‘Nonnismo’ scolastico: ragazzo nigeriano preso d’assalto dai compagni nello spogliatoio. Nessuno scherzo: è razzismo

Decisivo è l’episodio avvenuto in un post partita, che permette di portare alla luce un clima discriminatorio protrattosi per mesi e perpetrato da alcuni studenti nei confronti di un compagno di classe, un ragazzo nigeriano. Confermata la condanna per ingiurie e violenza privata, ma col riconoscimento dell’aggravante della discriminazione razziale.

Obiettivo l’integrazione? Riconoscimento dello ius soli? Società multietnica? Tutti traguardi apprezzabili, e ambiziosi, ma tocca anche fare i conti colla realtà italiana Fatta di episodi clamorosi di razzismo. Anche tra giovanissimi, anche in una scuola, laddove le espressioni poco gradevoli – eufemismo – utilizzate nei confronti di un ragazzo nigeriano non sono certo uno scherzo, né semplici offese, ma discriminazione a tutti gli effetti Cassazione, sentenza n. 25870, Quinta sezione Penale, depositata oggi . Punta dell’iceberg. A rompere equilibri precari, silenzi fatti di pudore, e clima vilmente cameratesco è l’episodio assolutamente deprimente di cui rimane vittima, a scuola, un ragazzo nigeriano egli, al termine di una partita , viene schernito e fatto oggetto di sputi negli spogliatoi e poi portato a forza e costretto a restare nel ‘locale docce’, con i rubinetti aperti . Follia? Assolutamente no, perché, come acclarato nelle aule di giustizia, quel fattaccio è solo la punta dell’iceberg il ragazzo, difatti, nel corso dell’anno scolastico era stato abitualmente apostrofato con espressioni quali ‘negro di merda’ . Di conseguenza viene ritenuta logica la contestazione dell’aggravante della discriminazione razziale rispetto ai reati di ingiuria e violenza privati addebitati ai bestiali compagni di classe che hanno preso di mira il ragazzo nigeriano. Razzismo . Ebbene, la linea di pensiero, rigida, tranchant, adottata nei primi due gradi di giudizio, viene, infine, confermata anche dalla Cassazione, che rigetta le osservazioni mosse da uno degli studenti autori delle offese. Secondo lo studente, in particolare, va valutata, piuttosto, la plausibilità dell’ ipotesi dello scherzo per l’episodio accaduto nello spogliatoio, anche tenendo presente che le ingiurie in epoca precedente non erano a sfondo razziale , poiché non udite da terzi . Ma questa visione viene completamente demolita dai giudici della Cassazione, per i quali è assolutamente indiscutibile il ‘peso specifico’ del contesto discriminatorio – creato nei mesi precedenti all’episodio dello spogliatoio – ai danni del compagno di classe, apostrofato abitualmente con l’epiteto ‘negro di merda’ . E risibile viene ritenuta l’osservazione sul fatto che le offese non siano state udite da terzi l’aggravante del razzismo, chiariscono i giudici, è integrata quando l’azione si rapporti al pregiudizio manifesto di inferiorità di una razza, non essendo necessario che la condotta sia destinata, o, quanto meno, potenzialmente idonea, a rendere percepibile all’esterno – e quindi a suscitare – il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori . Anche perché, aggiungono i giudici, ciò comporterebbe l’irragionevole conseguenza di escludere l’aggravante in tutti i casi in cui l’azione lesiva si svolgesse in assenza di terze persone .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 maggio 12 giugno 2013, n. 25870 Presidente Ferrua – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. E.C. risponde, in concorso con compagni di classe separatamente giudicati in quanto minori, dei reati, secondo la riqualificazione operatane in secondo grado, di ingiuria e violenza privata commessi il 5-4-2006 e di ingiuria continuata commessa nei precedenti mesi di quell’anno scolastico, tutti aggravati dalla finalita di discriminazione o odio etnico di cui all’art. 3 legge 205/2003, in danno del compagno di classe A.O., che il 5-4-2006, al termine di una partita, era stato schernito e fatto oggetto di sputi negli spogliatoi e poi portato a forza e costretto a restare nel locale docce, con i rubinetti aperti, mentre in precedenza, nel corso dell’anno scolastico, era stato abitualmente apostrofato con espressioni quali negro di merda”. 2. La corte di appello di Perugia, con Sentenza 11-4-2012, ritenuto assorbito il reato di atti di discriminazione razziale autonomamente contestato capo C , negli altri reati capi A e B sotto forma dell’aggravante di cui sopra, confermava l’affermazione di responsabilità di cui alla pronuncia 1-10-10 del Tribunale di Perugia, sez. list. di Città di Castello, revocando la subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale e riducendo l’importo delle spese processuali liquidate alla parte civile in primo grado. 3. Ricorre l’imputato tramite l’avv. S. Di Fiore articolando quattro doglianze. 4. La prima errata applicazione delle norme incriminatrici e dei criteri di valutazione della prove e vizio motivazionale anche sotto forma di travisamento dei fatti. Infatti la corte perugina, nell’affermare che era plausibile che i professori nulla sapessero delle offese razziste di cui l’allievo nigeriano era stato oggetto nel corso dell’anno scolastico 2005/2006, avendo questi taciuto la cosa tanto ai genitori che agli insegnanti prima della vicenda del 5 aprile spogliatoi/docce sia per vergogna che per non dare un dispiacere ai genitori, non aveva tenuto conto che, invece, la p.o. aveva dichiarato di aver riferito agli insegnanti le offese ricevute, il che rendeva le sue dichiarazioni palesemente false minandone la valutazione di attendibilità effettuata dalla corte di merito in ordine al reato di atti di discriminazione razziale, riqualificato dalla corte come ingiuria aggravata. In conseguenza veniva meno l’aggravante anche in relazione ai fatti del 5 aprile dal momento che la sentenza l’aveva ancorata esclusivamente al preesistente contesto discriminatorio e riacquistava plausibilità l’ipotesi dello scherzo per tali fatti. 5. Con il secondo motivo si deducevano violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento dell’esimente, anche putativa, del consenso dell’avente diritto, risultando dalle dichiarazioni della stessa p.o. e da quelle dei coimputati minorenni che il giovane nigeriano, in occasione dell’episodio del 5 aprile, non era stato ingiuriato da alcuno e che aveva accettato la cosa come uno scherzo fino a che due compagni, ma non l’imputato, gli avevano sputato addosso, 6. Il terzo motivo investe con le medesime censure il riconoscimento dell’aggravante dell’odio razziale in quanto le ingiurie antecedenti all’episodio dello spogliatoio non erano state udite da terzi e la corte del territorio non aveva motivato le ragioni della preferenza accordata all’orientamento di questa corte che non ne richiede la percezione da parte di terzi rispetto a quello che invece la richiede. 7. Con il quarto motivo il ricorrente rilevava violazione di legge ed inosservanza di norme stabilite a pena di nullita in relazione agli artt. 6 comma 3 dl 122/1993, 521 bis e 33 bis cod. proc. pen. in quanto la corte, a seguito della riqualificazione dei fatti, avrebbe dovuto trasmettere gli atti al PM affinché il processo si svolgesse dinanzi al tribunale in composizione collegiale previa fissazione dell’udienza preliminare. 8. La parte civile ha depositato memoria con cui ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso, con vittoria di spese dei tre gradi di giudizio. Considerato in diritto I. Il ricorso e infondato e va disatteso. 2. Il quarto motivo dei gravame esige prioritarla trattazione per il suo potenziale carattere assorbente dei primi tre. 3. L’eccezione di violazione degli artt. 6, comma 3, d.l. 122/1993, 521 bis e 33 bis cod. proc. pen. per mancata trasmissione degli atti al PM affinché il processo, a seguito della riquailificazione dei fatti sub A e B come aggravati dalla finalita di discriminazione o odio etnico di cui all’art, 3 legge 205/2003, si svolgesse dinanzi al tribunale in composizione collegiale previa fissazione dell’udienza preliminare, risulta tardivamente proposta. 4. Invero, essendo anche il reato di cui all’originario capo C di competenza del tribunale collel lale ex 33 bis, comma 1, lett, p , cod. proc. pen. che, facendo espresso riferimento ai delitti previsti dall’art. 6, commi 3 e 4 d.l. 12211993, conv. in l. 205/1993, richiama i delitti contemplati dall’art. 3 1.654/1975, norma contestata al capo C, sostituita dall’art. 1 d.l. 122/1993 citato , la questione avrebbe dovuto essere proposta, non essendosi tenuta l’udienza preliminare, nel termine ex art. 491, comma 1, codice di rito come stabilito dall’art. 33 quinquies stesso codice , mentre era proposta solo con il ricorso per cassazione, con conseguente preclusione al suo accoglimento art. 33 octies cod. proc. pen, . Né la riqualificazione dei reati operata in secondo grado attraverso l’assorbimento del capo C nei primi due capi sotto forma di contestazione dell’aggravante, e in qualche modo lesiva, contrariamente a quanto sostenuto dal P.G. d’udienza, del diritto al contraddittorio in ordine alla natura e qualificazione giuridica dei fatti di cui l’imputato e chiamato a rispondere, sancito dall’art. 111, comma terzo, Cost. e dall’art. 6 CEDU, comma primo e terzo, lett. a e b , così come interpretato nella sentenza della Corte EDU nel proc. D. c. I Infatti nella specie l’osservanza di tale diritto la cui violazione neppure il ricorrente ha lamentato, risulta assicurata, con esclusione di qualunque forma di contestazione a sorpresa”, dalla circostanza che ab origine era contestato al C. il reato di atti di discriminazione razziale capo C , a fronte di che la ritenuta aggravante della finalita di discriminazione o di odio etnico/razziale in relazione al capi A e B, con assorbimento in essi del capo c, non introduce alcun elemento di novita dal quale l’imputato non sia stato posto in grado di difendersi, oltre ad integrare trattamento piu favorevole. 5. Passando all’esame dei primi tre motivi, si osserva che il primo con cui si lamenta, tra l’altro, anche travisamento del fatto, peraltro intendendosi all’evidenza far riferimento al travisamento della prova -, e privo di fondamento. Il ricorrente pretenderebbe di far discendere la valutazione di palese inattendibilita della persona offesa dal rilevo che, mentre la corte territoriale aveva ritenuto che il giovane nigeriano non avesse confidato ai professori il prolungato regime di offese a sfondo razzista cui era stato sottoposto nel corso dell’anno scolastico prima dell’episodio dei 5-4-2006, questi aveva invece dichi,warato di averlo fatto, in ciò smentito dai docenti. A dimostrazione del travisamento delle dichiarazioni della p.o., nel ricorso e pero richiamata la pag. 11 della trascrizione del verbale dell’udienza 21-11-2008, da cui non risulta che il teste avesse riferito di essersi confidato con i professori. D’altro canto la citazione testuale, contenuta nel gravame, di una parte della deposizione, oltre ad essere avulsa dal contesto, che questa corte non conosce e non puo conoscere, non e particolarmente significativa al fine perseguito non potendo escludersi che le confidenze fossero intervenute dopo i fatti dei 5 aprile. Viene meno, così, anche la conseguenza auspicata dal ricorrente e cioe che, essendo la p.o. inattendibile per il profilo indicato, ne discenderebbe l’inesistenza dell’aggravante anche in relazione ai fatti dei 5 aprile la cui ricorrenza era stata ancorata in sentenza esclusivamente al preesistente contesto discriminatorio e riacquisterebbe plausibilità l’ipotesi dello scherzo. 6. Del pari infondate le censure di cui al secondo motivo. L’esclusione dei travisamento della prova lamentato con la prima doglianza, con conseguente conferma del giudizio di attendibilita della p.o., esclude in radice la possibilita di riconoscimento dell’esimente, anche putativa, del consenso dell’avente diritto in relazione al capo B, la cui prospettazione appare di visibile inconsistenza alla stregua del contesto discriminatorio, ben evidenziato in sentenza, creato nei mesi precedenti dall’imputato e da altri allievi ai danni del compagno di classe, apostrofato abitualmente con l’epiteto di negro di merda”. 7. Ingiustificatamente, con il terzo motivo, il ricorrente contesta poi la possibilità di riconoscimento dell’aggravante dell’odio razziale per non essere state udite da terzi le ingiurie anteriori all’episodio dello spogliatoio, richiamando giurisprudenza di questa corte, a suo dire non costante, che ne esigerebbe la percezione da parte di altri, invero non solo la sentenza 11590/2010 richiamata a tale scopo nel ricorso, non richiede affatto tale elemento, ma a sostegno dell’opposto orientamento milita condolidato indirizzo di questa corte secondo cui l’aggravante e integrata quando l’azione si rapporti, nell’accezione corrente, al pregiudizio manifesto di inferiorita di una razza, non essendo necessario che la condotta incriminata sia destinata o, quanto meno, potenzialmente idonea a rendere percepibile all’esterno e quindi a suscitare il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori, anche perché cio comporterebbe l’irragionevole conseguenza di escludere l’aggravante in questione in tutti i casi in cui l’azione lesiva si svolgesse in assenza di terze persone Cass. 49694/2009, 38597/2009, 38591/2008 . 8. Al rigetto dei ricorso seguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e quella alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in dispositivo facendo applicazione dei criteri per la liquidazione dei compensi ai professionisti dettati con il decreto ministeriale dei 20 luglio 2012 n. 140, entrato in vigore il giorno successivo, tenuto conto che la costituzione riguarda anche il padre di A.C. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi € 3000, oltre accessori secondo legge.