Opposizione ad ordinanza-ingiunzione anziché opposizione all’esecuzione? Il GdP può disporre la conversione del rito

Il giudice è tenuto, anche d’ufficio, a disporre la conversione del rito e a fissare un termine per l’eventuale integrazione dell’atto introduttivo.

Con la sentenza n. 1089 depositata il 20 gennaio, la Corte di Cassazione si è espressa sulla possibilità per il Giudice di Pace di procedere alla conversione del rito. Il caso. Una donna chiedeva al Giudice di Pace di sospendere due cartelle di pagamento che le erano state notificate da Equitalia, in merito alla frequentazione da parte della figlia, portatrice di handicap, di un centro diurno gestito dal Comune di Bologna. Tuttavia, il Giudice emetteva, inaudita altera parte , ordinanza di inammissibilità, ritenendo che l’opposizione proposta fosse da presentarsi nei termini e nelle forme dell’opposizione all’esecuzione art. 615 e ss. c.p.c. e non, come avvenuto, nel termine e nelle forme dell’opposizione all'ordinanza-ingiunzione artt. 22 e 23 l. n. 689/1981 . Giudizio di opposizione ma con quali modalità? La S.C., ribadendo quanto già disposto in passato dagli stessi giudici di legittimità, sottolinea che ove sia stato intimato da un Comune ad un privato il pagamento di una somma ed il privato abbia promosso il giudizio di opposizione con le modalità del procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione anziché con il rito dell’opposizione all’esecuzione art. 615 c.p.c. , ciò non costituisce di per sé motivo di inammissibilità della domanda, né di invalidità assoluta del giudizio, essendo il giudice tenuto, anche d’ufficio, a disporre la conversione del rito e a fissare un termine per l’eventuale integrazione dell’atto introduttivo Cass., n. 10746/2012 . Il Giudice può disporre, anche d’ufficio, la conversione del rito. In sostanza, secondo gli Ermellini, il GdP avrebbe dovuto fissare l’udienza per la trattazione del ricorso e, ove avesse ritenuto che fosse stata introdotta un’opposizione all’esecuzione , avrebbe dovuto disporre il cambiamento di rito. Per tali ragioni, la Corte accoglie il ricorso e rinvia ad altro Giudice di Pace di Bologna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 9 – 20 gennaio 2014, n. 1089 Presidente Goldoni – Relatore Petitti Svolgimento del processo C.C. , premesso che il 26 marzo 2010 e l’8 apri le dello stesso anno le erano state notificate da Equitalia Polis s.p.a., Agente di riscossione per la Provincia di Bologna, due cartelle di pagamento i cui importi erano richiesti a titolo di mantenimento di inabili che aveva una figlia portatrice di handicap grave e che la stessa, pur frequentando un centro diurno gestito dal Comune di Bologna, non doveva corri spondere alcunché, essendo priva di reddito che in ogni caso essa attrice era estranea al rapporto debitorio tanto premesso, con ricorso depositato in data 16 aprile 2010, chiedeva al Giudice di pace di Bologna che venissero sospese le cartelle di pagamento e che fosse dichiarata la sua carenza di legitti mazione. L'istanza di sospensione veniva reiterata al Giudice di pa ce, il quale in data 4 febbraio 2011 emetteva, inaudita altera parte, ordinanza di inammissibilità, ritenendo che l'opposizione proposta fosse da presentarsi nei termini e nel le forme dell'opposizione alla esecuzione ex art. 615 e ss. cod. proc. civ. e non, come avvenuto, nel termine e nelle for me degli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981. Avverso tale ordinanza la C. ha proposto ricorso per cassazione ex art. III Cost., sulla base di tre motivi. Il Comune di Bologna ha resistito con controricorso, chie dendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o venga co munque rigettato. Motivi della decisione 1. Il Collegio rileva preliminarmente che non è di ostaco lo alla trattazione del ricorso la mancata presenza, alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della Procura ge nerale presso questa Corte. Invero, l'art. 70, comma secondo, cod. proc. civ., quale risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 75 del decre to-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che il pubblico mi nistero deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge”. A sua volta l'art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall'art. 81 del citato decreto-legge n 69, al primo comma dispone che Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione intervie ne e conclude a in tutte le udienze penali b in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pub bliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazio ne, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezio ne di cui all'articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile”. L'art. 376, primo comma, cod. proc. civ. stabilisce che Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i pre supposti per la pronunzia in camera di consiglio”. Infine, l'art. 75 del già citato decreto-legge n. 69 del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n. 98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell'art. 70, secondo comma, del codice di rito, e la modifi cazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e 390, primo com ma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si tengono dinnanzi alla sezione di cui all'art. 376, primo comma, al secondo comma ha stabilito che Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei qua li il decreto di fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, e cioè a far data dal 22 agosto 2013. Orbene, il Collegio rileva che l'esplicito riferimento con tenuto sia nell'art. 76, comma primo, lett. b , del r.d. n. 12 del 1941 come modificato dall'art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013 , sia nell'art. 75, comma 2, citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione e cioè quella di cui all'art. 376, primo comma, cod. proc. civ. , consenta di rite nere non solo che la detta sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell'ufficio del pub blico ministero di intervenire ai sensi dell'art. 70, terzo comma, cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico inte resse. Nel caso di specie, il decreto di fissazione dell'udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre 2013, sicché deve concludersi che l'udienza pubblica ben può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pu re copia integrale del ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai sensi dell'art. 70, terzo comma, cod. proc. civ 2. Passando all'esame del ricorso, con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge per falsa ed erronea ap plicazione dell'art. 23, primo comma, della legge n. 689 del 1981. Con il secondo motivo lamenta omessa, insufficiente e con-traddittoria motivazione e con il terzo motivo violazione di legge per falsa ed erronea applicazione dell'art. 615, primo comma, cod. proc. civ. in relazione all'art. 23, primo comma, della legge n. 689 del 1981 nonché violazione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost 3. Deve preliminarmente osservarsi che è ammissibile il ri medio dell'immediato ricorso per cassazione - e non dell'ap pello avverso l'ordinanza resa ex art. 23, primo comma, della legge n. 689 del 1981 - anche se si versa in ipotesi diversa da quella della tardività dell'opposizione. Invero per effetto delle modifiche recate dall'art. 26 d.lgs. n. 40 del 2006, che ha soppresso l'ultimo comma dell'art. 23 della legge n. 689 del 1981, a far data dal 2 marzo 2006 il rimedio dell'appello è divenuto generale stru mento di impugnazione delle sentenze pronunciate in primo gra do in materia di opposizione a sanzione amministrativa, nonché avverso le ordinanze di cui al quinto comma del citato art. 23, con le quali, in caso di assenza in udienza dell'opponen te, il giudice può convalidare il provvedimento impugnato, ove non ne risulti dagli atti la manifesta illegittimità, rimanendo impugnabili con ricorso diretto per cassazione soltanto le ordinanze che dichiarano inammissibile l'opposizione per tar diva proposizione, ai sensi del comma primo del medesimo art. 23 Cass. n. 182 del 2011 . Tuttavia, dopo la citata sentenza n. 182 del 2011, si è ri tenuto Cass. n. 17393 del 2011 Cass. n. 16471 del 2011 e Cass., SS.UU., n. 7190 del 2011 che avverso un'ordinanza che appare emessa inaudita altera parte seguendo il paradigma procedimentale previsto dall’art. 23, primo comma, della legge n. 689 del 1981, si possa rimediare con lo strumento previsto dal medesimo art. 23, primo comma, citato, derivando il regime impugnatorio del provvedimento dall'applicabilità del princi pio dell'apparenza v. Cass., SS.UU., n. 390 del 2011 , indi pendentemente dal motivo posto dal giudice a base della decla ratoria di inammissibilità. In virtù della scelta operata dallo stesso giudice di pace di svolgere e definire il procedimento con il provvedimento impugnato, la parte opponente non doveva quindi proporre ap pello, ma immediato ricorso per cassazione, dovendosi aver ri guardo al rimedio esperibile avverso il provvedimento apparen temente emesso. 4. Nel merito il ricorso è fondato atteso che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, ove sia stato intimato da un Comune ad un privato il pagamento di una somma ed il privato abbia promosso il giudizio di opposizione con le modalità del procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione anziché con il rito dell'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 cod. proc. civ., ciò non costituisce di per sé motivo di inammissibilità della domanda, né di invalidità as soluta del giudizio, essendo il giudice tenuto, anche d'uffi cio, a disporre la conversione del rito e a fissare un termine per l'eventuale integrazione dell'atto introduttivo Cass. n. 10746 del 2012 Cass. n. 16481 del 2011 . Il giudice di pace, pertanto, avrebbe dovuto in ogni caso fissare l'udienza per la trattazione del ricorso e, ove avesse ritenuto che fosse stata introdotta un'opposizione all'esecu zione, avrebbe dovuto disporre il cambiamento di rito. 5. Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione del provvedimento impugnato, con rinvio ad altro Giudice di pace di Bologna, che procederà a nuovo esame alla luce dell'indicato principio di diritto. Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazio ne delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impu gnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimi tà, a altro Giudice di pace di Bologna.