Il nesso causale tra omissione ed evento va verificato secondo i parametri della sentenza Franzese, con specifico riferimento al caso concreto.
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 10615/13, si è pronunciata ieri 7 marzo 2013 in ordine ad una triste vicenda di decesso a seguito di mancati accertamenti medici, affermando che «in materia di colpa nell’attività medico-chirurgica il giudizio contro fattuale – imprescindibile per stabilire quale sia stato l’effettivo condizionamento della condotta umana - deve basarsi su affidabili informazioni scientifiche e sulle contingenze del caso concreto, dovendosi accertare di quale sia il normale andamento della patologia, quale la normale efficacia della terapia e, infine, quali siano i fattori che di norma influenzino il successo delle cure». Il caso. Un uomo, avendo avvertito dei dolori al torace, si era recato dal medico curante, che lo aveva indirizzato al locale ospedale al pronto soccorso del nosocomio i medici effettuavano uno screening enzimatico ed un elettrocardiogramma, che consentivano di escludere un fenomeno infartuale, e indirizzavano il paziente all’Unità di Terapia Intensiva Coronarica. Dopo il ricovero in reparto, veniva nuovamente ripetuto l’elettrocardiogramma il giorno successivo, si disponeva un’ecografia addominale ed una gastroscopia. Nella notte, però, l’uomo decedeva. Quadro clinico sottovalutato? In tesi accusatoria, i medici imputati uno avente prestato servizio il giorno successivo al ricovero e l’altro avente espletato il turno temporalmente successivo, coincidente con la notte del decesso avrebbero sottovalutato il quadro clinico e, conseguentemente, omesso di effettuare gli accertamenti idonei alla corretta definizione della patologia, definendo la diagnosi come patologia gastrica anziché cardiovascolare e, quindi, non apprestando i rimedi di emergenza per ‘tamponare’ la dissecazione aortica che, poi, conduceva alla morte il paziente. Il Tribunale di prime cure assolveva i prevenuti dal delitto di omicidio colposo, ritenendo che, nel momento di servizio degli stessi, non fosse presente alcuna sintomatologia idonea a indurre un sospetto di dissecazione aortica in effetti, il dolore sentito al momento dell’ingresso al P.S. non era più presente, né era stato riferito loro dal medico che aveva effettuato il ricovero. Per questa ragione, quindi, non poteva ravvisarsi in capo ai predetti una omissione colposa, soprattutto alla luce della considerazione per cui gli esiti del giudizio controfattuale non conducevano verso una elevata probabilità logica di sopravvivenza del paziente. A seguito di appello delle sole parti civili, si pronunciava la Corte territoriale competente, che, ai soli effetti civili, condannava i due medici al risarcimento del danno in favore delle parti civile stesse, concedendo una provvisionale immediatamente esecutiva. I ricorrenti mettono in dubbio la sussistenza del nesso causale tra mancata diagnosi e decesso. Avverso tale pronuncia ricorrevano per cassazione i difensori degli imputati, lamentando vizio motivazionale e travisamento del fatto, in quanto i Giudici di seconde cure non avrebbero valutato adeguatamente la cartella clinica del deceduto, nella quale non era indicata alcuna urgenza terapeutica e non si faceva menzione di dolori al torace. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe dato attendibilità alle dichiarazioni dei congiunti peraltro costituiti parte civile, quindi portatori di interessi economici nel processo e le cui dichiarazioni sono, pertanto, da valutare con maggior rigore , secondo cui il paziente avrebbe lamentato dolori al petto, piuttosto che a quelle degli infermieri di turno, che, al contrario, hanno riferito di una situazione tranquilla e di nessuna doglianza da parte del ricoverato. La condanna, inoltre, sarebbe stata pronunciata in presenza di un ragionevole dubbio circa la sussistenza del nesso causale tra mancata diagnosi e decesso, soprattutto alla luce delle dichiarazioni del C.T. del P.M., secondo cui una eventuale anamnesi tempestiva non avrebbe garantito la sopravvivenza del povero paziente. Si conferma la validità dei criteri enunciati nel caso ‘Franzese’. La Cassazione, ripercorrendo la scia della giurisprudenza in materia di responsabilità medica, ritiene che la sentenza della Corte di appello sia carente in punto motivazionale. La Corte non può negare che la condotta omissiva dei sanitari sia connotata da negligenza la stessa, però, evidenzia come la patologia aortica avente comportato il decesso sia, oggettivamente, di difficoltosa diagnosi. L’addebito colposo facente capo agli imputati consiste nel non aver disposto ed effettuato tutti quegli accertamenti possibili al fine di dissipare ogni incertezza circa il quadro clinico del ricoverato. Ciò premesso, però, gli Ermellini rilevano come la motivazione della sentenza impugnata sia carente in ordine alla individuazione della sussistenza del nesso di causa tra la condotta omissiva e l’evento, soprattutto con riferimento all’imprescindibile giudizio controfattuale. La Corte territoriale, infatti, non ha valutato se la tenuta del comportamento omesso avrebbe evitato la morte del degente ha sottovalutato le dichiarazioni del consulente tecnico del P.M., secondo cui l’ottemperamento della condotta non avrebbe comportato un effetto salvifico prossimo alla certezza oltre ogni ragionevole dubbio non ha speso neppure una parola circa la concreta possibilità - dopo un’ipotetica corretta diagnosi - di intervenire tempestivamente con intervento chirurgico presso la struttura ospedaliera non ha neppure differenziato le posizioni dei due imputati, con conseguente mancato vaglio dei singoli contributi causali prestati. Richiamando la sua stessa giurisprudenza, la Corte afferma che in materia di colpa medica il giudizio controfattuale deve basarsi su affidabili informazioni scientifiche e sulle contingenze del caso concreto il Giudice deve, quindi, tener conto di 1 qual è il normale andamento della patologia, 2 qual è la normale efficacia della terapia, 3 quali sono i fattori che di norma influenzano il successo delle cure. Il tutto al fine di affermare che la condotta concretamente omessa è – secondo il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio – causa dell’evento dannoso, come hic et nunc verificatosi. Quindi In forza di tali considerazioni, la Quarta Sezione della Suprema Corte ha annullato l’impugnata sentenza, rinviando al Giudice civile competente per valore in grado di appello, affinché indaghi la sussistenza reale del nesso di causalità tra l’omessa condotta e l’evento dannoso, alla luce dei parametri della sentenza ‘Franzese’.
Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, sentenza 4 dicembre 2012 – 7 marzo 2013, numero 10615 Presidente Sirena – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14/5/2010 il Tribunale di Paola assolveva, perché il fatto non sussiste, P.E. e M.D. , dal delitto di omicidio colposo in danno del paziente Bo.Enumero acc. in omissis . Agli imputati era stato addebitato che, in qualità di medici in servizio presso l'Unità terapia Intensiva Coronarica UTIC dell'Ospedale di , sottovalutando la situazione clinica del predetto Bo. , ivi inviato dal Pronto Soccorso alle ore 15.13 del , omettendo di effettuare accertamenti clinici strumentali idonei a definire la patologia, orientando quindi la diagnosi verso una patologia gastrica piuttosto che cardiovascolare, non avevano apprestato i presidi farmacologici e terapeutici per far fronte alla dissecazione aortica del Bo. che lo conduceva al decesso alle ore 3.40 del omissis per arresto cardiocircolatorio. Il giudice di primo grado assolveva gli imputati ritenendo che alla data del non sussisteva più la sintomatologia idonea ad indurre al sospetto di una patologia cardiovascolare in particolare il lancinante dolore sentito l'8 aprile non era più presente né era stato loro riferito dal medico che aveva ricoverato il paziente, pertanto nessuna omissione colposa era stata commessa inoltre il giudizio controfattuale non conduceva verso una alta probabilità logica di sopravvivenza del paziente. A seguito di impugnazione delle sole parti civili, la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado, ritenuta agli effetti civili la responsabilità degli imputati, li condannava al risarcimento del danno in favore delle parti civili da liquidare in separato giudizio, concedendo una provvisionale immediatamente esecutiva. 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati, lamentando 2.1. per il M. il vizio di motivazione ed il travisamento del fatto. Invero la Corte di Appello non aveva valutato adeguatamente che dalla cartella clinica versata in atti e dall'attività degli altri medici cinque che avevano visitato il paziente, non era stata indicata alcuna urgenza terapeutica e non era stato indicato il dolore toracico patito dal Bo. l' . L'aspecificità della sintomatologia non aveva consentito la diagnosi della dissecazione aortica ed anzi i valori pressori rilevati, l'esito negativo degli esami degli enzimi e l'epigastralgia non inducevano a seri sospetti sulla reale entità della patologia. La presenza della sintomatologia della dissecazione non poteva con certezza essere rilevata dalle deposizioni raccolte infatti solo i congiunti del Bo. avevano riferito che il congiunto aveva ancora nella giornata del lamentato dolori allocati al petto, ma tali deposizioni erano state smentite da quelle degli infermieri, i quali avevano narrato di una situazione tranquilla del paziente che non si era mai lamentato. La Corte distrettuale, nel dare attendibilità alle dichiarazioni dei congiunti, svalutando quella del personale paramedico, aveva violato i canoni della valutazione della prova, che vuole tale valutazione particolarmente rigorosa nei casi in cui i testi sono anche portatori in causa di un interesse risarcitorio. Il M. , così come il collega coimputato, aveva pertanto fatto correttamente affidamento sulle diagnosi degli altri precedenti medici, i quali nulla avevano segnalato circa una gravità del quadro clinico del Bo. . Infine, la condanna era stata pronunciata in presenza di un ragionevole dubbio sull'esistenza del nesso causale. Infatti dalle stesse dichiarazioni del C.T. del P.M. prof. Bu. era emerso che, se anche fosse stata tempestivamente effettuata una diagnosi di dissecazione aortica, non era garantita la sopravvivenza del paziente, considerato anche che l'intervento si sarebbe dovuto effettuare presso altro nosocomio. Il ricorrente chiedeva, infine, la sospensione dell'esecuzione della provvisionale. 2.2. per il P. il ricorrente, sviluppando considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle del M. , lamentava il vizio di motivazione della sentenza ed in particolare la sua manifesta illogicità, laddove aveva ritenuto la prevedibilità della patologia aortica pur in presenza di un quadro clinico e sintomatologico che non indirizzava verso tale diagnosi. Peraltro giungendo alla condanna sulla base di una incoerente valutazione di attendibilità dei testi di accusa e della riconosciuta sussistenza del nesso causale pur in presenza di ragionevoli dubbi sulla incidenza eziologica della condotta omissiva contestata all'imputato. Considerato in diritto 3. I ricorsi sono in parte fondati e la sentenza deve essere annullata con rinvio. 3.1. Nel pronunciare la condanna la Corte di merito, richiamata la successione degli eventi come ricostruita dal Tribunale, ha evidenziato che dalla istruttoria svolta, in particolare dalle consulenze espletate e dalle deposizioni raccolte, era emersa una negligente condotta omissiva degli imputati efficiente eziologicamente a determinare la morte del Bo. . Infatti - la circostanza del ricovero a cura del medico di pronto soccorso presso l'UTIC doveva indurre i medici di tale reparto a non sottovalutare la sintomatologia del paziente, ritenendola invece orientata verso un mero malessere gastrico - invero, una volta esclusa la presenza di un infarto, dovevano essere valutate diagnosi differenziali, tra le quali la patologia aortica - a tal fine dovevano essere non solo disposti, ma anche effettuati, una radiografia toracica ed un ecocardiogramma, utilizzando gli strumenti di cui il reparto specialistico ove operavano i medici imputati era dotato - l'avvenuta migrazione del dolore verso il ventre , per esperti del settore, non poteva far escluderà la presenza della patologia aortica che vede proprio nel dolore acuto e nel calo pressorio al momento del ricovero, due dei principali sintomi - l'attivazione dei presidi diagnostici e terapeutici adeguati alla patologia del paziente, avrebbero garantito la sua sopravvivenza in una percentuale prossima all'80%. Sulla base di tali valutazioni la corte di merito è pervenuta alla condanna degli imputati. 3.2. Orbene, ai fini del decidere appare necessario, sinteticamente, ricordare la successione cronologica degli eventi - la mattina del il Bo.Enumero avvertiva un dolore toracico e, dopo una visita del medico curante Dott. G. , veniva avviato presso l'ospedale di - alle ore 11.00 dello stesso giorno il Bo. faceva ingresso al Pronto Soccorso dell'Ospedale, ove il medico di servizio, dopo avere effettuato con esito negativo uno screening enzimatico ed un elettrocardiogramma, pur avendo escluso il fenomeno infartuale, lo avviava alla Unità di Terapia Intensiva Coronarica del medesimo ospedale, in ragione del permanere della sintomatologia dolorosa toracica - il ricovero avveniva alle ore 15.13 con diagnosi di ingresso lieve senso di malessere non meglio precisato in sede di ricovero veniva ripetuto l'elettrocardiogramma - il la consulenza chirurgica rilevava una epicastralgia e veniva disposta una ecografia addominale ed una gastroscopia - la notte del , alle ore 3.40, il Bo. decedeva. Quanto all'opera dei sanitari in Ospedale, il Dott. F. risultava essere il medico che aveva avuto in cura il paziente nel pomeriggio-sera del venerdì e nella mattinata del 9 sabato e che aveva disposto le consulenze specialistiche il P. aveva prestato servizio tra le ore 14.28 e le ore 20.46 del sabato il M. aveva prestato servizio dalle ore 20.38 del fino all'exitus avvenuto nelle nottata del omissis domenica , alle ore 3.40. 3.3. Così ricostruita la successione degli eventi, deve ritenersi corretta la affermazione contenuta nella sentenza circa la connotazione colposa della condotta tenuta dai sanitari imputati. Vero è che la patologia aortica non era di facile diagnosi a fronte di una sintomatologia non univoca. Ma l'addebito di colpa rivolto agli imputati è proprio quello, gravemente negligente ed imperito, di non avere disposto ed effettuato tutti gli accertamenti diagnostici possibili per sciogliere ogni dubbio circa la patologia di cui era portatore il paziente ricoverato. Questa Corte di legittimità in un caso analogo a quello per cui si procede, ha avuto modo di affermare che In tema di colpa professionale medica, la norma prevista dall'articolo 2236 cod. civ. trova applicazione come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia del sanitario qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di specifica difficoltà di carattere tecnico-scientifico nella specie, relativa ad errore diagnostico in un'ipotesi di coma dipendente da dissezione dell'aorta ma attribuito dai medici curanti a problemi neurologici Cass. Sez. 4, Sentenza numero 16328 del 05/04/2011 Cc. dep. 26/04/2011 , Rv. 251960 . Pertanto, in caso di ambiguità della sintomatologia è giusto che la responsabilità professionale del medico vada valutata secondo i parametri della colpa grave o, quantomeno, non lieve. Ma nel caso che ci occupa, come già detto, il principale addebito posto a carico dei sanitari non è tanto l'errore diagnostico e la conseguente omissione della prestazione delle opportune cure, quanto piuttosto il fatto di non avere disposto ed effettuato gli accertamenti diagnostici che avrebbero potuto sciogliere i dubbi sulla reale natura ed entità della malattia del Bo. e cioè l'espletamento di una la radiografia toracica e l'ecocardiogramma. Si richiama sul punto l'orientamento di questa Corte di legittimità, secondo il quale In tema di colpa professionale medica, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi fattispecie nella quale una diagnosi errata e superficiale, formulata senza disporre ed eseguire tempestivamente accertamenti assolutamente necessari, era risultata esiziale Cass. Sez. 4, Sentenza numero 46412 del 28/10/2008 Ud. dep. 17/12/2008 , Rv. 242250 . Ne consegue da quanto fin qui esposto, la correttezza e la logicità della motivazione della corte di appello laddove ha formulato a carico dei sanitari un addebito di colpa, da qualificare non lieve, per non avere svolto tutti i necessari e possibili accertamenti diagnostici e, conseguentemente, non avere apprestato i presidi terapeutici necessari per la patologia di cui era afflitto il Bo. dissecazione aortica . 3.4. Ciò, però, non può condurre al rigetto dei ricorsi, in ragione del fatto che la motivazione della sentenza presenta carenze in ordine alla individuazione della sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva e l'evento, soprattutto con riferimento al necessario giudizio controfattuale. Invero la Corte di merito non si è curata adeguatamente di valutare se, nel caso concreto, la tenuta del comportamento omesso avrebbe evitato il verificarsi dell'evento. In particolare, già facendo riferimento a criteri di causalità generale, è stata sottovalutata la affermazione del C.T. del P.M. prof. Bu. , il quale, dopo avere svolto un discorso generale sulla rilevanza della condotta omissiva in caso di dissezione aortica, affermando che l'erogazione delle corrette terapie può far evolvere in senso positivo le condizioni di salute del paziente, ha poi precisato che la tenuta del comportamento omesso non determina un effetto salvifico prossimo alla certezza ed oltre ogni ragionevole dubbio , in quanto la mortalità, pur dopo l'intervento chirurgico per dissezione aortica, è attestata intorno al 15-20% dei casi. Quanto poi alla individuazione del nesso causale nel caso concreto, la corte di merito non ha svolto alcun ragionamento sulla possibilità, pur dopo una corretta diagnosi, di espletare tempestivamente presso l'Ospedale di Paola, l'intervento chirurgico necessario. Inoltre non ha in alcun modo differenziato le posizioni dei due sanitari, ad esempio valutando in concreto l'efficienza del contributo causale offerto dal Dott. M. , che ebbe a prendere servizio alle ore 20.38 di sabato , a fronte di un exitus avvenuto la notte di domenica omissis , alle ore 3.40. Sul punto della necessità di una valutazione in concreto della sussistenza del nesso causale, si richiama, oltre che la nota sentenza Franzese la giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità, secondo la quale in tema di colpa nell'attività medico-chirurgica, il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l'effettivo rilievo condizionante della condotta umana nella specie l'effetto salvifico delle cure omesse deve fondare su affidabili informazioni scientifiche nonché sulle contingenze significative del caso concreto, dovendosi comprendere a qual è solitamente l'andamento della patologia in concreto accertata b qual è normalmente l'efficacia delle terapie c quali sono i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici ex plurimis, Cass. Sez. 4, Sentenza numero 32121 del 16/06/2010 Ud. dep. 20/08/2010 , Rv. 248210 . In sostanza ai fini dell'imputazione causale della condotta omissiva, il ragionamento esplicativo del giudice si deve confrontare con le particolarità del caso concreto, chiarendo in modo preciso che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto dall'ordinamento cfr. cass. Sez. 4, Sentenza numero 21028 del 04/05/2011 Ud. dep. 26/05/2011 , Rv. 250325 . Alla luce di quanto esposto, si impone l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, affinché il giudice del rinvio indaghi la effettiva sussistenza del nesso causale tra condotta omessa ed evento, secondo i parametri della nota sentenza Franzese , con specifico riferimento al caso concreto oggetto di giudizio, provvedendo, inoltre, a valutazioni differenziate in relazione allo specifico contributo causale offerto dai singoli sanitari, emancipandosi da un ragionamento cumulativo. Ai sensi dell'articolo 622 c.p.p. il giudice di rinvio va individuato nel giudice civile competente per valore in grado di appello, cui si rimette, inoltre, il regolamento delle spese del presente grado di giudizio. All'annullamento della sentenza consegue l'assorbimento della richiesta di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.