Stipula un preliminare di vendita senza il consenso della moglie intestataria del bene: l’atto è soltanto annullabile

La donna non può firmare a causa di gravi motivi di salute contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, il contratto non è inefficace bensì sottoposto alla disciplina ex articolo 184 c.c

In regime di comunione legale tra i coniugi, il contratto preliminare di vendita di bene immobile stipulato da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell’altro è soggetto alla disciplina dell’articolo 184 primo comma c.c., e non è pertanto inefficace nei confronti della comunione, ma solamente esposto all’azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente, nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l’esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell’atto, ovvero in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione. Questo è il principio espresso dalla Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza numero 1385/12, depositata il 31 gennaio scorso. Il caso. Un uomo ha stipulato, con il proprietario del bene, un preliminare di compravendita immobiliare avente ad oggetto un fabbricato ed annesso terreno. Il contratto era però sottoposto alla condizione risolutiva del rigetto del ricorso proposto dal venditore e volto ad ottenere l’esclusione della moglie dall’amministrazione dei beni comuni. Quest’ultima, infatti, risultava comproprietaria del bene, ma le gravi condizioni di salute psicofisica nelle quali versava la impedivano alla firma. Qualche tempo dopo, il venditore aveva rinunciato alla suddetta procedura e successivamente era morto. I figli l’avevano riproposta invocando, nel frattempo, la risoluzione del contratto per il verificarsi della condizione. L’acquirente aveva comunque stipulato il rogito con due dei figli, mentre il terzo, che era stato nominato tutore della madre, anch’ella nel frattempo deceduta, non si era presentato davanti al notaio. Il compratore, stanco della situazione, decideva dunque di convenire in giudizio il figlio che non si è presentato chiedendo al giudice una sentenza costitutiva degli effetti del contratto non concluso, offrendosi di pagare la residua quota di prezzo spettante al convenuto o, in via subordinata, un risarcimento dei danni. Il Tribunale aveva però respinto la domanda e la Corte d’appello aveva rigettato la successiva impugnazione. Si arriva dunque in Cassazione. Per i giudici d’appello il contratto è inefficace. La Corte territoriale ha maturato il suo convincimento attribuendo rilevanza decisiva al fatto che, dal rogito notarile prodotto, era risultato come intestataria formale degli immobili soltanto la moglie. Il preliminare però, era stato stipulato dal solo marito. Di conseguenza, i giudici di merito, hanno considerato l’atto inefficace ritenendo non applicabile l’articolo 184 c.c. che, invece, prevede la sola annullabilità degli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro e da questo non convalidati. La norma citata, a detta dei giudici, non si applicherebbe in quanto la parte interessata non era in grado di conoscerlo e, quindi, di attivarsi nel termine di un anno previsto dalla legge. L’acquirente, col suo ricorso, contesta proprio questa interpretazione. La Suprema Corte ritiene fondato il motivo di doglianza e offre alcuni chiarimenti in materia di comunione dei beni. L’interpretazione della Corte territoriale è sbagliata l’atto è annullabile. In questo ambito, infatti, tutti gli atti di disposizione di beni immobili o mobili registrati appartenenti alla comunione legale, compiuti da un solo coniuge in violazione della regola dell’amministrazione congiunta, sono validi ed efficaci e sottoposti alla sola sanzione dell’annullamento in forza dell’azione proponibile dal coniuge entro i termini previsti. Inoltre è da rilevare come, a differenza della comunione ordinaria, la comunione legale tra i coniugi prescinde rigorosamente dal dato della intestazione formale dei beni. La Corte territoriale ha dunque male interpretato la norma disattendendo l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo il quale «in regime di comunione legale tra i coniugi, il contratto preliminare di vendita di bene immobile stipulato da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell’altro è soggetto alla disciplina dell’articolo 184 primo comma c.c., e non è pertanto inefficace nei confronti della comunione, ma solamente esposto all’azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente, nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l’esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell’atto, ovvero in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione».

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 dicembre 2011 – 31 gennaio 2012, numero 1385 Presidente Schettino – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 21-12-2000 C.G. assumeva in data 24-6.1996 l'esponente aveva stipulato con T.F. un preliminare di compravendita immobiliare avente ad oggetto un fabbricato ed annesso terreno siti in omissis per il corrispettivo di lire 119.500.000 di cui lire 60.000.000 versati al momento della stipulazione, lire 20.000.000 in data 12-7-1996 e la residua somma di lire 39.5000.000 da pagare all'atto del rogito l'immobile oggetto del contratto era in comproprietà tra il T. e la moglie L.E. , impedita alla firma per le gravi condizioni di salute psicofisica nelle quali ella versava nel preliminare si dava atto del fatto che il T. aveva presentato un ricorso ex articolo 183 c.c. per l'esclusione della moglie dall'amministrazione dei beni comuni, cosicché il preliminare stesso era sottoposto alla condizione risolutiva costituita dal rigetto del ricorso il T. aveva rinunciato alla suddetta procedura, ed in data 6-12-1996 era deceduto, mentre il ricorso ex articolo 183 c.c. era stato riproposto dai suoi figli, che peraltro avevano invocato la risoluzione del contratto preliminare per il verificarsi della condizione risolutiva l'attore era riuscito a stipulare il rogito notarile di compravendita con i figli G. , L. e T.P. , mentre il figlio T.V. che era stato nominato tutore della madre, la quale era deceduta il xxxxxxxx non si era presentato davanti al notaio. Tanto premesso, il C. conveniva in giudizio T.V. dinanzi al Tribunale di Saluzzo chiedendo pronunciarsi sentenza costitutiva ex articolo 2932 c.c. offrendo il pagamento della residua quota di prezzo spettante al convenuto in via subordinata chiedeva la condanna del T. al risarcimento dei danni nella somma indicativa di lire 50.000.000. Si costituiva in giudizio il convenuto contestando il fondamento delle domande attrici di cui chiedeva il rigetto. Il Tribunale di Saluzzo con sentenza del 9-9-2002 respingeva le domande del C. . Proposto gravame da parte di quest'ultimo cui resisteva il T. la Corte di Appello di Torino con sentenza del 14-2-2005 ha rigettato l'impugnazione, attribuendo rilevanza decisiva al fatto che dal rogito notarile prodotto risultava che intestataria formale degli immobili era solo la L. , moglie di T.F. orbene, avendo stipulato il suddetto preliminare soltanto quest'ultimo, non intestatario del bene, non poteva applicarsi l'articolo 184 c.c. ipotizzando la possibilità di una azione di annullamento dell'atto da parte dell'altro coniuge, ma si doveva ritenere l'atto stesso inefficace, perché la parte interessata non era in grado di conoscerlo e, quindi, di attivarsi nel termine di un anno previsto dall'articolo 184 c.c Per la cassazione di tale sentenza il C. ha proposto un ricorso basato su di un unico articolato motivo illustrato successivamente da una memoria cui il T. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione Con l'unico motivo formulato il C. , denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 184 c.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione, assume che la tesi del giudice di appello -secondo cui l'operatività dell'articolo 184 c.c. sarebbe esclusa sia nel caso in cui il bene oggetto di comunione legale tra i coniugi risulti intestato ad entrambi, sia nel caso in cui l'atto dispositivo del bene sia stato posto in essere dal solo coniuge non intestatario - non può essere condivisa sotto diversi profili. Il ricorrente rileva anzitutto che il testo dell'articolo 184 c.c. non autorizza a distinguere tra atti concernenti beni intestati nei registri immobiliari esclusivamente al coniuge disponente da un lato, ed atti concernenti beni intestati alla comunione coniugale ovvero non intestati al disponente dall'altro, considerato che gli articolo 177 e seguenti c.c., a differenza di quanto attiene alla comunione ordinaria, fanno riferimento ai beni della comunione coniugale indipendentemente dalla loro formale intestazione né ciò appare in contrasto con il principio della continuità delle trascrizioni, poiché, quando i coniugi operano congiuntamente, risulta disponente del bene anche il coniuge non indicato nell'atto di provenienza inoltre, poiché in caso di acquisto di un bene operato da uno solo dei coniugi in regime di comunione l'acquisto opera automaticamente anche a vantaggio dell'altro, non si comprende perché lo stesso principio non debba valere anche nel caso di disposizione del bene medesimo. Il ricorrente evidenzia poi l'infondatezza dell'ulteriore assunto della Corte territoriale secondo cui la sottoscrizione del preliminare suddetto da parte del solo T.F. non intestatario formale comporterebbe l'inefficacia dell'atto, e non la semplice azione di annullamento ex articolo 184 c.c., anche per la ragione che il coniuge intestatario non sarebbe stato in grado di conoscere l'atto e di attivarsi quindi nel termine di un anno di cui all'articolo 184 c.c. invero il giudice di appello è incorso nell'equivoco di considerare il momento dai quale decorre il suddetto termine coincidente con la stipula dell'atto, laddove invece esso decorre dal momento in cui il coniuge pretermesso ha effettiva conoscenza dell'atto e, in via sussidiaria, entro un anno dalla trascrizione. Il C. inoltre, sottolineando che l'articolo 184 c.c. si limita a prevedere solo l'annullabilità o la convalida dell'atto di disposizione dell'intero bene da parte del singolo coniuge a richiesta del coniuge pretermesso, afferma che la norma suddetta presuppone la piena efficacia dell'atto di disposizione dell'intero immobile fin dall'origine, nell'ambito di una scelta legislativa di bilanciamento della tutela da un lato della posizione del coniuge pretermesso e dall'altro del terzo acquirente. La censura è fondata. La sentenza impugnata ha affermato che, poiché il contratto preliminare del 24-6-1996 riguardante un immobile oggetto di comunione legale tra i coniugi T.F. ed L.E. era stato stipulato dal solo marito, non intestatario del bene, si versava in una ipotesi non già di annullamento dell'atto ex articolo 184 c.c., non essendo la parte interessata in grado di conoscerlo e quindi di attivarsi nel termine annuale ivi previsto, ma di sua inefficacia a tal riguardo ha considerato tale caso assimilabile a quello di immobile che, pur appartenente alla comunione legale, sia intestato ad entrambi i coniugi, dove pure si determinerebbe una situazione di inefficacia dell'atto, richiamando a conforto di tale assunto - secondo cui quindi l'articolo 184 c.c. troverebbe applicazione solo nell'ipotesi di atto compiuto, nonostante il regime di comunione legale, dal coniuge intestatario del bene stesso -la pronuncia di questa Corte 2-2-1995 numero 1252. Tale convincimento è frutto di un errata interpretazione dell'articolo 184 c.c. ed anche di un palese fraintendimento della sentenza ora menzionata, che invero ha affermato un principio di diritto del tutto diverso rispetto a quello sostenuto dalla Corte territoriale. Muovendo dunque con tale ultimo rilevante profilo, è bene sottolineare che con tale pronuncia si è ritenuto che in tema di comunione legale tra i coniugi tutto gli atti di disposizione di beni immobili o beni mobili registrati appartenenti alla comunione legale, compiuti da un solo coniuge senza il necessario consenso dell'altro, ovverosia in violazione della regola dell'amministrazione congiunta, sono validi ed efficaci e sottoposti alla sola sanzione dell'annullamento ai sensi dell'articolo 184 c.c. in forza dell'azione proponibile dal coniuge il cui consenso era necessario entro i termini previsti dalla stessa norma, ed ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva ritenuto che l'annullabilità prevista dall'articolo 184 c.c. riguarderebbe la sola ipotesi in cui l'atto di disposizione sia compiuto dal coniuge che risulti unico intestatario del bene. Occorre poi evidenziare che la motivazione della pronuncia 2-2-1995 numero 1252 di questa Corte offre esaurienti e convincerti argomentazioni a sostegno de! principio di diritto sopra enunciato è stato invero ivi affermato in particolare che, a differenza della comunione ordinaria, la comunione legale tra i coniugi prescinde rigorosamente dal dato della intestazione formale dei beni, e che d'altra parte, se le risultanze dei registri immobiliari sono indifferenti per quanto attiene all'accertamento circa l'appartenenza dei beni alla comunione legale, è del tutto arbitrario affermare che la norma in esame non riguardi qualsiasi atto, ma soltanto gli atti concernenti i beni intestati nei registri immobiliari al coniuge disponente. Rilevato poi che, in mancanza di espresse disposizioni derogatorie, gli effetti della disposizione dell'intera cosa comune nella comunione tra i coniugi soggiacciono alle stesse regole stabilite per la comunione ordinaria, e che nessun argomento autorizza a ritenere che l'articolo 184 c.c. preveda che gli atti di disposizione posti in essere da uno solo dei coniugi siano soggetti a sanzioni diverse dalla annullabilità e, quindi, sottoposti ad una disciplina diversa, la sentenza impugnata ha concluso che tale norma, per l'esigenza di tutelare la rapidità e la certezza della circolazione dei beni in regime di comunione legale, disciplina il conflitto tra il terzo ed il coniuge pretermesso in modo più favorevole al primo, con il regime degli effetti tendente alla conservazione del negozio. Alla luce di tali considerazioni si deve concludere che il convincimento della sentenza impugnata in ordine alla asserita inefficacia dell'atto di disposizione di un immobile oggetto di comunione legale tra i coniugi da parte del coniuge non intestatario del bene appare sprovvisto di ogni aggancio positivo ed in contrasto con il sistema di circolazione dei beni in regime di comunione legale come sopra delineato del resto l'orientamento consolidato di questa Corte esclude una disciplina differenziata per tale ipotesi, ritenendo che, in regime di comunione legale tra i coniugi, il contratto preliminare di vendita di bene immobile stipulato da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell'altro è soggetto alla disciplina dell'articolo 184 primo comma c.c., e non è pertanto inefficace nei confronti della comunione, ma solamente esposto all'azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente, nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l'esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell'atto, ovvero, in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione Cass. 21-12-2001 numero 16177 Cass. 11-6-2010 numero 14093 . In definitiva in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata da altra sezione della Corte di Appello di Torino che deciderà la controversia in conformità del principio di diritto sopra enunciato e che provvedere anche alla pronuncia sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.