La forma dell’ordine di bonifico su conto corrente postale

Con ordinanza numero 13068 depositata il 25 maggio 2018, la Terza Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della forma dei contratti bancari ribadendo che il requisito della forma scritta di cui all’articolo 117 TUB per il contratto di conto corrente, non si estende alle disposizioni di volta in volta impartite dal correntista le quali non richiedono forme particolari e sono lasciate alla libera determinazione dei contraenti.

Il suddetto principio ha trovato applicazione in una peculiare fattispecie che ha visto un correntista contestare a Poste Italiane l’illegittimo addebito di un’ingente somma di denaro sul proprio conto corrente asseritamente disposta tramite bonifico da un terzo soggetto. Il caso. Un cliente di Poste Italiane conveniva quest’ultima in giudizio innanzi al Tribunale di Biella lamentando che un terzo soggetto aveva indebitamente prelevato dal proprio conto corrente un’ingente somma di danaro. Segnatamente, il cliente agiva nei confronti del terzo e di Poste ai sensi degli articolo 2041 e 2043 c.c. riferendo che Poste aveva dato esecuzione ad un ordine di bonifico sottoscritto dal terzo il quale non era titolare del conto, né delegato alla relativa gestione. Il Tribunale di Biella respingeva la domanda del correntista il quale impugnava la sentenza innanzi alla Corte d’Appello di Torino. I Giudici di secondo grado rigettavano il gravame rilevando la mera irregolarità formale dell'operazione bancaria. In punto di fatto, la Corte territoriale accertava che proprio il correntista aveva in precedenza disposto un ordine di bonifico a favore del terzo per il medesimo importo contestato bonifico poi non andato a buon fine per erronea apposizione del nome del beneficiario. Inoltre le prove per testi avevano permesso di chiarire che l’operazione dedotta in lite era comunque riconducibile alla volontà del correntista il quale era presente al momento dall’apposizione della firma sull'ordine di bonifico da parte del terzo ed aveva poi personalmente utilizzato la sua carta con codice PIN per darvi esecuzione. Il correntista proponeva ricorso per Cassazione lamentando, tra l’altro e per quel che qui interessa, la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1321 e 1350 c.c. nonché degli articolo 23 TUF e 117 TUB. In dettaglio, il ricorrente deduceva che i Giudici di appello non avevano adeguatamente considerato che la disposizione di bonifico era stata sottoscritta dal terzo e non da lui personalmente ciò in violazione della disciplina di settore che impone la forma scritta ad substantiam non solo dei contratti di conto corrente bancario ma anche di ogni operazione bancaria successiva, specie se di importo rilevante come quello in contestazione. La forma scritta del contratto di conto corrente bancario. Ricorda in primo luogo la Suprema Corte che il vigente Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta d.P.R. numero 144/2001 dispone all’articolo 3 che «per quanto non diversamente previsto nel presente decreto, i rapporti con la clientela ed il conto corrente postale sono disciplinati in via contrattuale nel rispetto delle norme del codice civile e delle leggi speciali», risultando così abrogata la speciale disciplina di cui al precedente d.P.R. numero 256/1989 riferita ai servizi bancari gestiti dall'ente Poste Italiane. Chiarita la normativa applicabile, i Giudici di legittimità osservano che, in tema di contratti bancari, l’ordine di pagamento impartito da un correntista alla propria banca trova la sua fonte e la sua legittimità nel contratto di conto corrente da stipularsi necessariamente in forma scritta ad substantiam ex articolo 23 TUF e 117 TUB. La forma libera degli ordini di pagamento sul conto corrente bancario. L’ordine di pagamento, precisa la Corte di Cassazione, costituisce un’esecuzione d’incarico conferito ex articolo 1856 c.c. ed ha pertanto natura di negozio giuridico unilaterale, non soggetto a particolari requisiti di forma, la cui efficacia vincolante scaturisce da una precedente dichiarazione di volontà con la quale la banca si è obbligata ad eseguire i futuri incarichi conferiti dal cliente, e il cui perfezionamento è circoscritto alla banca e all’ordinante dal che deriva l’estraneità del beneficiario terzo rispetto all’ordine , nei cui confronti l’incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura ex articolo 1269 c.c. di delegatio solvendi sul punto Cass. 9 ottobre 2017, numero 23580 e Cass. 1° dicembre 2004, numero 22596 . Il bonifico bancario, pertanto, costituisce atto unilaterale di esecuzione del mandato generale attribuito alla banca nell’ambito del contratto di conto corrente e viene attuato in forza di una delegazione di pagamento ex articolo 1269 c.c., dalla quale non scaturisce un autonomo obbligo della banca delegata nei confronti del delegatario parte del rapporto di valuta, ma terzo estraneo al rapporto di provvista . In tema di forma dei contratti bancari, concludono i Giudici di Legittimità, la regola di cui all’articolo 117 TUB, circa la forma scritta del contratto di conto corrente, non si estende alle disposizioni di volta in volta impartite dal correntista le quali non richiedendo forme particolari e sono lasciate alla libera determinazione dei contraenti. Ne deriva che la clausola del contratto di conto corrente, in cui si prevede la possibilità per il correntista di impartire ordini verbali e telefonici alla banca, non contrasta con la norma ricordata, costituendone invece una specificazione Cass. 14 febbraio 2011, numero 3574 . La forma libera dell’ordine di bonifico. Ad avviso della Suprema Corte i principi appena enunciati in punto di forma dei contratti bancari debbono essere correlati con la disciplina di cui al citato d.P.R. numero 144/2001 Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta , il quale all’articolo 3, comma 5, dispone che «la legittimazione del cliente è controllata in base a alla corrispondenza della sottoscrizione, se richiesta dalla legge, o del diverso strumento di identificazione utilizzato su indicazione di Poste per singoli servizi, rispettivamente alla sottoscrizione depositata presso Poste od allo strumento da questa indicato b ai documenti di riconoscimento esibiti, ove ciò sia richiesto dalla legge». Sulla base del dettato normativo e regolamentare illustrato, ritengono quindi i Giudici di Legittimità che Poste, nel diligente adempimento delle obbligazioni che le fanno capo, ha come primario onere quello di identificare il cliente che impartisce la disposizione e che solo per mezzo di quest’ultimo può dare esecuzione all'ordine di bonifico ciò a prescindere dalle forme e procedure utilizzate allo scopo. Calando però questi principi nella fattispecie dedotta in lite, osserva la Suprema Corte come i Giudici di secondo grado avessero correttamente accertato che l'ordine di bonifico in contestazione era stato eseguito dal correntista il quale era presente all’operazione ed aveva all’uopo utilizzato il codice PIN della carta in suo possesso sicché la sottoscrizione dell’ordine di bonifico da parte del terzo aveva rappresentato una mera irregolarità formale non causativa di alcun danno patrimoniale al correntista medesimo. Costui nella sostanza aveva effettuato e voluto la disposizione patrimoniale. La Suprema Corte ha pertanto rigettato il ricorso pur compensando le spese di lite in ragione della peculiarità della vicenda esaminata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 21 dicembre 2017 – 25 maggio 2018, numero 13068 Presidente Chiarini – Relatore Fiecconi Svolgimento in fatto 1. QUAGLIA Giancarlo citava in giudizio N.A. e P.N. , nonché omissis s.p.a. omissis , chiedendo la condanna al pagamento dell’importo di Euro 194.500,00, con rivalutazione e interessi, allegando che tale somma, ricevuta quale indennizzo assicurativo, fosse stata indebitamente prelevata il giorno 12.1.2006 dal suo conto corrente postale aperto presso il BANCO POSTA della filiale di omissis , utilizzando la carta POSTAMAT a lui intestata, con sottoscrizione all’ordine di bonifico da parte di N.A. , allora sua suocera, che non era né titolare del conto né delegata alla relativa gestione, e con versamento della somma sul conto intestato a lei e al marito P.N. . Nel giudizio di primo grado Q.G. aveva agito nei confronti di N.A. e P.N. ai sensi dell’articolo 2041 cod. civ., e ai sensi dell’articolo 2043 cod.civ. nei confronti di N.A. e di omissis . Il tribunale di Biella, con sentenza del 3.07.2012 aveva dichiarato inammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento e respinto la domanda di accertamento della responsabilità, compensando integralmente le spese di lite. Q.G. , con atto di citazione notificato il 7/7/2013, impugnava la sentenza del Tribunale innanzi alla Corte d’appello di Torino che, con sentenza numero 213/2015 depositata il 5 febbraio 2015, rigettava l’appello proposto da Q.G. e, in accoglimento dell’appello incidentale di N.A. e P.N. , riformava la sentenza in punto di spese, liquidandole a loro favore. La sentenza della Corte territoriale, per quanto di interesse, rilevava che 1 essendosi la materia del contendere ristretta alla domanda proposta ex articolo 2043 cod. civ., compete all’attore la prova di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità 2 gli indizi rilevabili da un precedente ordine di bonifico disposto a favore della suocera per il medesimo importo, e non andato a buon fine per erronea apposizione del nome del beneficiario, nonché le prove per testi avevano permesso di chiarire che l’irregolarità formale dell’operazione bancaria, costituita dall’apposizione della firma sull’ordine di bonifico da parte di N.A. , anziché di Q.G. che aveva presenziato all’operazione utilizzando la sua carta con codice PIN, dovesse essere riconducibile alla volontà di quest’ultimo 3 per il regolamento delle spese di lite dovesse vigere il principio della soccombenza non osservato dal Tribunale, condannando l’appellante al pagamento delle spese in favore degli appellati secondo le tariffe allora vigenti, atteso che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non esonera il soccombente dall’obbligo di rimborsare le spese alle controparti vittoriose. Q.G. , con ricorso notificato a tutte le parti il 3/08/2015, chiedeva la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino numero 213/2015 depositata il 5 febbraio 2015. Il ricorso veniva affidato a 5 motivi di ricorso. Al giudizio di cassazione partecipava omissis con controricorso notificato, deducendo l’erronea indicazione del numero di ruolo della sentenza impugnata e, in via subordinata, e chiedendo l’eventuale accoglimento della domanda di manleva svolta degli altri convenuti/resistenti, rimasta assorbita dal rigetto della domanda. Ragioni della decisione 2. In via preliminare omissis deduce che la sentenza impugnata porta il numero 213/15 erroneamente indicato nel ricorso, anziché il numero 1370/2013, fatto di cui questa Corte prende atto, non trattandosi di un motivo di censura della sentenza impugnata in grado di determinare l’inammissibilità del ricorso, ove la parte cui lo stesso è diretto abbia avuto elementi sufficienti per individuare, senza possibilità di equivoci, la decisione oggetto di gravame Sez. 2- Cass., Sentenza numero 138 del 08/01/2016 . 3. Il primo motivo di ricorso concerne l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio ex articolo 360, comma 1, numero 5 cod. proc. civ., inteso come erronea considerazione dell’esistenza di un precedente ordine di bonifico disposto erroneamente il 5/01/2006 dal ricorrente in favore di Quaglia Agata, e non della suocera, posto a motivo del rigetto della domanda. Preliminarmente deve rilevarsi che il motivo attinente all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex articolo 360, comma 1, numero 5 cod.proc.civ., per come è dedotto, è inammissibile, poiché si tratta di un’ impugnazione avverso una sentenza di conferma del giudizio del primo grado emessa a conclusione di un procedimento d’appello instaurato con atto di citazione notificato in data 7/7/2013, al quale deve pertanto applicarsi il nuovo disposto di cui all’articolo 348 ter, comma cinque, c.p.c., in base al quale tale motivo non può essere dedotto avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado. Più precisamente, ai sensi dell’articolo 54, comma 2, del d.l. numero 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. numero 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, non è applicabile la regola generale di cui all’articolo 360 numero cinque cod.proc.civ., e pertanto il ricorrente in cassazione - per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’articolo 360, numero 5, c.p.c. al caso di doppia pronuncia conforme avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse Cass. Sez. 1 -, Sentenza numero 26774 del 22/12/2016 . Sicché il sindacato di legittimità del provvedimento impugnato è possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili Sez. 6 - 3, Sentenza numero 26097 del 11/12/2014 . Lo stesso ricorrente dà atto che i giudici di primo e secondo grado hanno entrambi omesso di accertare vale a dire di dare rilievo , alla dedotta inesistenza di un bonifico analogo a quello di cui si discute. Pertanto, una volta rilevato che la decisione di secondo grado ha confermato, in fatto, l’iter argomentativo e probatorio della sentenza di primo grado, in mancanza di specifiche deduzioni con riguardo alla non conciliabilità logica tra le due decisioni o alla diversa valutazione dei fatti in esse rilevabili, il motivo dedotto sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi, ex articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ. è inammissibile. 4. Con il secondo motivo si denuncia anche in questo caso l’omesso esame di fatti decisivi ex articolo 360, comma 1, numero 5 cod. proc. civ. per avere la Corte ritenuto utilizzabili le deposizioni testimoniali rese dalle dipendenti postali, nonostante la eccezione sollevata sull’incapacità e inattendibilità delle testimoni sentite, impiegate di omissis , in primo grado e reiterate nelle conclusioni di appello. In relazione a tale motivo appare assorbente la considerazione preliminare che, sotto il profilo processuale, la Corte territoriale ha dedotto che non vi fosse stata una reiterazione dell’eccezione di incapacità e inattendibilità la censura pertanto è inammissibile in quanto tale eccezione avrebbe dovuto costituire motivo specifico di appello. 5. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1321 cc, 1350 cc, dell’articolo 117 D.lgs 24.02.1998 numero 58, del D.lgs 385/1993, sotto il profilo dell’articolo 360, comma 1, numero 3 cod. proc. civ Sotto questo profilo il ricorrente denuncia che non sia dato peso al fatto che il modulo contenente la disposizione di bonifico è stato sottoscritto non da lui, bensì dalla beneficiaria, e dunque non seguendo la normale procedura bancaria. Il ricorrente deduce che i contratti di conto corrente bancario debbono rivestire la forma scritta ad substantiam a pena di nullità e la stessa forma debbono rivestire le operazioni bancarie, tanto più le operazioni di importo rilevante, citando sul punto Cass. numero 35747/2011 e numero 10545/2015. Osserva la Corte che la disciplina di riferimento, in base all’articolo 3 del DPR 144 del 4 marzo 2001 regolamento Banco Poste dispone che per quanto non diversamente previsto nel presente decreto, i rapporti con la clientela ed il conto corrente postale sono disciplinati in via contrattuale nel rispetto delle norme del codice civile e delle leggi speciali , con abrogazione pertanto della speciale disciplina di cui al DPR 256/1989 riferita ai servizi bancari gestiti dall’ente omissis . Ciò premesso, in tema di contratti bancari, l’ordine di pagamento impartito da un correntista alla propria banca trova la sua fonte e la sua legittimità nel contratto di conto corrente stipulato, in forma necessariamente scritta, tra il correntista e l’istituto di credito. Detto ordine costituisce un’esecuzione d’ incarico conferito ex articolo 1856 cod. civ. ed ha pertanto natura di negozio giuridico unilaterale, non soggetto a particolari requisiti di forma, la cui efficacia vincolante scaturisce da una precedente dichiarazione di volontà con la quale la banca si è obbligata ad eseguire i futuri incarichi conferiti dal cliente, e il cui perfezionamento è circoscritto alla banca e all’ordinante dal che deriva l’estraneità del beneficiario terzo rispetto all’ordine , nei cui confronti, pertanto, l’incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura di delegatio solvendi secondo il disposto dell’articolo 1269 cod. civ. Sez. 1- Cass., Ordinanza numero 23580 del 09/10/2017 Cass. Sez. 3, Sentenza numero 22596 del 01/12/2004 . Il bonifico bancario, pertanto, costituisce atto unilaterale di specificazione e di esecuzione del mandato generale attribuito alla banca nell’ambito del contratto di conto corrente - quest’ultimo da stipularsi necessariamente in forma scritta ad substantiam ai sensi del richiamato articolo 23 D.lgs 24.02.1998, numero 58 e 117 D.lgs 1.09.1993-numero 385 Cass. Sentenza numero 3574 del 14.02.2011 - e, inoltre, viene attuato in forza di una delegazione di pagamento ex articolo 1269 cod. civ., dalla quale non scaturisce un autonomo obbligo della banca delegata nei confronti del delegatario parte del rapporto di valuta, ma terzo estraneo al rapporto di provvista . 5.1. In tema di forma dei contratti bancari, l’articolo 117 del d.lgs. 1 settembre 1993, numero 385, il quale impone la forma scritta per la conclusione del contratto di conto corrente, non si estende alle disposizioni di volta in volta impartite dal correntista, non comportanti modificazioni delle stipulazioni già intervenute tra le parti, le quali, pertanto, non richiedendo forme particolari, sono lasciate alla libera determinazione dei contraenti. Ne deriva che la clausola del contratto di conto corrente, in cui si prevede la possibilità per il correntista di impartire ordini verbali e telefonici alla banca, non contrasta con la norma ricordata, costituendone invece una specificazione Sez. 1, Sentenza numero 3574 del 14/02/2011 . 5.2. I principi di cui sopra devono rapportarsi all’articolo 3, comma 5, del DPR 144/2001 in materia di regolamento dei servizi Banco Posta, il quale prevede che La legittimazione del cliente è controllata in base a alla corrispondenza della sottoscrizione, se richiesta dalla legge, o del diverso strumento di identificazione utilizzato su indicazione di per singoli servizi, rispettivamente alla sottoscrizione depositata presso od allo strumento da questa indicato b ai documenti di riconoscimento esibiti, ove ciò sia richiesto dalla legge . Alla luce di tali disposizioni, pertanto, si evince che, nel quadro del diligente adempimento delle obbligazioni che le fanno capo, la banca ha come primario onere quello di identificare il cliente che impartisce la disposizione e che solo per mezzo di quest’ultimo può dare senz’altro esecuzione all’ordine di bonifico, e ciò a prescindere dalle forme e procedure utilizzate allo scopo. Riguardo a questo specifico onere della banca, tuttavia, la Corte d’appello ha rilevato la correttezza della sentenza di primo grado secondo cui, una volta provato che l’ordine di bonifico fu eseguito personalmente dal sig. Q. , con l’utilizzo del codice PIN e della carta in suo possesso, l’irregolarità formale dell’operazione bancaria costituita dall’accettazione di un ordine con sottoscrizione della beneficiaria dunque non conforme allo specimen non ha comportato alcun danno patrimoniale al correntista che aveva effettuato e voluto la disposizione patrimoniale. Il ricorrente, peraltro, non ha impugnato tale specifico passaggio motivazionale della decisione della Corte d’appello, in cui si è dato rilievo al fatto che l’operazione fosse stata disposta dal correntista seguendo la procedura di riconoscimento prevista contrattualmente e in conformità all’articolo 3, comma 5, del DPR 144/2001 in materia di regolamento dei servizi Banco Posta. Pertanto, la censura deve considerarsi inammissibile perché non conferente con la ratio decidendi resa sul punto dalla Corte territoriale, ex articolo 366 numero 4 cod. proc. civ 6. Il quarto motivo attiene alla violazione del’articolo 360, comma 1, numero 3 per violazione o falsa applicazione degli articolo 91 e 92 cod. proc. civ. nella vecchia versione ratione temporis applicabile alla controversia instaurata nel 2007 per non avere il giudice ravvisato la sussistenza di giusti motivi per compensare le spese, evincibili dal fatto che il ricorrente si è visto prelevare, senza giustificato motivo, l’intero importo riconosciutogli da una compagnia di assicurazioni per un gravissimo sinistro con ingiustificato arricchimento dei beneficiari del bonifico. In proposito è sufficiente osservare che, rispetto a omissis , è stato correttamente applicato il principio della soccombenza dell’appellante di cui all’articolo 91 cod. proc. civ., atteso che l’appello si è rivelato infondato per ogni censura, con conseguente integrale conferma della decisione di primo grado. Pertanto le considerazioni di opportunità svolte dal primo giudice nel motivare la compensazione delle spese non possono certamente valere per la fase di revisione limitata ai motivi d’impugnazione. 7. La peculiarità della vicenda portata all’esame di questa Corte giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese in questa sede processuale. P.Q.M. Rigetta il ricorso Compensa le spese tra le parti.