L’assegno divorzile non può prescindere dal miglioramento delle condizioni economiche dell’ex moglie

La somma riconosciuta al beneficiario dell’assegno divorzile deve essere tale da consentirgli «di godere di una vita libera e dignitosa» ed il suo ammontare deve tenere conto, tuttavia, della situazione economica del beneficiario stesso.

Così la Corte di Cassazione con sentenza numero 2043/18, depositata il 26 gennaio. Il caso. Il consorte adiva il Tribunale di Roma per ottenere la riduzione dell’assegno di divorzio, stabilito con sentenza in favore dell’ex moglie, in seguito al peggioramento delle proprie condizioni economiche e parallelamente al miglioramento di quelle dell’ex moglie. Il Tribunale e successivamente la Corte d’Appello di Roma, in sede di reclamo, riducevano l’ammontare del suddetto assegno. Avverso la pronuncia della Corte distrettuale l’ex consorte propone ricorso per cassazione denunciando l’errata quantificazione dell’assegno divorzile comunque riconosciuto all’ex moglie il quale, alla luce delle condizioni economiche del ricorrente, avrebbe dovuto essere escluso totalmente oppure ridotto in maggior misura. L’assegno divorzile. Il Supremo Collegio evidenzia che ai sensi della l. numero 898/1970 è consentito modificare le statuizioni assunte in sede di divorzio solamente laddove vi siano giustificati motivi sopravvenuti, ossia in circostanze di fatto sopraggiunte dopo la pronuncia inerente all’assegno. Tuttavia la Suprema Corte, aderendo ad un indirizzo innovativo rispetto a quelli passati, «ha ritenuto non corretto, ai fini dell’ammissibilità dell’assegno di divorzio, il riferimento al tenore di vita pregresso, sostituendolo con quello dell’indipendenza o meglio autosufficienza economica del richiedente». Tale autosufficienza economica deve individuarsi, ad esempio, nel «possesso di redditi di qualsiasi specie», nelle «capacità e le possibilità effettive di lavoro personale», nonché nella «stabile disponibilità di una casa di abitazione». La valutazione del giudice. Nel caso di specie, «può affermarsi che l’autosufficienza economica del coniuge ex moglie è tale da permettergli di godere di una vita libera e dignitosa, e l’assegno va contenuto nella stretta misura in cui tale scopo venga raggiunto» e pertanto, il Giudice «dovrà esaminare gli elementi di fatto innovativi e se, come nella specie, venga richiesto dall’obbligato l’esclusione dell’assegno o la sua riduzione stante tra l’altro il miglioramento della situazione economica del beneficiario , valuterà dapprima se tale miglioramento abbia fatto raggiungere al coniuge una autosufficienza economica in tal caso, in relazione alla domanda, escluderà totalmente l’assegno, altrimenti dovrà procedere ad una nuova quantificazione, considerando gli elementi di fatto innovativi con il raffronto, a questo punto, delle condizioni economiche dei coniugi ». La Corte dunque accoglie il ricorso e cassa con rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 ottobre 2017 – 26 gennaio 2018, numero 2043 Presidente/Relatore Dogliotti Svolgimento del processo C.G. adiva, con rituale ricorso, il Tribunale di Roma per ottenere la riduzione dell’assegno di divorzio, determinato, a favore della moglie P.M.A. . con sentenza della Corte di Appello di Roma in data omissis , stante l’intervenuto peggioramento delle proprie condizioni economiche e il miglioramento di quelle della moglie. Costituitasi, la P. chiedeva rigettarsi la domanda. Il Tribunale, con decreto in data 8/4/2011, riduceva l’assegno di divorzio ad Euro 1600 mensili. Proponeva reclamo il C. . Costituitasi, la P. chiedeva il rigetto del reclamo, proponendo reclamo incidentale per il ripristino nella misura pregressa. La Corte d’Appello di Roma, con decreto in data 09-07-2013, riduceva ulteriormente l’assegno di divorzio ad Euro 1.200,00. Assegnata la causa alla sezione VI civile, il Collegio la rimetteva alla sezione I civile. L’udienza pubblica di discussione si teneva il 10/10/2017. Il Collegio si riconvocava per la camera di consiglio del 17/10/2017, nella quale assumeva la presente decisione. Motivi della decisione Va preliminarmente osservato che il P.G. ha chiesto la rimessione della causa alle sezioni unite di questa Corte, ai sensi dell’articolo 374 comma terzo c.p.c., per cui se la sezione semplice ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette ad esse, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. Tale richiesta viene giustificata, in relazione ad alcune pronunce fortemente innovative della prima sezione civile, in materia di assegno di divorzio, recentemente assunte. Ritiene la Corte di non accogliere l’istanza. La predetta norma, introdotta dal DLgs. numero 40 del 2006, va considerata disposizione di natura ordinamentale più che processuale, nonostante sia contenuta nel codice di rito civile, in quanto disciplina i rapporti interni tra sezioni nell’ambito del medesimo organo giudiziario. Ma proprio tale natura, a parere del Collegio, rende operativa la disposizione solo per i principi affermati dalle Sezioni Unite, dopo la sua entrata in vigore, e non per quelli, come nella specie, enunciati anteriormente, per i quali permane il profilo di grande autorevolezza dell’insegnamento delle Sezioni Unite, il punto più alto nella interpretazione e nella nomofilachia, ma non vincolante per le sezioni semplici. Né si potrebbe affermare che l’articolo 374, comma terzo c.p.c., si applichi se, come nel caso che ci occupa, il principio affermato dalle Sezioni Unite sentenze nnumero 11490 e 11492 del 199 , in materia di assegno di divorzio, sia stato da allora seguito costantemente nella successiva giurisprudenza delle sezioni semplici. La predetta norma si riferisce solo al pronunciamento delle Sezioni Unite, essendo del tutto ininfluente che il principio sia stato o meno seguito nel prosieguo. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli articolo 5 e 9 L. numero 898 del 1970 e successive modifiche, nonché dell’articolo 2697, secondo comma, c.c. e degli articolo 112, 115 e 116 c.p.c., sui presupposti della modifica della condizione di divorzio, con riferimento all’ammissibilità dell’assegno e alla sua quantificazione, alla luce del peggioramento delle sue condizioni economiche, con il passaggio al trattamento di quiescenza, e del miglioramento di quelle della moglie, a seguito di accettazione di eredità. Con il secondo, violazione degli articolo 112 c.p.c. e vizio di motivazione della sentenza impugnata, con riguardo alla richiesta del ricorrente di blocco della rivalutazione ISTAT sull’importo dell’assegno dovuto, correlata al blocco ex lege della rivalutazione della sua pensione per gli anni 2012 e 2013. Il C. chiede conclusivamente l’esclusione totale dell’assegno o in subordine un’ulteriore riduzione. Considerando il primo motivo del ricorso, va precisato che, ai sensi dell’articolo 9 L. 898 del 1970, possono modificarsi le statuizioni assunte in sede di divorzio per il coniuge e per i figli, qualora sopravvengano giustificati motivi, che l’interpretazione giurisprudenziale ha sempre individuato in circostanze di fatto verificatesi dopo la pronuncia nella specie, trattandosi di Assegno, circostanze tali da alterare l’assetto dei rapporti economici, disposto dal giudice del divorzio per tutte. Cass. numero 22505 del 2010 14.143 del 2014, 7887 de12017 . In assenza di tali circostanze nuove, la sentenza di divorzio anche riguardo all’assegno a favore del coniuge fa stato tra le parti, con il passaggio ingiudicato basti pensare all’orientamento consolidato, per cui la successiva delibazione di sentenza ecclesiastica di annullamento del matrimonio non incide sulla determinazione delle statuizioni economiche assunte in sede di divorzio tra le altre Cass. numero 3345 del 1997 12982 del 2008 . Questa Corte, con un indirizzo fortemente innovativo e ormai ampiamente consolidato al riguardo, tra le altre, Cass. numero 11504 del 2017 11538 del 2017 , ha ritenuto non corretto, ai fini dell’ammissibilità dell’assegno di divorzio, il riferimento al tenore di vita pregresso, sostituendolo con quello dell’indipendenza o meglio autosufficienza economica del richiedente. Questo Collegio condivide e fa proprie argomentazioni e giustificazioni del nuovo orientamento, che individua, altresì, l’autosufficienza economica in alcuni specifici parametri. cui dovrebbe richiamarsi la giurisprudenza di merito, adeguandoli alla concreta fattispecie dedotta il possesso di redditi di qualsiasi specie, di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri imposti e del costo della vita nel luogo di residenza le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale la stabile disponibilità di una casa di abitazione, salvo ovviamente altri elementi che potranno rilevare nelle singole fattispecie. Come si vede, le variabili sono molte numerose per un adeguamento il più possibile efficace alla situazione concreta. In tal senso, si potrebbe fin d’ora escludere pericolosi automatismi ad es. multipli della pensione sociale o simili che renderebbero autosufficienza o non autosufficienza identiche sempre a se stesse ed uguali per tutti. Il coniuge richiedente l’assegno non può riguardarsi come una entità astratta, ma deve considerarsi come singola persona nella sua specifica individualità. Per di più, una volta superato il vaglio dell’ammissibilità dell’assegno, ed accertando la non autosufficienza economica del richiedente e l’impossibilità di ottenere mezzi adeguati per ragioni oggettive , sicuramente potrebbero venire in considerazione i vari profili indicati dalla norma per la quantificazione dell’assegno, tali eventualmente da condurre ad una elevazione dell’importo ragioni della decisione, contributo alla formazione del patrimonio familiare e personale dei coniugi, durata del matrimonio . Conclusivamente può affermarsi che l’autosufficienza economica del coniuge è tale da permettergli di godere di una vita libera e dignitosa, e l’assegno va contenuto nella stretta misura in cui tale scopo venga raggiunto. Per quanto si è detto precedentemente, il nuovo orientamento non può sicuramente considerarsi come elemento giustificante la modifica del regime economico del divorzio. E tuttavia il profilo dell’autosufficienza dovrà essere tenuto in considerazione dal giudice cui sia richiesta la modifica delle condizioni di divorzio in relazione all’assegno. Questi dovrà esaminare gli elementi di fatto innovativi e se, come nella specie, venga richiesto dall’obbligato l’esclusione dell’assegno o la sua riduzione stante tra l’altro il miglioramento della situazione economica del beneficiario valuterà dapprima se tale miglioramento abbia fatto raggiungere al coniuge una autosufficienza economica in tal caso, in relazione alla domanda, escluderà totalmente l’assegno, altrimenti dovrà procedere ad una nuova quantificazione,considerando gli elementi di fatto innovativi con il raffronto, a questo punto, delle condizioni economiche dei coniugi . Nella specie, il giudice a quo ha precisato che, da un lato, l’obbligato ha visto ridotto il suo reddito intorno al 40% o più, ed è pure migliorata la situazione della beneficiaria dell’assegno,che è divenuta proprietaria esclusiva di un altro appartamento per via ereditaria, mentre in precedenza era soltanto comproprietaria della casa coniugale, venduta dai coniugi per l’importo complessivo di Euro 700.000,00 suddiviso tra essi, anche se la moglie ha dovuto pagare al marito 45.000,00 Euro per indennità di occupazione ed è previsto a suo carico un conguaglio di Euro 145.000,00 da corrispondere al fratello in ordine alla divisione immobiliare. Si tratta di valutazioni di fatto che ovviamente non competono a questa Corte. In accoglimento del primo motivo del ricorso, per quanto di ragione, rimanendo assorbito il secondo motivo, va cassato il provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che procederà, come sopra indicato, alla valutazione dell’autosufficienza della P. , in relazione al suo miglioramento economico, escludendo in tal caso l’assegno, ovvero se la non autosufficienza permanga, procederà alla quantificazione ed eventuale riduzione dell’assegno stesso. La Corte di Appello pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie nei termini di cui in motivazione il ricorso cassa il decreto impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione. che pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’articolo 52 d.lgs 196/03. in quanto imposto dalla legge.