È sufficiente dichiarare di “agire in nome e nell’interesse” del rappresentato e la procura deve essere menzionata solo se richiesta dal terzo contraente

Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato. La norma non prescrive ulteriori espressioni oltre quella di ‘agire in nome e nell’interesse’ del rappresentato – cosiddetta contemplatio domini – perché si produca l’efficacia diretta del contratto nei confronti del rappresentato. Ne deriva l’irrilevanza del rapporto sottostante tra rappresentante e rappresentato,il cui concreto atteggiarsi è privo di ricadute ai fine della realizzazione dell’effetto tipico della rappresentanza.

Le norme in tema di rappresentanza non impongono al rappresentante di indicare gli estremi della procura nel contratto concluso in nome e nell’interesse del rappresentato, neppure nel caso di conclusione di contratti a forma vincolata». Cosi ha statuito la Corte di Cassazione con sentenza numero 14215 del 23 giugno 2014. Il fatto. Una società X conferiva incarico ad un’agenzia immobiliare di reperire sul mercato un acquirente di un complesso immobiliare di sua proprietà, nominando un procuratore speciale per la vendita dello stesso. Tizio formulava una proposta irrevocabile di acquisto con scadenza al 18 settembre 2000, consegnando, a titolo di cauzione, un assegno non trasferibile. Il procuratore della venditrice, in data 15 settembre 2000, accettava la suddetta proposta di acquisto in nome e per conto della società ed il promittente acquirente comunicava che desiderava che la compravendita si perfezionasse in capo ad una terza società Y. Con lettera del 24 ottobre 2000, il promittente acquirente procedeva alla revoca della proposta di acquisto. La società venditrice non incassava il suddetto l’assegno essendo in quel momento spirato il termine di presentazione dello stesso. L’agenzia immobiliare chiedeva alla promittente venditrice le commissioni maturate sulla vendita del complesso immobiliare. A tal punto la società X conveniva in giudizio Tizio e l’agenzia immobiliare, chiedendo che fosse dichiarato risolto il contratto preliminare di vendita del complesso immobiliare per inadempimento del promittente acquirente, con condanna del predetto al versamento della cauzione unitamente al risarcimento dei danni. Chiedeva altresì di essere manlevata dal promittente acquirente per le provvigioni eventualmente dovute all’agenzia immobiliare. Il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando che il contratto preliminare, perfezionato il 15 settembre 2000, era risolto per inadempimento del promittente acquirente, condannando quest’ultimo al risarcimento dei danni da mancato guadagno, oltre che al pagamento delle provvigioni richieste dall’agenzia immobiliare. Tizio proponeva appello chiedendo il rigetto delle domande proposte dal promittente acquirente e dall’agenzia immobiliare nei suoi confronti, nonché la condanna della società X a restituirgli l’assegno versato a titolo di cauzione. La Corte Territoriale accoglieva parzialmente la domanda e condannava la società X a restituire a Tizio il suddetto assegno, confermando per il resto la sentenza di primo grado. Proposta non accettata nei termini. In particolare la Corte di Appello riteneva che il contratto preliminare di compravendita non si era concluso perché la società X non aveva accettato, entro il termine del 18 settembre 2000, la proposta di acquisto formalizzata da Tizio. Riteneva che la lettera del 15 settembre 2000 non fosse idonea all’accettazione della proposta di acquisto, in quanto il procuratore speciale non si era qualificato come rappresentate speciale della società X ed escludeva, pertanto,la responsabilità di Tizio, osservando che la proposta di acquisto del predetto aveva perso efficacia in data 18 settembre 2000 e cioè alla scadenza del termine in esso previsto, pur essendo stata formalmente revocata solo in data 24 ottobre 2000 e che le trattative intercorse in epoca successiva al 18 settembre 2000 erano state finalizzate alla conclusione di un contratto preliminare tra la società X e la società Y e che la mancata conclusione di quest’ultimo non era imputabile a Tizio. La Corte Territoriale rilevava che la statuzione di condanna della società X a corrispondere la provvigione all’agenzia immobiliare non era stata impugnata e quindi era passata in giudicato, mentre l’accertamento della mancata conclusione del contratto preliminare faceva venire meno l’obbligo di Tizio di corrispondere all’agenzia immobiliare la somma richiestagli a titolo provvigione. La società X propone ricorso per cassazione lamentando che la corte di appello avrebbe erroneamente escluso l’avvenuta spedita del nome della società x da parte del procuratore speciale nella lettera del 15 settembre 2000. La Corte accoglie il ricorso. Per la contemplatio domini è sufficiente da parte del rappresentate spendere il nome del soggetto rappresentato. La Suprema Corte afferma che l’articolo 1388 c.c. prevede che «il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato. La norma non prescrive ulteriori espressioni oltre quella di ‘agire in nome e nell’interesse’ del rappresentato – cosiddetta contemplatio domini – perché si produca l’efficacia diretta del contratto nei confronti del rappresentato. Ne deriva l’irrilevanza del rapporto sottostante tra rappresentante e rappresentato,il cui concreto atteggiarsi è privo di ricadute ai fine della realizzazione dell’effetto tipico della rappresentanza». In sede di contemplatio domini la procura deve essere menzionata solo se richiesta dal terzo contraente. Il ricorrente deduce che, in tema di rappresentanza ex articolo 1387 e ss. c.c., ove il potere rappresentativo sia conferito in relazione al compimento di una attività negoziale per la quale è richiesta la forma scritta ad substantiam, come nel caso dell’accettazione di una proposta irrevocabile di acquisto di un bene immobile , nell’esternare il proprio potere rappresentativo, il rappresentante non debba sempre e necessariamente indicare gli estremi della procura di cui è investito, ma vi debba provvedere solo qualora la giustificazione dei poteri sia richiesta dal terzo contraente. A tal riguardo gli Ermellini accogliendo la doglianza affermano che «le norme in tema di rappresentanza non impongono al rappresentante di indicare gli estremi della procura nel contratto concluso in nome e nell’interesse del rappresentato, neppure nel caso di conclusione di contratti a forma vincolata». Tale giustificazione dei poteri del rappresentante - afferma la Suprema Corte - troverebbe un suo fondamento nella disposizione di cui all’articolo 1393 c.c., solo in conseguenza dell’espressa richiesta del terzo.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 marzo - 23 giugno 2014, numero 14215 Presidente Oddo – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - È impugnata la sentenza della Corte d'appello di È impugnata la sentenza della Corte d'appello di Milano, pubblicata l'8 giugno 2007, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Corno, ha respinto la domanda proposta da IMO-FIN Istituto Mobiliare Finanziario Italiano srl in liquidazione nei confronti di P.E. . 1.1. - Nel 2001 la IMOFIN aveva convenuto in giudizio P.E. e la Immobiliare Commerciale srl chiedendo che fosse dichiarato risolto il contratto preliminare di vendita del complesso immobiliare Cascina Campiroldo per inadempimento di P. , con condanna del predetto al versamento della cauzione pari al lire 1.500.000.000 unitamente al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità precontrattuale o extracontrattuale. L'attrice aveva chiesto inoltre di essere manlevata da P.E. , per le provvigioni eventualmente dovute alla mediatrice Immobiliare Commerciale srl 1.2. - La IMOFIN aveva dedotto, in fatto, che - nel mese di marzo 2000 essa IMOFIN aveva incaricato l'Immobiliare Commerciale di reperire sul mercato un acquirente del complesso immobiliare Cascina Campiroldo - in data 1 settembre 2000 aveva nominato procuratore speciale l'avvocato C.G. per la vendita del predetto complesso - il sig. P. aveva formulato una proposta irrevocabile fino al 18 settembre 2000 per l'acquisto a cancelli chiusi del complesso immobiliare indicato, al prezzo di 13.500.000.000 di lire, e consegnato, a titolo di cauzione, un assegno non trasferibile, emesso l'8 settembre 2000, a favore di IMOFIN, per L. 1.500.000.000 - in data 15 settembre 2000 l'avv.to Casuscelli aveva accettato la proposta in nome e per conto di IMOFIN - qualche giorno dopo, P.E. aveva comunicato, tramite il proprio commercialista, che desiderava che la compravendita si perfezionasse in capo a Immobiliare Rebus s.r.l. - erano seguiti contatti e trattative per la definizione della bozza contrattuale, tra l'avv.to C. e il Dott. S. , commercialista del sig. P. - con lettera del 24 ottobre 2000, P. aveva dichiarato di revocare la proposta di acquisto - IMOFIN non aveva incassato l'assegno versato a titolo di cauzione, essendo in quel momento spirato il termine di presentazione dello stesso - nel mese di gennaio 2001, la Immobiliare Commerciale srl aveva richiesto a IMOFIN le commissioni maturate sulla vendita del complesso Cascina Campiroldo ad P.E. . 1.2. - Nel giudizio di primo grado il sig. P. aveva contestato la domanda di IMOFIN e formulato domanda riconvenzionale per la restituzione dell'assegno di L. 1.500.000.000. Si era costituita la Immobiliare Commerciale srl ed aveva proposto anch'essa domanda riconvenzionale per ottenere, a titolo di provvigione per la mediazione, il pagamento di L. 471.015.000 da IMOFIN e di L. 314.010.000 da P. . 1.3. - Il Tribunale di Corno aveva dichiarato che il contratto preliminare, perfezionato il 15 settembre 2000, era risolto per inadempimento di P. , aveva condannato quest'ultimo a pagare a IMOFIN, a titolo di risarcimento danni da mancato guadagno, la somma di Euro 3.000.000. Il Tribunale aveva condannato INMOFIN e P. a pagare, rispettivamente, Euro 243.258,00 ed Euro 162,172,00, alla Immobiliare Commerciale srl a titolo di provvigioni, dichiarando, infine, che P. doveva tenere indenne IMOFIN dal predetto esborso. 1.4. - Il giudizio di appello era introdotto da P.E. , il quale chiedeva il rigetto delle domande proposte da IMOFIN e da Immobiliare Commerciale nei suoi confronti, nonché la condanna di IMOFIN a restituirgli l'assegno di L. 1.500.000. Si costituivano IMOFIN e Immobiliare Commerciale e chiedevano il rigetto dell'appello. 2. - Con la sentenza oggetto dell'odierno ricorso, la Corte d'appello di Milano accoglieva parzialmente il gravame e, per l'effetto, rigettava le domande proposte da IMOFIN e condannava la predetta a restituire a P. l'assegno di L. 1.500.000.000, confermando per il resto la sentenza di primo grado. 2.1. - Secondo la Corte d'appello il contratto preliminare di compravendita non si era concluso perché IMOFIN non aveva accettato, entro il termine del 18 settembre 2000, la proposta di acquisto formalizzata da P.E. . Non poteva ritenersi idonea a tal fine la lettera del 15 settembre 2000, con cui l'avv. C. aveva comunicato al sig. P. che la IMOFIN, sua assistita, aveva accettato la proposta di acquisto, posto che l'avv. C. non si era qualificato come rappresentante speciale di IMOFIN. Inoltre, la data del 1 settembre 2000, apposta sulla procura a concludere il contratto preliminare rilasciata da IMOFIN al medesimo C. , non era certa. 2.2. - La Corte d'appello escludeva profili di responsabilità nel comportamento di P.E. , osservando in proposito che la proposta di acquisto del predetto aveva perso efficacia in data 18 settembre 2000, e cioè con la scadenza del termine in essa previsto, pur essendo stata formalmente revocata solo in data 24 ottobre 2000 che le trattative intervenute tra l'avv. C. e il Dott. S. , commercialista di P. , in epoca successiva al 18 settembre 2000 erano finalizzate alla conclusione di un contratto preliminare tra IMOFIN e la società Rebus che la mancata conclusione di quest'ultimo preliminare non era imputabile a P. . 2.3. - Avuto riguardo alle ulteriori domande, la Corte d'appello di Milano rilevava che la statuizione di condanna di IMOFIN a corrispondere la provvigione a Immobiliare commerciale non era stata impugnata, e quindi era passata in giudicato, mentre l'accertamento della mancata conclusione del contratto preliminare faceva venire meno l'obbligo di P. di corrispondere a Immobiliare Commerciale la somma richiestagli a titolo di provvigione. 3. - Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso IMOFIN srl in liquidazione, sulla base di sette motivi. Resistono con separati atti di controricorso P.E. e l'Immobiliare Commerciale srl. Entrambe le parti controricorrenti hanno depositato memorie in prossimità dell'udienza. Considerato in diritto 1. - Il ricorso è fondato. 1.1. - Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 1388 cod. civ La Corte d'appello di Milano avrebbe erroneamente escluso l'avvenuta spedita del nome di IMOFIN da parte dell'avv. C. nella lettera del 15 settembre 2000. In ossequio a disposto dell'articolo 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, la ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto “[ .] se, per la esternazione del potere rappresentativo c.d. contemplatio domini , sia sufficiente da parte del rappresentante nonostante la sua peculiare qualità di avvocato e professore universitario in materie giuridiche spendere il nome del soggetto rappresentato, dichiarando di agire in nome e per conto di esso, oppure se come affermato dalla Corte d'appello , in considerazione della sua particolare qualifica in campo giuridico, non sia sufficiente quella dichiarazione ma occorra l'uso di espressioni dal contenuto tecnico, maggiormente specificato, e precisamente occorra designare altresì il soggetto destinatario degli effetti del negozio quale rappresentato e non solo come assistito”. 1.2. - La doglianza è fondata. L'articolo 1388 cod. civ. prevede che “il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell'interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato”. La norma non prescrive ulteriori espressioni oltre quella di “agire in nome e nell'interesse” del rappresentato - cosiddetta contemplatio domini - perché si produca l'efficacia diretta del contratto nei confronti del rappresentato. Ne deriva l'irrilevanza del rapporto sottostante tra rappresentante e rappresentato, il cui concreto atteggiarsi è privo di ricadute ai fini della realizzazione dell'effetto tipico dell'istituto della rappresentanza ex plurimis, Sez. 6-2, ordinanza numero 25104 del 2013 Sez. 2, sentenza numero 3093 del 2000 . 2. - Con il secondo motivo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 1388 e 1393 cod. civ Sarebbe erronea l'affermazione della Corte d'appello secondo cui l'avv. C. , in sede di contemplato domini, avrebbe dovuto “menzionare l'atto presupposto”, vale a dire la procura rilasciatagli da IMOFIN, non essendo sufficiente la generica dichiarazione di “agire in nome e per conto” di IMO-FIN. La ricorrente formula il quesito di diritto nei seguenti termini “In tema di rappresentanza ex articolo 1387 e ss. cod. civ., ove il potere rappresentativo sia conferito in relazione al compimento di una attività negoziale per la quale è richiesta la forma scritta ad substantiam, come nel caso dell'accettazione di una proposta irrevocabile di acquisto di un bene immobile [ .] se, nell'esternare il proprio potere rappresentativo, il rappresentante debba sempre indicare gli estremi della procura di cui è investito, oppure se vi debba provvedere solo qualora la giustificazione dei poteri sia richiesta dal terzo contraente”. 2.1. - La doglianza è fondata. Le norme in tema di rappresentanza non impongono al rappresentante di indicare gli estremi della procura nel contratto concluso in nome e nell'interesse del rappresentato, neppure nel caso di conclusione di contratti a forma vincolata. La giustificazione dei poteri del rappresentante è prevista dall'articolo 1393 cod. civ. come conseguenza della richiesta, che il terzo è facoltizzato a fare in qualsiasi momento sia prima, sia dopo il contratto , per precostituirsi la prova che l'atto rientra nei poteri conferiti dal rappresentato. Nel caso di contratto avente ad oggetto beni immobili, poiché la forma della procura deve risultare da atto scritto, ai sensi dell'articolo 1392 cod. civ., il terzo ha facoltà di pretendere che il rappresentante gli consegni una copia della procura. Nella specie, non risulta fosse stata fatta la richiesta di cui all'articolo 1393 cod. civ 3. - Nell'accoglimento dei primi due motivi sono assorbite le ulteriori doglianze prospettata dalla società ricorrente. 3.1. - La cassazione della sentenza d'appello, nella parte in cui questa aveva escluso l'avvenuta conclusione del contratto tra IMOFIN ed P.E. , ha effetto su tutti i capi della stessa sentenza dipendenti dalla parte cassata anche di quelli non impugnati , i quali costituiranno oggetto di riesame da parte del giudice del rinvio. 4. - Le spese, anche di questa fase del giudizio, saranno regolate dal giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, anche per le spese del giudizio di cassazione.