Il ricorso per cassazione e, nel caso di specie, il controricorso è ammissibile qualora, «in assenza di una espressa volontà della parte circa il carattere congiuntivo del mandato alle liti», sia sottoscritto da entrambi i difensori di cui uno solo risulti iscritto all’albo dei patrocinanti in Cassazione.
Così la Corte di Cassazione con ordinanza numero 6736/18, depositata il 19 marzo. Il caso. Il Tribunale di Bari, accogliendo l’appello avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Modugno, riconosceva il difetto di legittimazione passiva in capo ad una parte. Pertanto, il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo nei confronti della parte dichiarata in difetto di legittimazione passiva. Avverso la sentenza del Tribunale la parte che aveva richiesto l’emissione di tale decreto ingiuntivo ricorre per cassazione denunciando l’erroneo riconoscimento del difetto di legittimazione passiva in capo alla controparte, nonché l’inammissibilità del controricorso da questa promosso in quanto, non solo uno dei due difensori non risultava iscritto nell’albo dei patrocinanti in Cassazione, ma il controricorso stesso risultava altresì carente del requisito ex articolo 366, comma 1, numero 6 c.p.c Il difensore non iscritto all’albo. Il Supremo Collegio sottolinea che, secondo un orientamento della medesima Corte, «in assenza di una espressa volontà della parte circa il carattere congiuntivo del mandato alle liti, è valido il ricorso per cassazione – e pure il controricorso – sottoscritto da due avvocati, di cui uno solo iscritto nell’albo degli avvocati abilitati alla difesa innanzi alle giurisdizioni superiori». Difatti, precisa la Suprema Corte, «l’avvocato abilitato, apponendo la firma sul ricorso, fa proprio il contenuto dell’atto e ne assume in pieno la paternità e la responsabilità nei riguardi della parte assistita, di controparte e del giudice mentre rimane irrilevante l’altra sottoscrizione». Infine, relativamente al requisito ex articolo 366, comma 1, numero 6, c.p.c., i Giudici di legittimità sottolineano che tale norma «non è rilevante» nel caso di specie, poiché trova applicazione per il ricorso e non già per il controricorso. La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 20 settembre 2017 – 19 marzo 2018, numero 6736 Presidente Manna – Relatore Besso Marcheis Fatto e diritto Premesso che S.G. propone ricorso per cassazione contro la sentenza del Tribunale di Bari numero 5801/2013, che - rilevato il difetto di legittimazione passiva di U.B.R. - ha accolto l’appello da questa fatto valere avverso la sentenza del Giudice di pace di Modugno. Il giudice di secondo grado, in riforma della sentenza impugnata che aveva rigettato l’opposizione di U. , ha revocato il decreto ingiuntivo e dichiarata infondata la pretesa monitoria fatta valere da S. , titolare dell’omonima ditta, nei confronti di U. , relativa a Euro 1.632, il saldo dovuto per il rifacimento dell’impianto elettrico di un immobile di proprietà di quest’ultima. U.B.R. resiste con controricorso, con cui chiede il rigetto del ricorso. La controricorrente e il ricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis 1 c.p.c., quest’ultimo eccependo l’inammissibilità del controricorso perché uno dei due difensori non risulta iscritto nell’albo dei patrocinanti in cassazione e perché l’atto è carente del requisito di cui all’articolo 366, primo comma, numero 6 c.p.c Il pubblico ministero - il Sostituto Procuratore Generale Luigi Salvato - ha depositato le sue conclusioni scritte con cui chiede il rigetto del ricorso. Considerato che Il ricorso è articolato in due motivi il primo lamenta omesso esame di più fatti decisivi della causa, violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. e 1180 c.c., nullità della sentenza per motivazione apparente il secondo denuncia omesso esame di un fatto decisivo, violazione e falsa applicazione degli articolo 345, 115, 116 c.p.c I due motivi, tra loro correlati, possono essere trattati congiuntamente. Essi attaccano la decisione impugnata laddove ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della signora U. , dichiarazione che il Tribunale di Bari fonda su una serie di circostanze di fatto l’approvazione del preventivo, i pagamenti, la destinazione dell’attività posta in essere dalla ditta del ricorrente , tutte riconducibili dal punto di vista soggettivo a F.G. , titolare dell’esercizio commerciale in cui i lavori sono stati eseguiti e marito di U.B.R. . Tale ricostruzione in fatto, al di là della invocata violazione di alcune disposizioni sostanziali e processuali, il ricorrente contesta, ritenendola manifestamente erronea, illogica e contraddittoria cfr. le pagg. 15-27 del ricorso , pertanto chiedendo a questa Corte una inammissibile rivalutazione dei fatti. Il ricorso va pertanto rigettato. Circa l’eccezione di inammissibilità del controricorso, essa va respinta. Quanto alla mancata iscrizione di uno dei due difensori nell’albo dei patrocinanti, essa - dato che l’altro difensore, cui è stata conferita procura speciale la cui autografia è stata anche dallo stesso certificata, ha sottoscritto il ricorso - non vizia l’atto secondo la giurisprudenza di questa Corte, in assenza di una espressa volontà della parte circa il carattere congiuntivo del mandato alle liti, è valido il ricorso per cassazione - e quindi pure il controricorso - sottoscritto da due avvocati, di cui uno solo iscritto nell’albo degli avvocati abilitati alla difesa innanzi alle giurisdizioni superiori, atteso che l’avvocato abilitato, apponendo la firma sul ricorso, fa proprio il contenuto dell’atto e ne assume in pieno la paternità e la responsabilità nei riguardi della parte assistita, di controparte e del giudice mentre rimane irrilevante l’altra sottoscrizione Cass. 15011/2006 . Quanto poi alla carenza del requisito di cui all’articolo 366, primo comma, numero 6 c.p.c., essa non è rilevante, trattandosi di requisito - la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda - prescritto appunto per il ricorso, ma che non vale per il controricorso. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.p.r. numero 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 2.000, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali 15% e accessori di legge. Sussistono, ex articolo 13, comma 1-bis del d.p.r. numero 115/2002, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.