Camionista: contaminatore inconsapevole?

Lo spargimento di percolato su strada pubblica integra un illecito penale qualora l’autore del fatto sia stato a conoscenza del cattivo funzionamento del mezzo che l’ha causato.

L’autista di un camion che non ha evitato lo spargimento e l’imbrattamento di pericolato fuoriuscito dal mezzo stesso, risulta colpevole perché avrebbe dovuto essere a conoscenza del cattivo funzionamento del camion, reso evidente e facilmente percepibile. Questo quanto statuito dalla Cassazione con la sentenza n. 7237 del 14 febbraio del 2014 in materia di reati ambientali. Il caso. L’autista di un auto compattatore con semirimorchio viene condannato per violazione dell’art. 674 c.p. Getto pericoloso di cose non essendosi adoperato per evitare lo spargimento ed imbrattamento di pericolato lungo la pubblica strada. L’imputato ricorre in Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza. L’uomo contesta in primo luogo la non corretta applicazione dell’art. 674 c.p. che difetterebbe dell’elemento soggettivo, in quanto non ci sarebbe stato il cosciente e volontario lancio o versamento di cose. In secondo luogo lamenta l’assenza di evidenti anomalie nel camion che sembrava in ottimo stato, ed infine lamenta l’insussistenza del reato per mancata violazione della normativa ambientale. Un malfunzionamento evidente. I giudici di legittimità ritengono che il ricorso sia inammissibile e ammettono la sussistenza del reato, perché consiste nella condotta di chi getta o versa cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, in luogo di pubblico transito o in luogo privato ma di comune o di altrui uso, senza che sia necessario ad integrare l’illecito la circostanza che il rigetto o il versamento siano effettuati in violazione della normativa ambientale. In secondo luogo la Cassazione conferma la condanna disposta dal giudice di merito, ritenendo logica e coerente la ricostruzione dei fatti nei precedenti gradi di giudizio. Ammette dunque la responsabilità del camionista, che avrebbe dovuto essere a conoscenza del cattivo stato di funzionamento del camion, perché reso evidente dalla fuoriuscita del percolato lungo la strada, scia percepita con evidenza dai carabinieri che avevano proceduto all’accertamento e, dunque, facilmente percepibile anche dall’autista del mezzo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 novembre 2013 - 14 febbraio 2014, n. 7237 Presidente Mannino – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 26 marzo 2012, il Tribunale di Benevento ha - per quanto qui rileva - condannato l'imputato odierno ricorrente alla pena dell'ammenda, per i reati di cui agli artt. 81, secondo comma, 674 cod. pen. e 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, a lui contestati perché, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, quale autista di un'autocompattatore con semirimorchio, non si adoperava ad evitare lo spargimento e l'imbrattamento di percolato fuoriuscito dal semirimorchio stesso, che transitava lungo la strada pubblica. 2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di impugnazione, si deduce la erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen., perché tale disposizione presupporrebbe, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, una condotta attiva consistente nel cosciente e volontario lancio o versamento delle cose. Una tale condotta non sarebbe configurabile in capo all'imputato, che era un semplice autista e conduceva il camion al momento del fermo da parte degli agenti. Ciò che si attribuisce all'imputato è che egli avrebbe dovuto essere a conoscenza dello stato di cattivo funzionamento del camion, reso evidente dalla fuoriuscita del percolato che lascia una scia lungo la strada. Non si sarebbe considerato - secondo la difesa - che il camion non aveva fori né vistose anomalie, o rotture, o comunque vizi palesi che l'autista potesse individuare e verificare, come confermato da alcuni dei testimoni escussi e dalla documentazione relativa alla tenuta stagna e alla buona manutenzione del mezzo. 2.2. - Si prospettano, in secondo luogo, l'erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen. nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, perché non si sarebbe considerato che dagli atti processuali era emerso che il camion era in perfetto stato di manutenzione, era stato ispezionato soltanto 20 giorni prima degli eventi, non aveva fori o fessure inoltre, al momento del fermo, vi era una pioggia battente e lo stesso camion si trovava nelle immediate vicinanze di una discarica con la conseguenza che la pretesa fuoriuscita di liquidi e di cattivo odore sarebbe superata da tali univoche risultanze processuali, non prese in considerazione dal Tribunale. Né si sarebbe considerato che il teste C. aveva sostanzialmente dichiarato di non ricordare bene le circostanze ed aveva riconosciuto che il camion era ricoperto di teli. 2.3. - Anche con il terzo motivo di impugnazione si prospettano l'erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che il Tribunale avrebbe omesso completamente di valutare il fatto che l'attività in questione era stata oggetto delle autorizzazioni previste dalla normativa di settore. Ad avviso della difesa, per la sussistenza del reato di cui all'articolo 674 cod. pen., non è sufficiente rilievo che le emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare offesa o molestia, ma è indispensabile anche la puntuale specifica dimostrazione oggettiva del superamento dei parametri fissati dalla normativa ambientale. 2.4. - Con un quarto motivo di gravame, si prospetta, oltre all'erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen., la violazione degli artt. 530 e 533 cod. proc. pen., perché la motivazione sulla responsabilità penale sarebbe espressa in termini di mera probabilità anziché in termini di certezza. In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto motivare nel senso di ritenere nient'affatto plausibile ogni spiegazione diversa dall'ipotesi accusatoria. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è inammissibile. I motivi di ricorso - che possono essere trattati congiuntamente - attengono essenzialmente alla portata normativa dell'art. 674 cod. pen. e alla motivazione della sentenza impugnata circa la prova della responsabilità penale. 3.1. - Quanto al primo profilo, deve rilevarsi che la prospettazione difensiva secondo cui, per la sussistenza del reato, sarebbe necessaria la violazione della normativa ambientale è manifestamente infondata. Oggetto di contestazione nel caso di specie è, infatti, la prima delle due fattispecie punita dalla disposizione, che si riferisce alla condotta di chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, senza che sia necessario ad integrare l'illecito la circostanza che il rigetto o il versamento siano effettuati in violazione della normativa ambientale. E ciò, a differenza della seconda fattispecie punita dalla richiamata disposizione, nella quale si fa espresso riferimento ad emissioni di gas, vapori o fumo atti a offendere o imbrattare un molestare persone ed effettuate nei casi non consentiti dalla legge e, cioè, in violazione delle normative di tutela dell'ambiente. Correttamente, dunque, il Tribunale ha ritenuto sussistente nel caso di specie il reato contestato indipendentemente dall'accertamento di violazioni ambientali. 3.2. - Quanto al secondo profilo, l'intera prospettazione difensiva - articolata in più motivi - risulta inammissibile, perché evidentemente diretta ad ottenere da questa Corte una rivalutazione del quadro probatorio, allo scopo di verificare, non la completezza, la logicità e la coerenza interna della motivazione della sentenza impugnata, ma la praticabilità di ricostruzioni alternative dei fatti. Deve del resto rilevarsi che il Tribunale ha svolto argomentazioni pienamente logiche e coerenti, oltre che analitiche, perché ha evidenziato che l'automezzo era stato visto spandere del percolato lungo la pubblica via durante il suo percorso. Tale circostanza era stata accertata dai due carabinieri che avevano proceduto all'accertamento, i quali avevano fornito un'analoga versione dei fatti, evidenziando che il percolato fuoriusciva da vari punti, probabilmente in corrispondenza delle fessure causate dallo stato di usura dei sistemi di protezione del mezzo e che lo stesso percolato era un liquido maleodorante. Le deposizioni dei testi dell'accusa sono state poste correttamente a confronto con quelle dei testi della difesa, i quali avevano evidenziato che nel giorno dell'accertamento vi era una pioggia battente e che il mezzo era stato verificato, sotto il profilo della tenuta stagna, circa 20 giorni prima dei fatti. Sono stati presi in considerazione anche i documenti prodotti dalla difesa, dai quali risulterebbe che l'autocarro era stato preso a noleggio in buono stato funzionale. Tale essendo il complesso delle risultanze istruttorie, il Tribunale ne ha dedotto - con valutazione logica e coerente e, dunque, insindacabile in questa sede - che l'autista del camion avrebbe dovuto essere a conoscenza dello stato di cattivo funzionamento del camion stesso, perché questo era reso evidente dalla fuoriuscita del percolato che lasciava una scia lungo la strada scia percepita con evidenza dai carabinieri che avevano proceduto all'accertamento e, dunque, facilmente percepibile anche dall'autista del mezzo. E ciò, indipendentemente dal riscontro del buon funzionamento del mezzo effettuato giorni prima. 4. - Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.