A seguito del notevole eco e della polemica, «anche aspra» e «in larga parte fuor d’opera», scaturiti sugli organi di stampa a causa della sentenza riguardante il pagamento dell’ICI da parte delle scuole paritarie cattoliche, la Corte Suprema di Cassazione, in un comunicato di oggi, 27 luglio 2015, ha ritenuto opportuno fornire alcune utili precisazioni sulla questione.
Orientamento consolidato della Corte. La Corte, per evitare qualsiasi strumentalizzazione, precisa che la sentenza in questione si pone in linea di continuità con il consolidato orientamento della Cassazione con riferimento all’interpretazione dell’esenzione prevista dall’articolo 7, comma 1, lettera i , d.lgs. numero 504/1992 e dei relativi limiti. La tematica, come già sostenuto nella sentenza, è stata oggetto di un’indagine comunitaria per sospetti aiuti di stato agli enti della Chiesa, che sarebbero potuti derivare proprio da un’interpretazione non rigorosa di questa esenzione e in possibile contraddizione con i principi della concorrenza. Attività commerciale. Si ritiene, infatti, che l’esenzione spetti solo nel caso in cui l’attività cui l’immobile è destinato, «pur rientrando tra quelle astrattamente previste dalla norma come suscettibili di andare esenti, non sia svolta in concreto con le modalità di un’attività commerciale». L’onere di provare questa circostanza spetta al contribuente, in base alle regole generali. La Cassazione, nel caso esaminato, ha ritenuto che il giudice di appello non avesse motivato congruamente in ordine al conseguimento in giudizio di questa prova da parte dell’istituto religioso, tenuto conto degli elementi che, in base alla giurisprudenza della Corte, caratterizzano l’attività d’impresa. Rinvio al giudice di merito. La Corte ribadisce che la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio. Ciò significa che sarà il giudice di merito, alla luce di una rinnovata valutazione degli esiti processuali, a dover decidere, in ultima analisi, se l’esenzione spettasse o meno per l’attività didattica svolta in concreto.