Inversione di marcia corretta? Restano i dubbi... Ma l’occhiata allo specchietto è obbligatoria: condanna per omicidio

Confermata la pena di otto mesi di reclusione per il conducente di un autobus di linea. Nonostante le differenti ricostruzioni sulla dinamica dell’incidente che ha portato alla morte di un giovane alla guida di un motociclo, resta di fondo la grave omissione compiuta, ossia non aver controllato nello specchietto retrovisore per verificare l’arrivo di altri utenti della strada.

Fatale la mancata occhiata allo specchietto retrovisore. Fatale per il conducente d’autobus, condannato per omicidio, e fatale, soprattutto, per il giovane che, alla guida di un motociclo, viene travolto dal grosso veicolo, trovando purtroppo la morte. E questo elemento risulta decisivo, nelle aule di giustizia, a prescindere dalle contraddizioni sulla dinamica del tragico episodio Cassazione, sent. numero 4108/2013, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Dramma. Pochi interminabili secondi, e una tranquilla strada urbana si trasforma nella scena di un omicidio Tutto avviene quando il conducente di un autobus di linea decide di «effettuare una manovra di inversione di marcia a sinistra», e, così facendo, provoca «la collisione con un motociclo», causando la morte del guidatore. Nessun dubbio, secondo i giudici, sulla responsabilità del conducente dell’autobus, che, difatti, viene condannato a otto mesi di reclusione. Evidenti le omissioni compiute dall’uomo, ossia non essersi accostato «quanto più possibile al margine sinistro della carreggiata così impegnandola e ostruendola quasi integralmente » e non essere accertato «per mezzo dello specchietto retrovisore, del sopraggiungere di altri utenti della strada». Ricostruzione. Secondo il difensore dell’uomo, condannato come detto a otto mesi di reclusione, vi è un vizio di fondo nella pronuncia, ossia il fatto che la decisione dei giudici sia stata fondata «sulle contraddittorie conclusioni raggiunge nelle due perizie disposte dalla pubblica accusa e dal giudice nel corso del giudizio di primo grado». Più precisamente, «mentre sulla scorta della perizia eseguita su sollecitazione della pubblica accusa, l’imputato avrebbe dovuto accostarsi il più possibile al margine sinistro della carreggiata, secondo le conclusioni cui è prevenuto il perito del giudice la manovra corretta da eseguire avrebbe imposto all’imputato di portarsi verso il centro della carreggiata, riconoscendo che le dimensioni del mezzo condotto e il relativo raggio di sterzata avrebbero impedito una svolta a sinistra muovendo da una posizione di accostamento al margine sinistro della corsia». Quindi, afferma il legale, poiché il giudice d’appello ha «richiamato a fondamento della condanna le conclusioni cui era prevenuto il perito dell’ufficio», si sarebbe dovuto «rinvenire, nella condotta dell’imputato, una totale assenza di colpa». Ma questa visione, legata anche all’elemento del «raggio di sterzata del mezzo aziendale» condotto dall’uomo, per quanto potenzialmente fondata, viene ritenuta secondaria dai giudici. Per una ragione semplicissima il giudizio di colpevolezza può essere basato sulla singola, incontestata violazione della norma del Codice della strada, che prevede «l’accertamento del sopraggiungere di altri utenti della strada mediante l’uso dello specchietto retrovisore, al fine di non creare pericolo o intralcio». Violazione assolutamente evidente, concludono i giudici confermando la condanna, e realizzata, in questa vicenda, «mediante l’omissione di un comportamento certamente esigibile» dal conducente e «indiscutibilmente connesso, sul piano causale, all’evento mortale successivamente verificatosi».

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 dicembre 2012 – 25 gennaio 2013, numero 4108 Presidente Marzano – Relatore Dell’Utri Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza resa in data 24.1.2012, la Corte d’appello di Palermo ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città il 5.6.2009, con la quale G.B. è stato condannato a otto mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, per l’omicidio colposo commesso in danno di M.C., perché, in data 9.5.2005, percorrendo la via Leonardo da Vinci in Palermo alla guida di un autobus di linea urbana, nell’effettuare una manovra di inversione di marcia a sinistra, ometteva di accostarsi quanto più possibile al margine sinistro della carreggiata così impegnandola e ostruendola quasi integralmente e di accertarsi, per mezzo dallo specchietto retrovisore, del sopraggiungere di altri utenti della strada, in tal modo provocando colpevolmente la collisione con il motociclo condotto dalla vittima e il conseguente decesso di quest’ultimo. Con la sentenza di appello, la corte distrettuale ha concesso all’imputato, oltre alla sospensione condizionale della pena già disposta dal Tribunale, il beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale dello stesso. Avverso la sentenza di secondo grado, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, affidato a un articolato motivo d’impugnazione. 2. - Con il proposto ricorso, il difensore dell’imputato ha censurato la sentenza d’appello per l’erronea applicazione delle norme previste dagli articolo 589 c.p. e 154, comma 1, lett. a , e comma 3, lett. a , c.d.s., nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. In particolare, il ricorrente si duole che la corte territoriale abbia fondato la propria decisione sulle contraddittorie conclusioni raggiunte nelle due perizie disposte dalla pubblica accusa e dal giudice nel corso del giudizio di primo grado. Sul punto, lamenta il ricorrente che, mentre sulla scorta della perizia eseguita su sollecitazione della pubblica accusa, l’imputato avrebbe dovuto accostarsi il più possibile al margine sinistro della carreggiata, secondo le conclusioni cui è pervenuto il perito del giudice la manovra corretta da eseguire avrebbe imposto all’imputato di portarsi verso il centro della carreggiata, riconoscendo che le dimensioni del mezzo condotto e il relativo raggio di sterzata avrebbero impedito una svolta a sinistra muovendo da una posizione di accostamento al margine sinistro della corsia. Sulla base di tali premesse, avendo il giudice d’appello richiamato a fondamento della condanna le inequivoche conclusioni cui era pervenuto il perito dell’ufficio, deve ritenersi che il B. è stato giudicato colpevole del fatto ascrittogli in forza di una ricostruzione della dinamica del sinistro, e della corretta manovra da compiere, differenti rispetto a quanto contestato nel capo di imputazione, là dove i giudici del merito avrebbero viceversa dovuto rinvenire, nella condotta dell’imputato, una totale assenza di colpa, tenuto altresì conto dei rilievi critici sollevati dalla difesa nei confronti delle elaborazioni tecniche redatte dal consulente del pubblico ministero e dal perito del giudice, che non avevano tenuto nel giusto conto, in particolare, dell’incidenza della raggio di sterzata del mezzo aziendale nell’occasione condotto dall’imputato. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è manifestamente infondato. L’accusa sollevata contro l’imputato, sì come descritta nel capo d’imputazione allo stesso ascritto, deduce la violazione, da parte del B., non solo della specifica norma di comportamento consistente nell’accostarsi il più possibile al margine della carreggiata articolo 154, comma 3, lett. a , c.d.s. , ma anche della norma che impone al conducente di accertarsi, a mezzo dello specchietto retrovisore, del sopraggiungere di altri utenti della strada articolo 154, comma 1, lett. a , c.d.s. . Anche la violazione di tale ultima norma precauzionale, da parte dell’imputato, è stata posta a fondamento della condanna allo stesso inflitta di tale violazione, e delle specifiche deduzioni sul punto illustrate dai giudici del merito, tuttavia, nessuna parola o argomentazione risulta spesa dall’odierno ricorrente. Deve ritenersi, pertanto, che la risoluzione delle questioni dedotte con il ricorso relative all’utilizzazione, da parte dei giudici del merito, di elaborazioni tecniche contraddittorie o non adeguatamente motivate, con particolare riguardo al tema della condotta da seguire in concreto - accostarsi o meno al centro o al margine della carreggiata - per l’effettuazione dell’inversione di marcia , al di là della fondatezza delle censure del ricorrente, non incida sulla conferma del giudizio di colpevolezza dell’imputato, comunque rinvenibile nell’incontestata violazione della specifica norma di comportamento di cui all’articolo 154, comma 1, lett. a , c.d.s., consistente nell’accertamento del sopraggiungere di altri utenti della strada mediante l’uso dello specchietto retrovisore, al fine di non ‘creare pericolo o intralcio’ violazione realizzata mediante l’omissione di un comportamento certamente esigibile dall’imputato e indiscutibilmente connesso, sul piano causale, all’evento mortale successivamente verificatosi. 4. - Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso conseguente alla manifesta infondatezza dei relativi motivi - segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma dl euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.