La clausola oro non è per sempre

Per i pensionati degli istituti bancari di diritto pubblico, poi privatizzati, che godevano dei regimi esonerativi contemplati dalla legge numero 55/1958, il regime perequativo delle pensioni c.d. dell’ “aggancio al pari grado in servizio” o “clausola oro” è stato definitivamente abolito per effetto dell’articolo 1 d.l. numero 23/1977 convertito in legge ex l. numero 41/1978 e non è più stato ripristinato.

Pertanto, su tale assetto normativo – considerato costituzionalmente legittimo dalla Corte di Cassazione con la sent. 349/1985 – non ha spiegato alcuna efficacia la normativa con la quale sono stati privatizzati gli istituti bancari di diritto pubblico, contenuta nella l. numero 218/1980 e nel d.lgs. numero 357/1990. Infatti, la disposizione ivi prevista con la quale è stato consentito ai pensionati di tali istituti di mantenere il trattamento di miglior favore ha riguardato quei regimi che, all’epoca, erano ancora in vigore e che da tale ultima normativa sono stati trasformati in integrativi, ma non quelli che erano ormai soppressi. Così la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 16258/14 depositata lo scorso 16 luglio, ha chiarito l’annosa questione dell’applicazione della “clausola oro”. Aggancio al pari grado in servizio che fortuna! Un dipendente di Sicilcassa spa chiamava in giudizio la propria datrice di lavoro al fine di rideterminare i contributi pensionistici a lui spettanti. Il diritto vantato si fondava su una particolare disciplina dettata per regolare i trattamenti pensionistici elargiti ai dipendenti di istituti di credito di diritto pubblico, poi privatizzati, riguardo ai quali vigevano regimi diversi da quello oggi ordinario e c.d. AGO assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti del lavoratore dipendente . I contributi pensionistici diversi dall’AGO venivano denominato esclusivi o esonerativi e si caratterizzavano per la previsione di clausole di perequazione automatica, volte ad adeguare le pensioni all’andamento dei salari dei colleghi ancora in servizio presso gli istituti di provenienza. Tali clausole erano comunemente chiamate “aggancio al pari grado in servizio”, in virtù del loro funzionamento o “clausola ore”, in quanto particolarmente vantaggiosa per coloro ai quali veniva applicata. Dagli anni Settanta ad oggi la disciplina della “clausola oro” ha subito numerose modifiche contribuendo a confondere un quadro giuridico già molto articolato. Nemmeno la Corte d’Appello adita per il secondo grado di giudizio è riuscita a districarsi tra le numerose norme in materia, errando nella valutazione della successione di leggi nel tempo e pronunciando una sentenza poi cassata dalla Suprema Corte con la decisione in commento. Uniformità dei sistemi pensionistici per qualcuno è uno svantaggio. Per rideterminare l’ammontare del trattamento pensionistico spettante all’ex bancario, la Corte di Cassazione ragiona intorno alla ratio legis che ha accumunato, nel tempo, tutte le modifiche occorse in materia di regimi previdenziali esonerativi uniformare i diversi sistemi pensionistici esistenti per la categoria dei dipendenti di istituti bancari di diritto pubblico, poi privatizzati. In particolare la Corte di Cassazione considera che il d.l. numero 942/1977, convertito in legge ex l. n .41/1978 ha abolito il regime della “clausola oro”, che non è più stato ripristinato con l’abolizione della “clausola oro”, il regime pensionistico AGO è stato esteso ai regimi esonerativi, con il benestare della Corte Costituzionale sent. 349/1985 che ha definitivamente abolito non sospeso il regime della “clausola oro” un orientamento consolidato della stessa Corte di Cassazione aveva già affermato l’irrilevanza della prevalenza del trattamento pensionistico anteriore e più favorevole, sui sopravvenuti nuovi regimi pensionistici, nei casi in cui il trattamento pensionistico più favorevole era venuto meno per abrogazione. Ciò detto, la Corte afferma a gran voce l’abolizione della “clausola oro” ad opera della l. numero 41/1978, con la conseguenza che essa non può più trovare applicazione dopo l’entrata in vigore della predetta legge, nemmeno nel caso in cui la clausola costituisse il regime più favorevole per il dipendente. Infatti, la disposizione che consente ai pensionati di istituti bancari privatizzati di mantenere il trattamento pensionistico di miglior favore l. 218/1990 riguarda solo i regimi pensionistici esistenti alla data della sua entrata in vigore e non anche a quelli ormai aboliti, quale è il regime della “clausola oro”, abolito ex l. numero 41/1978. Pertanto, i fortunati della “clausola oro” ne possono godere solo limitatamente ai contributi maturati fino al 1978. Per quelli successivi vige il sistema AGO, in virtù di un’armonizzazione del sistema pensionistico che non crei discriminazioni ingiustificate.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 giugno – 16 luglio 2014, numero 16258 Presidente Roselli – Relatore De Renzis Svolgimento del processo 1. Con ricorso, depositato il 16.02.1999, SC.SA. chiedeva, ai sensi dell'articolo 101 L.F., al Tribunale di Palermo l'insinuazione del proprio credito di L. 25.479.300 in privilegio, oltre interessi e rivalutazione, ai passivo della liquidazione coatta amministrativa della SICILCASSA. Premetteva che fino al 16 luglio 1992, data del suo collocamento a riposo, era stato dipendente della Sicilcassa, la quale non aveva provveduto, per il periodo ottobre 1995/6 settembre 1997, a rideterminare le prestazioni del Fondo Integrativo Pensioni FIP a lui spettanti in forza della previsione di cui all'articolo 5, lett. B del relativo regolamento dell'8 giugno 1992. La Liquidazione coatta amministrativa, costituendosi, eccepiva in via preliminare l'inammissibiiità della domanda per mancanza di prova sulla tempestività contestava, in punto di merito, la fondatezza della domanda e, in ogni caso, la natura privilegiata del credito preteso. Il Tribunale di Palermo con sentenza numero 2988 del 2007, ritenuta l'ammissibilità e la tempestività del ricorso, ammetteva il credito per complessivi Euro 13.158,96 e disponeva la conseguente modifica dello stato passivo. 2. Tale decisione, appellata dalla Sicilcassa in LCA, è stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza numero 1586 del 2011, la quale ha ribadito il diritto dello Sc. a conservare ad personam il regime perequativo vigente all'atto della maturazione della pensione diretta clausola oro e alla conseguente inclusione nelle retribuzione pensionabile degli incrementi apportati dalla contrattazione collettiva giugno 1995 alla retribuzione del pari grado di servizio, calcolati alla data dei 30 settembre 1995 e del 30 settembre 1996. La Corte d'appello di Palermo, per quei che qui interessa, precisa che a diversamente da quanto sostiene S1CILCASSA gli articolo 9 e ss. del d.lgs. 30 dicembre 1992, numero 503 non trovano applicazione in riferimento a forme di previdenza integrativa basate su un sistema a ripartizione nel senso che la misura della prestazione erogata non è calcolata in rapporto con l'insieme dei contributi versati nel tempo dai singolo lavoratore o per suo conto , non essendo nelle stesse configurabili posizioni individuali soggette a capitalizzazione, come accade nel caso del FIP in oggetto, alimentato da versamenti annuali a carico della Banca e anche da un ulteriore versamento a carico degli iscritti in attività di servizio b del resto, in precedenti giudizi, SICILCASSA ha sostenuto che la cessazione del FIP è avvenuta il 31 ottobre 1996, sicché le prestazioni del Fondo sono state mantenute per il personale iscritto e collocato in pensione entro quella data c quanto agli effetti della disdetta in data 1 luglio 1996 dell'accordo collettivo aziendale istitutivo del FIP, o-perata da SICILCASSA in amministrazione controllata, dalla giurisprudenza di legittimità si desume che, pur essendo ammissibile un simile recesso, tuttavia esso trova un ostacolo insuperabile nei diritti quesiti degli iscritti al Fondo che non abbiano maturato i requisiti per il conseguimento del trattamento pensionistico e deve rispettare sia la garanzia normativa costituita dall'articolo 2117 cod. civ., sia il principio di ragionevolezza d pertanto tale disdetta e il successivo accordo sindacale del 30 settembre 1996 non potevano incidere sul diritto all'erogazione del trattamento pensionistico previsto dall'articolo 5 lettera b del regolamento del FIP, già maturato dallo SC. . 3. La Sicilcassa in LCA ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi, illustrati con memoria ex articolo 378 CPC. Gli intimati in epigrafe, eredi di Sc.Sa. , non si sono costituiti. Motivi della decisione 1. Sintesi dei motivi del ricorso. 1.- Il ricorso è articolato in tre motivi. 1.1.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione degli articolo 9 e 11 del d.lgs. numero 503 del 1992 e dell'articolo 3, comma 19, della legge numero 335 del 1995. Errata applicazione del principio di salvezza del diritto quesito alla materia della perequazione automatica. Si sottolinea che, a partire dal 1 gennaio 1994, dopo la trasformazione dei fondi pensionistici esonerativi in fondi integrativi, al personale iscritto agli ex fondi esonerativi articolo 9 del d.lgs. numero 503 del 1992 è stata estesa l'applicazione della disciplina generale in materia di formazione della retribuzione pensionabile di cui all'articolo 3 del d.lgs. numero 503 cit. e, di conseguenza, anche per i dipendenti degli enti pubblici creditizi di cui al d.lgs. 20 novembre 1990 numero 357 iscritti ai rispettivi FIP - quale l'attuale intimata - la retribuzione pensionabile non ha più coinciso con la retribuzione raggiunta nell'ultimo giorno di servizio attivo ma è stata determinata facendo riferimento alla media delle retribuzioni di un periodo di lavoro più ampio pari a cinque anni per la quota A della pensione e a dieci anni per la quota B della pensione. Ciò ha portato, a decorrere dalla data suindicata, alla sostanziale inoperatività del meccanismo della c.d. clausola oro di cui all'articolo 5 del regolamento dei FIP - a prescindere dalla sua abrogazione espressa disposta, in via generale, dall'articolo 59 della legge numero 449 del 1997 - essendo venuta meno, per effetto degli articolo 3, commi 1 e 2, 7, 9 e 11 del d.lgs. numero 503 del 1992, la nozione di retribuzione pensionabile istantanea virtuale del pari grado in servizio essenziale per l'applicabilità del meccanismo stesso. A conclusione del complesso percorso normativo tendente ad unificare il regime delle perequazioni dei pensionati iscritti ai fondi prima esclusivi o esonerativi delle Banche privatizzate si colloca la norma interpretativa di cui all'articolo 1, comma 55, della legge 23 agosto 2004, numero 243. Tale disposizione ha superato il vaglio di legittimità costituzionale vedi Corte cost. numero 362 del 2008 e, conse-guentemente, è stato chiarito che deve essere esclusa, in applicazione della predetta norma, la limitata e predeterminata sopravvivenza fino ai 26 luglio 1996 della perequazione automatica più favorevole prima prevista, secondo regole peculiari, per i dipendenti dei suindicati istituti bancari. Ne consegue che, nella specie, la Corte palermitana non si è adeguata ai suddetti principi ritenendo ancora vigente la clausola oro non soltanto per il 1995, ma anche per il 1996 e il 1997 quando, oltretutto, era intervenuta la disdetta dell'accordo FIP inclusa in calce all'articolo 4 dell'accordo sindacale del 30 settembre 1996 senza considerare che, invece, tale clausola era inconferente dall’1 gennaio 1994, per incompatibilità con il nuovo sistema di determinazione della retribuzione pensionabile. 1.2.- Con il secondo motivo si denunciano a in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli articolo 1362 e ss. Cod. civ. e, in particolare, dell'articolo 1363 cod. civ. b in relazione all'articolo 360, numero 5 cod. proc. civ., insufficiente motivazione. Si contestano le statuizioni contenute nella sentenza impugnata secondo cui 1 il trattamento erogato dal FIP non sarebbe stato direttamente modificato dalle norme che hanno sostituito la disciplina perequativa delle pensioni da esonerativa ad integrativa 2 è stata considerata contraddittoria la tesi della Banca in base alla quale, pur essendo il FIP cessato dall’1 ottobre 1996, tuttavia la clausola oro sarebbe da considerare inconferente dall'1 gennaio 1994. La prima delle suddette affermazioni viene censurata con argomentazioni analoghe a quelle sviluppate nel primo motivo. Quanto alla seconda, si sottolinea che non vi è alcuna contraddizione tra la inoperatività della clausola oro determinatasi dal 1994 e la persistenza del FIP fino al 30 settembre 1996, mentre è contraddittoria la decisione della Corte palermitana di ritenere applicabile oltre al suindicato termine la clausola oro soltanto per i soggetti pensionati al 31 dicembre 1990, perché tale decisione si pone in contrasto con la stessa logica cui era ispirata la clausola oro, consistente nel garantire nel tempo parità di retribuzione pensionabile a tutti i dipendenti aventi pari grado e qualifica, indipendentemente dalla data del pensionamento, onde eliminare il fenomeno delle pensioni di annata. 1.3.- Con il terzo motivo si denunciano in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., contraddittorietà della motivazione nella individuazione e nella determinazione della retribuzione pensionabile. Si contesta in particolare la statuizione della Corte palermitana per avere disatteso il motivo di appello, che poneva in rilievo come a seguito dell'entrata in vigore del DLgs numero 503 del 1992 la retribuzione istantanea raggiunta all'atto della cessazione dal servizio avesse cessato di esser presa a riferimento con la scomparsa della figura del pari grado per il calcolo della retribuzione pensionabile e fosse stata sostituita dalla media delle retribuzioni rivalutate, relativa ad un più ampio arco temporale, trasformandosi in un trattamento individuale, non più utilizzabile per la rideterminazione della nuova retribuzione pensionabile dei soggetti già cessati dal servizio. III - Esame delle censure. 2- I motivi di ricorso - da esaminare congiuntamente data la loro intima connessione - sono da accogliere, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti. 3.- Per una migliore comprensione delle questioni da esaminare va, in primo luogo, precisato che il diritto fatto valere in giudizio dallo Sc. si fonda sulla particolare disciplina che, in passato, era stata dettata per regolare i trattamenti di pensione elargiti ai dipendenti di istituti di credito di diritto pubblico poi privatizzati, riguardo ai quali vigevano regimi diversi da quello proprio dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti d'ora in poi AGO , che per questa ragione venivano denominati esclusivi o esonerativi e che si caratterizzavano per la presenza di clausole di perequazione automatica volte ad adeguare le pensioni all'andamento dei salari dei colleghi in servizio presso gli istituti di provenienza. In particolare, all'epoca, per i dipendenti del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia erano previste forme di previdenza esclusive, risalenti alla disposizione di cui all'articolo 11, allegato T, all'articolo 39 della legge 8 agosto 1895 numero 486, in forza della quale il trattamento pensionistico veniva erogato agli interessati direttamente dagli enti datori di lavoro, mentre agli altri istituti bancari di diritto pubblico - tra i quali rientrava la Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane SICILCASSA - si applicavano regimi esonerativi, contemplati dalla legge 20 febbraio 1958 numero 55, in base ai quali il trattamento veniva elargito da Casse o Fondi di previdenza appositamente creati dai datori di lavoro e sottoposti alla vigilanza dei Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, il cui statuto era approvato con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Tale regime riguardava, oltre che SICILCASSA D.P.R. 9 novembre 1972, numero 1136, approvazione del nuovo statuto del Fondo pensioni per il personale della Cassa centrale di risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane , anche la Cassa di Previdenza del personale del Monte dei Paschi di Siena d.P.R. 26/3/1976 il Fondo pensioni per il personale della Cassa di Risparmio di Torino d.P.R. 18/4/1973, numero 496 il Fondo di previdenza per il personale della Cassa di Risparmio di Asti d.P.R. 8/4/1976, numero 194 il Fondo per il personale della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo d.P.R. 6/3/1976, numero 263 il Fondo di previdenza della Cassa di Risparmio di Firenze D.P.R. 18/4/1973, numero 468 il Fondo per le pensioni al personale della Cassa di Risparmio delle province lombarde D.P.R. 14/12/1973, numero 1025 la Cassa di Previdenza per il personale dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino d.P.R. 18/8/62, numero 1434 . Sia i pensionati appartenenti ai regimi esclusivi sia quelli appartenenti ai regimi esonerativi usufruivano del suddetto meccanismo - che veniva identificato, nel linguaggio politico-sindacale del settore, con le espressioni aggancio al pari grado in servizio oppure clausola - oro - in base al quale era stabilita l'estensione ai pensionati dei miglioramenti contrattuali dei lavoratori in servizio, sia pure non sempre con riferimento a tutte le voci della retribuzione e, quindi, con discipline non dei tutto coincidenti tra loro. 4.- Tale sistema non venne modificato dalla legge 30 aprile 1969 numero 153, la quale introdusse per la prima volta nel nostro ordinamento la cosiddetta perequazione automatica, disponendo che le pensioni venissero aumentate, con effetto dall'1 gennaio di ciascun anno, in misura percentuale pari all'incremento dell'indice del costo della vita calcolato dall'ISTAT ai fini della scala mobile della retribuzione ai lavoratori dell'industria articolo 19 . infatti, la suddetta normativa riguardava soltanto l'AGO e pertanto non comprendeva le gestioni speciali, sostitutive o esonerative, alle quali continuava ad applicarsi, anche in tema di perequazione, la disciplina propria di ciascuna di esse. Anche la modifica, in senso peggiorativo, del suddetto sistema di perequazione della pensioni, introdotta dall'articolo 10 della legge 3 giugno 1975 numero 160 originariamente non si applicava alle gestioni speciali, che pertanto restavano ancora soggette ai rispettivi ordinamenti. In particolare, per quanto concerne i pensionati della SICILCASSA, tale regime perequativo particolarmente vantaggioso era previsto dall'articolo 24 dello Statuto del Fondo pensioni istituito dall'ente datore di lavoro per provvedere alla erogazione delle prestazioni previdenziali ai dipendenti che ne avevano diritto, che assoggettava le pensioni degli iscritti al Fondo alle stesse variazioni che saranno apportate alla retribuzione pensionabile del personale in attività di servizio presso la Cassa, avente grado gerarchico ed anzianità corrispondenti a quelli che l'iscritto aveva al momento della pensione . 5.- Il primo, importante, intervento legislativo riguardante la validità giuridica della clausola dell'aggancio al pari grado, si ebbe con il d.l. 23 dicembre 1977, numero 942, convertito dalla legge. 27 febbraio 1978, numero 41, con la quale si estese il meccanismo di perequazione automatica in vigore presso l'INPS a tutti i regimi previdenziali obbligatori, ovvero articolo 1 alle pensioni erogate dalle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive o integrative dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti che ne comportino l'esclusione o l'esonero [ ] . Il provvedimento interessò molte categorie di pensionati, fra i quali quella degli ex dipendenti bancari. Nel relativo settore la disposizione toccò le pensioni in modo diverso, a seconda del regime rispettivamente per esse previsto. In particolare a i regimi esonerativi - come quello del Fondo pensioni per il personale della Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane, poi SICILCASSA, che interessa in questo giudizio - essendo esplicitamente menzionati nella legge numero 41 del 1978, si videro togliere il sistema perequativo privilegiato dell'aggancio al pari grado in servizio b i due - eccezionali - regimi esclusivi del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia non furono invece toccati dalla riforma, poiché si riteneva che i relativi trattamenti pensionistici costituissero, più che una vera e propria pensione, una sorta di retribuzione, sia pure differita vedi, per tutte Cass. 7 aprile 1992, numero 4219 c neanche furono colpiti i fondi integrativi privati, ovvero non obbligatori vedi, mutatis mutandis Cass. 15 ottobre 1987, numero 7619 . Benché non potessero esservi dubbi sul fatto che, con tale ultima disciplina fosse venuta meno - per i regimi esonerativi - espressamente ivi contemplati, la base giuridica su cui poggiavano le diverse clausole statutarie che contemplavano il sistema perequativo dello aggancio al pari grado di servizio , tuttavia tali clausole non vennero mai espunte dai relativi articolati ove, anzi vennero sempre mantenute nelle diverse versioni succedutesi nel tempo e questo è stato un elemento che ha contribuito ad alimentare un contenzioso che non avrebbe dovuto mai svilupparsi, in quanto - ai di là delle mere speranze degli interessati nei ripristino del vecchio sistema - in realtà, per i regimi esonerativi, non si è mai più dubitato, anche nella giurisprudenza, del fatto che il d.L. numero 942 del 1977 avesse abolito il suddetto sistema perequativo privilegiato. Né mai il legislatore, nei pur numerosi interventi successivi in materia, ha mai dato adito ad una diversa soluzione. Viceversa, anche a causa della suddetta mancata eliminazione della corrispondenti clausole statutarie, la vicenda di tali pensionati - anche con riguardo al regime perequativo in oggetto - spesso si è sovrapposta e confusa con quella - differente - dei dipendenti del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, fruitori di regimi esclusivi e, a volte, tali due distinte situazioni sono state accomunate nell'interpretazione dei molteplici interventi legislativi susseguitisi nel tempo nonché delle pronunce della Corte costituzionale e di questa Corte anche a Sezioni unite . Ma senza un reale fondamento normativo o giurisprudenziale. 6.- Infatti, fin dalla sentenza numero 349 del 1985 della Corte costituzionale - contenente affermazioni di grande rilievo, anche per la soluzione della presente controversia - con la quale è stata dichiarata l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale relativa all'articolo 1 d.l. numero 942 del 1977 cit. - denunciato, sia in via strumentale rispetto alla censura del sistema perequativo dell'articolo 10 della legge numero 160 del 1975, da esso esteso alle gestioni speciali, sia in maniera autonoma anche con riguardo alla sua applicazione agli iscritti al Fondo pensioni per il personale della Cassa centrale di risparmio per le province siciliane - non potevano nutrirsi dubbi sul fatto che la disposta generalizzazione del regime perequativo dei trattamenti di pensione proprio dell'AGO, con conseguente eliminazione delle condizioni di particolare favore nei confronti di tutte le numerose gestioni che, al pari della suddetta forma esone-rativa, prevedevano un diverso regime come quelle denominate sostitutive o integrative, anche se istituite in gestioni speciali presso l'INPS , escludesse la stessa ipotizzabilità dell'esistenza di diritti quesiti all'integrità dell'ammontare delle pensioni, salva restando per il settore del credito la diversa situazione dei regimi esclusivi del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, non toccati dalla riforma dei 1977. Nella suindicata sentenza la Corte costituzionale, infatti, ha, al riguardo, ribadito il proprio consolidato orientamento secondo cui deve essere riconosciuta la legittimità di interventi legislativi riduttivi dei trattamenti pensionistici purché sussista l'elemento della ragionevolezza - che ricorre, fra l'altro, quando vi sia carenza di risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai relativi impegni di spesa - con la conseguenza che, non sussistendo alcun diritto alla intangibilità del trattamento pensionistico, nell'ammontare elargito al momento in cui ha avuto inizio l'iscrizione ad un determinato regime, deve essere esclusa l'esistenza di diritti quesiti in capo ai soggetti posti in stato di quiescenza, dato che, viceversa, il mantenimento dell'originario meccanismo di perequazione del trattamento si porrebbe in contrasto, attesa l'ingiustificata diversità di trattamento che deriverebbe tra i pensionati, con il principio di eguaglianza posto dall'articolo 3 Cost. nello stesso senso, tra le tante Corte costituzionale sentenze numero 257 del 2011 numero 30 del 2004 numero 408 e numero 390 del 1995 numero 240 del 1994 ordinanza numero 202 dei 2006 . Sulla base di questa premessa, il Giudice delle leggi sottolineò, poi, la non appropriatezza del sistema perequativo introdotto dall'articolo 10 della legge numero 160 del 1975 - esteso alle gestioni speciali dal d.l. numero 942 del 1977 - che aveva comportato dei sacrifici per gli interessati, ma pose anche l'accento sulla modestia dei sacrifici stessi, nelle loro dimensioni quantitative e temporali, avendo il legislatore, con l'articolo 21 della legge numero 730 del 1983, abolito, con decorrenza dai 1 gennaio 1984, il suddetto sistema dell'incremento in misura fissa il quale aveva comportato il deprecabile fenomeno dell'appiattimento delle pensioni, criticato anche nella Relazione governativa al disegno di legge , disponendo che la perequazione automatica tornasse ad operare, per tutte le forme previdenziali, solo in cifra percentuale, in base agli stessi indici di aumento della scala mobile dei lavoratori dell'industria, secondo il sistema generale di incremento commisurato all'importo di esse. La Corte aggiunse che con la successiva legge 15 a-prile 1985 numero 140 articolo 10 , nell'intento di riparare ulteriormente agli effetti negativi della legge numero 160 del 1975, si dispose che le pensioni erogate dalle gestioni speciali - quale è quella qui in discussione - sarebbero state valutate con i criteri previsti dalle normative delle singole gestioni e secondo le possibilità economiche di esse, il che avrebbe comportato la ridistribuzione ai medesimi pensionati delle somme eventualmente economizzate per effetto della legge numero 160 del 1975 con conseguente perdita di rilievo dell'argomento relativo all'ammontare dei contributi versati . Ne deriva che, la suddetta pronuncia confermò l'avvenuta abolizione del sistema perequativo c.d. della clausola-oro per i regimi esonerativi e, può dirsi, che ne rafforzò l'efficacia in conseguenza della ritenuta conformità a Costituzione della relativa disciplina. 7.- Peraltro, come si è detto, tale abolizione non è mai stata messa in discussione neanche dalla copiosa normativa successiva. Al riguardo, va ricordato che, dopo l'articolo 10 della legge numero 140 del 1985 cit., il legislatore è nuovamente intervenuto, per compensare le perdite subite per effetto la legge numero 41 del 1978 dalle pensioni a carico delle forme di previdenza sostitutive ed esonerative, con ulteriori periodiche rivalutazioni, disposte prima con l'articolo 4 della legge numero 544 del 1988 e poi l'articolo 2-bis della legge numero 59 dei 1991, quest'ultimo non riguardante i bancari. Per costoro, il D.lgs. 20 novembre 1990, numero 357, emanato in attuazione della delega prevista dall'articolo 3 della legge 30 luglio 1990, numero 218, dispose che l'INPS avrebbe assunto a proprio carico una quota del trattamento pensionistico già in godimento articolo 3 . La quota residua cosiddetta quota integrativa , da calcolare sottraendo l'importo erogato dall'INPS a quello risultante applicando la disciplina dei previgenti regimi esclusivi o esonerativi goduti dai dipendenti degli enti pubblici creditizi sarebbe rimasta a carico dei datori di lavoro ovvero dei fondi o delle casse costituiti in base alla legge 20 febbraio 1958, numero 55, che venivano contestualmente trasformati, per effetto dell'articolo 5 dello stesso Dlgs. numero 357 del 1990, in fondi integrativi dell'assicurazione generale obbligatoria articolo 4 . La successiva legge 23 ottobre 1992, numero 421, nel delegare il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per il riordino del sistema previdenziale articolo 3 , dettò un principio direttivo anche in ordine alla perequazione automatica. Precisamente, secondo la lettera q del citato articolo 3, l'emananda disciplina avrebbe dovuto “garantire, tenendo anche conto del sistema relativo ai lavoratori in attività, la salvaguardia del loro potere di acquisto” e, in virtù di quanto disposto dallo stesso articolo 3, lettera p , tale principio direttivo si sarebbe dovuto applicare anche “al personale di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 20 novembre 1990, numero 537”. In esecuzione della delega fu emanato il D.lgs. 30 dicembre 1992, numero 503, il cui articolo 11 dispose, quale principio generale in materia pensionistica, che gli aumenti a titolo di perequazione automatica si dovessero applicare sulla base del solo adeguamento al costo della vita con cadenza annuale ed in misura pari alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati. L'articolo 9 dello stesso d.lgs. numero 503 dei 1992, intitolato “Trattamenti di pensione ai lavoratori di cui al decreto legislativo 20 novembre 1990, numero 357”, al comma 1, stabilì che “Le disposizioni di cui ai titoli I e III del presente decreto riferite ai lavoratori dipendenti dell'assicurazione generale obbligatoria trovano applicazione anche per gli iscritti alla gestione speciale di cui al decreto legislativo 20 novembre 1990, numero 357, relativamente alle pensioni o quote di esse a carico della gestione medesima”. Il comma 2 aggiunse che “Gli articoli 2, 3, 8, 10, 11, 12 e 13 trovano applicazione nei confronti dei regimi aziendali integrativi ai quali è iscritto il personale di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 20 novembre 1990, numero 357”. Con l'emanazione di tale disciplina, da un lato, con riferimento agli ex dipendenti degli enti pubblici creditizi con regimi esclusivi che il 31 dicembre 1990 erano già in pensione, sorse il dubbio se, anche per essi, in virtù delle norme da ultimo menzionate, l'unico meccanismo perequativo operante fosse ormai quello dell'articolo 11, oppure se quest'ultimo si applicasse solamente alla quota di pensione loro erogata dall'INPS, mentre, al fine di determinare il complessivo trattamento pensionistico cui essi avevano diritto - e, dunque, la quota integrativa a carico dei datori di lavoro ovvero dei fondi integrativi - dovesse continuare ad operare il diverso meccanismo perequativo della c.d. clausola-oro . Dall'altro lato, con riguardo agli ex dipendenti bancari che originariamente godevano di regimi esonerativi, si pose il problema di stabilire il contenuto precettivo della disciplina di cui al d.l. 19 settembre 1992 numero 384, convertito con modificazioni nella legge 14 novembre 1992 numero 438, che aveva sospeso ogni norma di legge o di contratto collettivo che prevedesse aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni, nonché della legge delega numero 421 del 1992, seguita dal Dlgs. numero 357 del 1992, con i quali il legislatore aveva fissato regole uniformi per la perequazione di tutte le pensioni senza esentare da questo riassetto i dipendenti degli enti creditizi già pensionati alla data del 31 dicembre 1990. 8.- Il legislatore cercò di fare chiarezza con l'articolo 3, comma 19, della legge 8 agosto 1995, numero 335. secondo cui Alla gestione speciale e ai regimi aziendali integrativi di cui ai decreto legislativo 20 novembre 1990, numero 357, già rientranti nel campo di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 503, per i lavoratori e pensionati, quale che sia il momento del pensionamento, si applicano le disposizioni di cui alla presente legge in materia di previdenza obbligatoria riferite ai lavoratori dipendenti e pensionati dell'assicurazione generale obbligatoria, con riflessi sui trattamento complessivo di cui all'articolo 4 del citato decreto legislativo numero 357 del 1990, salvo che non venga diversamente disposto in sede di contrattazione collettiva . Tuttavia, anche tale disposizione, per come formulata, non riuscì a realizzare l'intento perseguito e fu solo con l'articolo 59, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, numero 449, che finalmente si stabilì, in modo i-nequivocabile che A decorrere dal 1 gennaio 1998, per l'adeguamento delle prestazioni pensionistiche a carico delle forme pensionistiche di cui ai commi 1, 2 e 3 trova applicazione esclusivamente l'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 503, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all'evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio . Questa norma, finalmente esplicito in modo univoco la sua volontà legislativa di abolire definitivamente le clausole di aggancio al pari grado in servizio e la giurisprudenza di questa Corte precisò che essa aveva applicazione generalizzata nei confronti di tutti i lavoratori, sia attivi che pensionati, ed anche ai Fondi integrativi privati, e non solo a quelli ex esclusivi o ex esonerativi, ove ancora operativi, essendo il frutto di una ragionevole scelta di armonizzazione dei diversi sistemi vedi, per tutte Cass. 11 maggio 2002, numero 6804 Cass. 20 agosto 2003, numero 12254 Cass. 22 novembre 2006, numero 24777 . 9.- Comunque, per il periodo precedente alla vigenza di tale ultima norma, le incertezze derivanti dall'interpretazione delle differenti discipline susseguitesi nei tempo, diedero luogo ad un ulteriore nutrito contenzioso, riguardante sia i pensionati che originariamente avevano i regimi esclusivi cioè quelli del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia , sia quelli che avevano i regimi esonerativi come quello della SICILCASSA . Per i primi - specialmente a causa della loro esclusione dalla sfera di applicazione della riforma del 1977 - le questioni controverse sono state di particolare complessità, sicché a dopo un iniziale contrasto interpretativo tra Cass. 10 luglio 1998, numero 6767 e Cass. 8 febbraio 2000 numero 1388 ed il contrasto fu risolto da Cass. SU 12 giugno 2001 numero 9023 e numero 9024, con le quali si affermò che l'articolo 9 D.lgs. numero 503 del 1992 aveva lasciato operare la clausola-oro , limitatamente alla quota delle pensioni erogata dai datori di lavoro o dai fondi integrativi, per chi era già pensionato alla data del 31 dicembre 1990 b è quindi intervenuto l'articolo 1, comma 55, della legge 23 agosto 2004, numero 243 che ha stabilito che “Ai fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti a talune categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi, l'articolo 3, comma 1, lettera p , della legge 23 ottobre 1992, numero 421, e l'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 503, devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dall'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 503, si applica al complessi-vo trattamento percepito dai pensionati di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 20 novembre 1990, numero 357. All'assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza” c la giurisprudenza di legittimità si è subito ed unanimemente indirizzata nel senso che, in base a tale disposizione, il meccanismo perequativo di cui all'articolo 11 del d.lgs. numero 503 del 1992 doveva ritenersi applicabile anche alla quota di trattamento pensionistico spettante al personale già pensionato alla data del 31 dicembre 1990 ed erogata dai datori di lavoro o dai fondi integrativi d successivamente, però, questa stessa Corte di cassazione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'ari 1, comma 55, cit. prospettandone la violazione dell'ari 3, in connessione con gli articoli 102 e 111 Cost. e con sentenza numero 362 del 2008 la Corte costituzionale ha dichiarato l'infondatezza della questione f da ultimo, la Corte Europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza 10 febbraio 2012 sul caso Arras e altri c/Italia ha ritenuto che la suindicata legge retroattiva sopravvenuta di cui all'articolo 1, comma 55, della legge numero 234 del 2004 abbia violato l'articolo 6 della CEDU, stabilendo che i pensionati del Banco di Napoli non avrebbero potuto più avvalersi del sistema di perequazione aziendale che faceva riferimento al sistema della c.d. clausola-oro a partire dal 1992, sicché essi a-vrebbero dovuto perdere il diritto alla anzidetta perequazione aziendale anche nel periodo tra il 1994 e il dicembre 1997, salvo restando che, a partire dal 1 gennaio 1998, erano stati soppressi tutti i sistemi di perequazione aziendale nello stesso senso la Corte EDU si è pronunciata, per analoghe controversie introdotte da altri dipendenti dell'ex Banco di Napoli nelle sentenze Natale e altri c/Italia, Casacchia e altri c/Italia entrambe del 15 ottobre 2013 . 10.- Invece, per coloro che, come l'attuale ricorrente, godevano originariamente di regimi esonerativi le questioni da risolvere sono state meno complesse, visto che, comunque, in tutte le molteplici sentenze di questa Corte al riguardo non è stato mai posto in discussione il principio secondo cui dal momento dell'entrata in vigore del suddetto decreto-legge numero 942 del 1977, convertito dalla legge numero 41 del 1978, il regime vigente nell'assicurazione generale obbligatoria è stato applicato anche al trattamento pensionistico erogato dalle gestioni sostitutive o integrative nonché dalle Casse di previdenza istituite presso gli enti di credito aventi a quel tempo natura pubblica c.d. forme esonerative , con la conseguente eliminazione del più favorevole meccanismo di adeguamento, senza che in contrario potesse rilevare, da un lato, l'anteriorità di tale più favorevole trattamento assicurato dalle gestioni in senso lato denominate speciali e, dall'altro, l'essere il trattamento stesso improntato al criterio del collegamento con la dinamica salariale per il personale in servizio vedi, fra le tante, per quanto concerne i fondi speciali di previdenza istituiti presso l'INPS Cass. 18 luglio 1987 numero 6349 e Cass. 27 ottobre 1988 numero 5827 nonché, riguardo alle forme esonerative Cass. 29 novembre 1988 numero 6450, Cass. 11 ottobre 1989, numero 4066 Cass. 8 giugno 1991 numero 6523, Cass. 22 agosto 1991 numero 9017 Cass. 10 luglio 1998 numero 6767, in motivazione . Ciò è stato affermato in modo chiaro ed esaustivo da Cass. SU 7 agosto 2001, numero 10888 cui si è uniformata, sul punto, la successiva giurisprudenza, vedi per tutte Cass. SU 20 settembre 2001, numero 11904, numero 11905 e numero 11906 ove è stato anche sottolineato, anche richiamandosi la sentenza della Corte costituzionale numero 349 del 1985 cit., che con la suddetta normativa del 1977 è stato definitivamente abolito - e non, quindi, sospeso, come sostenuto dai pensionati - il meccanismo perequativo previsto dalle forme esonerative e sostituito con quello generale, meno favorevole , che non è più stato successivamente ripristinato da un altro provvedimento normativo avente pari grado nella gerarchia delle fonti del diritto e, per ciò solo, idoneo a ripristinare la suddetta condizione di favore come, invece, è avvenuto in altri settori dell'ordinamento a proposito delle gestioni speciali e delle pensioni aventi una decorrenza anteriore ad una certa data vedi, ad esempio, l'articolo 10 della legge 15 aprile 1985 numero 140 e l'articolo 7 d.l. 31 luglio 1987 numero 317, convenuto dalla legge 3 ottobre 1987 numero 398 . Nella stessa sentenza le Sezioni unite hanno anche escluso che su tale assetto avesse spiegato efficacia la normativa successivamente emanata e contenuta nella legge 30 luglio 1990 numero 218 e nel Dlgs. 20 novembre 1990 numero 357, con la quale sono stati privatizzati gli istituti di credito di diritto pubblico ed è stato in pari tempo consentito ai pensionati di tali istituti di mantenere il trattamento di miglior favore, precisando che tale riconoscimento ha riguardato quei regimi ancora in vigore - che da tale ultima normativa sono stati trasformati in integrativi - ma non quelli che erano stati ormai soppressi. Infatti, come già rilevato da Cass. 10 luglio 1998, numero 6767, con le disposizioni emanate nel 1990 è stato garantito ai suddetti pensionati il trattamento in atto al momento della trasformazione del regime da esonerativo in integrativo , ma non è stata fatta rivivere la clausola statutaria c.d. di miglior favore - soppressa da oltre un decennio a causa della preclusione operata dal d.l. del 1977 e mai più ripristinata - con la conseguenza che, essendo stata da tempo abrogata, deve essere esclusa una successiva riemersione di quella clausola. 11.- La Corte d'appello di Palermo, basando la propria decisione sul principale argomento della necessaria salvezza del diritto quesito del pensionato all'applicazione del regime perequativo dello aggancio al pari grado in servizio con riferimento al periodo considerato , non ha minimamente tenuto conto dell'anzidetta evoluzione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, da cui sinteticamente risulta che a dal momento dell'entrata in vigore del suddetto decreto-legge numero 942 dei 1977, convertito dalla legge numero 41 del 1978, per i regimi esonerativi come quello di SICILCASSA è stato definitivamente abolito il suddetto regime perequativo di favore che non è stato mai più ripristinato b la conseguente estensione anche ai regimi esonerativi del regime perequativo AGO è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale con sentenza numero 349 del 1985, escludendosi, fin da allora, la ipotizzabilità dell'esistenza di diritti quesiti all'integrità dell'ammontare delle pensioni c ciò ha trovato riscontro nella unanime - sul punto - giurisprudenza di questa Certe, sia precedente che successiva alla legislazione degli anni novanta dianzi citata. L'erroneità dell'anzidetto presupposto ermeneutico vizia l'intera sentenza impugnata. 12.- Ne consegue che, per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere accolto, precisandosi che la suddetta soluzione poggia su una lettura della normativa di riferimento non solo conforme alla Costituzione e, in particolare, al principio di razionalità - equità di cui all'articolo 3 Cost. essendo in linea con la su menzionata sentenza della Corte costituzionale numero 349 del 1985 , ma anche in linea con l'articolo 6 della CEDU e con l'articolo 1 del Protocolio numero 1 della stessa Convenzione, come interpretati dalla Corte di Strasburgo in fattispecie analoghe alla presente vedi, per tutte, mutatis mutandis Varesi contro Italia, decisione 12 marzo 2013 . IV – Conclusioni. 13.- In sintesi il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda proposta da SC.SA. , con il ricorso introduttivo del giudizio. Quanto alle spese processuali, si reputa che sussistano giusti motivi per una integrale compensazione delle spese dell'intero processo, in considerazione della peculiarità fattuale della controversia e della complessità delle questioni trattate. 14.- Ai sensi dell'articolo 384, primo comma, cod. proc. civ. si ritiene opportuno enunciare il seguente principio di diritto Per i pensionati degli istituti bancari di diritto pubblico poi privatizzati che godevano dei regimi esonerativi contemplati dalla legge 20 febbraio 1958 numero 55, per effetto dell'articolo 1 del d.l. 23 dicembre 1977, numero 942 convertito dalla legge 27 febbraio 1978, numero 41 è stato definitivamente abolito il regime perequativo delle pensioni c.d. dello aggancio al pari grado in servizio conosciuto anche come clausola-oro , che non é stato più ripristinato. Pertanto, su tale assetto normativo - considerato costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 349 del 1985 - non ha spiegato alcuna efficacia la normativa con la quale sono stati privatizzati gli istituti di credito di diritto pubblico, contenuta nella legge 30 luglio 1990 numero 218 e nel d.lgs. 20 novembre 1990 numero 357. Infatti, la disposizione ivi prevista con la quale è stato consentito ai pensionati di tali istituti di mantenere il trattamento di miglior favore ha riguardato quei regimi particolari che, all'epoca, erano ancora in vigore - e che da tale ultima normativa sono stati trasformati in integrativi - ma non quelli che erano stati ormai soppressi . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa, tra le parti, le spese dell'intero processo.