Nessuna indulgenza all’avvocato “abusivo”: se non cassazionista non può farsi sostituire da altro legale abilitato

Non resta che rimettere il mandato processuale. Nel caso il legale rischia anche la condanna alle spese processuali ex articolo 592 c.p.p. l’ultima parola alle Sezioni Unite.

Così la Cassazione, Prima sez. Penale, con l’ordinanza numero 6326/16, depositata il 16 febbraio. Il fatto. Per fatti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina commessi da uno scafista ai sensi dell’articolo 12, terzo comma, lett. a e b , comma 3- bis e ter del d.lgs. numero 286/1998, veniva emessa ordinanza di custodia cautelare poi confermata dai giudici del riesame. Con articolato ricorso il difensore contestava la misura emessa per insufficiente motivazione dell’atto giudiziale dispositivo – alla luce del riformato articolo 292 c.p.p. - violazione di legge in punto di valutazione dei riscontri delle dichiarazioni del correo ai sensi dell’articolo 192, secondo e terzo comma, c.p.p. e mancata motivazione in punto di esigenze cautelari, inattuali vista l’incensuratezza dell’indagato ed il ruolo subordinato assunto nell’organizzazione criminale. La Cassazione arresta ogni valutazione sul merito del ricorso, deducendo l’inammissibilità dell’atto del difensore nominato ex articolo 97, comma 4, c.p.p. siccome non iscritto nelle liste dei patrocinatori di fronte alla Cassazione, di seguito rinviando alle Sezioni Unite per l’attribuzione delle spese processuali occorse. Non è consentito scavalcare l’assenza del patrocinio in Cassazione, mediante sostituzione con altro legale. Nello specifico, il difensore d’ufficio nominato ex articolo 97 cit. non era abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. All’uopo aveva nominato un sostituto ex articolo 102 c.p.p. munito dell’abilitazione per la redazione dell’atto. La soluzione è stata ritenuta dai giudici non consentita dall’ordinamento processuale. Il quadro sistematico è complesso. Salvo il legittimo impedimento del difensore ex articolo 420- ter c.p.p., che impone al giudice il rinvio dell’udienza, in via generale ricorre ancora l’articolo 97 c.p.p. quando il difensore nominato dall’A.G. o dall’imputato non sia stato reperito o abbia abbandonato la difesa, il giudice nomina altro avvocato iscritto nella medesima lista. Il legale è altrimenti sostituibile, recita il quinto comma, solo per giustificato motivo. La sostituzione processuale ex articolo 102 c.p.p. non consente più di quanto è consentito al difensore nominato. Di sua iniziativa invece, il difensore può nominare un sostituto ai sensi dell’articolo 102 c.p.p, permanendo in capo al legale originariamente nominato ogni incombenza o diritto di notifica di atti rilevanti dall’A.G Permane in capo a questi anche il diritto all’impugnazione ai sensi dell’articolo 613 c.p.p Un diritto più esteso non è riconosciuto in capo al sostituto, nonostante il vuoto normativo specifico sul punto, in quanto l’articolo 102 c.p.p. esplicitamente conferisce al sostituto i soli diritti e doveri già in capo al sostituito e non ultronea idoneità. In breve, se il difensore originario non è munito di abilitazione al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, non può ovviare facendosi sostituire da legale già abilitato. Il difensore originario, per consentire all’indagato di proporre il ricorso in Cassazione, avrebbe dovuto semplicemente rinunciare al mandato, inoltrando al giudice per la nomina di nuovo difensore munito di abilitazione ai sensi dell’articolo 97 c.p.p In caso di inammissibilità, paga l’avvocato? La parola alle Sezioni Unite. Siffatto difetto di legittimazione, per i Giudici, può essere sanzionato processualmente. Tuttavia l’articolo 592 c.p.p. – cui richiama l’articolo 616 c.p.p. in punto di ricorso in Cassazione - prescrive la condanna alle spese del procedimento a carico della sola “parte privata”, in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso. Sull’attribuibilità delle spese al legale la giurisprudenza è stata in realtà ondivaga. In via generale l’avvocato non costituisce parte privata, dunque non destinabile ex lege di una pronuncia di condanna alle spese, per assenza di disposizioni procedurali che prevedano siffatto esito. In via eccezionale alcuni giudici hanno proceduto a condannare il difensore in caso di decesso dell’imputato o di assenza di valida procura di questi. Ha prevalso in questi casi una valutazione di tipo sostanziale. In assenza di formale parte privata e ciò nonostante in costanza di incardinamento della fase processuale, cade sul legale la responsabilità processuale dell’atto proposto in assenza di valida legittimazione, ad ogni effetto. Si tratta anche dell’orientamento proposto in via nomofilattica dalle Sezioni Unite Civili. I Giudici, ravvisata la distonia giurisprudenziale in punto di spese processuali da attribuire al legale sfornito di legittimazione – cui è assimilato il caso de quo - hanno rinviato alle Sezioni Unite Penali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 18 dicembre 2015 – 16 febbraio 2016, numero 6326 Presidente Di Tomassi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza pronunciata in data 10 settembre 2015 il Tribunale di Palermo, costituito ai sensi dell'articolo 310 cod. procomma penumero , accoglieva l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo avverso l'ordinanza emessa in data 22 agosto 2015, con la quale il G.I.P. dello stesso Tribunale aveva respinto la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di T.M. e, per l'effetto, applicava la misura richiesta, ritenendolo gravemente indiziato del delitto di cui agli articolo 110 cod.penumero e 12, commi 3, lett. a e b , 3-bis e 3-ter lett. b del D.Lgs. numero 286/1998. 1.1 A fondamento della decisione rilevava che all'esito delle operazioni di soccorso in mare, condotte da personale della Guardia costiera in data 19 agosto 2015 nei confronti di un natante, proveniente dalle coste egiziane, i 359 cittadini extracomunitari con esso trasportati erano stati condotti al porto di Palermo e che, dalle informazioni fornite da alcuni di tali soggetti, identificati in H.M.A. , A.A. , A.A. , si era appreso quanto segue. Il gruppo di circa 400 persone era partito dall'Egitto dopo che ciascuno dei partecipanti alla traversata aveva corrisposto del denaro a soggetti di origine egiziana e, effettuato un primo tragitto a bordo di piccole imbarcazioni, era stato trasferito su altra più grande in legno e, poi, dopo sette-dieci ore di navigazione, su altro natante ancora più grande in metallo, condotto da cinque - sei persone di origine egiziana, tra i quali il capitano, che aveva impartito ordini ai membri dell'equipaggio e diretto la navigazione, era stato riconosciuto in fotografia in T.M. . Il Tribunale riteneva tali informazioni utilizzabili, perché acquisite in presenza del difensore e con le garanzie prescritte per l'esame di persona indagata, essendo i dichiaranti indagati in ordine al delitto di immigrazione clandestina, nonché attendibili, siccome rese in modo autonomo ed indipendente da soggetti non animati da intenti calunniatori tali rilievi erano espressi anche in riferimento al narrato di H.M.A. , il quale aveva ammesso di essersi alternato alla guida del natante per contribuire alla sicurezza della navigazione per le sue specifiche competenze, circostanze confermate anche dagli altri due migranti. Altrettanto utilizzabile a fini cautelari era ritenuto il riconoscimento fotografico, effettuato dai predetti. In punto di esigenze cautelari, il collegio di merito rilevava l'applicabilità della presunzione relativa, stabilita dall'articolo 12 D.Lgs. numero 286/1998, comma 4-bis, di adeguatezza e proporzionalità della misura della custodia in carcere ravvisava altresì in concreto il pericolo di recidivazione specifica in ragione delle modalità dei fatti commessi, in sé estremamente gravi e della personalità criminale, rivelata dalle medesime circostanze, dell'indagato per avere costui mostrato assoluto disprezzo per la vita umana nell'avere organizzato e gestito l'ingresso in territorio italiano di un elevato numero di migranti con modalità tali da esporne a pericolo l'incolumità, nonché il pericolo di fuga in ragione dell'ingresso illegale nel territorio nazionale dell'indagato, privo di documenti e di fissa dimora. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso l'indagato a mezzo del difensore, il quale ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi a violazione di legge in relazione al disposto degli articolo 273 e 350, co. 7, cod.proc.penumero in relazione all'articolo 12, co. 3, lett. a e b , 3 bis, 3 ter, lett. b D. Lgs. 286/98 e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Secondo il ricorrente, nessun argomento è stato speso dal Tribunale in merito all'eccezione d'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese spontaneamente dai tre migranti al personale della Guardia Costiera, peraltro in contrasto con quanto riferito in seguito al personale della Squadra Mobile e non ha esaminato la natura di tali informazioni, da considerarsi alla stregua dell'articolo 350 cod. procomma penumero , comma 7, e, come tali, pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, non rilevando che i dichiaranti fossero già indagati in quel momento. b Violazione di legge in relazione agli articolo 273 e 192, co. 3 e 4, cod.proc.penumero e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle chiamate in correità o reità, non sottoposte al doveroso vaglio critico del Tribunale per verificare la credibilità del dichiarante, l'attendibilità della narrazione ed i riscontri esterni. In particolare, quanto riferito da H.M.A. sull'essersi egli posto alla guida dell'imbarcazione soltanto allo scopo di dare un aiuto per garantire la sicurezza della navigazione è stato ritenuto attendibile perché confermato dagli altri due migranti non si è considerato però che egli aveva reso dichiarazioni difformi in merito al presunto ruolo rivestito dagli indagati, individuati dapprima quali passeggeri e poi come scafisti, e che aveva reso dichiarazioni contraddittorie in merito alla provenienza ed alla proprietà del telefono satellitare rinvenuto a seguito di perquisizione, avendo riferito, dapprima che gli era stato consegnato da uno degli scafisti e poi che era di sua proprietà tanto avrebbe richiesto un esame più approfondito della sua attendibilità. Inoltre, non è stato apprezzato il fatto che il ricorrente era stato indicato come colui che si era occupato dei motori del natante e che egli non era stato nemmeno riconosciuto da A.A. , che quindi non può riscontrare quanto affermato da H.M.A. . Anche in ordine al fine di profitto perseguito con l'azione criminosa, è emerso che la condotta tenuta dall'indagato si è limitata ad un unico episodio e che il suo intervento si è verificato alla conduzione di un natante e non sin dall'inizio della traversata a bordo dell'imbarcazione principale, per cui va escluso che egli abbia partecipato alla più complessa organizzazione del viaggio e che sia legato al gruppo criminale che gestisce l'immigrazione clandestina per motivi di lucro. c Violazione di legge in riferimento agli articolo 274, comma 1, lett. b e c e 291 cod.proc.penumero e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, che è lacunosa in ordine alla valutazione delle esigenze cautelari. In primo luogo, il Tribunale non ha considerato che la presunzione relativa stabilita dall'articolo 12, comma 4 bis del D.Lgs. numero 286/1998 è venuta meno per effetto della pronuncia di incostituzionalità numero 331 del 2011 e le altre osservazioni svolte nell'ordinanza impugnata non tengono conto del fatto che il ricorrente è stato espulso dal territorio nazionale con decreto emesso dal Prefetto della Provincia di Palermo in data, 22/08/2015, il che rende il supposto pericolo di fuga inattuale e non concreto. Inoltre, il Tribunale ha ravvisato anche il pericolo di recidiva, che non era stato dedotto nella richiesta di applicazione della misura cautelare e nemmeno nell'appello del Procuratore della Repubblica, in ciò violando il principio devolutivo. In ogni caso la motivazione sul punto è generica e non tiene conto che l'indagato è incensurato e ha commesso un reato in modo episodico in un ruolo subordinato. È altresì manifestamente illogico il giudizio di adeguatezza della sola misura applicata, non specificato se formulato o meno in relazione a tutte le esigenze ravvisate. 3. Con successiva memoria, depositata in data 30 novembre 2015, il difensore ha dedotto dei motivi nuovi, con i quali ha sostenuto - l'inutilizzabilità delle dichiarazioni dei tre migranti escussi dal personale della Squadra Mobile per non essere state acquisite nel rispetto delle garanzie prescritte dall'articolo 64 cod. procomma penumero quanto agli avvertimenti da rivolgere al soggetto in stato di arresto o di fermo - la violazione del principio devolutivo per avere il Tribunale affermato il pericolo di recidivazione specifica non dedotto dall'appellante, superando in tal modo il vincolo derivante dalla formulazione dell'appello cautelare e non rispettando il novellato testo dell'articolo 292 cod. procomma penumero , che distingue le esigenze cautelari e pretende un'autonoma valutazione delle stesse, singolarmente considerate. Considerato in diritto Il ricorso appare inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato. 1. Secondo quanto esposto sin dalla premessa dell'impugnazione e confermato dagli atti processuali, l'avv.to Di Gerlando ha presentato ricorso per cassazione nell'interesse di T.M. , in quanto designato sostituto processuale dall'avv.to Loredana Culo, già nominata difensore d'ufficio dell'indagato all'atto del suo arresto e non in possesso dell'abilitazione al patrocinio innanzi agli organi di giurisdizione superiore. La disamina del ricorso impone in via preliminare di risolvere il quesito se al legale che assiste l'imputato d'ufficio e che non sia abilitato all'esercizio della professione presso le giurisdizioni superiori, sia consentito superare l'impedimento legale ad impugnare mediante esercizio della facoltà di designare un sostituto, ossia con affidamento per sua iniziativa dell'incarico di redazione dell'atto d'impugnazione, richiedente specifica abilitazione, ad altro avvocato che ne sia munito. La soluzione esperita non può ritenersi consentita dall'ordinamento processuale. 1.1 Invero, la disposizione di cui all'articolo 97 cod. procomma penumero , dopo avere stabilito in linea generale che all'imputato, che non abbia nominato un difensore di sua fiducia o che ne sia rimasto privo, viene assicurata l'assistenza di un legale d'ufficio, scelto dagli elenchi appositamente predisposti dai Consigli dell'Ordine forense di ciascun distretto, al comma 4 prevede che in tutti i casi in cui il compimento di un atto processuale richieda la presenza del difensore e quello designato, per scelta dell'imputato o per atto dell’autorità giudiziaria, non sia stato reperito, non sia comparso o abbia abbandonato la difesa, quindi versi in situazione tale da non espletare l'incarico, il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, incaricano quale suo sostituto altro professionista immediatamente reperibile, la cui funzione è disciplinata dalle disposizioni dell'articolo 102 cod. procomma penumero . Il comma 5 dell'articolo 97 citato, infine, sancisce l'obbligatorietà del patrocinio per il difensore d'ufficio e la sua sostituibilità soltanto per giustificato motivo al fine di garantire la continuità dell'assistenza tecnico-giuridica e l'efficace tutela dei diritti dell'imputato, perseguita attraverso la previsione dell'immutabilità del difensore sino all'eventuale dispensa dall'incarico o all'avvenuta nomina fiduciaria da parte dell'interessato. Il principio di immanenza della difesa d'ufficio, fondato sulla previsione dell'articolo 97, comma 5, che da concreta attuazione alla direttiva numero 105 della legge delega per l'emanazione dell'attuale codice di rito, secondo le chiare indicazioni del progetto preliminare del codice stesso, comporta che soltanto un giustificato motivo può consentire al giudice di surrogare l'iniziale difensore con altro, sicché un ostacolo temporaneo e contingente nello svolgimento delle funzioni difensive non comporta la definitiva esenzione del legale, che conserva il proprio incarico e tutte le facoltà connesse, compresa quella di ricevere le notificazioni degli atti processuali e di proporre impugnazione avverso il provvedimento sfavorevole per il suo assistito. Accanto alla previsione di un intervento dell'autorità o della polizia giudiziaria, volto ad incaricare altro patrocinatore in sostituzione di quello originariamente già designato, per iniziativa della parte o d'ufficio, l'articolo 102 cod. procomma penumero , comma 1, prevede la facoltà di quest'ultimo, quando non gli sia consentito compiere personalmente attività processuale, di attribuire con un atto d'iniziativa personale ad altro legale le funzioni di proprio sostituto e specifica che la sostituzione comporta l'esercizio dei diritti e l'assunzione dei doveri del difensore sostituito. 1.2 L'articolo 97, comma 4 e l'articolo 102, comma 1, delineano rispettivamente due figure di sostituto del difensore il primo che interviene nel processo per iniziativa ufficiosa del pubblico ministero o del giudice in luogo del difensore di fiducia o d'ufficio che sia assente, non comparso o che abbia abbandonato la difesa, ma che non sia colpito da legittimo impedimento perché in tal caso va applicata la regolamentazione dell'articolo 420-ter cod. procomma penumero , richiamata dall'articolo 486 cod. procomma penumero , comma 5, il secondo, designato dall'originario patrocinatore di fiducia o d'ufficio dette figure sono accomunate dalla medesima disciplina e caratterizzate dalla stessa posizione del sostituto quale legale dell'imputato non officiato né all'inizio del procedimento, né in altro momento precedente gli eventi che hanno determinato l'assegnazione dell'incarico e quale rappresentante dell'originario difensore. Come rilevato da una risalente pronuncia delle Sezioni unite della Corte di cassazione, numero 22 dell'11/11/1994, Nicoletti, rv. 199398 , non smentita da contrari arresti successivi, nelle situazioni di mera assenza o di impedimento non rilevante ai sensi dell'articolo 486 citato, che non dipendano dalla revoca o dalla rinuncia al mandato, né dall'abbandono della difesa per il difensore di fiducia o dalla dispensa dall'incarico per il difensore d'ufficio, il titolare dell’ufficio di difesa rimane sempre l'originario difensore designato, il quale, cessata la, situazione che alla sostituzione ha dato causa, può riprendere immediatamente il suo ruolo e ricominciare le sue funzioni, non richiedendo la legge, proprio per la immutabilità della difesa e per l'automatismo della reintegrazione, comunicazioni o preavvisi di sorta . Il sostituto interviene nel processo in forma estemporanea ed episodica in surroga del difensore assente, non esautora con effetti definitivi e permanenti rispetto al corso del processo il sostituito, assumendone le funzioni e non è portatore di una soggettività difensiva autonoma, proprio perché il dominus della difesa non scompare dal processo, né di diritto come nei casi di rinuncia, revoca e incompatibilità né di fatto, come nel caso di abbandono, per cui pure subentra un sostituto fino a che la situazione non sia chiarita o con il rientro nella effettività delle funzioni difensive o con la revoca o con la rinuncia , secondo le illuminanti osservazioni della C.cost., che ha respinto le censure di incostituzionalità dell'articolo 108 cod. procomma penumero laddove non ha previsto l'assegnazione di un termine a difesa al sostituto del difensore intervenuto in casi diversi dalla rinuncia e dalla revoca del mandato, dall'incompatibilità e dall'abbandono della difesa sentenza, numero 450 del 16/12/1997, ripresa dalle ordinanze numero 148/05 e numero 419/06 . Da tali premesse si è dunque pervenuti nella giurisprudenza di questa Corte ad affermare che il diritto di impugnazione, attribuito in via autonoma al difensore ai sensi dell'articolo 571 cod. procomma penumero , comma 3, compete al difensore di ufficio a suo tempo designato dal giudice o dal pubblico ministero, seppur momentaneamente sostituito, in quanto titolare dell'Ufficio anche al momento del deposito del provvedimento , ma anche ad ammettere che, in caso di sua inerzia, sia consentito al sostituto esperire il mezzo di impugnazione a garanzia degli interessi della parte rappresentata Cass. sez. 2, numero 43623 del 17/10/2003, Caruso, rv. 227688 sez. 1, numero 49244 del 06/10/2004, Rrokaj, rv. 230297 sez. 4, numero 12638 del 10/02/2005, Ennejmy, rv. 231324 sez. 5, numero 5620 del 24/11/2014, Reali, rv. 262666 . 1.3 La facoltà per il difensore impedito di avvalersi della sostituzione da parte di altro patrocinatore non riceve regolamentazione normativa e con essa alcuna limitazione per quanto attiene alla sua durata ed all'ambito di operatività del ruolo del sostituto, che nei casi di sostituzione volontaria viene delimitata con l'atto di conferimento dell'incarico o comunque con la cessazione dell'impedimento cui si è inteso sopperire, ma il suo esercizio deve comunque avvenire nel rispetto delle disposizioni che regolano i singoli istituti processuali ed in particolare della disciplina dei mezzi di impugnazione. Al riguardo assume rilievo dirimente per la soluzione del tema affrontato la disposizione di cui all'articolo 613 cod. procomma penumero , la quale ammette alla proposizione del ricorso per cassazione soltanto la parte che vi provveda personalmente, oppure il suo difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione, il quale, secondo quanto disposto dal secondo periodo del comma 2 della stessa norma, può essere nominato appositamente per proporre il ricorso o in seguito e, in caso non sia espressamente designato un nuovo legale, per difensore s'intende il professionista che ha assistito la parte nell'ultimo giudizio, a condizione che sia in possesso dei requisiti di abilitazione indicati al primo comma. Tale ultima previsione da attuazione al principio di continuità ed immutabilità della difesa nel corso del giudizio, ma per la sua operatività pretende che il difensore che abbia assistito l'imputato nei gradi di merito sia in possesso del titolo abilitativo. Il difetto di abilitazione professionale impedisce però al difensore, che sia scelto fiduciariamente dall'imputato o designato dal giudice, di proporre il ricorso, di assistere nella discussione davanti alla Corte Suprema l'imputato che abbia redatto personalmente il ricorso, ma anche di esercitare tutte le facoltà che siano comunque riconducibili all'esplicazione del mandato difensivo nel giudizio di legittimità, inclusa quella di nominare un proprio sostituto processuale per attività che non è abilitato a svolgere in proprio. Del pari, il sostituto a sua volta soffre della limitazione dei poteri processuali valevole per il sostituito, in quanto, a norma dell'articolo 102 cod. procomma penumero , comma 2, esercita i diritti ed assume i doveri del difensore di fiducia o di quello di ufficio precedentemente designato, compreso quello di proporre eventuale impugnazione ai sensi dell'articolo 571 cod. procomma penumero , comma 3. Tale diritto va però esercitato nei tempi e nelle forme che la legge processuale prescrive di volta in volta per il singolo mezzo di gravame pertanto, se al legale sostituito non è consentito dall'ordinamento proporre ricorso per cassazione per difetto di legittimazione, non potrà nemmeno conferire validamente la legittimazione di cui è privo ad altro difensore, il cui potere di intervento e di iniziativa nel giudizio è ritagliato in modo da ripetere quello di chi lo ha designato. Se ne ha conferma dal rilievo per cui nel processo assume la veste di difensore di ufficio soltanto l'avvocato che sia individuato e designato dal giudice o dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 97 cod. procomma penumero , commi 2 e 3, al quale compete la retribuzione in relazione all'investitura ricevuta ed all'attività svolta nell'intero procedimento e non per il singolo atto o per la specifica fase processuale per contro, quella realizzata nel caso in esame in favore dell'avv.to Di Gerlando non integra una sostituzione temporanea e per ragioni continenti, destinate a risolversi nel prosieguo, ma un conferimento di un complesso di poteri da esercitarsi in riferimento ad un intero grado di giudizio con esautoramento definitivo del difensore d'ufficio sostituito. Con decisione conforme si è già espresso altro collegio di questa prima sezione penale con la sentenza numero 1129 del 10/12/2015, Allegrini, non ancora depositata in motivazione. Ne discende dunque come conseguenza l'inammissibilità del ricorso perché proveniente da patrocinatore sfornito dei necessari poteri di legittimazione e non validamente officiato per esercitarli. 1.4 Potrebbe obiettarsi alle osservazioni sopra svolte che nel caso specifico il difensore d'ufficio non abilitato al patrocinio presso la Corte di cassazione versava in una condizione di impedimento a svolgere attività professionale, equiparabile per definitività ed assolutezza di effetti alle altre situazioni previste dall'articolo 108 cod. procomma penumero di rinuncia, revoca del mandato, incompatibilità ed abbandono della difesa, sicché non era ipotizzabile rispetto al giudizio di legittimità la temporaneità dell'incarico conferito al sostituto o la delimitazione a specifiche attività, mentre la sostituzione ha operato a vantaggio dell'assistito, consentendogli di proporre impugnazione avverso l'ordinanzza del Tribunale. Tale profilo di valutazione non tiene conto del fatto. che nella situazione concreta verificatasi nel presente procedimento, - in cui risulta che l'indagato, subita l'espulsione dal territorio nazionale, è divenuto successivamente irreperibile, restando quindi estraneo all'evoluzione del rapporto processuale-, l'ostacolo per il T. ad ottenere un'adeguata assistenza legale e ad esercitare la facoltà d'impugnazione era facilmente superabile in modo conforme alle prescrizioni vigenti senza porre dubbi di costituzionalità dell'articolo 102 cod. procomma penumero per contrasto con gli articolo 24 e 111 Cost. ed i principi del giusto processo di cui all'articolo 6 della Convenzione EDU. Il difensore d'ufficio non abilitato, anziché operare a sua scelta l'individuazione di un sostituto, esercitando un diritto di cui era privo, avrebbe potuto e dovuto rivolgersi al giudice procedente per sollecitare la designazione in suo luogo di un altro difensore d'ufficio regolarmente abilitato, secondo le previsioni del combinato disposto degli articolo 97 cod. procomma penumero , comma 5 e 30 disp. att. cod.proc.penumero trattasi di soluzione indicata come idonea a superare gli inconvenienti del difetto di legittimazione personale dell'avvocato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la pronuncia numero 24486 dell'11.7.2006, Lepido ed altri, rv. 233919, che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da professionista non cassazionista nell'interesse di imputato latitante, situazione che in motivazione è stata equiparata a quella dell'irreperibile. 2. Si pone un'ulteriore questione problematica da risolvere in ordine alle statuizioni accessorie, conseguenti alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso. È noto che l'articolo 592 cod. procomma penumero stabilisce la condanna della parte privata che abbia proposto impugnazione dichiarata inammissibile o respinta al pagamento delle spese del procedimento, mentre la specifica disposizione dettata dall'articolo 616 cod. procomma penumero per il giudizio di cassazione conferma tale previsione e facoltizza il giudice ad aggiungervi, in caso di ravvisata colpa, anche la condanna del proponente al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende. Va premesso che questo Collegio non ravvisa i presupposti per poter porre a carico dell'indagato T. , nel cui nome il ricorso è stato proposto, l'onere delle spese, dal momento che, per quanto dedotto dal difensore, egli è irreperibile sin da un momento antecedente la presentazione dell'impugnazione, iniziativa di cui nulla ha potuto apprendere, sicché alcun addebito di colpa può muoversi a parte rimasta inconsapevole di quanto processualmente compiuto per suo conto. Si pone piuttosto il quesito sulla possibilità di adottare statuizioni di condanna nei riguardi del difensore, e non della parte dallo stesso rappresentata, in situazioni, come la presente, in cui difetti ab origine , sia il mandato conferito volontariamente dall'imputato, sia il potere di assistenza e rappresentanza, comprensivo di quello di impugnare la decisione sfavorevole, derivante da una valida designazione a suo patrocinatore d'ufficio da parte dell'autorità giudiziaria. 2.1 La condanna alle spese processuali costituisce istituto regolato dal principio della soccombenza perché dipendente dall'esito decisorio che definisce il processo, ma, per effetto dell'individuazione da parte del legislatore quale suo destinatario della sola parte privata , attestandosi sulla formulazione letterale della norma di cui all'articolo 592 cod. procomma penumero , dovrebbe escludersi da tale ambito soggettivo il difensore che abbia proposto ricorso in carenza di potere di assistenza e rappresentanza della parte. In tal senso si è espresso l'orientamento maggioritario affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte per i casi di ricorso dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione dell'avvocato, siccome sottoscrittore del ricorso per conto di imputato deceduto in un momento antecedente la proposizione dell'atto di gravame Cass. Cass. sez. 2, numero 25738 del 20/03/2015, Albini e altri, rv. 264136 sez. 3, numero 41801 del 10/7/2013, Coppola, rv.256586 sez. 6, numero 14248 del 19/3/2007, Striano, rv.236485 sez. 5, numero 10310 del 9/11/2003, Artale, rv. 228015 sez. 6, numero 313 del 29/09/1999 Petralia ed altri, rv. 216405 sulla base del rilievo dell'assenza nell'ordinamento giuridico di alcuna disposizione di legge che consenta di condannare direttamente il legale ricorrente quando abbia impugnato in assenza di mandato e dell'impossibilità di attribuirgli la qualità di parte del rapporto processuale e di riferirgli l'interesse sostanziale alla sua definizione, si è escluso che la declaratoria d'inammissibilità possa comportare la condanna alle spese, non adottabile, né a carico del difensore, che non è soccombente, né parte privata e nemmeno nei confronti di questa, ormai non più soggetto del rapporto processuale per premorienza. 2.2 A soluzione in parte analoga ulteriori pronunce di legittimità sono pervenute in riferimento a situazioni in cui il ricorso era stato dichiarato inammissibile perché proposto da un legale privo di mandato difensivo Cass., sez. 6, numero 9121 del 06/06/1995, Lovino, rv. 202187 sez. 6, numero 3547 del 21/11/1996, Romero, rv. 208189 o di abilitazione al patrocinio nel giudizio di legittimità Cass., sez. 4, numero 47928 del 19/10/2004, Petrollini, rv. 230197 pur dando atto del diverso orientamento interpretativo emerso presso le sezioni civili di questa Corte Suprema, favorevole ad ammettere la condanna del difensore che abbia impugnato in difetto di mandato alle liti, hanno accolto la tesi opposta e posto le spese a carico dell'imputato perché questi deve farsi carico delle conseguenze sanzionatorie dell'errore commesso dal suo difensore, salva nei loro rapporti la configurabilità della responsabilità professionale, con l'unica eccezione che la parte sia rimasta estranea ed inconsapevole dell'iniziativa impugnatoria, nel qual caso la sua condanna alle spese o alla sanzione pecuniaria farebbe ingiustamente gravare sull'imputato una sanzione per attività non rapportabile alla sua iniziativa o alla sua volontà Cass. numero 47928/04 citata . 2.3 A questa linea interpretativa si è contrapposto altro indirizzo, espresso sempre in riferimento alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, proposto dal difensore dell'imputato già deceduto, secondo il quale la condanna alle spese va pronunciata a carico del difensore, in quanto costui, una volta scomparsa la persona da lui assistita, viene ad assumere la qualità di parte privata, essendo l'unico promotore della fase processuale dell'impugnazione, l'unico interessato all'esito della stessa e l'unica causa della sua declaratoria d'inammissibilità e quindi della soccombenza Cass. sez. 6, numero 21393 del 03/05/2005, Tramontana ed altri, rv. 232235 . I medesimi argomenti sono stati ulteriormente sviluppati da più recente, ma conforme pronuncia, resa da Cass. sez. 1 numero 44708 del 3/6/2015, De Marco ed altri, non massimata, secondo la quale, in caso di decesso della parte non sopravvenuto nel corso del giudizio d'impugnazione, ma preesistente ad esso, evento noto al difensore, il quale abbia proposto il ricorso per cassazione nell'assenza originaria - quanto consapevole - della relativa legittimazione e della stessa titolarità del potere di instaurare il rapporto d'impugnazione , la qualità di parte del rapporto d'impugnazione, che rispetto ai precedenti gradi del giudizio è caratterizzata da una propria autonomia, va riconosciuto al difensore, specie nei casi in cui sia esclusa ogni ipotesi di errore incolpevole nella determinazione della causa di inammissibilità tale da poter giustificare l'esonero dalla ulteriore condanna al pagamento della sanzione pecuniaria prevista dalla legge. Si è dunque argomentato con osservazioni che questo Collegio condivide che il mancato recupero, da parte dell'Erario, delle spese del procedimento e delle altre somme dovute a titolo sanzionatorio a carico di un soggetto privo fin dall'origine della legittimazione a instaurare il rapporto processuale, non troverebbe alcuna giustificazione sul piano logico-sistematico, essendo destinato a risolversi in un'inspiegabile indulgenza proprio nei confronti di chi, per le specifiche cognizioni professionali di cui è portatore a maggior ragione nel caso del ricorso per cassazione, che richiede in capo al proponente la speciale abilitazione di cui all'articolo 613 comma 1 cod.proc.penumero , deve ritenersi necessariamente in colpa nella presentazione di un'impugnazione di cui difettavano in radice le condizioni richieste dalla legge . 2.4 Così riassunti i termini del segnalato contrasto, emerso anche nell'ambito di questa prima sezione penale in riferimento alla decisione assunta con la già citata pronuncia numero 1129 del 10/12/2015, Allegrini, con la quale, in riferimento ad un caso del tutto analogo al presente di sostituzione non consentita per la proposizione di ricorso per cassazione, si è pervenuti alla condanna della parte rappresentata da difensore privo di legittimazione, va soltanto aggiunto che ai fini del suo superamento assume un valore orientativo anche la posizione, assunta dalle Sezioni Unite civili di questa Corte numero 10706 del 10/05/2006, rv. 589872 sez. L, numero numero 11551 del 4/03/2015 rv. 635845 . Con tali arresti si è affermato che In materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi come nel caso di inesistenza della procura ad litem o di procura falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l'atto è speso , l'attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem , non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l'attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l'instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo . Pur riferito ad un processo governato da regole differenti e dai principi dispositivo e dell'onere della parte, tale orientamento può adattarsi anche al processo penale, dal momento che la causa d'inammissibilità dell'impugnazione, preesistente alla sua proposizione in una pluralità di casi che trascende quello di più immediata comprensione dell'inesistenza naturalistica della parte, premorta all'iniziativa impugnatoria del professionista che già l'aveva assistita nei gradi di merito, è imputabile direttamente ed in via esclusiva al difensore in dipendenza della sua scelta di ricorrere per cassazione nel difetto originario ed insanabile di un valido rapporto di rappresentanza della parte e quindi di legittimazione, non già alla parte privata del rapporto processuale. Pertanto, anche in siffatta situazione, - nel caso caratterizzata forse anche dalla carenza d'interesse all'impugnazione, non essendo possibile applicare al T. una misura cautelare, stante la sua condizione d'irreperibilità seguita all'allontanamento forzato dal paese-, l'attività processuale compiuta dal legale non può produrre effetti nella sfera giuridica di chi ha erroneamente ritenuto di rappresentare, dal momento che il conferimento volontario o giudiziale dell'incarico difensivo costituisce presupposto indefettibile per imputare alla parte le conseguenze degli atti processuali compiuti nel suo interesse. Per tali considerazioni si ritiene di dover rimettere il ricorso alla decisione delle Sezioni Unite. P.Q.M. rimette il ricorso alle Sezioni Unite.