Il conduttore, che per gravi motivi recede dal contratto di locazione di immobile destinato ad attività previste dagli articolo 27 e 42 locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione l. numero 392/1978, prima della scadenza del termine di durata, senza il preavviso prescritto dall’ultimo comma del medesimo articolo 27 6 mesi , è tenuto al risarcimento dei danni che il locatore provi di aver subito per l’anticipata restituzione dell’immobile, a meno che dimostri che l’edificio è stato ugualmente utilizzato dal locatore direttamente o indirettamente.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11647, depositata il 26 maggio 2014. Il caso. La proprietaria di un immobile conveniva in giudizio una società, a cui aveva locato l’edificio ad uso palestra, chiedendo il pagamento dei canoni arretrati, dal 2004 al novembre 2007, data di scadenza del contratto. La Corte d’appello di Trento accoglieva la domanda, ma limitatamente al periodo dal 2004 al giugno 2006, respingendo per il resto le ulteriori richieste. La proprietaria ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata concessione dei canoni per il periodo da luglio 2006 a novembre 2007. La convenuta, nei giudizi di merito, aveva chiesto la declaratoria di nullità e/o di risoluzione del contratto, perciò, essendo poi state respinte queste domande, il recesso anticipato della società non poteva essere ritenuto legittimo. Fine dei rapporti. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, nel caso di specie, la ricorrente aveva accettato la restituzione delle chiavi alla fine di giugno 2006 ed aveva ricominciato a gestire i locali a partire dal mese seguente. Questo, da considerare come dato oggettivo, aveva reso impossibile il ripristino del rapporto d’affitto, indipendentemente dall’esistenza o meno di legittimi motivi a giustificazione dell’anticipato recesso della conduttrice, con conseguente venir meno del diritto al percepimento di ulteriori canoni di locazione fino alla data originariamente stabilita per la scadenza del contratto. Mancato preavviso. Secondo i giudici di legittimità, tale decisione era in linea con il principio, secondo cui il conduttore, che per gravi motivi recede dal contratto di locazione di immobile destinato ad attività previste dagli articolo 27 e 42 locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione l. numero 392/1978, prima della scadenza del termine di durata, senza il preavviso prescritto dall’ultimo comma del medesimo articolo 27 6 mesi , è tenuto al risarcimento dei danni che il locatore provi di aver subito per l’anticipata restituzione dell’immobile, a meno che dimostri che l’edificio è stato ugualmente utilizzato dal locatore direttamente o indirettamente. Perciò, era onere del locatore dimostrare di aver subito un ulteriore danno, pur avendo ripreso immediatamente la medesima attività negli stessi locali, ma questo non era stato fatto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 febbraio – 26 maggio 2014, numero 11647 Presidente Petti – Relatore Cirillo Svolgimento del processo I. L'impresa Wimor di E.M. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Rovereto, la s.a.s. Moving club, in persona del socio accomandatario A.B., nonché quest'ultimo in proprio e, sulla premessa di aver locato ai convenuti un immobile ad uso palestra, chiedeva che i medesimi venissero condannati al pagamento di somme analiticamente indicate relative al contratto stesso in particolare, conguaglio dei canoni concordati in misura ridotta nel periodo da maggio 2004 a dicembre 2005, corresponsione dei canoni dovuti dal febbraio 2006 alla scadenza pattuita del novembre 2007, nonché risarcimento dei danni a vario titolo . Si costituivano i convenuti i quali, oltre a chiedere il rigetto della domanda, chiedevano altresì, in via riconvenzionale, che venisse dichiarata la nullità del contratto, ovvero la risoluzione dello stesso per inadempimento del locatore, nonché la condanna dell'attore al pagamento di somme a titolo di risarcimento del danno. Il Tribunale, con sentenza del 4 novembre 2009, accoglieva la domanda e condannava la s.a.s. Moving club al pagamento delle seguenti somme euro 12.395,04 per canoni dal maggio 2004 al dicembre 2005 euro 33.318,90 per canoni da febbraio a dicembre 2006 euro 35.138 per canoni da gennaio a novembre 2007 euro 2.978,04 per risarcimento danni il tutto con condanna alle spese di lite. 2. Proposto appello dai convenuti soccombenti, la Corte d'appello di Trento, con sentenza del 9 giugno 2010, in parziale riforma di quella di primo grado, condannava le parti appellanti al pagamento della somma complessiva di euro 14.435,84 per canoni da febbraio a giugno 2006 respingeva la domanda dell'impresa Wimor finalizzata ad ottenere il pagamento dei canoni da luglio 2006 a novembre 2007 confermava nel resto la pronuncia di primo grado e regolava le spese. 3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Trento propone ricorso l'impresa Wimor di E.M., con atto affidato a due motivi. Resistono la s.a.s. Moving club e A.B. in proprio, con un unico controricorso. La Wimor ha presentato memoria. Motivi della decisione 1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 4 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 del codice di procedura civile. Osserva la parte ricorrente che la sentenza d'appello ha riformato quella di primo grado negando l'esistenza del diritto al canone di affitto nel periodo successivo al giugno 2006. Tuttavia, alla luce delle conclusioni rassegnate dalle parti in appello, risulta che la conduttrice aveva chiesto la declaratoria di nullità e/o di risoluzione del contratto pertanto, poiché le domande di nullità e risoluzione erano state respinte, il recesso anticipato della società Moving club non poteva essere ritenuto legittimo. Da tanto consegue che la Corte d'appello, nel negare che la Wimor avesse diritto alla percezione dei canoni successivi al giugno 2006, avrebbe giudicato oltre le richieste delle parti, con violazione dell'invocata norma processuale. 2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3 e numero 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 cod. civ. oltre ad insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Osserva la ricorrente che non sarebbe dato comprendere sulla base di quale motivazione la Corte d'appello abbia deciso nel senso del mancato riconoscimento dei canoni dopo il giugno 2006. La sentenza avrebbe violato i principi in tema di onere della prova nella parte in cui non ha considerato che la Wimor aveva richiesto l'adempimento del contratto e che doveva essere la società Moving club a provare l'esistenza di fatti modificativi o impeditivi o estintivi. 3. I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto pongono, in sostanza, i medesimi problemi, sono entrambi privi di fondamento. 3.1. La sentenza impugnata ha dato conto, con motivazione pienamente adeguata e priva di vizi logici, di quale sia stato lo svolgimento cronologico degli eventi per cui è causa. Essa ha accertato, per quanto ancora di interesse in questa sede, che in data 26 giugno 2006 la Wimor aveva accettato la restituzione delle chiavi da parte della conduttrice e che a decorrere dal luglio 2006 l'azienda con annessi locali era stata gestita dalla proprietaria ex locatrice. Ciò aveva reso «di fatto impossibile il ripristino del rapporto di affitto di azienda con il precedente conduttore», e tanto «indipendentemente dalla sussistenza o meno di legittimi motivi a giustificazione dell'anticipato recesso» della conduttrice, con conseguente venire meno del diritto della Wimor a continuare a percepire i canoni di locazione per il periodo successivo. Il che comportava il rigetto della domanda della locatrice finalizzata alla condanna al pagamento dei canoni fino al novembre 2007, data di scadenza naturale del contratto. La ricostruzione in punto di fatto compiuta dalla sentenza impugnata non è posta in discussione neppure dalla ricorrente, la quale si duole, però, che il giudice d'appello non abbia riconosciuto in suo favore anche il diritto alla percezione dei canoni di locazione fino alla data originariamente stabilita per la scadenza del contratto. 3.2. Osserva al riguardo questa Corte che la parte conduttrice aveva chiesto fin dal primo grado il rigetto delle domande avanzate nei suoi confronti dalla Wimor, mentre solo con le riconvenzionali la Moving club aveva chiesto la declaratoria di nullità e di risoluzione allo scopo di chiedere i danni. Il fatto che le domande riconvenzionali siano state tutte respinte non significa tuttavia - come pretende il ricorrente - che la sentenza sia viziata per ultrapetizione per il fatto di aver giudicato non dovuti i canoni maturati successivamente alla conclusione anticipata della locazione, perché il ragionamento del giudice d'appello, come si è visto, è stato affatto diverso. La sentenza impugnata è partita da un dato oggettivo - la riconsegna delle chiavi e l'immediata ripresa dell'attività da parte della Wimor - per negare la sussistenza del diritto agli ulteriori canoni in favore del proprietario. Il che, d'altra parte, è in linea con la pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo cui il conduttore che per gravi motivi recede dal contratto di locazione di immobile destinato a una delle attività indicate negli articolo 27 e 42 della legge 27 luglio 1978, numero 392, prima della scadenza del termine di durata, senza il preavviso prescritto dall'ultimo comma del citato articolo 27, è tenuto al risarcimento dei danni che il locatore provi di aver subito per l'anticipata restituzione dell'immobile a meno che dimostri che l'immobile è stato egualmente utilizzato dal locatore direttamente o indirettamente sentenza 22 agosto 2007, numero 17833 . Nessuna violazione delle regole sull'onere della prova è, dunque, prospettabile, perché i dati oggettivi sopra ricordati consentono di affermare che era, semmai, onere del locatore dimostrare di aver subito un ulteriore danno pur avendo egli ripreso immediatamente la medesima attività nei medesimi locali. E, d'altra parte, la sentenza d'appello non è stata censurata per violazione delle norme in tema di obbligo di corresponsione del canone di locazione in un momento successivo alla scadenza. Tutto ciò esclude anche che sia profilabile un vizio motivazionale, avendo la Corte territoriale dato ampiamente conto delle proprie ragioni decisorie. 4. In conclusione, il ricorso è rigettato. A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, numero 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per spese, oltre accessori di legge.