Vigilantes in gonnella ma distratta: non comunica il nuovo domicilio, mancato rinnovo del porto d’armi

Non aver comunicato il cambiamento di domicilio legittima il mancato rinnovo della licenza per porto d'armi. La qualità di guardia giurata, infatti, non conferisce al soggetto il diritto di andare armato senza dover denunciare l’arma, ai sensi degli articolo 38 del TULPS e 58 del regolamento, essendo tale diritto configurabile solo in capo a coloro, indicati dalla legge, che hanno diritto di andare armati senza previa acquisizione della licenza di porto d’armi, e tra questi non rientra certamente la guardia giurata.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza numero 4368/2016 del 19 ottobre. Guardie giurate non incluse tra i soggetti esentati. In sostanza, il comma 2 dell’articolo 38 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, numero 773, elenca le categorie esentate dal relativo obbligo introdotto dal precedente comma 1 [a i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate, per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo b i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche c le persone che per la loro qualità permanente hanno diritto ad andare armate, limitatamente però al numero ed alla specie delle armi loro consentite] e tra questi non risultano annoverate le guardie giurate. E’ infatti da escludere, come rilevato dal Tar, che le guardie giurate possano farsi rientrare nella lett. c del comma 2, e la conferma è nel regolamento al succitato TU, approvato con r.d. 6 maggio 1940, numero 635, che all’articolo 73 elenca i soggetti Capo di Polizia, Prefetti e vice Prefetti, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ecc. cui è consentito di «portare senza licenza le armi» solo una espressa disposizione normativa può integrare tale elenco tassativo ciò che è avvenuto per i magistrati ordinari con l’articolo 77 della legge 21 febbraio 1990, numero 36, e per quelli amministrativi e contabili con l’articolo 21 della legge 11 luglio 2000, numero 205 . Non sono quindi obbligati a presentare la denuncia unicamente le categorie cui la legge consente di andare armati, in considerazione delle funzioni svolte o per difesa personale. Le guardie giurate non solo non sono incluse tra i soggetti esentati dall’articolo 73 del regolamento al TU di pubblica sicurezza, ma devono, ai sensi del comma 2 dell’articolo 138 del TU di pubblica sicurezza, munirsi del porto d’armi.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 13 – 19 ottobre 2016, numero 4368 Presidente/ Estensore Maruotti Fatto e diritto 1. Con decreto numero 3759 del 7 marzo 2013, la Prefettura di Catanzaro ha respinto l’istanza di rinnovo della licenza di porto di pistola a tassa ridotta presentata dall’appellante, guardia giurata in servizio presso l’Istituto di vigilanza privata notturna e Diurna s.r.l. di Catanzaro, già titolare del ‘decreto di approvazione delle guardie particolari giurate’. Il diniego è stato emanato, pur essendo stato riconosciuto alla appellante, come in passato, il requisito della ‘buona condotta’, sulla base di una duplice motivazione, e cioè per essere stata deferita, in data 16 aprile 2012, all’Autorità giudiziaria per il reato di omessa, ripetuta denuncia di un’arma comune per cambio di domicilio, in violazione degli articolo 38 del t.u. l.p.s. e 58 del reg. di pubblica sicurezza, e per i rapporti con familiari strettissimi, seppure non conviventi, gravati da rilevanti precedenti di polizia. 2. Con il ricorso numero 768 del 2013 proposto al Tar per la Calabria, Sede di Catanzaro , l’interessata ha impugnato tale diniego, chiedendone l’annullamento, sul rilievo che la stessa Prefettura, con decreto numero 3756 dello stesso 7 marzo 2013, aveva ritenuto sussistenti i requisiti per il rinnovo del decreto di guardia particolare giurata. Il Tar, con l’ordinanza numero 365 del 22 luglio 2013, ha sospeso gli effetti del provvedimento impugnato ai fini del riesame. Di conseguenza la Prefettura di Catanzaro, riesaminata l’istanza della interessata, ha rinnovato per un biennio la licenza del porto di pistola. Con la sentenza numero 456 del 20 marzo 2014, il Tar ha respinto il ricorso, preliminarmente rilevando che l’ulteriore provvedimento dalla Prefettura non ha fatto venire meno l’interesse ad una decisione di merito, essendo stato adottato in mera esecuzione della misura cautelare concessa. Nel merito, il Tar ha affermato che, re melius perpensa rispetto a quanto sostenuto in fase cautelare, la qualità di guardia giurata non conferisce al soggetto il diritto di andare armato senza dover denunciare l’arma, ai sensi degli articolo 38 del t.u.p.s. e 58 del regolamento, essendo tale diritto configurabile solo in capo a coloro, indicati dalla legge, che hanno diritto di andare armati senza previa acquisizione della licenza di porto d’armi, e tra questi non rientra certamente la guardia giurata. Il Tar ha ritenuto assorbente l’effettiva sussistenza di questa prima ragione giustificativa del decreto di rigetto dell’istanza di porto d’armi. 3. Con l’appello in esame, notificato il 5 giugno 2014 e depositato il successivo 3 luglio, l’interessata ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia accolto, deducendo l’erroneità della sentenza che ha escluso che anche la guardia giurata benefici delle deroghe sul porto d’armi previste dai sopra citati articoli del t.u.l.p.s. e del relativo regolamento. 4. Si sono costituiti il giudizio l’Ufficio territoriale del Governo di Catanzaro ed il Ministero dell’interno. 5. Alla pubblica udienza del 13 ottobre 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione. 6. Ritiene la Sezione che l’appello è infondato e va respinto, poiché è condivisibile la ricostruzione normativa operata dal giudice di primo grado, secondo cui tra i soggetti esentati dall’obbligo di denunciare il possesso di armi non rientrano le guardie giurate. Il comma 2 dell’articolo 38 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, numero 773, elenca infatti le categorie esentate dal relativo obbligo introdotto dal precedente comma 1 [a i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate, per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo b i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche c le persone che per la loro qualità permanente hanno diritto ad andare armate, limitatamente però al numero ed alla specie delle armi loro consentite] e tra questi non risultano annoverate le guardie giurate. E’ infatti da escludere, come rilevato dal Tar, che le guardie giurate possano farsi rientrare nella lett. c del comma 2, e la conferma è nel regolamento al succitato t.u., approvato con r.d. 6 maggio 1940, numero 635, che all’articolo 73 elenca i soggetti Capo di Polizia, Prefetti e vice Prefetti, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ecc. cui è consentito di «portare senza licenza le armi» solo una espressa disposizione normativa può integrare tale elenco tassativo ciò che è avvenuto per i magistrati ordinari con l’articolo 77 della legge 21 febbraio 1990, numero 36, e per quelli amministrativi e contabili con l’articolo 21 della legge 11 luglio 2000, numero 205 . Non sono quindi obbligati a presentare la denuncia unicamente le categorie cui la legge consente di andare armati, in considerazione delle funzioni svolte o per difesa personale. Le guardie giurate non solo non sono incluse tra i soggetti esentati dall’articolo 73 del regolamento al t.u. di pubblica sicurezza, ma devono, ai sensi del comma 2 dell’articolo 138 del t.u. di pubblica sicurezza, munirsi del porto d’armi. L’accertata sussistenza di tale ragione ostativa al rinnovo del porto d’armi ha carattere assorbente, sicché non rileva in questa sede esaminare la seconda ragione posta a base dell’impugnato diniego cioè i rapporti della interessata con familiari strettissimi, seppure non conviventi, gravati da rilevanti precedenti di polizia . 7. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza del Tar. Le spese del secondo grado di giudizio, secondo la regola della soccombenza, vanno poste a carico della parte appellante e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza respinge l’appello numero 5661 del 2014. Condanna l’appellante alle spese del secondo grado di giudizio, che liquida in euro 1.000 euro mille . Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.