Contratto di deposito ma anche mandato: ragionamento contorto, sentenza da rifare

Le cose ricevute per conto del mandante sono custodite dal mandatario in esecuzione del contratto stesso di mandato, in funzione dell’adempimento dell’obbligo di consegnarle al mandante secondo le istruzioni di quest’ultimo tale obbligo di custodia non è affatto estraneo al mandato, come emerge chiaramente non solo dall’articolo 1177 c.c., in tema di adempimento dell’obbligo di consegna ma anche dall’articolo 1718 c.c. e dall’articolo 1714 c.c., che presuppone appunto quell’obbligo di custodia a carico del mandatario tenuto alla consegna al mandante delle cose ricevute per conto di quest’ultimo.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 10434 del 14 maggio 2014. Il fatto. Il curatore del fallimento di una s.r.l. conveniva in giudizio un avvocato per sentirlo condannare alla restituzione degli importi cambiali e assegni rimessigli dalla società in bonis e da lui incassati per conto della società stessa. Il convenuto non solo contestava il credito preteso ma opponeva in compensazione i propri crediti nei confronti della società fallita per compensi relativi ad attività professionale di assistenza e difesa, crediti per i quali era già stato ammesso al passivo del fallimento. Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda attorea e in appello veniva confermata la qualificazione del rapporto relativo alle somme incassate in termini di deposito regolare comprendente anche il mandato all’incasso dei titoli in altri termini l’avvocato era mero detentore delle somme incassate senza alcuna facoltà di utilizzo delle stesse. Il legale ricorre in Cassazione, sostenendo che erroneamente si sarebbe ritenuto sussistente un contratto di deposito regolare, essendo tra le parti intercorso solo un rapporto di mandato per l’incasso delle somme portate dai titoli, mandato per effetto del quale le somme poi incassate sono venute in suo possesso. Qualificazione del rapporto del tutto errata. La doglianza è fondata il fatto che, dopo il mandato all’incasso dei titoli, le somme incassate siano rimaste nella custodia del mandatario per la loro consegna al mandante non giustifica la qualificazione di tale custodia in termini di esecuzione di un distinto contratto di deposito delle somme stesse. Caratteri dell’obbligo di custodia. Occorre tenere presente che le cose ricevute per conto del mandante sono custodite dal mandatario in esecuzione del contratto stesso di mandato, in funzione dell’adempimento dell’obbligo di consegnarle al mandante secondo le istruzioni di quest’ultimo tale obbligo di custodia non è affatto estraneo al mandato, come emerge chiaramente non solo dall’articolo 1177 c.c., in tema di adempimento dell’obbligo di consegna ma anche dall’articolo 1718 c.c. e dall’articolo 1714 c.c., che presuppone appunto quell’obbligo di custodia a carico del mandatario tenuto alla consegna al mandante delle cose ricevute per conto di quest’ultimo. Ragionamento contorto. Qui sta l’errore della Corte di merito che ha erroneamente sussunto la fattispecie concreta nel contratto di deposito, inserendolo – come se non bastasse – in un rapporto negoziale complesso comprendente anche il mandato, facendo derivare la non compensabilità tra i rispettivi crediti tra le parti. Conclusivamente, la sentenza impugnata va cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 gennaio – 14 maggio 2014, numero 10434 Presidente Salmè – Relatore Scaldaferri Svolgimento del processo Il curatore del fallimento della Fermosistem s.r.l., dichiarato dal Tribunale di Milano nell'ottobre 1996, nell'aprile 1999 conveniva in giudizio l'avv. A.R. per sentirlo condannare alla restituzione della somma di € 21.519,21 oltre interessi, corrispondente agli importi ancora in sue mani di titoli di credito cambiali e assegni rimessigli tra il novembre 1995 e il luglio 1996 dalla società in bonis posta nell'impossibilità di incassarli dall'interruzione di ogni rapporto con gli istituti di credito verso i quali era esposta e da lui incassati per conto della società stessa. Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestava il credito preteso ed in subordine opponeva in compensazione i propri crediti nei confronti della società fallita per compensi relativi ad attività professionale di assistenza e difesa in alcune controversie, crediti per i quali era già stato ammesso al passivo del fallimento, per una parte in privilegio e per altra parte in chirografo, e che la Corte d'appello di Milano, su sua opposizione, ha successivamente, con sentenza passata in giudicato, determinato rispettivamente in € 22.641,73 e € 40.689,74. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 24 luglio 2004, ritenuto che il credito del fallimento rientrava nella previsione dell'articolo 1246 n .2 cod. civ. trattandosi di restituzione di somme di danaro oggetto di deposito presso il convenuto, ed escluso che quest'ultimo avesse fornito prova di una specifica autorizzazione da parte del legale rappresentante della società al trattenimento di tali somme a titolo di acconto sulle parcelle per prestazioni professionali, accoglieva la domanda, condannando l'avv. R. al pagamento della somma richiesta. L'appello proposto dal R., cui resisteva la curatela, veniva rigettato dalla Corte di Milano, che a confermava la qualificazione del rapporto relativo alle somme incassate in termini di deposito regolare - con la conseguente applicazione dell'articolo 1246 numero 2 cod. civ. - considerando che, nell'ambito di un peculiare rapporto fiduciario comprendente anche il mandato all'incasso dei titoli, l'avv. R. era mero detentore/depositario delle somme incassate senza alcuna facoltà di utilizzo delle stesse b confermava la valutazione del primo giudice in ordine alla mancanza in atti di prova di una specifica autorizzazione al trattenimento delle somme c riteneva irrilevante la doglianza dell'appellante in ordine al ritenuto carattere indebito del trattenimento delle somme da parte sua dopo l'avvenuta insinuazione al passivo del proprio controcredito senza nemmeno far menzione dell'avvenuto trattenimento, trattandosi di mera argomentazione rafforzativa di un convincimento comunque sorretto dalle altre argomentazioni. Avverso tale sentenza, resa pubblica il 5 marzo 2007, l'avv. R. ha proposto ricorso per cassazione per tre motivi, cui resiste con controricorso la Curatela del Fallimento Fermosistem s.r.l. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo viene censurata, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'articolo 1246 numero 2 cod. civ., l'affermazione contenuta nella sentenza di appello secondo la quale la qualificazione, da parte del primo giudice, della condotta di esso ricorrente dopo l'istanza di insinuazione al passivo del proprio credito come di indebito trattenimento delle somme incassate per conto della società fallita costituisse solo una argomentazione rafforzativa non essenziale tale affermazione si porrebbe in contraddizione con la conferma della sentenza di primo grado sul punto della negata compensazione tra i rispettivi crediti. 1.1. La censura si palesa del tutto generica, e comunque priva di fondamento. Se, come sembra, la denuncia di violazione del disposto dell'articolo 1246 cod. civ. implica che, secondo il ricorrente, la illiceità del trattenimento delle somme in questione costituirebbe elemento essenziale per negare la compensazione ai sensi di detta norma, è agevole osservare come, al contrario, sia sufficiente per la preclusione alla compensazione tra il credito della procedura e quello del R., ai sensi del disposto dell'articolo 1246 numero 2, la qualificazione in termini di deposito regolare del rapporto tra le parti ed il difetto di autorizzazione all'utilizzo delle somme depositate. 2. Con il secondo motivo si lamenta l'omesso esame e l'omessa pronuncia sulla domanda di compensazione. La doglianza, oltre ad essere contraddittoria l'omessa pronuncia non può coesistere con l'omessa motivazione , risulta in ogni caso smentita dalla motivazione della sentenza impugnata, che ha chiaramente esaminato proprio ai fini della applicabilità nella specie del disposto dell'articolo 1246 numero 2 cod.civ. le questioni relative al rapporto tra le parti relativo alla somme incassate. 3. Con il terzo motivo si denuncia, sotto altro profilo, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1246 numero 2 cod. civ. erroneamente la Corte di merito avrebbe statuito la ricorrenza nella specie di un contratto di deposito regolare, essendo tra le parti intercorso solo un rapporto di mandato per l'incasso delle somme portate dai titoli, mandato per effetto del quale le somme poi incassate sono venute in possesso di esso ricorrente. La doglianza è fondata. La sentenza impugnata ha ritenuto configurabile nella specie il contratto di deposito regolare delle somme incassate dal Romano in esecuzione del mandato conferitogli dalla Fermosistem per il fatto che, nell'ambito di un peculiare rapporto fiduciario comprendente anche il mandato all'incasso dei titoli , le somme ricavate fossero rimaste a mani del predetto quale mero detentore/depositario senza alcuna facoltà di autonomo utilizzo ma a diretta disposizione della Fermosistem . Ora, il mero fatto che, eseguito il mandato all'incasso dei titoli, le somme incassate siano rimaste nella custodia del mandatario in funzione della loro consegna al mandante non costituisce, di per sé, elemento che giustifichi la qualificazione di tale custodia in termini di esecuzione di un distinto contratto di deposito delle somme stesse. Invero, le cose ricevute per conto del mandante sono custodite dal mandatario in esecuzione del contratto stesso di mandato, in funzione dell'adempimento dell'obbligo di consegnarle al mandante secondo le istruzioni di quest'ultimo tale obbligo di custodia, cioè, non è affatto estraneo al mandato, come emerge chiaramente non solo dalla norma generale dell'articolo 1177 cod. civ. in tema di adempimento dell'obbligazione di consegna, ma anche - con riguardo alla normativa speciale regolante il mandato - dal disposto dell'articolo 1718 cod. civ. cfr. Cass. Sez. 3 numero 2339/92 numero 12089/07 nonché dell'articolo 1714 cod. civ., che presuppone appunto quell'obbligo di custodia a carico del mandatario tenuto alla consegna al mandante delle cose ricevute per conto di quest'ultimo. In ciò risiede dunque il vizio di qualificazione nel quale è incorsa la corte di merito nella sentenza impugnata, che ha erroneamente sussunto la fattispecie concreta - così come accertata - nel paradigma normativo del contratto di deposito inserendolo, peraltro, nel quadro di un rapporto negoziale complesso comprendente anche il mandato, senza approfondire i rapporti tra le rispettive cause in base ad elementi di fatto che non giustificano tale sussunzione, dalla quale ha poi fatto derivare la non compensabilità tra i rispettivi crediti tra le parti a norma dell'articolo 1246 numero 2 cod. civ. 4. La sentenza è pertanto cassata in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata alla corte milanese perché, in diversa composizione, proceda ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra esposti, regolando infine anche le spese di questo giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.