Scambio di telefonate tra ex coniugi in conflitto: ciò non azzera l’ossessione dell’uomo

Discutibile l’ottica, adottata dal Gip e dal Tribunale, che ha condotto a negare l’applicazione all’uomo della misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna. Nonostante il richiamo, fatto dai giudici, allo scambio di telefonate tra gli ex coniugi e all’evidente clima conflittuale, è comunque lapalissiana l’ossessione dell’uomo, manifestatasi non solo con chiamate e ‘sms’ ma anche con pedinamenti.

Lui la ‘pressa’ telefonicamente, sia ricorrendo a chiamate che a ‘messaggi’, e lei, spesso, risponde Questo ‘botta e risposta’, frutto anche di una situazione di forte conflitto, però, non può mettere in dubbio la gravità del comportamento tenuto dall’uomo nei confronti dell’ex moglie assolutamente logico considerare ossessive le azioni dell’ex marito, e plausibile, di conseguenza, è l’ipotesi dello stalking . Cass., sent. n. 6384/2014, Terza Sezione Penale, depositata oggi Tabulati. Fronte decisivo, per la vicenda relativa ai complicati rapporti tra due ex coniugi, è l’analisi del traffico telefonico tra i rispettivi telefoni portatili. Secondo la donna, in sostanza, l’ex marito la sta molestando con chiamate e messaggi di testo, ripetuti ossessivamente e con contenuto minatorio . A renderle la vita ancora più difficile, poi, per giunta, anche alcuni pedinamenti compiuti dall’uomo. Ciò, tuttavia, non viene ritenuto sufficiente, né dal Gip né, in seconda battuta, dal Tribunale, per contestare all’uomo il reato di stalking e per applicare, di conseguenza, la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna. Come si spiega questa decisione? Molto semplicemente con l’affermazione, da parte dei giudici, della mancanza di idoneità delle condotte dell’uomo a produrre ansia e timore nella donna. Ossessione. A ribellarsi, di fronte a tale decisione, è il Procuratore della Repubblica, il quale critica in maniera dura sia il Gip che il Tribunale, sostenendo l’evidenza di gravi indizi di colpevolezza, avendo la donna riferito di essere stata oggetto di numerose telefonate, effettuate dal marito legalmente separato, di pedinamenti, di minacce . Ebbene, tale obiezione si rivela assolutamente corretta. Così come si rivelano discutibili, invece, secondo i giudici del ‘Palazzaccio’, le valutazioni compiute nei giudizi di merito, laddove è stato affermato che il notevole flusso telefonico dall’uomo verso la donna non era univocamente sintomatico di una condotta assillante , tale da ingenerare uno stato di ansia , anche perché risultavano molte telefonate dalla donna verso l’uomo. Per i giudici di secondo grado, quindi, i ripetuti tentativi dell’uomo di contattare la moglie, anche con espressioni minacciose e ingiuriose andavano collocati in un contesto conflittuale tra ex coniugi . Ma tale ragionamento è illogico , secondo i giudici del ‘Palazzaccio’, alla luce del comportamento molesto dell’uomo, comportamento posto in essere col mezzo del telefono, caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e ‘sms’ anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi ad esempio, presentandosi nei luoghi frequentati dalla donna . Come si può, allora, escludere lo stato d’ansia e di paura lamentato dalla donna? Certo, chiariscono i giudici, non richiamando il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia tra i due coniugi , che, anzi, può essere valutato come aggravante .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 11 febbraio 2014, n. 6384 Presidente Fiale – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 2.7.2013 il Tribunale di Brescia ha rigettato l'appello del Pubblico Ministero contro l'ordinanza del GIP presso il Tribunale di Bergamo che aveva respinto la richiesta di applicazione, nei confronti di V.A., della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa B.M. I giudici di merito hanno motivato la decisione rilevando che dai fatti descritti dalla querelante ed emersi dall'esame del traffico telefonico anche sotto forma di sms non sono evincibili gli estremi del reato di stalking, in relazione al quale era stata richiesta la misura cautelare, mancando l'idoneità delle condotte a produrre il perdurante stato di ansia e timore voluto dalla norma incriminatrice di cui all'art. 612 bis. 2. Il Pubblico Ministero ricorre per la cassazione del provvedimento denunziando, con unica censura, la violazione degli artt. 606 lett. b ed e in relazione all'art. 310 cpp premettendo di non condividere nel merito il provvedimento del Tribunale, così come quello emesso in precedenza dal GIP, il ricorrente afferma in sostanza che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, sussistevano i gravi indizi di colpevolezza avendo la parte offesa riferito di essere stata oggetto di numerose telefonate effettuate dal marito legalmente separato, di pedinamenti, di minacce, che le avevano creato un persistente stato di ansia e paura. A dire del ricorrente, l'errore dei giudici di merito sta nel non avere proceduto ad una valutazione complessiva delle dichiarazioni della parte offesa. Ritiene dunque che il provvedimento sia affetto da illogicità e contraddittorietà della motivazione oltre che da violazione di legge e osserva che la persistenza dell'esigenza cautelare è dimostrata dall'integrazione della denunzia resa il 2.7.2013, nella quale riferisce di nuovi e più pesanti pedinamenti, molestie, percosse e danneggiamenti dell'auto, con recrudescenza delle condotte e aumento del rischio prospettato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Il delitto di atti persecutori cosiddetto stalking art. 612 bis cod. pen. è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità cfr. Sez. 5, Sentenza n. 29872 del 19/05/2011 Cc. dep. 26/07/2011 Rv. 250399 Sez. 5, Sentenza n. 34015 del 22/06/2010 Cc. dep. 21/09/2010 Rv. 248412 . Essendo stato dedotto anche il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, è opportuno ribadire che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110 cass. 6.6.06 n. 23528 . 2. Il Tribunale di Brescia ha ritenuto insussistenti gli elementi dì colpevolezza gravi indizi , secondo la previsione legislativa del reato di stalking, che richiede un perdurante stato di ansia o di paura e non già una mera ripetizione di condotte lesive. osservando che il notevole flusso telefonico da V. a B. sicuramente dal contenuto minaccioso non era univocamente sintomatico di una condotta assillante tale da ingenerare il menzionato stato psichico, perché, come accertato dalla PG, risultavano anche molte telefonate in uscita dalla B. al V. Il Tribunale ha pertanto collegato i ripetuti tentativi di contattare la moglie anche con espressioni minacciose e ingiuriose in un contesto conflittuale tra ex coniugi e ha concluso per la sussistenza degli estremi dell'ingiuria, minaccia e molestia, per i quali non è ammessa la misura cautelare. Ebbene, un siffatto percorso argomentativo si rivela illogico perché il Tribunale, pur dilungandosi sui differenti contenuti delle narrazioni di cui all'atto di querela e alle successive dichiarazioni rese al pubblico ministero, in ogni caso v. pag. 6 riconosce - come elemento comune ad entrambi gli apporti orali - un comportamento molesto del V. posto in essere col mezzo del telefono, caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e sms anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi ad esempio, presentandosi nei luoghi frequentati dalla donna oppure contattando persone vicine alla stessa . E tuttavia, pur in presenza di tali elementi, esclude la sussistenza di quello stato di ansia e paura manifestato dalla parte offesa di cui non pone neppure in dubbio l'attendibilità , richiamando a tal fine l'esistenza di chiamate della donna dirette al V. e, in definitiva, il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia tra i due coniugi, cioè un dato che non è assolutamente idoneo ad escludere o ridurre la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma che anzi appare assai rilevante, tant'è che l'art. 612 bis, al secondo comma, prevede addirittura come aggravante l'esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti. Pertanto il provvedimento impugnato deve essere annullato per nuovo esame da parte del giudice di rinvio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, in caso positivo, sull'esistenza delle esigenze cautelari. P.Q.M. annulla il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Brescia.