Se lo straniero entra in Italia col visto di Schengen non è clandestino

In tema di opposizione al decreto di espulsione amministrativa dello straniero, qualora questo sia stato adottato per ingresso clandestino nello Stato, e l’opponente deduca la disponibilità, all’atto dell’attraversamento della frontiera italiana, di un visto generale “Schengen” all’entrata nello Stato, deve essere esclusa l’ipotesi di entrata clandestina nello Stato, rilevando l’apposizione del timbro di ingresso sul documento identificativo da parte dell’Autorità di frontiera al solo fine di computare il tempo per il tempestivo inoltre della richiesta di titolo di soggiorno.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 3694 del 14 febbraio 2013, affronta il tema dell’operatività dell’articolo 13, comma 2, d.lgs. numero 286/1998, in relazione all’articolo 13, comma 2, l. numero 388/1993 sul visto generale Schengen . Come noto le espulsioni amministrative costituiscono uno degli strumenti che il nostro ordinamento prevede per l’allontanamento dall’Italia degli stranieri, secondo l’accezione tecnica fornita dall’articolo 1, comma 1, d.lgs. numero 286/98 a mente del quale il testo normativo si applica ai cittadini di Stati non appartenenti all’UE e agli apolidi. Il visto è l'autorizzazione concessa allo straniero per l'ingresso nel territorio della Repubblica Italiana. I cittadini italiani e comunitari non hanno bisogno di visto se vogliono visitare uno dei paesi dell'area Schengen per turismo o per affari, o se hanno intenzione di trasferirsi per motivi di studio o di lavoro. Viceversa i cittadini di alcuni paesi extra-comunitari possono rimanervi solo 90 giorni senza visto. Diversamente, cittadini di altri paesi, fra i quali l’Albania, hanno sempre l'obbligo di visto per qualsiasi motivo. Lo straniero che entra illegalmente nel territorio dello Stato, salvo che sia richiedente asilo o sia in altra situazione consentita dalla legge, oltre a trovarsi in condizione di soggiorno irregolare che comporta, come detto, il provvedimento amministrativo di espulsione, commette il reato contravvenzionale di ingresso illegale. Il caso . Un cittadino straniero di nazionalità albanese ed oriundo greco, pur essendo in possesso di regolare passaporto Schengen, veniva raggiunto da un provvedimento di espulsione per essere entrato in territorio italiano, a dire dell'autorità amministrativa, sottraendosi ai controlli di frontiera e senza un regolare visto d’ingresso, non avendo peraltro comprovato alcuna relazione di parentela in Italia, né indicato alcun domicilio. Ricorreva per cassazione lo straniero, lamentando di essere entrato nel nostro paese munito di regolare visto turistico e di aver varcato la frontiera solo per far visita al fratello studente universitario a Roma. Lamentava, altresì, di essere munito di regolare visto di durata decennale rilasciato dall’ambasciata greca, con il quale poteva visitare liberamente i paesi dell’area Schengenumero Sosteneva, dunque, di essere entrato in Italia come turista e non come clandestino, con diritto di soggiorno per 90 giorni. Il controllo dell’autenticità di tutta la documentazione in suo possesso aveva dato riscontro positivo nel procedimento di primo grado svoltosi dinanzi al giudice di pace. Gli ermellini ritengono fondati i motivi di ricorso. Lo straniero in possesso di un passaporto con timbro Schengen non è un clandestino . La Suprema Corte ritiene giustamente che uno straniero in possesso di regolare passaporto Schengen non possa essere considerato un clandestino. Il ricorrente infatti, lungi dall’aver varcato le frontiere in modo illegale, ha orientato la propria condotta in modo conforme alle modalità previste dal d.m. 26/7/2007. Il provvedimento espulsivo è dunque radicalmente invalido perché ha tratto origine da presupposti inesistenti. La prova della regolarità d’ingresso . Il provvedimento espulsivo infatti non è un atto discrezionale, ma è vincolato al rispetto di rigorosi elementi fattuali d’indagine, nel senso che non devono sussistere le condizioni per la permanenza in Italia. La prova della regolarità dell’ingresso può essere fornita dal timbro datario apposto sul passaporto dello straniero dalla polizia di frontiera. Concludendo . La potestà espulsiva dunque è rigidamente vincolata dalla legge e l’iter di formazione della volontà dell’amministrazione deve risultare chiaramente dall’atto espulsivo che, nelle espulsioni amministrative, ha la forma del decreto scritto e motivato in fatto e in diritto. Questo perché l’effetto tipico dell’espulsione è molto grave avendo natura ablativa. Esso coincide con l’obbligo dello straniero di lasciare il territorio dello Stato. Tale obbligo è quasi sempre eseguito immediatamente in modo coercitivo, con il provvedimento di accompagnamento immediato alla frontiera da parte delle forze di polizia, disposto dal Questore e convalidato entro 48 ore dall’autorità giudiziaria, mentre soltanto per i provvedimenti amministrativi di espulsione sono previste ipotesi residuali in cui l’espulsione è differita o si concede un termine per la partenza volontaria solitamente di 15 giorni . Se lo straniero non lascia l'Italia entro tale termine, commette reato e diviene destinatario di una seconda espulsione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 gennaio - 14 febbraio 2013, numero 3694 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex articolo 380 bis cod. proc. civ. nel procedimento civile iscritto al R.G. 9698 del 2012. Premesso che il cittadino straniero è stato raggiunto da provvedimento di espulsione del 1/9/2010 per essere entrato in territorio italiano sottraendosi ai controlli di frontiera Rilevato che nel provvedimento impugnato, a sostegno del rigetto dell'opposizione all'espulsione, oltre a respingere il motivo di ricorso relativo all'omessa traduzione dell'atto notificato nella lingua madre dello straniero, viene affermato, per quel che interessa ai fini del presente ricorso, che lo straniero è entrato in Italia il 1/1/2010 e che, pur essendo in possesso di regolare passaporto Schengen, è entrato nel nostro territorio sottraendosi ai controlli di frontiera e senza un regolare visto d'ingresso come richiesto dall'articolo 4, comma 1 del d.lgs numero 286 del 1998, dal moménto che non ha comprovato alcuna relazione di parentela nel nostro paese, né indicato un domicilio italiano Considerato che avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione T.E. precisando preliminarmente che nel decreto di espulsione era stata erroneamente indicata la data d'ingresso in Italia nel 1 gennaio 2000, mentre come risultava dal timbro sul passaporto Schengen egli aveva fatto ingresso nel nostro territorio munito di visto turistico il OMISSIS che egli nel 2000 aveva 13 anni che era cittadino albanese oriundo greco e faceva parte - della minoranza greca di questo paese che era iscritto all'univeristà di OMISSIS ed era venuto in Italia solo a far visita al fratello che studia all'Università di XXXX che è in possesso di un visto di categoria oriundo greco con il quale può recarsi liberamente nei due paesi ed inoltre è munito di regolare visto d'ingresso rilasciato dall'ambasciata greca in data 6 settembre 2007, di durata decennale, con il quale può visitare liberamente i paesi dell'area Schengen che, pertanto non si è sottratto ai controlli di frontiera ma è entrato come turista, con diritto di soggiorno per 90 giorni che nel corso del procedimento davanti al giudice di pace è stata richiesta all'ambasciata greca in Italia, la conferma dell'autenticità dei documenti in possesso dell'opponente, conferma che ha dato esito positivo. Considerato, altresì, che a sostengo del ricorso sono stati esposti i seguenti quattro motivi - nel primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 13, comma 2 lettera a e comma 4 del d.lgs numero 286 del 1998 per essere stato erroneamente affermato che il ricorrente non era entrato regolarmente nel nostro territorio, sottraendosi ai controlli di frontiera, mentre, al contrario, egli era in possesso del sigillo uniforme Schengen riportato sul passaporto apposto in data 31 luglio 2010. Il decreto del giudice di pace conteneva, peraltro, una rilevante inesattezza cronologica riportando come data d'ingresso il 1/1/2010, data che non troverebbe riscontro in alcuno dei documenti prodotti, essendo il cittadino straniero entrato regolarmente in Italia il 31 luglio 2010 come da visto uniforme Schengen, sopra indicato - nel secondo motivo viene censurata al violazione del Regolamento CE numero 539 del 2001 che consente ai cittadini albanesi di entrare in Italia, senza visto d'ingresso, nei limiti dei 90 giorni per visita turistica. Nell'allegato I del predetto regolamento è espressamente indicata l'Albania tra i paesi esentati dal visto d'ingresso. Peraltro il ricorrente, titolare di visto di categoria oriundo greco, concesso dalla Repubblica ellenica era in possesso di visto uniforme Schengen sul passaporto - nel terzo motivo viene dedotto il vizio di motivazione del provvedimento impugnato per la contraddittorietà derivante dall'errata indicazione della data d'ingresso del cittadino straniero nel nostro territorio e per non aver tratto alcuna conseguenza dall'indicato possesso di passaporto che consente di circolare nell'area Schengen nel quarto motivo viene dedotto la violazione dell'articolo 13, comma 7 del d.lgs numero 286 del 1998 in relazione alla mancata traduzione del provvedimento di espulsione nella lingua madre del cittadino straniero Ritenuto che i primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente e sono manifestamente fondati per le ragioni che seguono a lo straniero, in possesso incontestato di un passaporto con timbro uniforme Schengen come riconosciuto anche nel provvedimento impugnato , al momento dell'ingresso dell'Italia, non è entrato sottraendosi ai controlli di frontiera, ma in modo regolare, alla luce delle modalità previste dal d.m. 26/7/2007 attuativo della l. numero 67 del 2007 b il provvedimento espulsivo risulta, di conseguenza, radicalmente invalido perché fondato su una ragione giustificativa inesistente, potendosi nella specie esclusivamente valutare, ai fini dell'espulsione, il possesso di un titolo valido di soggiorno alla luce dei parametri normativi stabiliti agli articolo 1 per gli stranieri provenienti da paesi non appartenenti all'area Schengen o all'articolo 2 per i paesi appartenenti all'area Schengen, tenuto conto della data effettiva d'ingresso 31/7/2012 e del conseguente adempimento dell'obbligo della dichiarazione di presenza prescritta nel predetto decreto Cass. 7192 del 2012 c secondo l'orientamento univoco di questa sezione, infatti, Nel giudizio ai sensi degli articolo 13, comma ottavo, e 13 - bis del D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286, avente ad oggetto la verifica della pretesa espulsiva dello Stato, a fronte della quale può recedere il diritto soggettivo dello straniero extracomunitario a permanere nello Stato, poiché le ipotesi di violazione che possono giustificare l'espulsione sono rigorosamente descritte dalla vigente normativa, configurandosi il provvedimento espulsivo come atto a contenuto vincolato, la materia d'indagine è costituita dalla sussistenza della specifica ipotesi contestata all'espellendo ed assunta a dichiarato presupposto dell’espulsione ne consegue che, disposta tale ultima misura per essersi lo straniero sottratto ai controlli di frontiera e verificata, in fatto, l'insussistenza, di una tale circostanza, l'espulsione non può essere confermata dal giudice. Cass. 210 del 2005 20668 del 2005 . - il principio sopra indicato è stato, peraltro, specificamente applicato ad una fattispecie sostanzialmente coincidente a quella formante oggetto del presente giudizio nella pronuncia numero 24810 del 2010 così massimata In tema di opposizione al decreto di esplusione amministrativa dello straniero, qualora questo sia stato adottato per ingresso clandestino nello Stato, ai sensi dell'articolo 13, secondo comma, d.lgs. numero 286 del 1998, e l'opponente deduca la disponibilità, all'atto dell'attraversamento della frontiera italiana, di un visto generale Schengen all'entrata nello Stato italiano visto uniforme di cui alla legge numero 388 del 1993, articolo 13, secondo comma, di ratifica dell'Accordo di Schengen , e cioè di un visto d'ingresso rilasciato da uno dei paesi aderenti, deve essere esclusa l'ipotesi di entrata clandestina nello Stato, rilevando l'apposizione del timbro di ingresso sul documento identificativo da parte dell'Autorità di frontiera al solo fine di computare il tempo per il tempestivo inoltro della richiesta di titolo di soggiorno. Ritenuto, pertanto, che il rimanente motivo può essere assorbito e che, se si condividano i predetti rilievi il ricorso può essere deciso ai sensi dell'articolo 384 secondo comma cod. proc.civ. con annullamento del provvedimento espulsivo impugnato, non ricorrendo ulteriori accertamenti da svolgere Ritenuto, infine, che il Collegio condivide la relazione senza rilievi. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito, annulla l'espulsione e condanna la parte intimata al pagamento delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio che liquida in complessivi Euro 500 per il primo grado, oltre Euro 100 per esborsi Euro 1300 per il presente giudizio oltre ad Euro 300 per esborsi ed oltre accessori di legge.