Occupazione della casa popolare: quando non c’è lo stato di necessità

Nella specifica ipotesi di occupazione di beni altrui, come l’abitazione di un edificio di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari, lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio.

Lo ha ribadito di recente la Suprema Corte con sentenza numero 29437/18 depositata il 27 giugno. Il caso. La Corte d’Appello condannava gli imputati alla pena ritenuta di giustizia per concorso nel reato di invasione di edificio, abitazione di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari, non trovando spazio l’applicabilità dell’articolo 131 bis c.p Gli occupanti della casa ricorrono in Cassazione deducendo che la Corte territoriale non aveva preso in considerazione lo stato di indigenza in cui loro versavano, unitamente al proprio nucleo familiare. Quando ricorre l’effettivo stato di necessità. Nella limitata ipotesi di occupazione di beni altrui, lo stato di necessità può essere richiesto solo per un pericolo attuale e transitorio non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, definitivamente, la propria esigenza abitativa, «tanto più che gli alloggi IACP sono proprio destinati a risolvere esigenze abitative di non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate». Questo perché il diritto di proprietà di terzi non può essere compresso in maniera permanente, posto che, se così fosse, si verificherebbe un alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 maggio – 27 giugno 2018, numero 29437 Presidente Prestipino – Relatore Messini D’Agostini Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza dell’11/4/2016, la Corte di appello di Messina confermava la sentenza emessa il 19/6/2012 con la quale il Tribunale di Messina aveva condannato P.F. e Pr.Ro. alla pena ritenuta di giustizia per concorso nel reato di invasione di edificio abitazione di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari . 2. Propongono distinti ricorsi, dall’identico contenuto, P.F. e Pr.Ro. , chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. 2.1. Con un primo motivo si deduce vizio motivazionale in quanto la Corte territoriale ha disatteso l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale lo stato di indigenza può costituire un giustificato motivo dell’occupazione di una casa, bene primario nel caso in esame sarebbe stato provato che i ricorrenti versavano e versano in uno stato di indigenza, unitamente al proprio nucleo familiare. 2.2. Con un secondo motivo si sostiene che il giudice di appello ha erroneamente escluso l’applicabilità nella fattispecie dell’articolo 131 bis del codice penale. 3. I ricorsi sono inammissibili. 3.1. Secondo il diritto vivente, lo stato di necessità, nella specifica e limitata ipotesi dell’occupazione di beni altrui, può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio non certo per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, in via definitiva, la propria esigenza abitativa, tanto più che gli alloggi IACP sono proprio destinati a risolvere esigenze abitative di non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate così Sez. 2, numero 4292 del 21/12/2011, dep. 2012, Manco, Rv. 251800 in senso conforme v., ad es., Sez. 2, numero 19147 del 16/04/2013, Papa, Rv. 255412 Sez. 6, numero 28115 del 05/07/2012, Sottoferro, Rv. 253035 Sez. 2, numero 8724 del 11/02/2011, Essaki, 04/03/2011, Rv. 249915 . Anche di recente la Suprema Corte ha ribadito che, venendo in rilievo il diritto di proprietà, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 54 c.p., alla luce dell’articolo 42 Cost., non può che pervenire ad una nozione che concili l’attualità del pericolo con l’esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo che non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un’alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale Sez. 2, numero 28067 del 26/03/2015, Antonuccio, Rv. 264560 . La sentenza si è attenuta a detti principi, evidenziando peraltro che l’affermazione degli imputati era priva di alcun supporto probatorio ovvero semplicemente deduttivo . Il dedotto stato di indigenza, comunque, sarebbe da solo inidoneo ai fini del riconoscimento della scriminante invocata. 3.2. Il secondo motivo è del tutto generico, non essendosi confrontato con le argomentazioni della sentenza impugnata, che ha escluso che il fatto commesso dagli imputati presentasse connotati tali da essere considerato di particolare tenuità, sì da rendere applicabile la causa di non punibilità prevista dall’articolo 131 bis del codice penale. I ricorrenti hanno soltanto dedotto l’erroneità della valutazione della Corte territoriale, senza neppure dedurre in base a quali elementi, per le modalità della condotta e l’esiguità del danno, l’offesa sarebbe stata di particolare tenuità ed il comportamento non abituale. Va peraltro evidenziato che l’applicazione della causa di non punibilità non fu neppure richiesta nel giudizio di appello, come risulta dalle conclusioni riportate nel verbale di udienza, circostanza questa che costituisce una ulteriore ragione di inammissibilità del motivo di ricorso. 4. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000 ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende. Motivazione semplificata.