La “grave situazione locale” ai fini della rimessione del processo non può fondarsi sul clamore mediatico

In tema di rimessione del processo, gli Ermellini escludono che ripetuti articoli giornalistici assumano di per sé rilievo in mancanza di elementi concreti che dimostrino una coeva potenziale menomazione dell’imparzialità dei giudici locali.

Così l’ordinanza della Corte di Cassazione numero 29413/18, depositata il 27 giugno. La vicenda. Un imputato chiede la rimessione del processo ad altro giudice sottolineando il “legittimo sospetto” di un accanimento giudiziario nei suoi confronti. L’affermazione si basa sull’ordinanza con cui il Tribunale di Torino, dinanzi al quale era stato rinviato a giudizio per rispondere anche del reato di peculato, disponeva la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per procedere per altro delitto di peculato, stante la diversità del fatto. La Procura, pur sottolineando la sussistenza di condotte diverse e non provate, aveva depositato richiesta di rinvio a giudizio alla quale era poi seguita la fissazione dell’udienza preliminare davanti al GIP. La “grave situazione locale”. La Corte di legittimità coglie l’occasione per ribadire alcuni principi cardine in materia di rimessione del processo. In primo luogo, ribadisce che la “grave situazione locale” prevista dall’articolo 45 c.p.p. «è configurabile in presenza di un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non senso di un pericolo concreto per la non imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito, ovvero di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo». Applicando tale principio alla vicenda in esame, la Corte sottolinea che le situazioni poste a fondamento della richiesta di rimessione rientrano in realtà nella dialettica processuale. La risonanza del caso sulla stampa locale, ulteriore elemento invocato dal ricorrente, è invece un elemento generico sul quale la Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare che «in tema di rimessione del processo, deve escludersi che ripetuti articoli giornalistici, e persino una vera e propria campagna di stampa, pur continua ed animosa, assumano di per sé rilievo ai fini della “traslatio iudicii”, in mancanza di elementi concreti che rivelino una coeva potenziale menomazione della imparzialità dei giudici locali» Cass. Penumero numero 55328/16 . In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, ordinanza 6 – 27 giugno 2018, numero 29413 Presidente Paoloni – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. B.G. , con atto a propria firma, sollecita la rimessione ad altro giudice, ex articolo 45 cod. proc. penumero , del processo pendente innanzi al g.i.p. del Tribunale di Torino, scaturito dall’ordinanza del 27.06.2016, con cui il Tribunale del capoluogo piemontese, innanzi al quale egli era stato rinviato a giudizio onde rispondere - fra l’altro - del reato di peculato oggetto del capo d’accusa ivi rubricato con il numero 4 , disponeva la trasmissione degli atti alla locale Procura della Repubblica affinché si procedesse a suo carico oltre che degli altri soggetti contestualmente indicati per altro delitto di peculato, stante la diversità del fatto accertato. Delitto per il quale ultimo, in assenza di qualsivoglia attività d’indagine, l’anzidetta Procura della Repubblica, che pure aveva reputato sussistere condotte diverse e per il Tribunale non provate , depositava richiesta di rinvio a giudizio, in esito alla quale era emesso avviso di fissazione dell’udienza preliminare davanti al detto g.i.p. per l’udienza del 21.02.2018, allorché era formalizzato il ricorso qui in esame. 2. Secondo il ricorrente, l’ordinanza sopra indicata, unitamente a quanto accaduto nel corso dell’intero procedimento, rappresenta il legittimo sospetto che nei riguardi dell’odierno istante ci sia un accanimento giudiziario, un’ostilità da parte della sede del capoluogo piemontese, sul quale la richiesta di trasferimento è infatti basata . Onde dar conto del summenzionato accanimento giudiziario , l’istanza si sofferma sulla già citata ordinanza del 27.06.2016, asseritamente emessa in violazione del principio cardine della presunzione d’innocenza dell’imputato, atteso che essa sarebbe una vera e propria sentenza con la quale i giudici piemontesi esprimono chiaramente il proprio orientamento giuridico, ed acriticamente fatta propria dalla locale Procura della Repubblica, quasi a restituire il favore collegato al recepimento della quasi totalità della prospettazione accusatoria da parte della statuizione con cui è stato definito in primo grado il processo celebrato dal Tribunale, relativamente alle residue imputazioni. Mentre, a dar prova della ostilità avverso l’istante B. , condannato con la decisione appena richiamata alla pena di anni dieci, mesi dieci di reclusione ed Euro 500,00 di multa, vi sarebbero la singolare circostanza che il medesimo magistrato che ha rappresentato l’ufficio della Procura nel processo di primo grado, dichiarando esplicitamente il proprio pregiudizio nei riguardi del dott. B. , ma anche del distretto giudiziario a cui lo stesso B. apparteneva , quale presidente del Tribunale di Sanremo, sarà impegnato, sempre per la pubblica accusa, nel processo d’appello, così consentendo di ritenere più che scontato l’orientamento dell’accusa nel processo di secondo grado e soprattutto il trattamento riservato all’imputato B. le notizie diffamatorie nei riguardi non solo dell’imputato ma soprattutto nei confronti di un intero Foro , comparse sulle testate giornalistiche note nel territorio ligure ma soprattutto nella provincia di Imperia e Torino a conclusione del processo di cui innanzi, tali da poter senza meno condizionare il iudex loci, oltre a rappresentare l’espressione del pensiero della magistratura torinese nei confronti di quel sistema del quale il B. avrebbe, a loro giudizio, fatto parte , definito sistema marcio , con conseguenti lettere di protesta da parte degli organismi dell’Avvocatura e della Magistratura di Sanremo ed Imperia, che hanno scatenato la polemica tra i due distretti giudiziari l’atteggiamento di esacerbata contrapposizione palesato durante le udienze dall’ufficio del pubblico ministero nei confronti dell’imputato sintomatiche in tal senso sarebbero le richieste di visita fiscale, pur in presenza dei certificati prodotti, a dimostrazione delle serie patologie da cui l’istante è affetto e dei suoi difensori, di cui costituirebbero ulteriore tangibile espressione le domande poste ai testi , in quanto indicative del già rilevato accanimento ai danni dell’imputato. Di qui la ritenuta sussistenza di una grave situazione locale, non altrimenti eliminabile ed atta a pregiudicare il sereno svolgimento del processo, in conformità all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, di cui vengono riportati alcuni significativi arresti in materia. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto va dichiarato inammissibile, alla stregua delle considerazioni che seguono. 2. In linea generale può senz’altro farsi richiamo al consolidato principio per cui, In tema di rimessione del processo, la grave situazione locale di cui all’articolo 45 cod. proc. penumero è configurabile in presenza di un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito, ovvero di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo così Sez. 2, ord. numero 55328 del 23.12.2016, Rv. 268531, con riferimento ad un’ipotesi in cui è stato escluso avere rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’invocato istituto, il clima proprio della celebrazione del processo, per via delle condotte di intemperanza tenute da un imputato e da un collaboratore di giustizia nei confronti, rispettivamente, del pubblico ministero e del collegio difensivo, cui avevano fatto seguito manifestazioni pubbliche di solidarietà a sostegno dei soggetti offesi, giacché in caso contrario si affiderebbe alla patologica e illecita condotta delle parti processuali lo strumento per potere scegliere fori alternativi rispetto a quello naturalmente determinato . Il che si conforma al carattere eccezionale dell’istituto medesimo, che - in linea con l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte cfr. Sez. U., ord. numero 13687 del 28.01.2003, Berlusconi ed altri, Rv. 223638 - implica una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge, onde la normativa di riferimento non può che essere suscettibile di una interpretazione restrittiva, per effetto della quale la grave situazione locale è quella precedentemente descritta e, di conseguenza, i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa . 3. Facendo, dunque, applicazione dei principi anzidetti alla presente vicenda, è agevole constatare che la pressoché totalità delle situazioni denunciate dall’istante rientra appieno nella dialettica del processo, non senza rilevare che esse sono maturate in seno ad un processo diverso, seppur con evidenti profili di collegamento con quello in relazione al quale si chiede il trasferimento ad altra sede giudiziaria peraltro, anche nell’ambito di detto processo diverso le medesime situazioni sono state portate a supporto di altra istanza di rimessione e valutate come del tutto inconferenti, al di là di pur rilevati ed assorbenti profili formali v. Sez. 6, sent. numero 53969 del 03.11.2016 . Mentre, quanto al solo elemento formalmente diverso - vale a dire le notizie apparse su organi di stampa e le polemiche con i Consigli degli Ordini forensi ed i vertici locali della magistratura - al di là della diretta connessione con il comportamento di una parte processuale, quale indubbiamente è l’ufficio della Procura in sede di giudizio, non può non rilevarsi il carattere del tutto generico dell’elemento medesimo, risultando peraltro del tutto oscura la ragione della sua incidenza sull’organo giudicante, a maggior ragione in considerazione della già rilevata diversità di quest’ultimo rispetto a quello che ha definito il processo, in seno al quale si è avuta la polemica oggetto dei ricordati articoli di stampa, e che ha emesso l’ordinanza 27.06.2016 di cui sopra ordinanza che, al di là delle soggettive affermazioni del ricorrente, in quanto adottata ai sensi dell’articolo 521 co. 2 cod. proc. penumero , è espressione del doveroso rispetto delle garanzie difensive, in ossequio a quanto appositamente previsto dall’ordinamento. A puntuale supporto di quanto sopra, si consideri altresì quanto affermato dalla già citata ordinanza numero 55328/2016 della Sezione 2 di questa Corte, per cui In tema di rimessione del processo, deve escludersi che ripetuti articoli giornalistici, e persino una vera e propria campagna di stampa, pur continua ed animosa, assumano di per sé rilievo ai fini della traslatio iudicii , in mancanza di elementi concreti che rivelino una coeva potenziale menomazione della imparzialità dei giudici locali . 4. All’anticipata declaratoria d’inammissibilità seguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di Euro 4.000,00 a beneficio della cassa delle ammende, importo da ritenersi conforme a giustizia, anche alla luce della sostanziale reiterazione della medesima istanza già valutata come inammissibile da questa Corte. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 4.000,00 in favore della cassa delle ammende.