Il diritto all’indennizzo per intervenuta prescrizione non è escluso senza prova della condotta dilatoria dell’imputato

In materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo la Corte di Appello deve affrontare concretamente la questione della condotta della parte in occasione del processo presupposto, non potendo limitarsi ad invocare la prescrizione del reato, intervenuta già nel corso del giudizio di primo grado quando non era ancora spirato il termine di ragionevole durata del processo, per escludere la sofferenza dell’imputato per la protrazione dello stesso e, quindi, il diritto al risarcimento.

La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia numero 12744, depositata il 05 giugno 2014, si occupa di equa riparazione in materia di durata ragionevole del processo. La decisione, resa dopo la modifica apportata alla Legge numero 89/2001 dal d.l. numero 83/2012, che tra le altre cose ha introdotto la lettera d al comma 2 quinques con cui viene espressamente escluso il risarcimento in caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte, è meritevole di attenzione giacché specifica come, in caso di diniego del risarcimento, il Giudice debba valutare in concreto il comportamento dell’imputato. Il caso. La Corte di Appello territoriale era stata chiamata a pronunciarsi sulla domanda di equa riparazione del danno, patrimoniale e non, sofferto da un soggetto a causa delle lungaggini processuali. Il ricorrente si doleva della non ragionevole durata del procedimento introdotto dinanzi al Tribunale ordinario ed avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti da infortunio sul lavoro. Nel caso di specie l’atto introduttivo del giudizio era stato notificato nel 1988, la sentenza di primo grado era stata resa solo nel 2004, mentre il giudizio di appello si era concluso nel 2009. La Corte Territoriale aveva rigettato il ricorso per mancata allegazione del danno. Avverso questa pronuncia aveva proposto ricorso per cassazione il soccombente. Risarcimento negato. Il ricorrente lamentava l’omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione che aveva portato la Corte di Appello a negare il risarcimento, sull’assunto che questo non potesse venire riconosciuto in favore di colui che ha contribuito alla estinzione del reato per intervenuta prescrizione, senza però specificare quali sarebbero stati i comportamenti posti in essere dalla difesa per ottenere tale risultato. Con l’ulteriore motivo di doglianza il ricorrente censurava il criterio di valutazione adottato dal Giudice competente a decidere sulla domanda promossa giacché questi, in violazione dell’articolo 2 legge numero 89/2001, aveva omesso di valutare ogni ritardo dipendente da circostanze oggettive da cui era scaturito un ritardo nel funzionamento del processo. La valutazione concreta dei comportamenti tenuti dai soggetti del processo La Cassazione accoglieva i due motivi di ricorso specificando come, in materia, ciò che la legge chiede di appurare è il percorso relativo al mancato rispetto del termine, con analisi dei comportamenti tenuti dalle parti, dal giudice e di ogni autorità chiamata a concorrere. non deve considerare gli esiti del giudizio. Inoltre gli Ermellini evidenziavano come, in tema di equo indennizzo, la valutazione debba essere compiuta senza tener conto dell’esito del processo, ciò finanche la durata dello stesso abbia condotto all’estinzione del reato perché prescritto. Secondo consolidato orientamento dei giudici di nomofilachia Cass. civ. numero 24374/2011 Cass. civ. numero 23339/2010 la prescrizione non può estinguere gli effetti negativi della durata eccessiva del processo tutte le volte in cui la stessa non sia dipesa da atteggiamenti dilatori o strategia dell’imputato sottoposto a procedimento penale. Prescrizione irrilevante se indipendente dalla condotta dell’imputato. La soluzione interpretativa che sostiene l’irrilevanza della prescrizione del reato, purché scollegata, come anticipato, da atteggiamenti dilatori dell’imputato, trova inoltre conforto nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sentenza resa nel caso Gagliano Giorgi c. Italia del 6 marzo 2012 . Dopo la sentenza della Corte Europea del 6 marzo 2012 l’articolo 2 legge numero 89/2001 è stato modificato dal d.l. numero 83/2012 che, per quanto in questa sede preme analizzare, ha introdotto il comma 2-quinquies, il quale alla lettera d esclude il diritto all’indennizzo in caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte. Concludendo. Nell’odierna vicenda la Cassazione evidenziava come la Corte di Appello competente a decidere in materia non abbia condotto una indagine sulla condotta della parte imputata in occasione del processo, sullo scostamento tra la data di maturazione della prescrizione del reato e quella della pronuncia di sua estinzione, essendosi l’organo competente semplicemente limitato ad escludere l’indennizzo per essere la prescrizione maturata prima della fine del processo di primo grado, e comunque prima che fosse scaduto il termine di ragionevole durata del processo, con conseguente esclusione di sofferenze a danno dell’imputato per l’ulteriore protrazione del processo. Per queste ragioni il decreto veniva cassato con conseguente rinvio della causa ad altro giudice.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 9 gennaio – 5 giugno 2014, numero 12744 Presidente Goldoni – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 3 giugno 2011 presso la Corte di appello di Campobasso F.D. proponeva, ai sensi della legge numero 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno patrimoniale e non sofferto a causa della non ragionevole durata del processo introdotto dinnanzi al Tribunale di Teramo, nei confronti di M.D. e P.P., nonché l'Associazione sportiva New Sky Club, avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivante da infortunio sul lavoro, con atto di citazione notificato in data 15/18/29.11.1988, definito in primo grado con sentenza pubblicata il 5 agosto 2004, poi avanti alla Corte di appello di L'Aquila atto di gravame notificato il 6.10.2005 con sentenza del 26 ottobre 2009. La Corte di appello di Campobasso, con decreto in data 26 settembre 2012, rigettava il ricorso per mancata allegazione del danno. Avverso tale decisione il D. ha proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo, costituito il Ministero della giustizia al solo fine di prendere parte all'udienza di discussione. Motivi della decisione Il Collegio rileva preliminarmente che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza, alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della Procura generale presso questa Corte. Invero, l'articolo 70, comma secondo, c.p.c., quale risultante dalle modifiche introdotte dall'articolo 75 del decreto-legge 21 giugno 2013, numero 69, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, numero 98, prevede che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge». A sua volta l'articolo 76 del r.d. 10 gennaio 1941, numero 12, come sostituito dall'articolo 81 del citato decreto-legge n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude a in tutte le udienze penali b in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all'articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile». L'articolo 376, primo comma, c.p.c. stabilisce che «Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio». Infine, l'articolo 75 del già citato decreto-legge numero 69 del 2013, quale risultante dalla legge di conversione numero 98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell'articolo 70, secondo comma, del codice di rito, e la modificazione degli articolo 380-bis, secondo comma, e 390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si tengono dinnanzi alla sezione di cui all'articolo 376, primo comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013. Orbene, il Collegio rileva che l'esplicito riferimento contenuto sia nell'articolo 76, comma primo, lett. b , del r.d. numero 12 del 1941 come modificato dall'articolo 81 del decreto-legge numero 69 del 2013, sia nell'articolo 75, comma 2, citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione e cioè quella di cui all'articolo 376, primo comma, c.p.c. , consenta di ritenere non solo che la detta sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell'ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, c.p.c., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse. Nel caso di specie, il decreto di fissazione dell'udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre 2013, sicché deve concludersi che l'udienza pubblica ben può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai sensi dell'articolo 70, terzo comma, c.p.c Passando all'esame del ricorso, con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione per essersi la corte di appello trincerata dietro il noto orientamento in forza del quale non possa essere riconosciuto un risarcimento a colui che ha contribuito al maturarsi dell'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, senza però indicare quali sarebbero stati i comportamenti adottati dalla difesa per ottenere tale risultato. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 della legge numero 89/2001 e dell'articolo 111, comma 2, Cost., nonché degli articolo 2056 e 1226 c.c Al fine di pervenire ad un giudizio sulla ragionevolezza della durata del processo, la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare i ritardi dell'oggettivo funzionamento della macchina processuale nella quale sono ricomprese tutte le cause oggettive di ritardo, quindi anche quelle esterne alla specifica attività delle parti strettamente processuali, direttamente imputabili allo Stato. Al contrario, tale valutazione era completamente mancata nella specie. I due motivi, che, avuto riguardo alla connessione logico giuridica che li collega, vanno esaminati congiuntamente, sono fondati nei limiti e nei termini che verranno di seguito illustrati. In tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, ai sensi della L. numero 89 del 2001, il percorso relativo all'accertamento del mancato rispetto di tale termine è dalla stessa legge individuato nella valutazione della complessità del caso ed, in relazione a questa, del comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o, comunque, a contribuire alla sua definizione. Questa Corte ha, inoltre, ripetutamente affermato il principio dal quale il Collegio non intende discostarsi alla cui stregua, ai sensi della L. numero 89 del 2001, l'equa riparazione viene accordata senza alcun riguardo all'esito del giudizio protrattosi oltre il termine ragionevole v., tra le altre, sentt. numero 16039 e numero 11480 del 2003 , traendone la conseguenza della spettanza dell'indennizzo anche quando la durata eccessiva abbia determinato l'estinzione del reato per prescrizione. Si è escluso, al riguardo, che quest'ultima valga di per sè ad elidere gli effetti negativi del protrarsi eccessivo del processo, in via di compensatio lucri cum damno, salvo che l'effetto estintivo del reato derivi dall'utilizzo, da parte dell'imputato sottoposto a procedimento penale, di tecniche dilatorie o di strategie sconfinanti nell'abuso del diritto di difesa v. Cass. numero 12935 del 2003 e numero 17552 del 2006 di recente, Cass. numero 23339 del 2010, Cass. numero 24376 del 2011 e Cass. numero 14729 del 2013 . Del resto ha affermato la sentenza numero 17552 del 2006 la definizione del processo penale per estinzione del reato non necessariamente corrisponde all'interesse dell'imputato, tenuto conto della esigenza morale del soggetto sottoposto a procedimento penale di vedere affermata in modo pieno ed inequivocabile la propria estraneità al reato contestatogli. Successivamente a tali pronunce, la Corte europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza della 2^ Sezione 6 marzo 2012 resa nel caso Gagliano Giorgi c. Italia divenuta definitiva il 24 settembre 2012 , ha escluso la configurabilità di pregiudizi importanti derivanti dalla durata eccessiva del procedimento in considerazione della significativa riduzione della pena ottenuta in appello dall'imputato, in conseguenza, appunto, della maturazione dei termini di prescrizione per il reato. Dopo la pronuncia del 6 marzo 2012, nelle more della sua stabilizzazione con l'acquisizione del carattere di definitività, la L. numero 89 del 2001, in particolare l'articolo 2, è stato novellato dal D.L. 22 giugno 2012, numero 83, articolo 55, comma 1, lett. a , numero 2, convertito, con modif., nella L. 7 agosto 2012, numero 134, che ha, tra l'altro, aggiunto a detto articolo 2, comma 2, il comma 2-quinquies, che, alla lett. d , dispone l'esclusione del diritto all'indennizzo nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte. Nella specie, la Corte di merito, che ha depositato il decreto oggi impugnato il 26 aprile 2012, non ha affrontato nè la questione della condotta della parte in occasione del processo presupposto, nè quella dell'eventuale scostamento tra la data della maturazione della prescrizione del reato e quella della pronuncia di estinzione del reato, nemmeno ai fini di una graduazione nella entità dell'indennizzo, limitandosi ad utilizzare l'argomento della maturazione della prescrizione già nel corso del giudizio di primo grado, ossia al 29.7.2006, allorquando non era ancora scaduto il termine di durata ragionevole dello stesso, per farne discendere la non sofferenza dell'imputato per la ulteriore protrazione del processo. Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto nei termini e nei limiti sopra indicati. Il decreto impugnato deve essere cassato, e la causa va rinviata ad altro giudice che viene individuato nella Corte d'appello di Catanzaro in diversa composizione che la riesaminerà alla luce dei rilievi dianzi svolti. Alla predetta Autorità è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte d'appello di Catanzaro in diversa composizione.