La riemissione dell’ordinanza di custodia cautelare da parte del Giudice competente comporta la necessità di un nuovo interrogatorio di garanzia?

In ottemperanza al principio di conservazione degli atti compiuti dal giudice incompetente, le prove acquisite in violazione delle norme sulla competenza mantengono piena efficacia a condizione che siano state rispettate le regole sulla loro assunzione, pertanto laddove la nuova ordinanza custodiale sia emessa senza contestazione di fatti, indizi o esigenze cautelari nuovi e/o diversi rispetto a quelli posti a fondamento del provvedimento cautelare adottato dal Giudice incompetente, la stessa non perde efficacia per il mancato espletamento di un nuovo interrogatorio di garanzia che, tra l’altro, risulta essere inutile, avendo l’indagato avuto modo di difendersi regolarmente durante l’espletamento dell’originario interrogatorio.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 44680 del 6 novembre 2013. Il caso. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Genova emetteva una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di V.A., indagato per i reati di rapina e lesioni personali aggravate. Il Tribunale del Riesame di Genova confermava in toto l’ordinanza custodiale, sia per quanto concerne il profilo cautelare che relativamente ai gravi indizi di colpevolezza ritenuti sussistenti. Avverso la decisione dei Giudici della cautela l’indagato ricorreva per Cassazione deducendo, preliminarmente, l’incostituzionalità degli artt. 27 e 294 c.p.p. per violazione degli artt. 3 e 25 Cost. nella parte in cui non prevedono l’obbligatorietà dell’interrogatorio di garanzia a seguito di rinnovazione dell’ordinanza custodiale in secundis , lamentava la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c c.p.p., non contenendo l’ordinanza impugnata una compiuta descrizione del fatto di reato contestato. L’eccezione di incostituzionalità. La Seconda sezione Penale della Suprema Corte ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità così come sollevata dal ricorrente. Ed invero, i Supremi Giudici hanno avuto modo di chiarire come la problematica de qua sia già stata oggetto di pronuncia a Sezioni Unite nel 2001 – cui si sono poi uniformate le singole sezioni – che ha statuito la non necessarietà di un nuovo interrogatorio dell’indagato quale diretta conseguenza della riemissione del provvedimento restrittivo emesso dal Giudice territorialmente incompetente. In effetti, secondo il Supremo Consesso, in applicazione del c.d. principio di conservazione degli atti compiuti dal Giudice incompetente – ex art. 26 c.p.p. – le prove acquisite in violazione delle norme sulla competenza mantengono efficacia se regolarmente acquisite e, cioè, laddove siano state osservate le regole sulla loro assunzione. Donde, l’interrogatorio che sia stato legittimamente reso dinanzi al Giudice poi dichiaratosi incompetente costituisce un atto assolutamente valido, efficace ed utilizzabile. Con la medesima statuizione a Sezioni Unite la Corte Suprema ha avuto modo di chiarire, inoltre, come l’ordinanza applicativa di misura cautelare ai sensi dell’art. 27 c.p.p., emessa, cioè, senza contestazione di fatti, indizi o esigenze cautelari nuovi e/o diversi rispetto a quelli posti a fondamento della ordinanza originaria adottata dal Giudice incompetente, non perde efficacia per il mancato espletamento di un nuovo interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p., proprio perché – sempre fermo restando quanto precedentemente chiarito sul principio di conservazione degli atti – il Magistrato davanti al quale l’indagato ha illo tempore reso il primo interrogatorio era, almeno in quel momento, il Giudice naturale previsto dall’ordinamento, essendo la incompetenza una causa solo sopravvenuta rispetto all’interrogatorio stesso. In altri termini, il diritto di difesa del ricorrente è stato pienamente garantito, avendo avuto lo stesso la possibilità di difendersi regolarmente durante l’espletamento dell’originario interrogatorio di garanzia. L’indicazione, in forma chiara e precisa, del fatto di reato contestato e la validità del provvedimento cautelare. Con riferimento al secondo motivo di gravame, la Corte di legittimità, nel rigettare lo stesso, ha avuto modo di riprendere la giurisprudenza riferita alla validità del provvedimento restrittivo con precipuo riguardo agli elementi indicati dall’art. 292 commi 2 e 2 ter c.p.p In particolare, l’indicazione del fatto di reato per cui si procede deve risultare in modo inequivocabile dal contesto del provvedimento cautelare, onde consentire – sin dal momento della sua emissione – all’indagato di difendersi attraverso la conoscenza e la contestazione degli elementi accusatori. Fermo restando che è sufficiente che tutti gli elementi ex art. 292 c.p.p. – alla cui sussistenza risulta essere subordinata la validità del provvedimento custodiale – siano ricavabili anche dalla stessa richiesta del Pubblico Ministero di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare. Ora, nel caso de quo , ad avviso dei Giudici della Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, l’ordinanza impugnata risulta essere assolutamente esauriente con precipuo riferimento alla indicazione dell’addebito.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 luglio - 6 novembre 2013, n. 44680 Presidente Prestipino – Relatore Taddei Ritenuto in fatto 1. Avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, che ha confermato quella emessa dal GIP del Tribunale di Genova del 23.02.2013, con la quale veniva disposta la misura cautelare personale della custodia in carcere per V.A., accusato di rapina e lesioni personali aggravate, ricorre personalmente l'indagato, chiedendo l'annullamento del provvedimento e deducendo, preliminarmente, l'incostituzionalità degli artt. 27 e 294 cod.proc.pen. per violazione degli artt. 3 e 25 co 1 Cost. nella parte in cui non stabiliscono l'obbligatorietà dell'interrogatorio di garanzia a seguito della rinnovazione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere o di applicazione degli arresti domiciliari. Lamenta, poi, la violazione dell'art. 606 co 1 lett. c cod.proc.pen. perché l'ordinanza genetica non contiene una compiuta descrizione del fatto addebitato, e, nonostante l'eccepita nullità invocata ai sensi dall'art. 292 co 2 lett.b cod.proc.pen., il Tribunale del riesame, erroneamente, non la ha dichiarata. Lamenta, infine, che la mancata descrizione del fatto e il mancato interrogatorio dell'indagato, dopo la riemissione dell'ordinanza di custodia cautelare da parte del giudice competente, ha impedito il pieno esercizio del diritto di difesa. Considerato in diritto 2. Il ricorso non è fondato e, pertanto, non può essere accolto. 2.1 È manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità degli artt. 27 e 294 cod.proc.pen Le Sezioni Unite di questa Corte, con la decisione n. 39618 del 2001, cui hanno fatto seguito la n. 29924 del 2007 Rv. 237697, n. 46029 del 2008 Rv. 241773 n. 3399 del 2009 rv 245836 si sono già pronunciate negativamente sulla necessità di un nuovo interrogatorio dell'indagato in conseguenza della riemissione del provvedimento restrittivo emesso da giudice territorialmente incompetente. 2.2 Nell'esaminare la questione le Sezioni Unite hanno proceduto dal principio di conservazione degli atti compiuti dal giudice incompetente, fissato dall'art. 26 c.p.p., secondo il quale le prove acquisite in violazione delle norme sulla competenza mantengono piena efficacia a patto che siano state rispettate le regole sulla loro assunzione e della loro funzione. Hanno, perciò, deciso che il verbale ed il contenuto dell'interrogatorio legittimamente reso al Giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente, costituiscono atti pienamente validi, efficaci ed utilizzabili, dei quali il Giudice dichiarato competente deve tenere conto nel momento in cui valuta la necessità o l'opportunità di emettere, a carico dello stesso indagato o imputato, una nuova ed autonoma ordinanza applicativa di misura cautelare personale coercitiva o interdittiva. Pertanto l'autonomia dell'ordinanza pronunciata ai sensi dell'art. 27 c.p.p., rispetto a quella emessa dal Giudice dichiaratosi incompetente, è garantita dalla pienezza dei poteri che il Giudice esercita nella valutazione della sussistenza dei fatti, dei gravi indizi di colpevolezza dell'indagato e delle esigenze cautelari, senza condizionamento alcuno derivante dalle valutazioni del Giudice poi dichiaratosi incompetente. È stato, anche, precisato che il principio secondo cui l’ordinanza applicativa di misura cautelare ai sensi dell'art. 27 c.p.p., emessa rebus sic stanti bus , senza cioè contestazione di fatti nuovi o indizi gravi di colpevolezza o esigenze cautelari in tutto o in parte diversi da quelli posti a fondamento del provvedimento adottato dal Giudice incompetente, non perde efficacia per il mancato espletamento di nuovo interrogatorio di garanzia ai sensi dell'art. 294 c.p.p., non confligge con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale sia con riguardo all'organo che procede, perché non può considerarsi effettuato da organo diverso dal Giudice naturale perché il Magistrato che ha assunto l'interrogatorio era, in quel momento, il Giudice previsto dall'ordinamento e preposto dalla legge all'assunzione dell'atto, sia con riguardo alla funzione dell'interrogatorio, definito il più efficace strumento di tutela avente ad esclusivo oggetto la cautela disposta nella sentenza n. 77 del 97 ribadendo la necessità della più tempestiva presa di contatto con il Giudice della persona arrestata o detenuta , sottolineando che l'affermazione - costituzionalmente imposta - di estendere l'interrogatorio anche alla fase successiva alla trasmissione degli atti al Giudice del dibattimento non comporta soluzioni necessitate quanto al Giudice cui affidare il compito di procedere all'interrogatorio ed agli atti da utilizzare a tal fine nella sentenza n. 32 del 17/02/99 sottolineando l’importanza, per la tutela del diritto di difesa, che la discrezionalità del legislatore sia esercitata in modo da assicurare che l'interrogatorio, consista in un colloquio diretto fra la persona destinataria della misura ed il Giudice che l'ha adottata , sia specificamente rivolto a consentire a quest'ultimo di verificare la sussistenza o la permanenza delle condizioni poste a base del provvedimento nel la sentenza n. 95 del 21/3/01. 2.3 Alla luce delle considerazioni che precedono deve affermarsi che la garanzia del diritto di difesa è ampiamente assicurata dall'interrogatorio già avvenuto, in quanto, da un lato, l'indagato ha avuto modo di difendersi e di rappresentare tutti gli elementi a favore, e, dall'altro, il giudice ha avuto modo, nel momento in cui ha disposto la reiterazione della misura, di valutare anche la permanenza delle condizioni di applicabilità e dei pericula libertatis, alla luce del già effettuato interrogatorio. Ne consegue il rigetto del primo motivo. 2.4 In ordine al secondo motivo si osserva che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, gli elementi indicati nell'art. 292 co 2 e 2 ter cod.proc.pen., ai fini della validità del provvedimento restrittivo, si integrano nell'unicità del provvedimento, svolgendo ciascuno la propria funzione, che nel caso del requisito di cui alla lett. b è di dare un'indicazione schematica del fatto-reato per cui si procede, nella formulazione sintetica su cui si appuntano accusa e difesa e su cui convergono tutti gli altri elementi pure indefettibilmente richiesti dalla medesima disposizione. Ne discende che ai fini della validità dell'ordinanza che dispone una misura cautelare, il requisito della descrizione sommaria del fatto, pur non dovendo necessariamente essere formalizzato in un autonomo capo di imputazione, deve tuttavia risultare in modo inequivocabile, e sin dal momento dell'emissione, dal contesto del provvedimento, in quanto funzionale all'esigenza dell'indagato di difendersi mediante il confronto tra i fatti contestati e la valenza indiziaria degli elementi posti a sostegno della misura Cass., Sez. 5, 7 marzo 2007 n. 15134 . Pertanto, ai fini della necessaria conoscibilità della contestazione, per un'efficace esercizio del diritto di difesa, è sufficiente che gli elementi indicati nell'art. 292 cod.proc.pen. siano ricavabili dalla richiesta del P.M., cui nell'ordinanza sia stato fatto espresso riferimento, ovvero anche dal contesto motivazionale dell'ordinanza medesima Cass. Sez. 1, 17 giugno 2003 n. 29653, ric. Santimonie Sez. U, 14 luglio 1999 n. 16, ric. Ruga e altri Sez. U, 25 marzo 1998 n. 9, ric. D'Abramo Sez. 6, 26 gennaio 1996 n. 533, ric. Moschera Sez. 6, 12 dicembre 1995 - 9 febbraio 1996 n. 4820, ric. Scarso Sez. 3, 1 aprile 1992 n. 567, ric. Turco ed altri , tant'è che proprio nell'ottica di fornire la più consona informazione sulla valenza indiziaria degli elementi posti a sostegno del provvedimento restrittivo il successivo art. 293 cod.proc.pen. prescrive il deposito congiunto del provvedimento restrittivo e della richiesta del P.M. con avviso al difensore. 2.5 L'ordinanza impugnata dal V. si è uniformata a quest'orientamento giurisprudenziale per disattendere l'eccezione del ricorrente, da questi riproposta con il secondo motivo di ricorso, osservando che l'ordinanza di custodia cautelare reca esauriente indicazione dell'addebito,tale da consentire l'esercizio pieno del diritto di difesa. 2.6 Alla luce dei su richiamati principi non è fondatamente ipotizzabile una lesione del diritto di difesa per l'omesso interrogatorio di garanzia conseguente alla remissione del provvedimento restrittivo, con ciò intendendosi che deve essere rigettato anche l'ultimo motivo di ricorso, che di quella omissione è ulteriore censura. 3. Il ricorso, per i motivi che precedono, va, pertanto, rigettato ed il ricorrente, di conseguenza, va condannato al pagamento delle spese processuali. Non conseguendo dalla presente sentenza la rimessione in libertà dell'indagato, si dispone che la cancelleria, ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, trasmetta copia di questo provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario nel quale è detenuto il ricorrente. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.