Relazione extraconiugale e pessimo rapporto con le figlie: addebito della separazione al marito

Il comportamento dell’uomo deve di per sé considerarsi fortemente pregiudizievole per il mantenimento di una affectio coniugalis all’interno del matrimonio secondo l’ id quod plerumque accidit .

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25315/13, depositata l’11 novembre scorso. Il caso. In sede di separazione tra coniugi, visto l’addebito della stessa al marito, viene disposto l’affidamento esclusivo delle figlie alla moglie e, sempre alla donna, viene assegnata la casa coniugale. Inoltre, all’uomo viene imposto di versare un assegno mensile di 800 euro a titolo di contributo al mantenimento delle figlie, oltre l’obbligo di concorrere nella misura del 50% alle spese straordinarie. La questione, visto il ricorso di quest’ultimo, viene affrontata anche dalla Corte di Cassazione. L’uomo aveva una relazione extraconiugale Il ricorso, tuttavia, viene rigettato in toto . L’assunto del ricorrente, secondo cui gravava sulla ex moglie l’onere di provare che la sua relazione extraconiugale e il pessimo rapporto con le figlie non abbia avuto un ruolo fondamentale nel determinare la crisi coniugale ma sia stato invece il sintomo di una crisi preesistente, costituisce un mero escamotage difensivo . fortemente pregiudizievole per il mantenimento dell’affectio coniugalis. In realtà, anche secondo gli Ermellini, il comportamento del ricorrente deve di per sé considerarsi fortemente pregiudizievole per il mantenimento di una affectio coniugalis all’interno del matrimonio secondo l’ id quod plerumque accidit . Oltre a vedersi rigettare il ricorso, il ricorrente dovrà pagare le spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 18 giugno - 11 novembre 2013, n. 25315 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che in data 10/29 aprile 2013 è stata depositata relazione ex art. 380 bis che qui si riporta 1. La controversia ha per oggetto la separazione fra i coniugi I.N. e M M. . La Corte di appello di Napoli, con la sentenza impugnata n. 1517/2011, ha confermato la separazione con addebito allo I. , l'affidamento in via esclusiva delle figlie alla M. , l'assegnazione di parte del fabbricato in cui è ubicata la casa coniugale alla M. , la imposizione allo I. di un assegno mensile di 800 Euro a titolo di contributo al mantenimento delle figlie, oltre all'obbligo di concorrere nella misura del 50% alle spese straordinarie. 2. Ricorre per cassazione N I. affidandosi a cinque motivi di impugnazione con i quali lamenta che la Corte territoriale non abbia esaminato, o comunque abbia disatteso erroneamente, le sue contestazioni circa la qualificabilità del suo comportamento come violativo degli obblighi derivanti dal matrimonio e comunque come integrativo di un nesso di causalità relativo alla rottura del vincolo matrimoniale. Lamenta inoltre il ricorrente che la Corte territoriale, nel confermare l'assegno di mantenimento delle figlie non abbia valutato adeguatamente le sue precarie condizioni economiche e la formazione di un nuovo nucleo familiare da cui sono nate altre due figlie. Infine deduce il ricorrente che la Corte di appello non ha addotto circostanze idonee a dimostrare che dall'affido condiviso deriverebbero conseguenze pregiudizievoli alle figlie. 3. Si difende con controricorso M M. . 4. Tutti i motivi di ricorso sono caratterizzati dalla contestazioni delle decisioni di merito adottate dalla Corte di appello senza peraltro dimostrare la insufficienza o illogicità delle ragioni che hanno portato a tali decisioni. Ragioni che si sostanziano nella relazione extraconiugale dello I. che ha causato la rottura del rapporto con la M. e nel grave disinteresse alle esigenze relazionali e educative delle figlie. Inoltre appare smentita dalla motivazione della Corte di appello la deduzione relativa alla mancata considerazione della situazione economica del ricorrente. La Corte di appello ha infatti revocato il contributo al mantenimento della M. e ha lasciato immutato il contributo al mantenimento delle figlie nonostante il raggiungimento di un'età adolescente legittimasse un incremento di tale contributo. 5. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso o per il suo rigetto. Ritenuto che la Corte condivide pienamente tale relazione e rileva più dettagliamente quanto segue. L'assunto del ricorrente secondo cui gravava sulla M. l'onere di provare che la sua relazione extraconiugale e il pessimo rapporto con le figlie non abbia avuto un ruolo determinante nel determinare la crisi coniugale ma sia stato invece il sintomo di una crisi preesistente costituisce un mero escamotage difensivo in assenza di una circostanziata deduzione di fatti rilevanti e di mezzi di prova. Il comportamento dello I. deve di per sé considerarsi fortemente pregiudizievole per il mantenimento di una affectio coniugalis all'interno del matrimonio secondo l' id quod plerumque accidit . Sulla base di queste considerazioni la motivazione della Corte di appello appare congrua dal punto di visto logico e fondata su un esauriente riscontro degli elementi istruttori. Va poi rilevato che non corrisponde al contenuto della motivazione la censura secondo cui la Corte non avrebbe considerato che il ricorrente è diventato, dopo la rottura del rapporto coniugale, padre di due figlie. Come già evidenziato nella relazione, la Corte di appello ha infatti revocato il contributo al mantenimento della M. e ha lasciato immutato il contributo al mantenimento delle figlie nonostante il raggiungimento di un'età adolescente legittimasse un incremento in considerazione delle accresciute necessità proprie dell'età. Né può ritenersi fondata l'ulteriore censura per cui la Corte di appello avrebbe confermato l'affido esclusivo delle figlie senza rendere alcuna motivazione al riguardo perché al contrario la Corte ha espressamente motivato il provvedimento in questione rilevando che il disinteresse e l'inosservanza da parte di N J. agli obblighi di assistenza verso le figlie, sì da farlo apparire ai loro occhi una figura del tutto assente, e la difficoltà di comunicazione, venutasi a creare con le medesime, anche se, in parte, per effetto dell'accesa conflittualità, esistente tra i genitori, fanno ritenere pregiudizievole per le predette tale forma di affido . Ritenuto che pertanto il ricorso debba essere rigettato con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 3.100 Euro di cui 100 per spese.