Differenze retributive: il calcolo è al lordo

L’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo e non al netto delle ritenute fiscali e di quelle previdenziali gravanti sul lavoratore

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12566, depositata il 4 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Messina accoglieva in parte la domanda di un lavoratore, volta conseguire il pagamento delle differenze retributive spettanti in relazione alle mansioni svolte. Sia il lavoratore che la società ricorrevano il Cassazione. Il dipendente lamentava la violazione del CCNL di riferimento. Tuttavia, il contratto non veniva riprodotto né in riferimento alla disposizione specifica ritenuta violata né nella sua integrità. Allegazione completa. La Corte di Cassazione reputava così non rispettato il principio secondo cui l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda non è soddisfatto con la sola trascrizione nel ricorso delle disposizioni di cui si lamenti la violazione, in quanto la riproduzione parziale di un documento, contrasta con i canoni di ermeneutica contrattuale. Infatti la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione. Perciò, la Cassazione rigettava il ricorso del dipendente. Mancata detrazione. La società, invece, lamentava la condanna al pagamento della somma, senza la detrazione degli importi da corrispondere per ritenute e contribuzione assicurativa. I giudici di legittimità, però, ribattevano che l’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo e non al netto delle ritenute fiscali e di quelle previdenziali gravanti sul lavoratore. Riguardo a queste ultime, il datore di lavoro può procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo in caso di tempestivo pagamento del contributo ai sensi dell’articolo 19 l. numero 218/52 «Il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce» . Le ritenute fiscali, invece, non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, perché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario fra contribuente ed erario e dovranno essere pagate dal lavoratore solo dopo che esso abbia percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava anche il ricorso della società.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 aprile – 4 giugno 2014, numero 12566 Presidente Stile – Relatore Lorito Svolgimento del processo La Corte d'Appello di Messina, con sentenza in data 25/5/10, parzialmente riformava la pronuncia di primo grado con la quale erano state solo in parte accolte le domande proposte da C.A. nei confronti della Russot Finance s.p.a. intese a conseguire il pagamento di differenze retributive spettanti in relazione alle mansioni di primo maitre svolte alle dipendenze della società nel periodo 1993-1999, con liquidazione dell'importo di Euro 46.504,39. All'esito di un rinnovato accertamento tecnico di natura contabile, la Corte territoriale respingeva il gravame interposto dal C. ed in parziale accoglimento dell'appello incidentale spiegato dalla Russot Finance s.p.a., ritenuto che dal computo elaborato dall'ausiliare andava detratta la somma corrispondente all'indennità ad personam riassorbibile , perveniva alla condanna della società al pagamento in favore di controparte, della minor somma di Euro 38.765,74 oltre accessori di legge. Avverso tale pronuncia il C. ha spiegato ricorso per Cassazione affidato a due motivi. Ha resistito con controricorso la Russot Finance s.p.a. che ha proposto impugnazione in via incidentale articolata in quattro motivi. Motivi della decisione Le impugnazioni vanno riunite ex articolo 335 c.p.c. perché interposte avverso la stessa sentenza. Con il primo motivo C.A. denuncia vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto articolo 2099 c.c., articolo 36 Cost. e dei contratti collettivi nazionali di lavoro articolo 108 ccnl . Lamenta il ricorrente l'erronea interpretazione dell'istituto indennità ad personam riassorbibile elaborata dalla Corte di merito, perché contrastante con l'iter motivazionale che sorreggeva la C.T.U. secondo cui non era ravvisabile, alla stregua del materiale probatorio acquisito, alcun elemento che potesse collegare l'emolumento descritto con l'attività di lavoro straordinario prestata. Il motivo è privo di pregio. Invero parte ricorrente si diffonde nella descrizione dell'istituto del superminimo distinguendo le due forme, quella assorbibile e quella sottratta a tale meccanismo di computo retributivo, facendo richiamo a dati desumibili dalle buste paga allegate al fascicolo di parte di primo grado, per inferirne l'assunto che la relativa voce rappresenta elemento costitutivo della retribuzione e che, pertanto, in nessun modo può essere imputabile a lavoro straordinario, diversamente da quanto argomentato dalla Corte di merito. Il C. , tuttavia, omette di riprodurre il contenuto delle buste paga, in violazione del principio di autosufficienza che governa il ricorso per cassazione, così come il contenuto delle disposizioni contrattuali collettive in cui è contenuta la disciplina dell'istituto della indennità ad personam . Osserva la Corte, quanto al primo profilo, che a seguito della riforma di cui al d.lvo numero 40 del 2006 il novellato articolo 366 c.p.c. richiede la specifica indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso al fine di realizzare l'assoluta precisa delimitazione del thema decidendum attraverso la preclusione per il giudice di legittimità, di esorbitare dall'ambito delle questioni che vengono sottoposte, e di porre a fondamento della decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente vedi fra le tante, Cass. S.U. 31 ottobre 2007 numero 23019 . In tale prospettiva, del tutto insufficiente si palesa il richiamo tout court alle buste paga che si assumono prodotte in prime cure, non associato ad una riproduzione del contenuto delle stesse, anche considerato che rimarrebbe comunque insoddisfatto il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 3, e volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio, che può ritenersi soddisfatta laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell'oggetto dell'impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata cfr, ex plurimis, Cass. 12 giugno 2008 numero 15808 . Quanto al profilo inerente alla dedotta violazione delle disposizioni contrattuali collettive, non può sottacersi che il contratto collettivo cui si è fatto richiamo, non è stato riprodotto né con riferimento alla disposizione specifica di cui all'articolo 108 indicata nel motivo di ricorso, né nella sua integrità, in ispregio al principio radicato nella giurisprudenza di questa Corte vedi Cass. 12 dicembre 2012 numero 22797 , secondo cui l'onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole nella specie, peraltro, mancante , dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell'ordinamento e con i criteri di fondo dell'intervento legislativo di cui al citato d.lgs. numero 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l'interpretazione esaustiva della questione che interessa Vedi anche Cass. 6 aprile 2011 numero 7891, Cass. 18 febbraio 2010 numero 3894, Cass. 2 luglio 2009 numero 15495 . Sotto altro versante il ricorso presenta un'ulteriore carenza, non venendo riportato integralmente il testo della ctu espletata in grado di appello, ma solo uno stralcio in cui l'ausiliare riferisce di reputare non provato il nesso di causalità fra l'indennità ad personam erogata e lo straordinario prestato. In ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, è infatti, onere della parte ricorrente di indicare lo specifico atto del giudizio precedente cui si riferisce onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione vedi in tali sensi, fra le tante, Cass. numero 23675 del 18 ottobre 2013, Cass. numero 1435 del 22 gennaio 2013 . Il ricorso per cassazione - in ragione del principio della autosufficienza - deve infatti contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni di cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito vedi in tali sensi, Cass. 24 maggio 2006 numero 1236 cui adde Cass. 17 luglio 2007 numero 15952 . Nello specifico, come già accennato, manca nel ricorso introduttivo del giudizio di legittimità il testo integrale della relazione peritale, la cui riproduzione avrebbe consentito di individuare le effettive ragioni sottese all'elaborato e l'esauriente individuazione delle norme e dei principi di diritto che si assumono violati da parte dei giudici di merito. Con il secondo motivo si denuncia vizio di omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia per avere la Corte di merito tralasciato di considerare che la società, solo tardivamente, in grado di appello, aveva contestato le risultanze degli accertamenti peritali espletati in primo grado che dovevano, pertanto, essere considerati incontestati. Si rileva, quindi, la contraddittorietà della pronuncia laddove ritiene dimostrato lo svolgimento di lavoro straordinario per il numero di ore indicate dai testimoni e, nel contempo, limita il quantum debeatur alle giornate indicate nelle buste paga prodotte, nonostante nessuna esclusione di periodi lavorativi fosse stata operata dai testi escussi che ne avevano attestato lo svolgimento in relazione all'intero arco annuale. La doglianza è priva di pregio. Quanto al profilo della inammissibilità, per tardività, delle censure mosse dalla società all'elaborato peritale stilato in primo grado e recepito dal giudice di prima istanza, si osserva che nel giudizio di appello nessuna preclusione alla formulazione dei motivi può derivare dalla mancata proposizione, nel procedimento di primo grado, di censure rivolte alle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, una volta che queste siano state acquisite in sentenza o siano state disattese motivatamente, restando fermo solo l'obbligo d'impugnare con motivi specifici la pronuncia, nella parte in cui si rapporta esclusivamente o negativamente alla relazione dell'ausiliare vedi fra le tante, Cass. 10 luglio 2009 numero 16292 . Per il resto, il motivo del ricorso finisce per risolversi in critiche che mirano ad una rivisitazione delle considerazioni di merito operate dalla Corte territoriale senza che vengano evidenziati, in violazione del criterio della autosufficienza del ricorso, elementi fattuali e giuridici idonei ad inficiarne la comprovata coerenza e congruità motivazionale. L'impianto della articolata censura, confligge invero, con i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità alla cui stregua è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte ed, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione vedi Cass. numero 7394 del 26 marzo 2010 . Nel caso di specie, il ricorrente non si è attenuto ai principi enunciati, procedendo ad una rivisitazione delle risultanze processuali non consentita, per le ragioni esposte, in sede di legittimità atteso che i giudici di merito, con motivazione congrua, hanno dato contezza delle ragioni che hanno presieduto alla limitazione della domanda volta al conseguimento delle differenze relative alla retribuzione del lavoro straordinario. Sul rilievo della estrema difficoltà di pervenire ad una rigorosa dimostrazione delle ore di lavoro prestato nell'arco temporale oggetto di controversia, la Corte territoriale ha assunto quale parametro di riferimento, i dati contenuti nei cedolini paga, qualificati come elementi dotati di un adeguato livello di attendibilità, recando per i mesi di alta stagione, un numero di presenze superiore rispetto a quelli che, ragionevolmente, erano stati indicati nei periodi di bassa stagione. Si tratta di argomentazioni in linea con i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui è onere del lavoratore che pretenda un compenso per lavoro straordinario, provare rigorosamente la relativa prestazione ed in termini sufficientemente realistici, i suoi termini quantitativi vedi fra le tante, Cass. 29 gennaio 2003 numero 1389, Cass. 12 maggio 2001 numero 6623 , essendo poi rimessa la valutazione dell'attendibilità e congruenza dei dati probatori forniti, al prudente apprezzamento discrezionale del giudice di merito che si palesa incensurabile in sede di legittimità se, come nello specifico, adeguatamente motivato ed esente da vizi di ordine logico o giuridico. Dal canto suo, la società con il primo motivo di ricorso incidentale, lamenta vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c. ed omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia. Ripercorre le dichiarazioni rese dai testimoni di parte datoriale in tema di lavoro prestato dal C. , ritenuto dalla maggior parte di essi, elastico, e censura l'impugnata sentenza per aver tralasciato di considerarne il contenuto, pervenendo ad una ricostruzione solo parziale dei fatti di causa. Con il secondo motivo denuncia vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 2099 c.c. e dell'articolo 90 ccnl e di omessa o insufficiente motivazione, per avere la Corte territoriale negato l'inquadramento del C. nel personale direttivo, nonostante il ruolo di responsabile del servizio cucina allo stesso affidato, ed aver ritenuto che l'orario di lavoro avesse superato i limiti di ragionevolezza, senza tenere in alcun conto la flessibilità ed autonomia che connotavano l'orario di lavoro cui era tenuto il C. . Con il terzo motivo la società lamenta vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c. ed omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia per avere i giudici del gravame rinviato alle conclusioni del CTU nominato in primo grado in ordine alle differenze retributive riconosciute a titolo di ferie e festività non godute, trascurando di considerare che l'attività svolta dal lavoratore era improntata a criteri di flessibilità anche in termini di recuperi e riposi, e che il dipendente percepiva una paga superiore rispetto a quella sindacale anche al fine di compensare eventuali riposi ai quali lo stesso avrebbe dovuto rinunciare durante l'anno. Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente in ragione della connessione che le qualifica, sono infondate. È fermo, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte il principio alla cui stregua la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti cfr. Cass. 16 ottobre 2013 numero 23530 . Nel caso di specie, la Corte territoriale ha reso una motivazione perfettamente comprensibile e coerente con le risultanze processuali esaminate in ordine al corretto inquadramento del C. nell'ambito degli impiegati di secondo livello, facendo leva sui dati emergenti dai medesimi cedolini paga oltre che dagli atti difensivi della società in cui si dava atto che il dipendente era tenuto al rispetto di un determinato orario di lavoro, sicché, tenuto conto del ricordato ambito della facoltà di controllo consentita al riguardo in sede di legittimità, la decisione impugnata non resta scalfita dalle censure che le sono state mosse. Con il quarto mezzo di impugnazione si denuncia vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c. ed omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia per avere la Corte di merito tralasciato di considerare la censura con la quale si lamentava che il tribunale adito avesse condannato la società al pagamento degli importi indicati, senza detrarre gli importi da corrispondere per ritenute e contribuzione assicurativa. Il motivo è infondato, ove si consideri che, secondo costante orientamento di questa Corte, l'accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo e non al netto delle ritenute fiscali e di quelle previdenziali gravanti sul lavoratore. Ed infatti, quanto a queste ultime, al datore di lavoro è consentito di procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo ai sensi dell'articolo 19 L. 218/52 per quanto concerne, invece, le ritenute fiscali esse non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario fra contribuente ed erario e dovranno essere pagate dal lavoratore solo dopo che esso abbia percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli vedi ex plurimis, Cass. 28 settembre 2011 numero 19790 . In definitiva, alla luce delle sinora esposte considerazioni, entrambi i ricorsi devono essere respinti. La situazione di reciproca soccombenza giustifica, infine, l'integrale compensazione fra le parti delle spese concernenti il presente giudizio. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa fra le parti le spese del presente giudizio.