle nuove tariffe forensi anche ai processi in corso e all’attività già svolta ed esaurita prima della sua entrata in vigore, in relazione all’articolo 3, 24 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 6 CEDU, all’articolo 5 Trattato Ue e all’articolo 296 Trattato sul Funzionamento dell’Ue e all’articolo 6 Trattato Ue e per esso ai principi dello Stato di Diritto richiamati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Carta di Nizza», per non ravvisata sussistenza di ragioni imperative di interesse generale suscettibili di giustificare l’attuato «mutamento dei compensi in corso di causa», che «si traduce in un mutamento dell’equilibrio contrattuale a suo tempo concordato» che, con altra ordinanza iscritta al numero r.o. 76 del 2013, il Giudice di pace di Torre del Greco, oltre a prospettare questione identica a quella che precede, salva la formale evocazione anche del parametro dell’articolo 36 Cost., ha contestualmente denunciato l’articolo 91, ultimo comma, del codice di procedura civile, aggiunto dall’articolo 13, comma 1, lettera b , del decreto-legge 22 dicembre 2011, numero 212 Disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012 numero 10 – a tenore del quale «nelle cause previste dall’articolo 82 [il cui valore non eccede € 516,46 e nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente] le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda» – unitamente all’articolo 9, comma 4, del d.l. numero 1 del 2012 ed al successivo d.m. numero 140 del 2012 che, con riguardo a tale ulteriore questione, il rimettente ha prospettato la violazione degli articolo 3, 24 e 36 Cost., sul rilievo che, nei giudizi di valore esiguo, il denunciato combinato disposto normativo mortificherebbe il lavoro dell’avvocato, imponendo una liquidazione per spese e compensi irrisoria, se non addirittura pari a zero nel caso in cui, «a mo’ di esempio», il valore della causa sia pari ad € 30,00, importo inferiore a quello necessario per la corresponsione del contributo unificato che, infine, anche il Giudice di pace di Sciacca, con ordinanza numero r.o. 118 del 2013, ha riproposto la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9 del d.l. numero 1 del 2012 e del d.m. numero 140 del 2012, «nella parte in cui dispongono l’applicazione retroattiva delle nuove tariffe professionali», per contrasto con gli articolo 3, 10, 24, 117, 25, secondo comma, Cost., in relazione all’articolo 1 delle disposizioni preliminari al codice civile, per totale condivisione delle trascritte motivazioni di cui alla ordinanza del Tribunale ordinario di Cremona che l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri – intervenuto in tutti i riferiti giudizi – ha concluso – per la manifesta inammissibilità, per difetto di motivazione sulla rilevanza e non manifesta infondatezza, delle questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore – per l’inammissibilità o in subordine la manifesta infondatezza o, in via ulteriormente gradata, per l’infondatezza della questione, sulla retroattività delle nuove tariffe, prospettata dal Tribunale ordinario di Cremona e riproposta adesivamente dai Giudici di pace di Torre del Greco e di Sciacca – per la inammissibilità, per totale difetto di motivazione sulla rilevanza, e, in subordine, per l’infondatezza nel merito della questione relativa agli articolo 91, ultimo comma, cod. proc. civ., 9 del d.l. numero 1 del 2012 ed al d.m. numero 140 del 2012, sollevata dal Giudice di pace di Torre del Greco. Considerato che i giudizi vanno riuniti perché pongono questioni identiche o comunque fra loro strettamente connesse che le questioni sollevate con le ordinanze del Tribunale di Nocera Inferiore sono manifestamente inammissibili, poiché testualmente identiche a quelle sollevate da altre numerose ordinanze del medesimo Tribunale, già dichiarate manifestamente inammissibili da questa Corte, con ordinanza numero 115 del 2013 e nuovamente con ordinanza numero 213 del 2013, per difetto di motivazione sulla rilevanza, «del tutto incomprensibilmente legata soltanto all’obiettivo del rimettente di poter liquidare le spese processuali attraverso l’auspicata caducazione proprio di quella disposizione intertemporale che tale liquidazione gli consentiva», e perché, «in relazione ai numerosi parametri invocati per altro in modo disarmonico tra motivazione e dispositivo , manca una pertinente e coerente motivazione delle ragioni che ne determinerebbero, nella specie, la violazione da parte della norma denunciata» che anche la questione sollevata dal Giudice di pace di Sciacca – a prescindere dalla inadeguatezza della motivazione sostanzialmente per relationem sulla sua non manifesta infondatezza – è, comunque, manifestamente inammissibile per carenza di qualsiasi motivazione sulla rilevanza, non solo non delibata ma neppure affermata, in assenza, per di più, di alcuna descrizione dei fatti di causa che del pari manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza, è la questione avente ad oggetto l’articolo 91, ultimo comma, cod. proc. civ. e l’articolo 9, comma 4, del d.l. numero 1 del 2012, sollevata dal Giudice di pace di Torre del Greco, atteso che, per tal profilo, il rimettente si limita a far riferimento ad una ipotesi astratta, evocata – espressamente – «a mo’ di esempio», ma, con riferimento al caso concreto, non spiega quale sarebbe l’importo massimo liquidabile sulla base della denunciata normativa, quale l’importo ritenuto, invece, adeguato, e quali le ragioni per le quali sarebbe più equo un tale diverso importo che, infine, la questione di legittimità dell’articolo 9, commi 1, 2 e 5 del citato d.l. numero 1 del 2012 e del d.m. numero 140 del 2012, sollevata dal Tribunale ordinario di Cremona e dal Giudice di pace di Torre del Greco per denunciato contrasto, della disposta «applicazione retroattiva delle nuove tariffe professionali anche ai giudizi in corso», con gli evocati parametri costituzionali e sovranazionali – ancorché ammissibile, anche in relazione al suddetto decreto ministeriale, non ostante la sua natura regolamentare, in quanto si tratta di decreto strettamente collegato alla disciplina dettata dalla norma primaria sentenza numero 10 del 2011 – è, comunque, a sua volta, manifestamente infondata per erroneità della premessa interpretativa che, infatti, non è esatto quanto presupposto dai rimettenti per inferirne la retroattività, asseritamente illegittima, della normativa in esame, e cioè che al compimento di ogni singolo atto del professionista sorga ipso facto il suo diritto al compenso in relazione alle tariffe a quel tempo vigenti che vero è invece – come anche di recente ribadito dalla Corte di cassazione, a sezioni unite sentenza numero 17405 del 2012 , a conferma di un pregresso consolidato orientamento – che quel compenso costituisce un corrispettivo unitario, «che ha riguardo all’opera professionale complessivamente prestata e di ciò non si è mai in passato dubitato, quando si è trattato di liquidare onorari maturati all’esito di cause durante le quali si erano succedute nel tempo tariffe professionali diverse, giacché sempre in siffatti casi si è fatto riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita» che, con riguardo in particolare alla prospettata violazione dell’articolo 24 Cost., non è sostenibile che una generale riduzione delle tariffe forensi incida in senso limitativo dell’accesso dei cittadini alla giustizia e quindi del loro diritto di difesa, quando, a rigor di logica, la riduzione dei compensi agli avvocati dovrebbe, al contrario, condurre ad un allargamento del ricorso alle vie giurisdizionali che, infine, quanto alla ipotizzata evenienza che, «pur avendo in ipotesi due avvocati posto in essere il medesimo adempimento in una stessa data, uno di essi, più solerte nel chiederne il pagamento, avrebbe conseguito il dovuto nella misura prevista dalle vecchie tariffe, mentre il secondo, che abbia come di consueto atteso la fine del giudizio, limitandosi a richiedere di volta in volta degli acconti, si vedrebbe liquidato un compenso differente e mediamente più basso», trattasi, appunto, di una ipotesi astratta che comunque si risolve in un inconveniente di fatto non direttamente riconducibile alla disciplina denunciata, bensì a variabili accidentali legate alla sua applicazione, per cui manifestamente non sussiste neppure la violazione dell’articolo 3 Cost., per tal profilo adombrata dai rimettenti. Visti gli articolo 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1 dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, numero 1 Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27, sollevate, in riferimento agli articolo 3, 24, 101, 104, 107, 111 e 117 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore, con le otto ordinanze in epigrafe indicate 2 dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9 del d.l. numero 1 del 2012 e del decreto ministeriale 20 luglio 2012 numero 140 Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, numero 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, numero 27 , sollevata, in riferimento agli articolo 3, 10, 24, 117, 25, secondo comma, Cost., in relazione all’articolo 1 delle disposizioni preliminari al codice civile, dal Giudice di pace di Sciacca, con l’ordinanza in epigrafe 3 dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 91, ultimo comma, del codice di procedura civile, aggiunto dall’articolo 13, comma 1, lettera b , del decreto-legge 22 dicembre 2011, numero 212 Disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, numero 10, e dell’articolo 9, comma 4, del d.l. numero 1 del 2012 e del d.m. numero 140 del 2012, sollevata, in riferimento agli articolo 3, 24 e 36 Cost., dal Giudice di pace di Torre del Greco, con l’ordinanza in epigrafe 4 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, commi 1, 2 e 5 del d.l. numero 1 del 2012 e del d.m. numero 140 del 2012, sollevata, in riferimento «all’articolo 3, 24 e 117 Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 6 Cedu, all’articolo 5 trattato Ue e all’articolo 296 Trattato sul Funzionamento dell’Ue e all’articolo 6 Trattato Ue e per esso ai principi dello Stato di Diritto richiamati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della Carta di Nizza», dal Tribunale ordinario di Cremona e, in riferimento anche all’articolo 36 Cost., dal Giudice di pace di Torre del Greco, con le ordinanze in epigrafe.