Il dipendente pubblico temporaneamente dirigente ha diritto a un TFR comunque commisurato alla qualifica di appartenenza

Gli emolumenti computabili articolo 3 e 38 d.P.R. numero 1032/1973 sono dunque previsti tassativamente dalla legge, sicché ogni altro trattamento ulteriore non può essere considerato pur avendo natura retributiva.

Lo afferma la Cassazione nella sentenza numero 10413 del 14 maggio 2014. La vicenda. La fattispecie al centro della controversia in esame vede due dipendenti dell’Agenzia delle dogane, che hanno instaurato un rapporto di pubblico impiego alla fine degli anni sessanta, chiedere l’accertamento del proprio diritto a vedersi determinare l’indennità di buonuscita sulla base della retribuzione dirigenziale percepita al momento della risoluzione del rapporto, domandando la condanna dell’Inpdap al pagamento delle relative differenze. Secondo i due dipendenti l’Agenzia delle dogane aveva determinato l’indennità di buonuscita prendendo come base di calcolo la retribuzione corrispondente alla funzione di direttore tributario, invece di considerare come base l’ultimo stipendio effettivamente percepito per lo svolgimento dell’incarico dirigenziale. Il giudice di prime cure, nel respingere entrambe le domande, evidenziava come i trattamenti economici dirigenziali potessero incidere sul calcolo dell’indennità di buonuscita esclusivamente in favore dei dirigenti di ruolo, ovvero quelli in possesso della qualifica dirigenziale. Tali trattamenti, invece, non possono influire sul calcolo dell’indennità di buonuscita in favore dei funzionari chiamati a ricoprire una posizione dirigenziale vacante, e, solo per questo, in godimento della retribuzione di posizione per effetto dello svolgimento di mansioni superiori a quelle del rispettivo inquadramento. La sentenza del Tribunale era confermata nel successivo appello, dove la Corte affermava che la strutturale transitorietà dell’affidamento di funzioni dirigenziali a funzionari non dirigenti rende completamente differenti i ruoli dei dirigenti nominati a seguito di procedura concorsuale e quelli, invece, dei funzionari chiamati provvisoriamente a ricoprire posizioni dirigenziali vacanti. Quindi, ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita da liquidarsi, è necessario fare riferimento al trattamento stipendiale attribuito al personale nella originaria qualifica di appartenenza funzionari non dirigenti . Il ricorso. Nel successivo ricorso per Cassazione i due dipendenti sostengono che, ai sensi del combinato disposto tra gli articolo 3 e 38 d.P.R. numero 1032/1973, l’indennità di buonuscita di ogni dipendente statale è determinata avendo riguardo all’ultimo stipendio, paga o retribuzione integralmente percepiti, la cui individuazione è stabilita su base annua e con l’inclusione di determinati assegni specificati dalla legge, senza alcuna distinzione derivante dal titolo in virtù del quale è corrisposta l’ultima retribuzione. Secondo i due dipendenti, dunque, è irrilevante la circostanza che l’ultima retribuzione effettivamente percepita corrisponda o meno all’inquadramento del lavoratore l’indennità di buonuscita deve essere determinata, secondo i ricorrenti, considerando la retribuzione percepita come dirigenti, essendo quello l’incarico svolto al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Il quadro normativo. Al fine di comprendere meglio la fattispecie al centro della controversia in esame, si rivela opportuno ricordare che ai sensi dell’articolo 3 d.P.R. numero 1032/1973, al dipendente statale che cessa dal servizio con diritto alla pensione, anche se successivamente riconosciuto, normale e privilegiata, spetta l'indennità di buonuscita purché il servizio stesso sia durato almeno un biennio compiuto. L'indennità è pari a tanti dodicesimi della base contributiva, di cui all'articolo 38, quanti sono gli anni di servizio computabili. Inoltre, la stessa norma precisa che per la determinazione della base contributiva si deve considerare l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti la stessa norma vale per gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva. L’articolo 38 dello stesso d.P.R. specifica il suddetto criterio, stabilendo che la base contributiva è costituita dall'80% dello stipendio, paga o retribuzione annui, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale iscritto al Fondo, nonché di assegni specificamente individuati. Tassatività degli elementi retributivi ai fini della base del calcolo. La Cassazione, in primo luogo, ribadisce che gli elementi retributivi che valgono a definire la base di calcolo dell’indennità di anzianità hanno carattere tassativo. In proposito, giova ricordare che la Consulta in due pronunce ha rimarcato tale tassatività. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato costituzionalmente illegittime le varie disposizioni dettate per l'impiego pubblico nella parte in cui non prevedono, per i trattamenti di fine rapporto, meccanismi legislativi di computo dell'indennità integrativa speciale secondo i principi e i tempi indicati in motivazione dalla Corte costituzionale Corte Cost., numero 243/1993 . In seguito a tale pronuncia fu emanata la l. numero 87/1994 che stabilisce l’espressa inclusione dell’indennità integrativa speciale nella base di computo dell’indennità di buonuscita. In una seconda decisione la Consulta ha poi dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articolo 3 e 36 cost., degli art3. 3 e 38 d.P.R. numero 1032/1973 e della l. numero 78/1983, nella parte in cui non consentono di comprendere l'indennità operativa nella base di computo dell'indennità di buonuscita Corte Cost., numero 278/1995 . I precedenti della Cassazione. Anche la giurisprudenza di legittimità ha avuto occasione di pronunciarsi sul tema. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che i dipendenti di Poste italiane, all'atto della cessazione dal servizio, hanno diritto al t.f.r., liquidato secondo i criteri di cui all'articolo 2120 c.c., limitatamente al periodo del rapporto di lavoro successivo alla trasformazione dell'Ente poste italiane in società per azioni, ai sensi dell'articolo 2, comma 27, l. numero 662/1996 per il periodo anteriore hanno invece diritto all'indennità di buonuscita liquidata secondo le norme dettate per i dipendenti dello Stato e, in applicazione dell'articolo 3 d.P.R. numero 1032/1973, la base contributiva cui tale indennità deve essere commisurata non può includere emolumenti diversi da quelli espressamente menzionati dall'articolo 38 del medesimo d.P.R. la cui elencazione ha carattere tassativo o da leggi speciali, restando, pertanto, esclusa ogni possibilità di interpretare le locuzioni stipendio , paga o retribuzione nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva, riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa, come il compenso annuale di fine esercizio, il compenso annuale di incentivazione o la quattordicesima mensilità. Per le Sezioni Unite la reggenza ha carattere di straordinarietà e temporaneità. In proposito le Sezioni Unite hanno precisato che proprio in tema di reggenza, da parte del personale appartenente alla qualifica C3, del pubblico ufficio sprovvisto, temporaneamente, del dirigente titolare, l'articolo 20 d.P.R. 266/1987 contenente le norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dei ministeri , deve essere interpretato, ai fini del rispetto del canone di ragionevolezza e dei principi generali di tutela del lavoro, nel senso che l'ipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata dalla straordinarietà e temporaneità «in attesa della destinazione del dirigente titolare» , con la conseguenza che a tale posizione può farsi luogo in virtù della suddetta specifica norma regolamentare, senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, solo allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura, cosicché, al di fuori di tale ipotesi, la reggenza dell'ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali. Né, a tal fine, assume rilievo la disposizione di cui all'articolo 24 C.C.N.L. del 16 febbraio 1999 comparto ministeri - personale non dirigente, che - nel disciplinare il trattamento retributivo conseguente all'attribuzione di mansioni immediatamente superiori alla qualifica di appartenenza - riguarda la diversa ipotesi di sostituzione di dirigenti assenti temporaneamente. In conclusione. Considerando i principi sopra espressi la Cassazione afferma quindi che nel regime dell’indennità di buonuscita spettante al pubblico dipendente che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell’indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non quello rapportato all’esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 17 dicembre 2013 – 14 maggio 2014, numero 10413 Presidente Canevari – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. I sig. B.L. e R.M. , dipendenti del Ministero delle finanze, Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette - trasformato in Agenzia delle Dogane con il d.lgs. numero 300 del 1999 - adivano il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, domandando l'accertamento del proprio diritto a vedersi determinare l'indennità di buonuscita sulla base della retribuzione dirigenziale percepita al momento della risoluzione del rapporto, con la condanna dell'Agenzia delle dogane e dell'INPDAP al pagamento delle relative differenze. Il B. , dipendente del Ministero delle finanze fin dal marzo 1968. da ultimo inquadrato nella IX qualifica funzionale, posizione economica C3 Super, esponeva in punto di fatto che a decorrere dal 1 marzo 2002 gli era stato affidato l’”incarico provvisorio di responsabile della direzione della circoscrizione doganale di Milano. In relazione a tale funzione di reggenza di ufficio di livello dirigenziale non generale, gli veniva attribuita - ai sensi degli articolo 14 e 24 del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia delle Entrate approvato con delibera del Comitato direttivo numero 4 del 30 novembre 2000, pubblicato in G.U. numero 36 del 13 febbraio 2001 -dapprima la retribuzione di posizione dirigenziale di secondo livello, con esclusione di ogni altro trattamento accessorio nonché dei compensi per lavoro straordinario, e poi. fino alla data del collocamento a riposo con decorrenza 24 aprile 2004. il trattamento economico dei dirigenti di seconda fascia, unitamente al trattamento accessorio di prima fascia e la retribuzione di risultato, a titolo di retribuzione di posizione. Il R. , anch'egli dipendente del Ministero delle finanze fin dall'ottobre 1966. da ultimo inquadrato nella IX qualifica funzionale, posizione economica C3. esponeva che con provvedimenti del Direttore dell'Agenzia, gli veniva conferito dapprima l'incarico di assistente di direzione presso la direzione regionale per la Lombardia, a decorrere dal giugno 2001, e successivamente, a decorrere dal novembre 2002 e fino al collocamento a riposo avvenuto in data 1 ottobre 2004, l'incarico dirigenziale per lo svolgimento delle funzioni di audit interno presso la direzione regionale delle dogane di Milano per la Regione Lombardia. In relazione a tali funzioni, gli veniva attribuito - ai sensi dei cit. articolo 14 e 24 del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia - il trattamento economico dei dirigenti di seconda fascia, unitamente al trattamento accessorio di prima fascia e la retribuzione di risultato, a titolo di retribuzione di posizione. Entrambi i ricorrenti lamentavano che l'Agenzia delle dogane aveva determinato l'indennità di buonuscita prendendo, come base di calcolo, la retribuzione corrispondente alla funzione di Direttore tributario, IX qualifica funzionale, posizione economica C3, in luogo dell'ultimo stipendio effettivamente percepito per lo svolgimento dell'incarico dirigenziale. 2. L'adito Tribunale di Milano respingeva le domande, ritenendo che i trattamenti economici dirigenziali potessero incidere sul calcolo dell'indennità di buonuscita solo in favore dei dirigenti di ruolo, ossia in possesso della qualifica dirigenziale, e non in favore dei funzionari chiamati a ricoprire una posizione dirigenziale vacante e, solo per questo, in godimento della retribuzione di posizione per effetto dello svolgimento di mansioni superiori a quelle del rispettivo inquadramento. 3. La Corte di appello di Milano, sezione lavoro, con sentenza 11 marzo 2010 numero 159, rigettava l'appello, rilevando che la strutturale transitorietà dell'affidamento di funzioni dirigenziali a funzionari non dirigenti, ai sensi dell'articolo 26 del Regolamento dell'Agenzia delle dogane, rende del tutto differenti i ruoli dei dirigenti nominati a seguito di procedura concorsuale disciplinata dall'articolo 14 del Regolamento citato e quelli dei funzionari chiamati provvisoriamente a coprire posizioni dirigenziali vacanti, con conseguente necessità di riferirsi, ai fini della liquidazione dell'indennità di buonuscita, al trattamento stipendiale attribuito al personale nella originaria qualifica di appartenenza. 4. Avverso tale sentenza hanno proposto un unico ricorso per cassazione sia R.M. sia gli eredi di B.L. , nelle more deceduto, articolando un duplice motivo. Nessuna delle parti intimate ha resistito con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ La causa, inizialmente chiamata innanzi alla Sezione Lavoro di questa Corte, è stata rimessa alle Sezioni Unite a seguito di ordinanza interlocutoria della Sezione Lavoro in ragione di un contrasto di giurisprudenza sul punto. I ricorrenti hanno depositato ulteriore memoria ex articolo 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Il ricorso è articolato in due motivi. Lamentano innanzi tutto i ricorrenti la violazione e falsa applicazione degli articolo 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, numero 1032, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3. cod. proc. civ Assumono i ricorrenti che, ai sensi del combinato disposto degli articolo 3 e 38 del d.P.R. numero 1032 del 1973, l'indennità di buonuscita di ogni dipendente statale è determinata in ragione dell'ultimo stipendio, paga o retribuzione integralmente percepiti, la cui determinazione è fissata su base annua e con l'inclusione di determinati assegni specificati dalla legge, senza alcuna distinzione in conseguenza del titolo in virtù del quale è corrisposta l'ultima retribuzione. Da ciò l'asserita irrilevanza della corrispondenza o meno all'inquadramento del lavoratore, dell'ultima retribuzione effettivamente percepita. Secondo i ricorrenti, la corretta interpretazione ed applicazione della citata disciplina impone la determinazione dell'indennità di buonuscita in ragione dell'ultima retribuzione percepita, nella specie corrispondente agli incarichi dirigenziali in atto al momento della cessazione del rapporto e svolti in base a contratti individuali di lavoro a termine stipulati ai sensi dell'articolo 26 del Regolamento di amministrazione dell'Ente, in forza dei quali ai funzionari incaricati dello svolgimento di funzioni dirigenziali è stato attribuito lo stesso trattamento economico dei dirigenti. Con il secondo motivo lamentano i ricorrenti violazione e falsa applicazione dell'articolo 1230 cod. civ., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ Assumono i ricorrenti che, se anche si volesse considerare necessaria la corrispondenza tra la retribuzione percepita e la qualifica del lavoratore, tale condizione sarebbe integrata nel caso di specie, essendo stati stipulati dall'Amministrazione contratti individuali di lavoro a termine con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti , con conseguente novazione oggettiva del rapporto in virtù della quale il funzionario incaricato temporaneamente riveste la qualifica dirigenziale, ricevendone il relativo trattamento economico, con conseguente temporanea equiparazione funzionale e retributiva tra dirigenti di ruolo e funzionari incaricati ed applicazione della medesima disciplina anche ai fini della liquidazione dell'indennità di buonuscita. 2. Il ricorso, i cui due motivi possono essere trattati congiuntamente, è infondato. 3. È pacifico in causa che gli originari ricorrenti, che hanno instaurato un rapporto di pubblico impiego rispettivamente nel marzo 1968 il B. e nell'ottobre del 1966 il R. , beneficiano, ratione temporis, dell'indennità di buonuscita come trattamento di fine servizio. 4. L'indennità di buonuscita per i dipendenti civili e militari dello Stato è prevista dagli articolo 3 e 38 d.P.R. 29 dicembre 1973 numero 1032, recante il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato. L'articolo 3 stabilisce che gli iscritti al Fondo di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, che cessino dal servizio, conseguono, dopo almeno un anno di iscrizione al Fondo, il diritto alla indennità di buonuscita che è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all'articolo 38 quanti sono gli anni di servizio computabili ai sensi delle disposizioni contenute nel successivo capo III. Per la determinazione della base contributiva si considerano “l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti” a ciò si aggiungono “gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva” ossia i trattamenti retributivi accessori ed integrativi dei quali sia prevista l'inclusione nella suddetta base contributiva. Questo criterio è poi specificato nell'articolo 38 che definisce la base contributiva come costituita dall'80 per cento dello “stipendio, paga o retribuzione annui”, nonché di assegni specificamente individuati ed elencati l'indennità di funzione per i dirigenti superiori e per i primi dirigenti l'assegno perequativo per gli impiegati civili, di ruolo e non di ruolo, e per gli operai dello Stato ed altre indennità previste per particolari settori del pubblico impiego. Quindi risulta testualmente dalla lettera delle due citate disposizioni articolo 3 e 38 il carattere tassativo degli elementi retributivi che valgono a definire la base di calcolo dell'indennità di anzianità e che sono quelli inquadragli nella nozione di stipendio oppure in quella di uno degli assegni dell'elenco del cit. articolo 38. 5. Tale prescritto carattere tassativo degli emolumenti computabili non contrasta con la natura retributiva di trattamenti eccedenti lo stipendio e comunque non inquadrabili in alcuno degli assegni di cui all'articolo 38 cit Ciò emerge innanzi tutto dalla fondamentale sentenza numero 243 del 1993 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quelle norme disciplinanti i trattamenti di fine servizio, nella parte in cui non prevedevano meccanismi legislativi di computo dell'indennità integrativa speciale contemplata dalla legge 27 maggio 1959, numero 324 , al pari di quanto già previsto per i dipendenti degli enti locali ex articolo 3 della legge 7 luglio 1980, numero 289 . La Corte da una parte ha riconosciuto la progressivamente affermatasi natura retributiva dei vari trattamenti di fine servizio nel pubblico impiego, quali l'indennità di buonuscita e l'indennità premio di servizio, parlando a tal proposito di “natura di retribuzione differita con funzione previdenziale” d'altra parte dalla pacifica natura retributiva dell'indennità integrativa speciale, introdotta con la legge numero 324 del 1959 a favore di tutti i dipendenti pubblici, la Corte non fa affatto discendere la sua computabilità nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita da cui la prima era esclusa in quanto non prevista nel cit. articolo 38. Anzi la Corte muove proprio da tale esclusione per valutarne la compatibilita con i parametri evocati dai giudici rimettenti sotto profili tutt'affatto diversi quello del principio di eguaglianza articolo 3, primo comma, Cost. . perché in alcuni settori del pubblico impiego quale quello dei dipendenti degli enti locali l'indennità integrativa speciale era invece computabile quello della retribuzione proporzionata e sufficiente articolo 36 Cost. perché per le fasce retributive più basse, per le quali l'indennità integrativa speciale era diventata una parte cospicua del trattamento retributivo complessivo, l'indennità di buonuscita si era progressivamente svalutata nel tempo. Quindi la computabilità dell'indennità integrativa speciale nell'indennità di buonuscita, affermata dalla Corte peraltro non già con una pronuncia autoapplicativa di incostituzionalità, bensì con una pronuncia c.d. di meccanismo che lasciava ampio spazio al legislatore per modulare in concreto tale computabilità, non discende affatto dalla comune natura retributiva delle due indennità, bensì da discrasie progressivamente aggravatesi nel tempo fino dalla rottura del principio di eguaglianza e a quello della retribuzione proporzionata e sufficiente. Come è noto, a seguito di tale pronuncia fu emanata la legge 29 gennaio 1994. numero 87, che previde - in continuità quindi con il canone di tassatività di cui all'articolo 38 cit. - l'espressa inclusione dell'indennità integrativa speciale nella base di computo dell'indennità di buonuscita. Ma la tassatività dell'elencazione dell'articolo 38 risulta anche da un'altra pronuncia della Corte costituzionale, la sentenza numero 278 del 1995. che dichiarò non fondata la questione di legittimità costituzionale proprio degli articolo 3 e 38 cit., sollevata, in riferimento agli articolo 3 e 36 Cost., nella parte in cui non consentivano di comprendere una determina indennità - la c.d. indennità operativa per il personale militare in speciali situazioni di impiego - nella base di computo dell'indennità di buonuscita. Ha affermato la Corte in termini di grande chiarezza “[ .] come non è sufficiente addurre la natura retributiva di un trattamento economico aggiuntivo per ritenere costituzionalmente illegittima la non pensionabilità, così, reciprocamente, il principio di adeguatezza della retribuzione non implica che un emolumento in quanto pensionabile debba essere anche necessariamente incluso nella buonuscita”. 6. In piena sintonia con la giurisprudenza costituzionale si è espressa quella di legittimità. Con riferimento al trattamento di fine rapporto dei dipendenti della società Poste Italiane spa, già appartenenti al comparto del personale dello Stato prima della privatizzazione del rapporto di impiego, questa Corte Cass., sez. lav 23 luglio 2004, numero 16596 ha affermato che, all'atto della cessazione dal servizio, essi hanno diritto al trattamento di fine rapporto, liquidato secondo i criteri di cui all'articolo 2120 c.c. limitatamente al periodo del rapporto di lavoro successivo alla trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, ai sensi dell'articolo 2, 27 comma, l. 23 dicembre 1996 numero 662 per il periodo anteriore hanno invece diritto all'indennità di buonuscita liquidata secondo le norme dettate per i dipendenti dello Stato e, in applicazione dell'articolo 3 d.P.R. numero 1032 del 1973, la base contributiva cui tale indennità deve essere commisurata non può includere emolumenti diversi da quelli espressamente menzionati dall'articolo 38 medesimo d.P.R. numero 1032/73, la cui elencazione ha carattere tassativo, o da leggi speciali, restando, pertanto, esclusa ogni possibilità di interpretare le locuzioni “stipendio”, “paga” o “retribuzione” nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva, riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa, come il compenso annuale di fine esercizio, il compenso annuale di incentivazione o la quattordicesima mensilità. Sul carattere tassativo dell'elencazione degli emolumenti indicati dall'articolo 38 del d.P.R. numero 1032 del 1973 si è espressa questa Corte anche successivamente cfr. ex plurimis Cass., sez. lav. 25 ottobre 2011, numero 22125 16 febbraio 2012 numero 2259 18 gennaio 2012 numero 709. In particolare in quest'ultima pronuncia si sottolinea come, in ogni caso, la regola per cui la indennità di anzianità viene calcolata su una base non onnicomprensiva, ossia limitata allo stipendio base, con esclusione di altre indennità, conduce comunque ad un trattamento più favorevole rispetto al trattamento di fine rapporto spettante ai dipendenti privati, giacché i dipendenti pubblici ai quali trova applicazione l'articolo 38 cit., hanno il vantaggio di moltiplicare l'ultimo stipendio per il numero degli anni di servizio prestati, in luogo del sistema del trattamento di fine rapporto, che si compone della somma di accantonamenti annuali, che riproducono, non già i più alti compensi percepiti al termine della carriera, ma solo la quota di quelli ricevuti anno per anno conf. Cass., sez. lav., 9 maggio 2008, numero 11605 . Analogo principio è stato affermato con riferimento all'indennità premio di servizio. Cass., sez. unumero , 29 aprile 1997, numero 3673, ha ritenuto che la retribuzione contributiva, a cui per i dipendenti degli enti locali si commisura, a norma dell'articolo 4 L. 8 marzo 1968 numero 152, l'indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'articolo 11, quinto comma, legge cit la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione “stipendio o salario” richiede un'interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura conseguentemente non può assumere rilievo, ai fini della determinazione di tale indennità, un assegno ad personam, anche se costituente parte fissa del globale trattamento retributivo del lavoratore, in quanto lo stesso non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non può considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione. Queste Sezioni Unite si sono espresse in termini analoghi anche con riferimento al trattamento di fine servizio dei dipendenti degli enti pubblici non economici previsto dalla legge 20 marzo 1975, numero 70 il personale del c.d. parastato rispetto al quale la giurisprudenza della Corte, in un primo momento, aveva ritenuto la computabilità delle voci retributive fisse e continuative ulteriori rispetto allo stipendio in senso stretto cfr. Cass., sez. unumero , 25 marzo 2010, numero 7154 25 marzo 2010, numero 7158 conf. Cass., sez. lav 12 maggio 2010, numero 11478 25 febbraio 2011, numero 4749. In particolare Cass., sez. unumero . 25 marzo 2010, numero 7154, cit., ha affermato che in tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, l'articolo 13 l. 20 marzo 1975 numero 70, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 e.e , non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un'indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all'autonomia regolamentare dei singoli enti solo l'eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicché deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari nella specie, l'indennità di funzione ex articolo 15, 2 comma, L. numero 88 del 1989. il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l'indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell'Inps e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell'Inps. prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo. Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato è nel senso di ritenere soggetta ad una vera e propria riserva di legge l'individuazione, con il carattere della tassatività. degli elementi che compongono la base di calcolo dell'indennità di buonuscita Cons. Stato, sez. VI, 20 dicembre 2011, numero 6736 4 aprile 2011, numero 2075 12 giugno 2009. numero 3717 sez. VI, 18 aprile 2009, numero 3049 28 gennaio 2009, numero 482 . 7. La prospettiva non muta se si considera l'esercizio di mansioni superiori alla qualifica che pur comporta per l'Amministrazione l'obbligo di un trattamento retribuivo con finalità compensative e di riequilibrio. Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato, posto che il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive articolo 52 d.lgs. numero 165 del 2001, e prima ancora articolo 56 del d.lgs numero 29 del 1993, come sostituito dall'articolo 25 del d.lgs. numero 80 del 1998 e modificato dall'articolo 15 del d.lgs. numero 387 del 1998 , l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione. È tuttavia possibile che per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro sia temporaneamente adibito a mansioni proprie di una qualifica superiore in particolare nel caso di vacanza di posto in organico qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti è questa l'ipotesi della reggenza che appunto è connotata da temporaneità. In tale evenienza per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto ad un trattamento retributivo che sia compensativo dell'esercizio temporaneo delle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore ex plurimis Cass. sez. lav 25 ottobre 2003, numero 16078 , stante in particolare che il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, originariamente previsto dall'articolo 56, sesto comma, d.lgs. numero 29 del 1993 nella sua originaria formulazione, è stato soppresso dall'articolo 15 d.lgs. numero 387 del 1998 trattamento retributivo che peraltro non necessariamente deve essere di misura tale da elevare lo stipendio della qualifica di appartenenza all'esatto trattamento economico corrispondente alla qualifica superiore cui sono riferibili le mansioni svolte essendo sufficiente che vi sia un compenso aggiuntivo rispetto alla retribuzione della qualifica di appartenenza Cass., sez. lav. 25 ottobre 2003, numero 16078 . In proposto queste Sezioni Unite Cass., sez. unumero 16 febbraio 2011, numero 3814 - proprio in riferimento alla fattispecie della reggenza, da parte di personale appartenente alla IX qualifica C3, del pubblico ufficio sprovvisto, temporaneamente, del dirigente titolare - hanno sottolineato la straordinarietà e temporaneità dell'incarico e, al fine dell'attribuzione del trattamento retributivo differenziale, hanno distinto secondo che la reggenza sia contenuta, o no, nei limiti di tempo previsti dalla contrattazione collettiva di comparto. Per i dipendenti di nona qualifica funzionale istituita dall'articolo 2 d.l. numero 9 del 1986. conv. in L. numero 78 del 1986 l'iniziale reggenza dell'ufficio, limitatamente al tempo necessario per la copertura del posto vacante fissato, all'epoca, dall'articolo 24 del e.e.numero l. del 16 febbraio 1999 Comparto Ministeri in sei mesi prorogabili, a certe condizioni, a dodici in precedenza cfr. articolo 20 d.P.R. 8 maggio 1987, numero 266 , rientrava già nelle mansioni della qualifica spettante. Per le agenzie fiscali, dopo la loro istituzione ex articolo 57 d.lgs. numero 300 del 1999 . la possibilità del ricorso alla reggenza è stata prevista in termini più ampi dalla normativa regolamentare interna con attribuzione ai funzionari reggenti, chiamati provvisoriamente a ricoprire l'incarico, dello stesso trattamento economico dei dirigenti articolo 24 del Regolamento di amministrazione adottato con deliberazione numero 4 del 30 novembre 2000 dal Comitato direttivo, in G.U. numero 36 del 13 febbraio 2001 si tratta di incarichi espletati in via temporanea da funzionari non dirigenti fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza. 8. Questi principi sopra sub 5 e 6 trovano quindi applicazione anche nella fattispecie della reggenza, ossia dello svolgimento di mansioni corrispondenti alla superiore qualifica di dirigente in attesa dell'espletamento delle procedure selettive di reclutamento del personale di livello dirigenziale. Anche in tale fattispecie infatti l'intrinseca temporaneità dell'incarico dirigenziale come reggente, affidato al dipendente sprovvisto della qualifica di dirigente, comporta che l'incremento di trattamento economico rispetto a quello corrispondente alla qualifica di appartenenza sia concettualmente isolabile e non appartenga alla nozione di stipendio che è invece il trattamento economico tabellarmente riferibile alla qualifica di appartenenza. Ciò appunto perché - si ribadisce - il termine stipendio quale base di calcolo dell'indennità di buonuscita deve essere inteso come trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza, con esclusione di altri emolumenti, seppur erogati con continuità e a scadenza fissa, ove non rientranti nell'elencazione dell'articolo 38 del d.P.R. 1032 cit. che individua le altre indennità, indicate tassativamente, da computare anch'esse, al pari dello stipendio , in tale base di calcolo. Cfr. anche, sempre in materia di pubblico impiego seppur non statale, Cass., sez. lav., 20 giugno 2003. numero 9901, che - in linea di continuità con Cass., sez. unumero , 29 aprile 1997, numero 3673, cit. - ha affermato che la retribuzione alla quale, per i dipendenti degli enti locali, si commisura, a norma dell'articolo 4 l. 8 marzo 1968 numero 152, l'indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'articolo 11, quinto comma, della legge medesima, la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione “stipendio o salario” richiede un'interpretazione restrittiva. Se poi il necessario riconoscimento di un compenso aggiuntivo per l'esercizio di mansioni superiori alla qualifica di appartenenza, come nel caso della reggenza, si ingloba nel trattamento retribuivo, non per ciò solo acquista carattere di stabilità. Pertanto questa Corte Cass. sez. lav. 11 giugno 2008, numero 15498 , con riferimento alla fattispecie di un funzionario della IX qualifica funzionale che aveva svolto mansioni vicarie di dirigente, ha affermato che nel rapporto di lavoro c.d. privatizzato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, poiché l'esercizio di fatto di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore nella superiore qualifica, la base retribuiva dell'indennità di buonuscita, che è normativamente costituita dalla retribuzione corrispondente all'ultima qualifica legittimamente rivestita dall'interessato all'atto della cessazione del servizio, non è da riferire alla retribuzione corrispondente alla superiore qualifica, bensì a quella corrispondente all'inferiore qualifica di appartenenza. Questo principio ha visto un momento di discontinuità in Cass. sez. lav. 13 giugno 2012, numero 9646, che ha invece ritenuto che ai fini della buonuscita si debba considerare il trattamento economico corrisposto per l’incarico svolto a titolo di reggenza affermando in particolare che nell'ipotesi di reggenza conferita per un posto vacante di dirigente per il periodo necessario all'espletamento delle procedure di selezione per la copertura del posto stesso con attribuzione del relativo trattamento economico, se la reggenza prosegue per un periodo eccessivamente lungo e nel frattempo il dipendente matura i requisiti per il collocamento a riposo, nel computo dell'indennità di buonuscita non si può non tenere conto, come ultimo trattamento economico percepito, di quello corrisposto per il suddetto incarico dirigenziale, anche se a titolo di reggenza. Ma da ultimo l'orientamento prevalente è stato ulteriormente ribadito da Cass., sez. lav., 2 luglio 2013, numero 16506, che. ponendosi in critico confronto ed in consapevole contrasto con Cass. numero 9646 del 2012, ha in particolare evidenziato che il rapportare la liquidazione dell'indennità di buonuscita alla retribuzione da ultimo percepita in forza delle mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea, anziché alla retribuzione dell'ultima qualifica rivestita, è una soluzione che si traduce in un sostanziale aggiramento del disposto dell'articolo 52 d.lgs. numero 165 del 2001, di fatto realizzando lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento nelle forme previste dalla citata normativa. È vero che l'indennità di buonuscita dei dipendenti statali ha funzione retributiva unitamente ad una finalità previdenziale - cfr. Corte cost. numero 87 del 2003 che parla di “natura di retribuzione differita, ma anche quanto meno, funzione previdenziale ed assistenziale” - ma non di meno la sua base di calcolo, quale normativamente definita dagli articolo 1 e 38 d.P.R. numero 1032 del 1973, è insensibile a trattamenti economici solo contingenti perché riferibili allo svolgimento di mansioni superiori in posizione di reggenza. Del resto anche nell'ipotesi di conferimento di incarichi dirigenziali temporanei non in regime di reggenza l'articolo 19 d.lgs. numero 165 del 2001, come novellato, ha stabilito che “ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato, [ .], l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni”. E si è sottolineato a tal proposito che il legislatore ha voluto evitare che il conferimento di un incarico direttivo possa determinare un trattamento di fine rapporto correlato quantitativamente alla maggiore retribuzione percepita dal soggetto incaricato quando l'incarico sia di durata inferiore a tre anni Corte cost. numero 119 del 2012 . Ciò è ancor più vero per gli incarichi dirigenziali affidati a chi dirigente non è, che sono intrinsecamente connotati dalla contingenza e precarietà della figura della reggenza. 9. Né l'esercizio di fatto di mansioni superiori alla qualifica di appartenenza, anche nella forma della reggenza, può comportare la stabilizzazione nella superiore qualifica nella forma della novazione del rapporto per fatti concludenti stante l'espressa deroga all'articolo 2103 c.c. per cui nel lavoro pubblico contrattualizzato l'esercizio temporaneo di mansioni superiori non attribuisce il diritto all'assegnazione definitiva delle stesse con il riconoscimento della superiore qualifica prescrizione prevista dall'articolo 57 d.lgs. numero 29 del 1993 e successivamente ribadita da ultimo nell'articolo 52 d.lgs. numero 165 del 2001 secondo cui l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione. La novazione del rapporto in ragione del pur prolungato esercizio delle mansioni dirigenziali in posizioni di reggenza contrasterebbe anche con il principio del necessario concorso o procedura selettiva comparativa per l'accesso alla dirigenza pubblica articolo 28 d.lgs. numero 150 del 2001 ex plurimis C. cost. numero 9 del 2010 . 10. In conclusione va ribadito che nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita del dipendente che da ultimo abbia svolto le superiori mansioni di dirigente in situazione di reggenza, non possono comprendersi emolumenti diversi da quelli previsti dal combinato disposto dei più volte citati articolo 3 e 38 d.P.R. numero 1032 del 1973 non potendo in particolare interpretarsi le locuzioni stipendio , paga o retribuzione , nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal dipendente in modo fisso o continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione, ma dovendo esse essere riferite al trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza. Pertanto il ricorso va rigettato con l'affermazione ex articolo 384, primo comma, c.p.c., del seguente principio di diritto Nel regime dell'indennità di buonuscita spettante ai sensi degli articolo 3 e 38 d.P.R. 1032 del 1973 al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell'esercizio di mansioni superiori in ragione dell'affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell'articolo 52 d.lgs. numero 165 del 2001, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell'indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non già quello rapportato all'esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente. Sussistono giustificati motivi in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.