In tema di liquidazione delle spese del giudizio nelle cause di opposizione agli atti esecutivi, il valore della causa va determinato, con riferimento alla fase antecedente l’inizio dell’esecuzione, avuto riguardo al valore del credito per cui si procede invece, con riferimento alla fase successiva all’inizio dell’esecuzione va determinato avendo riguardo agli effetti economici dell’accoglimento o rigetto dell’opposizione predetta qualora poi, non sia possibile applicare tale criterio, la causa va ritenuta di valore pari a quello del bene o dei beni oggetto dell’atto opposto.
Questo è il principio che afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 5062 del 4 marzo 2014. Il caso. Il Tribunale di Roma dichiara cessata la materia del contendere sull’opposizione agli atti esecutivi proposta da una coppia avverso un precetto notificatogli da una società, e compensa le spese di lite per 2/3, condannando l’opposta al pagamento del terzo restante per diritti e onorari. La coppia ricorre per cassazione lamentando che il giudice, pur avendo riconosciuto la soccombenza virtuale totale della società opposta, non ha condannato quest’ultima al pagamento integrale delle spese di causa. E ciò in applicazione del nuovo testo dell’articolo 92, comma 2, c.p.c., che consente la compensazione delle spese per gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, norma che il giudice a quo avrebbe violato anche perché non avrebbe adeguatamente motivato in merito a dette ragioni, avendo reputato equo compensare tra le parti le spese di lite per due terzi. Inoltre i ricorrenti, deducono che il giudice, nel calcolare le spese da rimborsare agli opponenti, avrebbe violato i minimi tariffari e non avrebbe motivato sulle ragioni per le quali non si sarebbe attenuto alla nota spese presentata dal difensore. «Ragioni gravi ed eccezionali» che giustificano la compensazione. Il Collegio, ribadisce che, se è vero che il giudice può compensare in tutto o in parte le spese, se vi è soccombenza reciproca o concorrono gravi ed eccezionali ragioni, indicate nella motivazione, la compensazione delle spese è subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni e tale esigenza non è soddisfatta quando il giudice abbia compensato le spese per mortivi di equità, non altrimenti specificati. Nel caso di specie, il giudice ha fatto riferimento a specifiche circostanze relative esclusivamente alla controversia sottoposta al suo esame, ed il fatto che, in motivazione non abbia espressamente qualificato queste circostanze come “gravi ed eccezionali”, ma abbia fatto riferimento ad un concetto di equità, non può stare a significare che abbia disatteso la norma. Determinazione del valore della causa. Riguardo invece la seconda doglianza, i giudici di legittimità rilevano che in tema di liquidazioni delle spese del giudizio nelle cause di opposizione agli atti esecutivi, il valore della causa va determinato, con riferimento alla fase antecedente l’inizio dell’esecuzione, avuto riguardo al valore del credito per cui si procede invece, con riferimento alla fase successiva all’inizio dell’esecuzione va determinato avendo riguardo agli effetti economici dell’accoglimento o rigetto dell’opposizione predetta qualora poi, non sia possibile applicare tale criterio, la causa va ritenuta di valore pari a quello del bene o dei beni oggetto dell’atto opposto. In ogni caso detto valore della causa non può essere ritenuto superiore né all’importo del credito totale per cui si procede, né al valore dei beni oggetto dell’atto opposto. Detto questo, il motivo va ritenuto inammissibile, perché fondato sulle voci indicate in una nota spesa redatta secondo un criterio di individuazione dello scaglione applicabile non corretto. Conseguentemente, la parte che intende impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari degli avvocati, per pretesa violazione dei minimi tariffari, ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore. Nel caso di specie, il ricorso va ritenuto inammissibile, perché contiene una nota spese redatta tenendo conto di uno scaglione diverso da quello applicabile alla controversia e non indica le ragioni per le quali lo scaglione indicato sia riferibile a quest’ultima, tenuto conto dei criteri di determinazione del relativo valore.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 febbraio – 4 marzo 2014, numero 5062 Presidente Finocchiaro – Relatore Barreca Premesso in fatto E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione «1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Roma ha dichiarato cessata la materia del contendere sull'opposizione agli atti esecutivi proposta da A.M. e C.S. avverso il precetto notificato ad istanza della Costruzioni Generali Z. s.r.l. ed ha compensato le spese di lite per due terzi, condannando l'opposta al pagamento del terzo restante, quantificato in € 200,00 per diritti, € 300,00 per onorari ed € 30,00 per spese, oltre accessori come per legge. Il ricorso è proposto con due motivi. L'intimata si difende con controricorso. Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione di legge ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., e specificamente degli articolo 91 e 92 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione ex articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., per avere il giudice di merito compensato le spese per due terzi, pur avendo riconosciuto la soccombenza virtuale totale della società opposta, sicché, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto condannare quest'ultima al pagamento integrale delle spese di causa. E ciò, in applicazione del nuovo testo dell'articolo 92, comma secondo, cod. proc. civ., che consente la compensazione delle spese per «gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione» norma, che il giudice a quo avrebbe violato anche perché non avrebbe adeguatamente motivato in merito a dette ragioni avendo reputato «equo» compensare tra le parti le spese di lite per due terzi. 1.1. Il motivo appare manifestamente infondato. Ed, invero, il Tribunale ha esplicitamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto di dover compensare per due terzi le spese di causa, evidenziando «che il precetto è stato rinunciato già dal 15.5.2011 e, dunque, due giorni dopo la iscrizione a ruolo della presente causa, così come va rilevato che, con comunica,-ione a mero posta elettronica, il legale del creditore aveva preannunciato la volontà di formali aie detta rinuncia sin dal 9.5.2011 e, dunque, proprio lo stesso giorno in cui l'atto introduttivo è stato notificato». Risulta così rispettata la norma di legge che impone l'esplicita indicazione delle ragioni di compensazione nella motivazione. Non vi è perciò la violazione dell'articolo 92 cod. proc. civ., ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. Resta allora da verificare se la relativa motivazione dia conto del carattere grave ed eccezionale delle ragioni poste a fondamento della compensazione. Sul punto occorre premettere che si tratta, pur sempre, dell'esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, per come è reso evidente dal fatto che il giudice può compensare le spese in deroga al principio della soccombenza dell'articolo 91 cod. proc. civ. e che rientra in tale potere discrezionale anche la misura, totale o parziale, della compensazione. Pertanto, l'unico sindacato ammesso in sede di legittimità -una volta che sia stato rispettato il precetto normativo dell'indicazione esplicita delle ragioni di compensazione concerne la motivazione sul carattere grave ed eccezionale di esse, essendo la relativa statuizione incensurabile in sede di legittimità se la motivazione risulti sufficiente e non contraddittoria alla stregua del parametro di cui all'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., nel testo applicabile catione temporis, vale a dire nel testo vigente prima della sostituzione di cui al d.l. numero 83/12, convertito nella legge numero 134/12 , non potendo la Corte di Cassazione sostituirsi al giudice di mento nell'apprezzamento relativo alla gravità ed all'eccezionalità delle ragioni addotte, che resta comunque a lui riservato. Orbene, nel caso di specie, la motivazione dà conto di una serie di circostanze, che, non smentite in punto di fatto se non per la circostanza che la spedizione dell'atto di rinuncia al precetto sarebbe stata fatta il 18 maggio 2011 e non il 15 maggio 2011, come indicato in sentenza, a fronte dell'iscrizione a ruolo del 13 maggio 2011 nonché per l'asserita mancata ricezione dell'anticipazione della volontà di rinuncia, trasmessa per posta elettronica il 9 maggio 2011, che però non risulta essere stata contestata dagli opponenti nel grado di merito, malgrado il documento fosse stato ivi prodotto , appaiono logicamente apprezzabili come eccezionali e gravi, tali cioè da assumere una significativa rilevanza ai fini del regolamento delle spese, pur nella oggettiva banalità della vicenda processuale per cui è giudizio. Non sussistendo pertanto nemmeno il vizio di motivazione, si propone il rigetto del primo motivo di ricorso. 2. Col secondo motivo, si deduce la violazione del D.M. numero 127/04, in relazione all'articolo 360 nnumero 3 e 5 cod. proc. civ., perché, secondo i ricorrenti, il giudice, nel calcolare le spese da rimborsare agli opponenti nella misura di 1 \3 , avrebbe violato i minimi tariffari e non avrebbe motivato sulle ragioni per le quali non si sarebbe attenuto alla nota spese presentata dal difensore. Quest'ultima censura è infondata, atteso l'indirizzo giurisprudenziale, cui si intende dare continuità, per il quale in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, il giudice del merito non è tenuto a motivare circa la diminuzione o riduzione di voci tariffarie tutte le volte, e per il solo fatto, che liquidi i diritti e/o gli onorari di avvocato in somme inferiori a quelle domandate nella notula, fermo il dovere di non determinarli in misura inferiore ai limiti minimi o superiore a quelli massimi indicati nelle tabelle in relazione al valore della controversia, salvo che sussista manifesta sproporzione e che la parte che vi abbia interesse esibisca il parere del competente consiglio dell'ordine Cass. numero 22347/07 . Il principio va applicato al caso di specie. Quanto alla censura di violazione dei minimi tariffari il motivo è inammissibile, poiché i ricorrenti operano il raffronto tra quanto liquidato dal giudice e quanto da loro richiesto con la nota depositata in atti, senza specificare quali sarebbero stati invece i minimi tariffari violati, per ciascuna voce, nel caso di specie. In conclusione, va proposto anche il rigetto del secondo motivo di ricorso.». La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori. Non sono state presentate conclusioni scritte. Parte ricorrente ha depositato memoria. Ritenuto in diritto A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto di cui alla relazione, con le precisazioni ed integrazioni di cui appresso. 1. Nella memoria i ricorrenti richiamano, con riferimento al primo motivo, i precedenti di questa Corte di cui alle ordinanze numero 22825/13 e numero 26987/11, nonché alla sentenza numero 21521/10, onde sostenere che il giudice a quo non avrebbe fatto applicazione dei principi ivi enunciati e che, pertanto, la relazione, che ha diversamente ritenuto, si sarebbe discostata dalla giurisprudenza di legittimità della quale sono espressione i citati precedenti. L'assunto è infondato. Il collegio ritiene che vada data continuità all'indirizzo giurisprudenziale richiamato in ricorso, ma che lo stesso non possa essere inteso nei termini esposti in memoria. Va infatti ribadito che, poiché l'articolo 92, secondo comma, cod. proc. civ., nel testo introdotto dall'articolo 2 della legge 28 dicembre 2005, numero 263, dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni , esplicitamente indicate nella motivazione, la compensazione delle spese è subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni e tale esigenza non è soddisfatta quando il giudice abbia compensato le spese per motivi di equità , non altrimenti specificati Cass. numero 21521/10 , ovvero quando abbia fatto riferimento soltanto alla struttura del procedimento contenzioso applicato o alle particolari disposizioni processuali che lo regolano, dovendo le gravi ed eccezionali ragioni di compensazione trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa Cass. ord. numero 26987/11, nonché ord. numero 22825/13 . Nel caso di specie, il giudice ha fatto riferimento a specifiche circostanze relative esclusivamente alla controversia sottoposta al suo esame manifestazione della volontà di rinunciare al precetto ed effettiva rinuncia al precetto oggetto di opposizione, valutate con riguardo alla data di iscrizione a ruolo del processo di opposizione agli atti esecutivi . Il fatto che, in motivazione, non abbia espressamente qualificato queste circostanze come gravi ed eccezionali , ma abbia fatto riferimento ad un concetto di equità, non può stare a significare che abbia disatteso la norma. Ed invero, il richiamo all'equità è stato adeguatamente supportato dal riferimento a circostanze peculiari della controversia, riconducibili al disposto dell'articolo 92, comma secondo, cod. proc. civ., poiché è stato colto un significativo comportamento pre-processuale della parte opposta. Quanto al comportamento processuale di quest'ultima, su cui i ricorrenti insistono in memoria, va rilevato che esso non è indicato, nel corrispondente motivo di ricorso, come fatto, controverso e decisivo per il giudizio, del quale il giudice a quo non si sarebbe occupato per pervenire alla decisione di compensazione parziale delle spese la relativa indicazione, contenuta soltanto nella memoria, è, perciò, inammissibile. In conclusione, il primo motivo di ricorso, in parte infondato ed in parte inammissibile, va rigettato. 2. Quanto alle deduzioni, svolte in memoria, in punto di errata liquidazione delle spese vive, non può che essere richiamata la giurisprudenza di questa Corte, in ragione della quale l'errore del giudice nella determinazione della misura delle spese vive sostenute dalla parte vittoriosa può essere emendato o con il procedimento di correzione di cui all'articolo 287 cod. proc. civ., ovvero per mezzo del procedimento di revocazione del provvedimento che le ha liquidate, ma non col ricorso per cassazione così, da ultimo, Cass. numero 21012/10 . 2.1. In merito all'ulteriore profilo di doglianza costituito dalla liquidazione di diritti ed onorari in violazione del D.M. numero 127/04, e dalla asserita omessa motivazione sulla riduzione delle voci riportate nella nota spese depositata dal procuratore, va rilevato che, all'orientamento richiamato nella relazione, se ne contrappone altro, più recente, in ragione del quale, in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l'onere di dare adeguata motivazione dell'eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all'inderogabilità dei relativi minimi così, tra le altre, Cass. numero 4404/09 e Cass. numero 18906/13, nonché Cass. ord. numero 7293/11 . Tuttavia, si legge in ricorso che la nota spese depositata dal difensore venne redatta tenendo conto dello scaglione riferito alle cause di valore indeterminabile, ed ancora, in ricorso, si sostiene che la causa di opposizione agli atti esecutivi debba essere considerata di valore indeterminabile ai fini della individuazione dello scaglione applicabile per la liquidazione delle spese processuali. Questo orientamento, in effetti presente nella giurisprudenza di legittimità meno recente cfr. Cass. numero 6394/04 , è stato tuttavia superato da Cass. numero 12354/06, per la quale, in tema di liquidazione delle spese del giudizio nelle cause di opposizione agli atti esecutivi, nel caso di espropriazione forzata, il valore della causa va determinato, con riferimento alla fase antecedente l'inizio dell'esecuzione, avuto riguardo al valore del credito per cui si procede invece, con riferimento alla fase successiva all'inizio dell'esecuzione fatta eccezione per l'ipotesi di opposizione concernente l'intervento di un creditore, nella quale si deve far riferimento al valore del solo credito per il quale l'intervento viene effettuato va determinato avendo riguardo agli effetti economici dell'accoglimento o del rigetto dell'opposizione predetta qualora, poi, non sia possibile applicare tale criterio di determinazione del valore, in quanto l'accoglimento od il rigetto non producano effetti economici ben identificabili, la causa va ritenuta di valore pari a quello del bene o dei beni oggetto dell'atto opposto. In ogni caso detto valore della causa non può essere ritenuto superiore né all'importo del credito totale per cui si procede, né al valore dei predetti effetti economici, né al valore del bene o dei beni oggetto dell'atto opposto cfr., nello stesso senso, anche Cass. numero 6186/09 . Dato ciò, il motivo va reputato inammissibile, poiché è fondato sulle voci indicate in una nota spese redatta secondo un criterio di individuazione dello scaglione applicabile che non è quello corretto e poiché dal ricorso non è dato evincere se lo scaglione così individuato fosse comunque corretto alla stregua del criterio enunciato dalla giurisprudenza da ultimo richiamata, vale a dire in considerazione dell'importo del credito in contestazione, poiché di questo non è fatto cenno alcuno nell'illustrazione del motivo pagg. 5-6 del ricorso . Poiché la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi tariffari, ha l'onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore cfr. Cass. numero 2626/04 ed altre , deve ritenersi inammissibile il ricorso che contenga il riferimento ad una nota spese redatta tenendo conto di uno scaglione diverso da quello applicabile alla controversia o che non indichi le ragioni per le quali lo scaglione indicato sia riferibile a quest'ultima, tenuto conto dei criteri di determinazione del relativo valore. In conclusione, il secondo motivo di ricorso è inammissibile sotto entrambi i profili sopra considerati. Il ricorso va perciò rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, complessivamente liquidate in € 1.900,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge. Così deciso in Roma, il giorno 12 febbraio 2014, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 3 della Corte suprema di cassazione.