Confermata la legittimità del provvedimento adottato dalla società titolare del supermercato per cui l’uomo lavorava come macellaio. Decisiva non tanto la constatazione che egli abbia lavorato altrove, pur risultando ufficialmente in malattia, ma che abbia addirittura esercitato le proprie competenze professionali in una struttura concorrente della propria azienda
Malattia ‘fantasma’ per il dipendente – un macellaio, per la precisione – di un supermercato, che, in sostanza, viene beccato, proprio nel periodo di riposo forzato, a lavorare in maniera ‘occulta’. Durissima la reazione dell’azienda, che sceglie una misura tranchant il licenziamento. Provvedimento, questo, che potrebbe anche essere messo in discussione però a sgomberare ogni dubbio è sufficiente la constatazione che l’uomo ha esagerato, addirittura lavorando sì in un’altra struttura commerciale e, per giunta, esercitando le proprie competenze professionali Cass., sent. numero 15365, sezione lavoro, depositata oggi . Concorrenza. Nessuna contestazione sulla condotta dell’uomo egli ha effettivamente «svolto attività lavorativa a favore di terzi durante il periodo di assenza per malattia» concessogli dall’azienda di cui è regolare dipendente. Ciò, però, secondo una prima valutazione dei giudici di merito, non è sufficiente per ritenere corretto il «licenziamento» deciso dall’azienda. A modificare completamente l’orizzonte – anche attraverso una prima pronunzia della Corte di Cassazione – è il richiamo alla «violazione dell’articolo 151» del Contratto collettivo nazionale, laddove è prevista la «possibilità della irrogazione del licenziamento in caso di violazione del dovere di non concorrenza». Ebbene, dalla lettura della vicenda emerge che l’uomo, dipendente, in qualità di «macellaio», di un supermercato, ha «lavorato presso un’altra macelleria» durante i giorni di «assenza per malattia» e nonostante le condizioni fisiche, da lui lamentate, non glielo consentissero. Tale elemento è sufficiente, per i giudici della Corte d’Appello – chiamati a pronunciarsi una seconda volta –, per ritenere legittimo il provvedimento adottato dall’azienda. Secondo i giudici, in sostanza, è evidente che «il comportamento» dell’uomo ha «violato i principi di correttezza e buona fede», avendo egli realizzato una «attività in concorrenza» con quella dell’azienda di cui è dipendente. Questa visione viene ora condivisa dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, respingono tutte le obiezioni mosse dall’uomo. Decisivo, come detto, il fatto che l’uomo abbia svolto «attività di concorrenza con il proprio datore di lavoro, lavorando in un esercizio concorrente, nelle sue mansioni di macellaio, benché fosse in malattia». Clamorosa la «gravità della violazione» compiuta, anche alla luce della «slealtà dimostrata dal dipendente, che non aveva rispettato in alcun modo i principi di correttezza e buonafede, svolgendo le stesse mansioni» per un’azienda terza «che aveva preteso di non poter svolgere» per il proprio «datore di lavoro a causa di una malattia».
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 1° aprile – 4 luglio 2014, numero 15365 Presidente Lamorgese – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Con sentenza del 9.2.2009 la Corte di appello di Roma confermava la statuizione di primo grado del Tribunale di Roma che aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato dalla Pam Panorama spa al dipendente R.C. per avere svolto attività lavorativa a favore di terzi durante il periodo di assenza per malattia. La Corte di appello riteneva sproporzionata la sanzione irrogata posto che l'attività espletata in altra macelleria non aveva compromesso la guarigione e non era stata simulata la malattia stessa. Ricorreva in cassazione la Pam Panorama spa e la Corte con provvedimento numero 3753/2011 cassava l'impugnata sentenza ritenendo, accogliendo il motivo che lamentava l'omesso esame di un motivo di appello, che fosse stata contestata la violazione del divieto di concorrenza ex articolo 151 del CCNL. La Corte di appello di Roma con sentenza dell'11.2.2003 respingeva la domanda del C. La Corte territoriale osservava che era pacifico che l'attività del C. fosse di macellaio nell'ambito del supermercato della Panorama spa poi Pam Panorama . Il comportamento contestato violava i principi di correttezza e buona fede perché in stato di malattia il C. aveva lavorato presso altra macelleria benché il suo stato di malattia non lo consentisse. Era stato violato l'articolo 151 CCNL che prevedeva anche il licenziamento come sanzione. L'attività in concorrenza era stata ammessa dallo stesso dipendente ed appariva irrilevante che non fosse stata svolta per conto proprio. In realtà indirettamente emergeva anche la simulazione della malattia che precludeva lo svolgimento comunque delle mansioni di macellaio e un testimone aveva ascoltato la telefonata del C. che diceva all'interlocutore che gli avrebbe dato una mano al lavoro prendendosi una giornata di malattia. Il licenziamento pertanto appariva giustificato. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il C. con un motivo resiste controparte con controricorso. Motivi della decisione Con il motivo proposto si allega l'insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. L'attività svolta era stata minima. Inattendibile era la dichiarazione sulla telefonata che peraltro neppure era stata contestata. Sussisteva una evidente sproporzione della sanzione. Il motivo appare infondato e muove censure di merito dirette ad una rivalutazione del fatto come tale inammissibile in questa sede. La Corte di appello nella sentenza impugnata ha accertato che il ricorrente svolse attività di concorrenza con il proprio datore di lavoro lavorando in un esercizio concorrente nelle sue mansioni di macellaio benché fosse in malattia la circostanza alla stregua delle decisione di annullamento della Corte di cassazione risulta essere contestata anche come violazione dell'articolo 151 CCNL che prevede la possibilità dell'irrogazione del licenziamento in caso di violazione del dovere di non concorrenza . La Corte di appello ha ritenuto che la gravità della violazione legittimasse l'irrogata sanzione anche alla stregua della contrattazione collettiva applicabile, vista anche la slealtà dimostrata dal dipendente che certamente non aveva rispettato in alcun modo i principi di correttezza e buona fede svolgendo le stesse mansioni per terzi che aveva preteso di non poter svolgere per il datore di lavoro a causa di una malattia di cui quindi era legittimo presumere l'insussistenza . Si tratta di una motivazione congrua, coerente con le previsioni contrattuali ed immune da vizi di ordine logico ed argomentativo alla quale, come detto, si muovono censure oltre che di merito non determinanti come il fatto che l'attività svolta non contestata in sé fosse stata molto breve o in relazione alle dichiarazioni rese dal teste B. di cui si contesta l'attendibilità che sentì il ricorrente per telefono assicurare un aiuto a terze persone grazie ad una assenza per malattia, che costituisce chiaramente una circostanza riportata in sentenza ad colorandum la dinamica degli avvenimenti, ma non decisiva posto che il fulcro della decisione è l'attività svolta di macellaio in concorrenza con il datore di lavoro ed in stato di malattia. Il ricorso quindi va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità - liquidate come al dispositivo seguono la soccombenza, così come sussistono i presupposti stante il rigetto del ricorso e l'epoca della sua presentazione per la spettanza dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato come indicato sempre al dispositivo . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per spese, nonché in euro 3.500,00 per compensi oltre accessori. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del DPR numero 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.