Quando l’amministratore è «di fatto»?

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il ruolo dell’amministratore di fatto ben può emergere dall’esercizio del controllo e della gestione di un folto gruppo di imprese e di società commerciali, nonché dalla costante e preponderante presenza del soggetto individuato di fatto come l’unico titolare di tutti i poteri di controllo, verifica, direzione, programmazione ed indirizzo strategico, oltre che dell’autonomia decisionale e della rappresentanza verso i terzi.

Lo ha ribadito la Quinta sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27993, depositata il 26 giugno 2013. I caratteri della significatività e continuità della gestione aziendale. La pronuncia in esame richiama la fondamentale tematica della distinzione circa la figura dell’amministratore di diritto e quella dell’amministratore di fatto nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. In generale, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 2639 c.c., al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione. L’introduzione di tale norma è avvenuta con la sostituzione dell’intero titolo XI, comprendente gli artt. da 2621 a 2642 c.c, ad opera dell'art. 1, d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61. La sentenza in commento risulta particolarmente interessante, nella parte in cui ribadisce che il principale sintomo della qualità di amministratore di fatto va rinvenuto nelle plurime incombenze svolte dalla c.d. testa di legno nella persistente assenza e nell’assoluto disinteresse dell’amministratore di diritto. Al fine di individuare il soggetto di fatto bisogna, in primo luogo, ed in base ai principi generali coniati dalla giurisprudenza, ripercorrere l’organizzazione aziendale interna, anche al fine di verificarne la conformità alla disciplina extrapenale in secondo luogo, occorre risalire alla posizione di garanzia, verificando che ad essa siano connessi gli obblighi impeditivi rispetto ai fattori che hanno cagionato l’offesa. In altri termini, va verificato chi, in concreto, svolge le funzioni di amministratore, individuandolo quale diretto destinatario della norma penale nel momento in cui, mentre esercita la funzione gestoria tipica, pone in essere la condotta. In ogni caso, la equiparazione fra amministratore di fatto e di diritto è subordinata - come già ritenuto dalla prevalente giurisprudenza in materia penale fallimentare - ai requisiti della continuità della gestione aziendale consistente nella reiterazione di atti e comportamenti e della significatività dell’esercizio della funzione gestoria tipica per cui i poteri tipici esercitati dall’amministratore di fatto non devono essere marginali . Proprio tali requisiti sono stati ritenuti sussistenti nel caso di specie, in cui l’amministratore di fatto è stato individuato quale autore in prima persona, in piena coscienza e volontà, delle condotte oggetto di imputazione. Il terzo concorrente extraneus e l’elemento soggettivo. La decisione in esame tratta pure il tema del concorso del concorrente extraneus nella commissione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione. Nel caso di specie, la peculiare successione di eventi, non sostenuta da diversi fatti o comportamenti indiziari, ha consentito alla quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione di andare oltre il ragionevole dubbio circa la effettiva compartecipazione di uno dei tre coimputati, sul piano psicologico e volitivo, al presunto progetto di depauperamento della società fallita, non risultando univoci elementi anche solo indiziari idonei a comprovare, quantomeno con apprezzabile grado di probabilità, il difetto di consapevolezza, in capo al terzo, del contestato disvalore dell’operazione commerciale di affitto di ramo d’azienda. Orbene, giova ribadire che, per la corretta valutazione della posizione dell’ extraneus nel concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il Giudice deve dare una rigorosa dimostrazione del sufficiente contenuto rappresentativo dell’elemento psicologico, focalizzato sul concreto rischio di insolvenza dell’impresa che concede in locazione il ramo d’azienda. Occorre pertanto che il giudice motivi in ordine alla consapevolezza, in capo al concorrente, dello stato di decozione della società fallita. A ciò si aggiunga che, in tema di reati fallimentari, è ben configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, qualora la condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento, sempre che però il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontà di aiutare l'imprenditore in dissesto a frustrare gli adempimenti, predisposti dalla legge, a tutela dei creditori dell'impresa. In altri termini, risponde di concorso in bancarotta fraudolenta il terzo che attenta all’integrità della garanzia patrimoniale in favore dei creditori, d’intesa con l’imprenditore a rischio di decozione, purchè risulti acclarata la conoscenza, da parte del concorrente, dello stato di insolvenza dell’impresa. Tale orientamento appare senz’altro condivisibile ed infatti, non può ritenersi sussistente il dolo neppure generico , se il terzo non si rappresenta né la diminuzione reale o apparente dell’attivo, né il conseguente indebolimento della garanzia patrimoniale dell’impresa, con pericolo di danno per i creditori. In ogni caso, se può dirsi sufficiente la sussistenza del dolo generico in capo all’imprenditore fallito, non può certo dirsi lo stesso con riguardo al terzo concorrente extraneus , la cui consapevolezza di ledere l’integrità del patrimonio aziendale deve essere analiticamente provata dalla Pubblica Accusa.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 febbraio - 26 giugno 2013, n. 27993 Presidente Zecca Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 21 luglio 2011 la Corte d'Appello di Trieste, in ciò parzialmente confermando la decisione assunta dal locale Tribunale invece riformata in ordine ad altro reato , ha riconosciuto V D.G. , G M. e P B. responsabili del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, aggravato dal danno di particolare gravità, in relazione al fallimento della società Ferriere Giuliane s.r.l., della quale il D.G. era stato amministratore di fatto e il M. amministratore di diritto del B. si è ravvisato il concorso esterno, quale amministratore della società Enterprise Siderurgica s.r.l 1.1. Secondo l'ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, il D.G. e il M. , in prossimità della dichiarazione di fallimento della società Ferriere Giuliane s.r.l., avevano locato il capannone industriale sito in omissis , alla Enterprise Siderurgica s.r.l. per un canone inadeguato avevano inoltre distratto alcuni beni strumentali e tredici motori elettrici, di cui dieci acquistati in leasing. 2. Hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione i tre imputati, per il tramite dei comuni difensori, affidandolo a cinque motivi. 2.1. Col primo motivo i ricorrenti contestano che la cessione in locazione abbia recato un depauperamento della massa fallimentare, in considerazione del fatto che il bene non era mai entrato nel patrimonio della società infatti l'acquisto da parte della Ferriere Giuliane s.r.l si era reso inefficace per effetto di un'azione revocatoria intentata da un creditore con esito positivo e l'immobile era stato assoggettato a una procedura esecutiva con pignoramento regolarmente trascritto. Osservano che, data la priorità del diritto vantato dai creditori del dante causa, la locazione del bene aveva rappresentato l'unica possibilità di sfruttamento economico a vantaggio della società. 2.2. Col secondo motivo i ricorrenti contestano che i tredici motori elettrici siano stati oggetto di distrazione osservano che essi facevano parte dell'azienda data in affitto alla Enterprise Siderurgica s.r.l., per cui la perdita della loro disponibilità avveratasi successivamente non può essere ad essi imputata come autonoma distrazione. 2.3. Col terzo motivo, richiamandosi alla situazione giuridica del capannone dianzi descritta, contestano che vi sia stato per i creditori fallimentari un danno di particolare gravità, atteso che dalla liquidazione del bene non ci si poteva attendere alcun vantaggio per la massa, stante la priorità del diritto vantato dai creditori estranei al fallimento. 2.4. Col quarto motivo, riguardante la posizione degli imputati D.G. e M. , i ricorrenti impugnano il giudizio di bilanciamento fra circostanze, attestatosi sull'equivalenza anziché sulla prevalenza delle attenuanti generiche. 2.5. Col quinto motivo, riguardante la posizione dell'imputato B. , si deduce carenza di motivazione in ordine alla consapevolezza di dare un apporto volontario alla condotta dei coimputati. 3. Il D.G. ha anche presentato separato ricorso articolato in sette motivi. Col primo di essi denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del pericolo concreto, e non solo presunto, per gli interessi della massa dei creditori. Col secondo contesta la qualifica di amministratore di fatto attribuitagli dal giudice di merito assume, in proposito, non essere sufficiente a tal fine il riferimento al possesso, da parte sua, delle chiavi dello stabilimento, alla disponibilità da parte della di lui moglie dell'appartamento sovrastante il capannone, nonché alla spiegazione fornita al curatore circa la sorte dei motori elettrici. Col terzo motivo contesta la sussistenza del nesso causale tra la propria condotta e il dissesto della società. Col quarto motivo osserva che, quand'anche gli si riconosca la qualità di amministratore di fatto, ciò non basta a fondare una sua responsabilità penale sotto il profilo della partecipazione alle condotte distrattive. Col quinto motivo nega la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato ascrittogli. Col sesto motivo deduce l'insussistenza dell'aggravante del danno di particolare gravità. Col settimo motivo impugna il giudizio di comparazione tra circostanze. Considerato in diritto 1. Esaminando in ordine logico le molteplici questioni sollevate dai ricorrenti coi motivi d'impugnazione, viene per prima in considerazione la qualità personale degli imputati in rapporto alla loro individuazione quali destinatari della norma penale violata. 1.1. Incontestata essendo la posizione di garanzia rivestita dal M. quale amministratore di diritto della fallita società Ferriere Giuliane s.r.l. e quella del B. quale amministratore di diritto della Enterprise Siderurgica s.r.l., il ricorso proposto individualmente dal D.G. pone in discussione la qualità di amministratore di fatto attribuitagli dalla sentenza impugnata. Richiamandosi ad enunciazioni giurisprudenziali e dottrinali in senso conforme, il ricorrente si sofferma sui caratteri della significatività e della continuità che devono essere propri della gestione dell'amministratore di fatto e ne contesta la riconoscibilità nel caso di specie in rapporto ad elementi fattuali esauritisi nel possesso delle chiavi dello stabilimento, della disponibilità in capo a sua moglie dell'appartamento sovrastante il capannone e nelle spiegazioni fornite al curatore circa la sorte dei motori elettrici. 1.2. La censura non è fondata. Nell'attribuire al D.G. il ruolo di amministratore di fatto la Corte di merito non si è limitata a valorizzare i fatti testé menzionati, ma ha sviluppato un ben più ampio percorso argomentativo, prendendo le mosse dal rilevare come la famiglia D.G. avesse esercitato - per il tramite di familiari compiacenti - il controllo e la gestione di un folto gruppo di imprese e società commerciali, alcune delle quali erano state assoggettate a procedure fallimentari o poste al centro di procedimenti penali per bancarotta fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti quanto alle vicende specificamente riguardanti la società Ferriere Giuliane s.r.l., ha evidenziato come la seconda relazione del curatore avesse dato conto di una costante e preponderante presenza di D.G.V. , individuato di fatto come l'unico titolare di tutti i poteri di controllo, verifica, direzione, programmazione ed indirizzo strategico, oltre all'autonomia decisionale e alla rappresentanza verso i terzi le molteplici circostanze di fatto, confermative del ruolo assolutamente dominante da lui assunto fin dal momento dell'acquisizione dello stabilimento, sono documentatamente descritte nella nota 3 a pag. 14 della sentenza impugnata. 1.3. Così argomentando la Corte d'Appello ha tratto dal materiale probatorio - con valutazione insindacabile in questa sede, siccome sorretta da motivazione immune da vizi logici e giuridici - il convincimento che il D.G. avesse costantemente agito da dominus della società poi fallita, per cui l'attività da lui svolta si è connotata dei caratteri di significatività e continuità che sono propri dell'amministrazione di fatto. 1.4. Nella descritta situazione non ha ragion d'essere la denuncia di arbitrarietà dell'accusa di partecipazione agli atti distrattivi sul solo presupposto della sua qualità di amministratore di fatto il D.G. è stato ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta patrimoniale non per avere omesso di impedire gli illeciti commessi da altri nel qual caso ci si sarebbe dovuti interrogare sulla componente cognitiva del dolo , ma quale autore in prima persona, in piena coscienza e volontà, delle condotte oggetto di imputazione. 1.5. Priva di fondamento giuridico è, inoltre, la linea difensiva con la quale il D.G. contesta di avere causato il dissesto della società. Ed invero, ancorché prospettata in termini di tale genericità da collocarsi alle soglie dell'inammissibilità, la tesi del ricorrente par sottintendere che ad integrare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale si richieda il nesso eziologico fra la condotta distrattiva e lo stato d'insolvenza costituente il presupposto della dichiarazione di fallimento. Essa, peraltro, se a ciò indirizzata, si pone in contrasto con un principio giurisprudenziale di granitica solidità, perché enunciato da una serie ininterrotta di pronunce, a tenore del quale la dichiarazione di fallimento non costituisce l'evento del reato di bancarotta, con la conseguenza che è del tutto irrilevante il nesso eziologico tra la condotta realizzatasi con l'attuazione di un atto dispositivo - che incide sulla consistenza patrimoniale di un'impresa commerciale - ed il fallimento v. Sez. 5, n. 316 del 27/11/1985 - dep. 15/01/1986, Benedetti, Rv. 171578 Sez. 5, n. 15850 del 26/06/1990, Bordoni, Rv. 185883 Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998, Bagnasco, Rv. 211366 Sez. 5, n. 36088 del 27/09/2006, Corsatto, Rv. 235481 oltre alle numerose non massimate l'unica voce dissonante è un recente arresto di questa stessa sezione Sez. 5, n. 47502 del 24/09/2012, Corvetta, Rv. 253493 , del tutto isolato e che non può essere condiviso in quanto basato su una visione del fallimento come evento del reato, non predicabile in base al tenore della norma e, infatti, costantemente esclusa da tutta l'elaborazione giurisprudenziale formatasi negli ultimi decenni. 2. Quanto alla posizione del B. , la sua responsabilità è stata affermata a titolo di concorso esterno per la sua qualità di beneficiario dell'attività distrattiva addebitata ai due correi. Dal punto di vista oggettivo, non è contestabile la sua partecipazione al compimento dell'atto, documentalmente attestata dal punto di vista soggettivo, la Corte d'Appello ha così motivato circa il B. , il suo concorso con gli amministratori di Ferriere Giuliane e la sua consapevolezza della decozione della fallita e della sottrazione di beni alla massa dei suoi creditori emerge chiarissima sol che si consideri che egli, da amministratore di una scatola vuota riconducibile ai D.G. , diventa inopinatamente affittuario di un'azienda di valore miliardario, che è pure sotto sequestro, e proviene da Ferriere Giuliane, pur'essa dei D.G. ed ampiamente decotta, avendo anche immediata contezza della fittizietà di un'operazione, priva di ogni sostanza economica reale, e pur tuttavia prestandovisi . 2.1. La linea argomentativa così adottata, congruamente esplicativa della accertata sussistenza del dolo nelle sue componenti di cognizione e volizione, da pienamente conto della ratio decidendi adottata ed essendo immune da vizi di carattere logico e giuridico resiste al vaglio di legittimità, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente. 3. Venendo ora, nello specifico, a scrutinare la ratio decidendi che ha indotto la Corte territoriale e ravvisare la bancarotta per distrazione con riferimento al capannone costituente la sede dell'attività produttiva, corre l'obbligo di immediatamente osservare che detto bene non è stato l'oggetto di una locazione immobiliare, ma ha costituito il cespite di maggior rilevanza nell'ambito di un contratto di affitto che ha riguardato l'intera azienda e che, nella valutazione giuridica conseguente, la stipulazione di tale atto ha assunto carattere distrattivo non per la sottrazione del bene al patrimonio della società, ma per la sproporzione fra il canone pattuito e quello ottenibile sul mercato anche in rapporto alla prevista durata del rapporto negoziale, nonché per l'apposizione di altre clausole inserite nel contratto, tali da privare di qualsiasi salvaguardia la Ferriere Giuliane s.r.l. contro il possibile inadempimento della controparte. In ciò si riscontra la sussistenza del pericolo concreto per la garanzia patrimoniale dei creditori, che è insito nella ratio della norma incriminatrice applicata. Quanto osservato apre la strada a un triplice ordine di considerazioni. 3.1. Da un primo punto di vista il modo di atteggiarsi degli effetti distrattivi dell'atto negoziale, così come dianzi puntualizzati, priva di rilevanza le obiezioni addotte dai ricorrenti col rimarcare che, al momento della contrattazione, il capannone non rientrava nel patrimonio della società, per essere stata frattanto colpita da declaratoria di inefficacia la fonte di acquisizione costituita dall'atto di provenienza, con la successiva trascrizione di un pignoramento per iniziativa di un creditore delle società cedenti ciò è valso, tutt'al più, ad aggravare la debolezza della posizione contrattuale della società Ferriere Giuliane s.r.l., sotto il profilo del concreto pericolo di inadempimento nei confronti dell'affittuaria Enterprise Siderurgica s.r.l. e della potenzialmente connessa responsabilità per danni, fonte di manifesto pregiudizio per il ceto creditorio. 3.2. Da un secondo punto di vista, la qualificazione del rapporto negoziale come affitto di azienda su cui concordano la sentenza impugnata e le deduzioni dei ricorrenti sottintende che fossero dedotti in contratto tutti i beni strumentali che la componevano il che rende problematica l'attribuzione di responsabilità agli imputati per la riscontrata mancanza di tredici motori elettrici, in assenza di uno specifico accertamento circa la loro appartenenza - od estraneità, come si è stabilito per altri beni strumentali - al compendio aziendale al momento della stipulazione. 3.3. Da un terzo punto di vista, il fatto che la distrazione sia consistita non nella sottrazione del capannone al patrimonio sociale, ma nella sproporzione fra il canone di affitto pattuito e quello legittimamente conseguibile, pone un interrogativo rimasto irrisolto in ordine all'effettiva entità del danno cagionato ai creditori della Ferriere Giuliane s.r.l. e alla connessa configurabilità dell'aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 219, comma 1, legge fall. mentre l'ipotesi - allo stato non verificata - che debba escludersi la responsabilità degli imputati per distrazione dei motori elettrici può influire sulla portata dell'ulteriore aggravante di cui al comma 2, n. 1 , del medesimo articolo e, quindi, sul bilanciamento con le attenuanti generiche. 4. Quanto fin qui argomentato rende ragione della necessità di annullare, per le riscontrate carenze di motivazione, le statuizioni assunte nella sentenza impugnata riguardanti l'addebito di distrazione dei motori elettrici e il disposto regime di applicazione delle aggravanti. Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d'Appello di Trieste, sottoporrà a rinnovata valutazione le questioni sottese dai capi della sentenza annullati, anche in vista degli effetti sul trattamento sanzionatorio complessivo. P.Q.M. Annulla la impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Trieste, altra sezione, per nuovo esame.