Impugnabile per illegittimità, ma solo se c’è un interesse dell’amministrazione alla rimozione dell'atto

Il contribuente può proporre ricorso avverso il diniego all’autotutela solo per eventuali profili di illegittimità e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.

La SC, con la sentenza numero 10020/2012 depositata il 18 giugno, ha affermato che il contribuente per richiedere il ritiro dell’accertamento in via di autotutela deve prospettare l’esistenza di un interesse generale dell’amministrazione alla rimozione dell’atto. Quali sono gli atti impugnabili? Tra gli atti autonomamente impugnabili dinanzi al giudice tributario, elencati espressamente all’articolo 19 d.lgs. numero 546/1992, non rientra il rifiuto di autotutela. Il diniego di annullamento è riconducibile all’elenco dell’articolo 19 soltanto nell’ipotesi di rinnovazione dell’atto di cui è stata negata la rimozione, risultando impugnabile solo per vizi propri e non al fine di contestare la pretesa tributaria Cass. numero 7388/2007 . Il predetto articolo 19 prevede che il ricorso può essere proposto soltanto avverso determinati atti ad es., avviso di accertamento del tributo avviso di liquidazione del tributo il ruolo e la cartella di pagamento , stabilendo al terzo comma che gli atti diversi da quelli indicati non sono autonomamente impugnabili. Comunque nonostante detta disposizione di chiusura, la giurisprudenza di legittimità ha individuato alcune eccezioni che devono essere contraddistinte dalla presenza nell’atto della manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria. Cass., numero 16858/2011 numero 21405/2007 . Tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario ex art 19 rientra invece il cd “preavviso” di fermo amministrativo del giudice tributario Cass., SSUU, , numero 11087/2010 , nonché il cd avviso bonario in quanto espressione di una pretesa tributaria Cass. numero 7344/2012 . Il caso. Il contribuente ha impugnato dinanzi al giudice tributario il diniego dell'Agenzia delle Entrate alla richiesta di annullamento in autotutela di alcuni avvisi di accertamento divenuti definitivi. La CTP ha annullato l’atto impositivo, mentre la CTR ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso mancando in esso l'indicazione di un interesse pubblico all'annullamento dell'atto. I giudici di legittimità hanno affermato che il contribuente che chiede all’amministrazione finanziaria di ritirare in autotutela un atto di accertamento divenuto definitivo, deve prospettare l’esistenza «di un interesse di rilevanza generale dell’amministrazione» alla rimozione dell’atto. Pertanto avverso il diniego dell’amministrazione è possibile proporre impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria. L’atto con cui l’amministrazione manifesta il rifiuto di ritirare in autotutela l’atto impositivo, attesa la relativa discrezionalità, non rientra nella previsione dell’articolo 19 d.lgs. numero 546/92 e non è impugnabile dinanzi alle commissioni tributarie Cass. SSUU, numero 3698/2009 . L’interesse dell’amministrazione alla rimozione dell’atto è condizione necessaria per l’impugnativa. Sul tema in esame la giurisprudenza di legittimità si era già pronunciata affermando appunto la condizione necessaria per l’impugnativa ovvero l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’amministrazione alla rimozione dell’atto, e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria Cass. numero 11457/2010, numero 16097/2009 . L'esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sicché, rimosso con effetto “ex tunc” l'atto di accertamento illegittimo od infondato, l’amministrazione finanziaria conserva ed è tenuta ad esercitare - nella permanenza dei presupposti di fatto e di diritto - la potestà impositiva.

Corte di Cassazione, sez. VI – T Civile, ordinanza 18 aprile – 18 giugno 2012, numero 10020 Presidente Cicala – Relatore Terrusi Fatto e diritto Ritenuto che è stata depositata la seguente relazione ai sensi dell'articolo 380-bis c.p.c. 1. - il contribuente ricorre per cassazione, con sette nocivi, nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale del Veneto, numero 4/7/2010, che ha dichiarato, riformando la decisione di primo grado, l’inammissibilità di un ricorso per l'annullamento in autotutela di tre avvisi di accertamento per Irper, llor, contributo al s.s.numero e addizionali regionali anni 1997, 1998, 1999 . L'intimata ha resistito con controricorso. 2. - La sentenza riferisce che l’istanza in autotutela era stata disattesa in quanto gli avvisi di accertamento erano stati ritualmente notificati e mai impugnati . Sostiene che il contribuente, nel ricorse introduttivo, aveva impugnato il diniego di autotutela senza addurre l’esistenza di alcun interesse pubblico all'annullamento . Ha quindi dedotto che il ricorso era in verità finalizzato a care ingresso a una controversia sulla legittimità di provvedimenti oramai definitivi, e che nessuna posizione soggettiva tutelabile potevasi riscontrare in capo al ricorrente. 3. - I motivi del proposto ricorso per cassazione - primo motivo violazione e falsa applicazione degli articolo 18 e 19 del d.lgs. numero 546/92, stante la tassatività della cause di inammissibilità dell'impugnazione avverso gli atti tributari e l'asserita omessa valutazione degli interessi implicati secondo, terzo e quarto motivo violazione e falsa applicazione dei medesimi articolo e con essi dell'articolo 2-quater del d.l. numero 546/94, conv. in l. 656/94, e relativo regolamento di esecuzione quinto motivo, emessa, insufficienza e contraddittoria motivazione stante anche la violazione dell'articolo 7 della l. numero 212/2000 sesto motivo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in marito alla violazione dell' articolo 57 del d.lgs. numero 546/1992 per inammissibilità di eccezione proposta per la prima volta in appello settimo motivo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in merito alla denunciata carenza della motivazione dell'atto impugnato - non involgono la considerazione previa, di definitività degli avvisi di accertamento. Donde si infrangono col consolidato orientamento di questa Corte che ha reiteratamente affermato che il contribuente, che richiede all'amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, deve prospettare l'esistenza di un interesse di rilevanza generale dell'Amministrazione alla rimozione dell'atto. Ne consegue che contro il diniego dell'amministrazione di procedere all'esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria cfr. Cass. numero . 11457/2010 numero 16097/2009 . Giacché fuori dalla ridetta situazione, l’atto con il quale l’amministrazione finanziaria manifesta il rifiuto di ritirare in autotutela un atto impositivo divenuto definitivo - stante la relativa discrezionalità - non è suscettibile di essere impugnato innanzi alle commissioni tributarie V. sez. Unumero numero 2698/2009 . 4. - Nel caso di specie non risulta dal ricorso indicato - ciò rilevando anche in termini di mancanza di autosufficienza - quale interesse dell'amministrazione sia stato posto a presidio dell’istanza di annullamento in autotutela. Con la conseguenza che il ricorso medesimo, niente deducendo al fine di determinare un mutamento della ripetuta consolidata giurisprudenza di questa Corte, va ritenuto inammissibile a norma dell'articolo 360-bis, numero 1, c.p.c. - che il collegio condivide il contenuto della relazione - che peraltro reputa di uniformarsi al principio di diritto enunciato da sez. unumero numero 19051/2010 così da definire il ricorso con pronuncia di rigetto per manifesta in fondatezza dei motivi - che le spese seguono la soccombenza P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 4.000,00 oltre le spese prenotate a debito.