La “breve sosta” del conducente dell’auto che ha provocato il sinistro non è sufficiente per escludere la violazione dell’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza imposto dall’articolo 189, comma 6 e 7, c.d.s
Sul tema la Cassazione con sentenza numero 29114/18, depositata il 25 giugno. Il caso. Il Tribunale di Monza condannava l’imputato per i reati di cui all’articolo 189,comma 6 e comma 7 c.d.s. perché, rimanendo coinvolto in un sinistro stradale, non ottemperava all’obbligo di fermarsi dandosi alla fuga ed in questo modo, inoltre, violava l’obbligo di prestare assistenze ai terzi rimasti feriti a causa del sinistro. Nella specie dalle testimonianze dei danneggiati emergeva che l’imputato fosse sceso dell’auto ma poi con la scusa di compilare il modulo della c.d. costatazione amichevole si era allontanato e, risalendo in auto, si era dato alla fuga senza fornire le proprie generalità quest’ultime successivamente fornite da un testimone che conosceva l’imputato. La Corte d’Appello, adita dall’imputato confermava la decisione di prime cure. La vicenda, quindi, giunge in Cassazione su ricorso dell’imputato stesso che con svariati motivi cerca di giustificare il suo comportamento e lamenta l’insussistenza dell’elemento soggettivo e materiale del reato attribuitogli. Obbligo di fermarsi. Secondo gli Ermellini il ricorso è infondato in quanto la decisione dei Giudici di merito è conforme ai principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in ordina alla configurabilità dei reati di cui agli articolo 189, comma 6 e 7, c.d.s Ricorda la Suprema Corte che l’obbligo di fermarsi sul luogo dell’incidente, ai sensi dell’articolo 189, comma 6, c.p. continua per tutto il tempo necessario ai fini dell’identificazione del conducente e per lo svolgimento degli accertamenti sulle modalità dell’incidente. Per questo motivo non può accogliersi la doglianza dell’imputato che sostiene di essersi inizialmente fermato e che in ogni caso le sue generalità siano state fornite attraverso un suo conoscente. Obbligo di prestare assistenza. Infine, osserva la Cassazione, quanto alla sussistenza del reato di cui all’articolo 189, comma 7, c.d.s. la motivazione della sentenza impugnata è congrua al principio secondo il quale l’elemento soggettivo è integrato anche dal dolo eventuale, «ossia dalla consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente abbia bisogno di soccorso che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato». Infatti nella fattispecie i danni alle persone coinvolte nell’incidente erano facilmente ipotizzabili in relazione al tipo di incidente e ai danni riportati sul veicolo dell’investitore e dai successivi certificati del Pronto Soccorso. In conclusione i Giudici di legittimità rigettano il ricorso e condannano parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 marzo – 25 giugno 2018, numero 29114 Presidente Izzo – Relatore Tornesi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 22 maggio 2015 il Tribunale di Monza dichiarava G.M. responsabile dei reali a lui ascritti e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi nove di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Concedeva la sospensione condizionale della pena e la non menzione. Disponeva la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per il periodo di anni due e mesi sei. 1.1. All’imputato veniva contestato a il reato di cui all’articolo 189, comma 6, cod. strada perché trovandosi alla guida del veicolo tg. e rimanendo coinvolto in un sinistro stradale con feriti, non ottemperava all’obbligo di fermarsi, dandosi alla fuga. b il reato di cui all’articolo 189, comma 7, cod. strada perché non ottemperava all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente a F.G. e a P.G. che, a seguito dell’investimento, riportavano lesioni personali. 1.2. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale di Monza, verso le ore 21.00 del omissis F.G. stava percorrendo via omissis alla guida della sua autovettura Fiat Punto, in compagnia dell’amica P.G. , quando veniva urtata violentemente da una vettura proveniente in senso contrario ad elevata velocità che, nell’effettuare una svolta, invadeva la corsia di marcia opposta, andando a collidere frontalmente con la Punto, ferma al semaforo. L’urto causava gravi danni alle autovetture e lesioni personali alla F. e alla P. . Il G. scendeva dall’auto per riferire alla F. che si sarebbe spostato per compilare il modulo della c.d. constatazione amichevole ma, una volta risalito sulla vettura, si allontanava dal luogo del sinistro senza neppure fornire le proprie generalità. A questo punto la F. urlava al G. di fermarsi ma quest’ultimo, giunto alla fine della strada, aumentava la velocità e si allontanava malgrado vi fossero spazi per fermarsi senza intralciare la viabilità. Una delle testimoni che aveva assistito al fatto forniva agli operanti di P.G. intervenuti sul posto per effettuare i rilievi dell’incidente le generalità dell’odierno imputato, in quanto suo conoscente. Nel frattempo il Comandante Di Nardo della Polizia Municipale perlustrava la zona limitrofa e, dopo una decina di minuti a circa mezz’ora dall’incidente , notava in una via distante circa m. 500 dal luogo del sinistro che una persona, poi identificata in G.M. , cercava di sistemare il paraurti della vettura. A seguito dell’urto la P. , passeggera della Fiat Punto, lamentava immediatamente dolori alla schiena la F. accusava dolori alla spalla dopo circa dieci minuti e, trasportata con l’autolettiga al Pronto Soccorso, le veniva diagnosticato un trauma cervicale, algia alla spalla sinistra, con prognosi di giorni sette. 2. La Corte di appello di Milano, con la pronuncia del 09 ottobre 2017, confermava la sentenza di primo grado. 3. Il ricorrente G.M. , propone, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione elevando i seguenti motivi. 3.1. Con il primo motivo deduce la erronea interpretazione e applicazione di legge articolo 42 co. 2, c.p., 189, commi 1, 6 e 7 codice strada e la manifesta illogicità e incompletezza della motivazione quanto alla ricorrenza dell’elemento soggettivo tipico del reato. Sostiene che dalla stessa ricostruzione operata dal Tribunale emerge, quale dato pacifico, come i due conducenti, in seguito all’urto, siano entrambi scesi dalle proprie autovetture e si siano accordati per spostare i rispettivi veicoli al fine di redigere la constatazione amichevole, così come proposto dall’Imputato. Evidenzia che la Corte di appello ha inteso eludere il relativo obbligo argomentativo, spostando la attenzione sull’aspetto volitivo l’intenzione di fuggire , anziché su quello cognitivo l’esistenza di danni alle persone , con ciò incorrendo in una grave contraddizione. Ciò indipendentemente dalla buona fede o meno dell’imputato circa il reale motivo del proprio allontanamento. La sentenza impugnata riconosce come si sia trattato di lesioni non immediatamente evidenziabili trauma cervicale di origine muscolare , laddove il richiamo comunque alla loro facile ipotizzabilità sulla base del tipo di incidente contrasta con la stessa ricostruzione storica operata dai Giudici di merito il ricorrente, fuggendo, non ha accettato il rischio che l’incidente abbia provocato danni alle persone ma, fermandosi, si è convinto del contrario. Del tutto illogica, oltre che apodittica, è la affermazione della sentenza impugnata per cui se pure è chiaro che si sia trattato di danni non immediatamente evidenziabili, gli stessi erano facilmente ipotizzabili in relazione al tipo di incidente impatto frontale e ai danni riportati proprio dal veicolo investitore distacco paraurti . 3.2. Con il secondo motivo ritiene che la condotta posta in essere non integra la fuga richiesta dall’articolo 189, comma 6, cod. strada, tanto più che nel caso in esame era stato riconosciuto dai protagonisti della vicenda e, tra questi, da un testimone oculare che era in grado di riferire sulla dinamica dell’incidente e quindi sulle sue esatte modalità e sulla responsabilità nella causazione dello stesso . 3.3. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’articolo 189 comma 7 cod. strada quanto alla sussistenza dell’elemento materiale della necessità delle cure e il travisamento di un elemento di prova decisivo quanto alla individuazione del tipo di lesione riportato dalla persona offesa. La Corte di appello è stata fuorviata dalla erronea lettura del dato processuale relativo alla effettiva tipologia della lesione refertata alla persona offesa. La sentenza impugnata, infatti, erroneamente riconduce tale dato a trauma cranico , laddove doveva essere, invece, pacifico trattarsi di trauma cervicale , così come correttamente già espresso nella sentenza di primo grado. La disamina dei referti di pronto soccorso che, in omaggio al principio di completezza del ricorso, si allegano al presente atto rende ragione della presente censura, sol che si consideri la assenza di qualunque intervento terapeutico da parte del personale sanitario. 3.4. Con il quarto motivo deduce il vizio di violazione di legge e il vizio motivazionale in relazione al diniego dell’applicazione dell’istituto dell’articolo 131 bis cod. penumero e al trattamento sanzionatorio disciplinato dall’articolo 133 cod. penumero Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato in quanto la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto applicabili in subiecta materia e ha ampiamente e logicamente motivato in ordine alla configurabilità dei reati di cui agli articolo 189, commi 6 e 7, cod. penumero . 2. Va anzitutto evidenziato che dalla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito risulta che il G. , in occasione dell’incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sono derivati danni alle persone, aveva effettuato sul luogo del sinistro una sosta appena momentanea mentre subito dopo, con il pretesto di spostarsi per effettuare la compilazione del modulo della constatazione amichevole, si era allontanato dal luogo del sinistro nonostante una delle persone offese gli avesse manifestato la necessità di fermarsi. Si rammenta in proposito che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente previsto dall’articolo 189, comma 6, cod. penumero deve durare per tutto il tempo necessario ai fini della identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto nonché dello svolgimento degli accertamenti sulle modalità dell’incidente e sulla responsabilità nella causazione del medesimo Sez. 4, numero 20235 del 25/01/2006, Rv. 234581 Sez. 4, numero 34621 del 21/08/2003, Rv. 225622 . Né può deporre in favore del ricorrente la circostanza che nel caso concreto abbia assistito ai fatti una persona che lo conosceva, fornendo così autonomamente le sue generalità alla Polizia Municipale intervenuta che lo rintracciava dopo 20/30 minuti dall’incidente in via omissis , distante circa 500 metri, ove si era premurato di andare a sistemare i danni subiti al paraurti della propria autovettura. Quanto al reato di cui all’articolo 189, comma 7, cod. strada, risulta congrua e logica la motivazione della sentenza impugnata che argomenta nel senso che i danni alle persone coinvolte nell’incidente erano facilmente ipotizzabili in relazione al tipo di incidente impatto frontale e ai danni riportati proprio dal veicolo investitore. La Corte distrettuale ha inoltre correttamente richiamato, in proposito, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità alla cui stregua l’elemento soggettivo può essere integrato anche dal dolo eventuale, ossia dalla consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente abbia bisogno di soccorso che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando Vagente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza Sez. 4, numero 34134 del 06/09/2007, numero 34134, Rv. 237239 . Tale situazione è perfettamente ricorrente nel caso in esame ove le persone offese hanno riportato le lesioni attestate nei certificati del Pronto Soccorso. Inoltre è stata coerentemente ritenuta l’insussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’articolo 131 bis cod. penumero e valutato congruo il trattamento sanzionatorio irrogato, alla luce della totale assenza di percezione del disvalore della condotta dimostrata dal G. che dapprima ha falsamente prospettato una sua disponibilità per poi dileguarsi, preoccupandosi esclusivamente dei danni subiti alla propria autovettura. 4. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.