Giudizio immediato e facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova

L’articolo 456, comma 2, c.p.p. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova.

La questione. Sul tema la Corte Costituzionale con la sentenza numero 19/20 depositata il 14 febbraio, decidendo sulla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 456, comma 2, c.p.p. nella parte in cui non prevede che il decreto di giudizio immediato debba contenere l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Secondo il giudice rimettente, la disciplina sarebbe in constato con l’articolo 24 Costi in quanto dall’omesso avviso nel decreto di giudizio immediato della facoltà di formulare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova entro 15 giorni dalla notifica dello stesso deriverebbe «una lesione irreparabile del diritto di difesa» dell’imputato, al quale non verrebbe «offerta la possibilità di conoscere il suo diritto di accedere a tale rito alternativo» nei «rigidi termini decadenziali». Viene dunque dedotta l’irragionevolezza della disparità di trattamento creata dalla disposizione tra il regime della facoltà dell’imputato di chiedere il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p., di cui deve essere dato avviso a pena di nullità nel decreto di giudizio immediato, e il diverso trattamento riservato alla facoltà di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’articolo 464-bis c.p.p., per la quale la disposizione censurata non prevede alcun obbligo di avviso. Illegittimità costituzionale. La Consulta ricorda in primo luogo che «la sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui agli articolo 168-bis e seguenti del codice penale, si configura come un istituto di natura sia sostanziale, laddove dà luogo all’estinzione del reato, sia processuale, consistente in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio». Di conseguenza, «quando il termine entro cui chiedere i riti alternativi è anticipato rispetto alla fase dibattimentale, sicché la mancanza o l’insufficienza del relativo avvertimento può determinare la perdita irrimediabile della facoltà di accedervi, “[l]a violazione della regola processuale che impone di dare all’imputato esatto avviso della sua facoltà comporta [ ] la violazione del diritto di difesa” sentenza numero 148/04 ». Tale conclusione viene dunque ribadita anche con riferimento alla questione sollevata nel caso di specie. L’articolo 456, comma 2, c.p.p. viene in conclusione dichiarato costituzionalmente illegittimo «nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Ne discende – come già da tempo precisato da questa Corte con riferimento all’omesso o inesatto avviso della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato nel decreto che dispone il giudizio immediato sentenza numero 148/04 , e come esattamente ritenuto dal giudice a quo – che l’omissione dell’avviso qui in considerazione non potrà che integrare una nullità di ordine generale ai sensi dell’articolo 178, comma 1, lett. c , c.p.p.».

Corte Costituzionale, sentenza 30 gennaio – 14 febbraio 2020, numero 19 Presidente Cartabia – Redattore Viganò Ritenuto in fatto 1.– Con ordinanza del 25 marzo 2019 il Tribunale militare di Roma, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli articolo 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 456, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il decreto di giudizio immediato debba contenere l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. 1.1– Il rimettente espone di essere chiamato a pronunciarsi sulla colpevolezza di un soggetto imputato dei reati – continuati e pluriaggravati – di allontanamento illecito e falso in foglio di via, previsti rispettivamente dagli articolo 147, primo comma, e 220 del codice penale militare di pace, a seguito dell’emissione da parte del giudice per le indagini preliminari, il 6 dicembre 2018, di un decreto di giudizio immediato, privo dell’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Il 1° marzo 2019 il difensore dell’imputato aveva formulato istanza scritta di rimessione nel termine per chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Alla prima udienza, svoltasi il 19 marzo 2019, l’imputato aveva reiterato la richiesta di essere messo alla prova, producendo la propria istanza all’Ufficio esecuzione penale esterna UEPE , presentata il 13 marzo 2019, di elaborare un programma di trattamento ai sensi dell’articolo 464-bis cod. proc. penumero , nonché la disponibilità di una ONLUS ad accoglierlo per lo svolgimento di un lavoro di pubblica utilità. Sempre nel corso della prima udienza, l’imputato aveva eccepito la nullità del decreto di giudizio immediato, perché privo dell’avviso della facoltà di chiedere la messa alla prova, ravvisando in ciò una nullità di ordine generale ai sensi dell’articolo 178, comma 1, lettera c , cod. proc. penumero Secondo l’imputato, una tale soluzione si sarebbe imposta nonostante la mancata menzione espressa dell’obbligatorietà di tale avviso nell’articolo 456 cod. proc. penumero , omissione cui dovrebbe porsi rimedio mediante una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, prospettandosi altrimenti un dubbio di illegittimità costituzionale della norma medesima. Il giudice, ritenendo non praticabile la proposta interpretazione conforme, stante il silenzio dell’articolo 456 cod. proc. penumero , ha tuttavia sollevato le questioni di legittimità costituzionale nei termini sopra riferiti. 1.2.– Tali questioni sarebbero, anzitutto, rilevanti. Verificata infatti la concreta e non meramente ipotetica intenzione dell’imputato di accedere alla messa alla prova, alla luce dell’istanza all’UEPE e della documentazione prodotta in udienza dallo stesso imputato, assieme alla sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 168-bis del codice penale, il giudice a quo sottolinea come dall’eventuale accoglimento delle questioni deriverebbe la possibilità di dichiarare la nullità del decreto di giudizio immediato, con conseguente rimessione in termini dell’imputato per beneficiare della sospensione del procedimento con messa alla prova. 1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il giudice a quo ritiene che la disciplina di cui all’articolo 456, comma 2, cod. proc. penumero – ove si prevede che il decreto di giudizio immediato contenga l’avviso relativo alla facoltà per l’imputato di chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena ex articolo 444 cod. proc. penumero , ma non anche l’avviso circa la facoltà di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova – introduca una disparità di trattamento «irragionevole e contrastante con il parametro dell’articolo 3 Cost., atteso che tutti i procedimenti sopra indicati hanno la medesima natura di procedimenti speciali [] e si pongono come riti alternativi all’ordinario giudizio dibattimentale». 1.4.– Secondo il rimettente, la disciplina in parola violerebbe altresì l’articolo 24 Cost., in quanto dall’omesso avviso nel decreto in questione della facoltà di formulare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova entro quindici giorni dalla notifica dello stesso deriverebbe «una lesione irreparabile del diritto di difesa» dell’imputato, al quale non verrebbe «offerta la possibilità di conoscere il suo diritto di accedere a tale rito alternativo» nei «rigidi termini decadenziali» stabiliti dall’articolo 458, comma 1, cod. proc. penumero , richiamato dall’articolo 464-bis, comma 2, cod. proc. penumero Ricorda in proposito il rimettente che questa Corte «ha già avuto modo di affermare che la richiesta di riti alternativi costituisce una modalità di esercizio del diritto di difesa, che sarebbe leso ove ne fosse preclusa la possibilità per mancanza del rituale avviso della facoltà di accedere a tali riti» è citata la sentenza numero 497 del 1995 . Il rimettente osserva inoltre che questa Corte, in passato, pur dichiarando l’infondatezza nei sensi di cui in motivazione di una questione relativa alla stessa norma oggi censurata, ha statuito che «[l]’effettivo esercizio della facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce [] una delle più incisive forme di “intervento” dell’imputato, cioè di partecipazione “attiva” alle vicende processuali, con la conseguenza che ogni illegittima menomazione di tale facoltà, risolvendosi nella violazione del diritto sancito dall’articolo 24, secondo comma, Cost., integra la nullità di ordine generale sanzionata dall’articolo 178, comma 1, lettera c , cod. proc. penumero » è citata la sentenza numero 148 del 2004 . Rammenta infine il rimettente come la questione della compatibilità dell’articolo 456, comma 2, cod. proc. penumero sia stata di recente sottoposta a questa Corte, ma non sia stata esaminata nel merito solamente in ragione dei vizi di inammissibilità che affliggevano l’ordinanza di rimessione è citata l’ordinanza numero 85 del 2018 . 2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio. Considerato in diritto 1.– Il Tribunale militare di Roma, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli articolo 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 456, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il decreto di giudizio immediato debba contenere l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Il rimettente lamenta, innanzitutto, l’irragionevolezza della disparità di trattamento creata dalla disposizione censurata tra il regime garantista della facoltà dell’imputato di chiedere il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena ex articolo 444 cod. proc. penumero , di cui deve essere dato avviso a pena di nullità nel decreto di giudizio immediato, e il diverso trattamento riservato alla facoltà di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’articolo 464-bis cod. proc. penumero , per la quale la disposizione censurata non prevede alcun obbligo di avviso. Una simile differenza di disciplina sarebbe irragionevole alla luce della considerazione che, in tutti questi i casi, sarebbe in gioco il diritto dell’imputato di chiedere di essere ammesso a procedimenti speciali con effetti premiali, alternativi all’ordinario giudizio dibattimentale. Dall’omesso obbligo di avviso, nel decreto di giudizio immediato, dell’ulteriore facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, deriverebbe altresì la violazione del diritto di difesa, in ragione del rischio per l’imputato di incorrere nei termini di decadenza derivanti dal combinato disposto degli articolo 464-bis, comma 2, e 458, comma 1, cod. proc. penumero – rischio, peraltro, avveratosi nel giudizio a quo –, con la conseguente perdita irrimediabile della facoltà di richiedere un rito alternativo. 2.– La questione posta in riferimento all’articolo 24 Cost. è fondata. 2.1.– La sospensione del procedimento con messa alla prova può essere richiesta dall’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, già nella fase delle indagini preliminari previa formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero . Per la richiesta formulata dopo la chiusura delle indagini preliminari, l’articolo 464-bis, comma 2, cod. proc. penumero contempla termini finali diversificati in ragione dei diversi riti, termini che coincidono con quelli previsti per il giudizio abbreviato e per il patteggiamento, e che nel giudizio immediato sono di quindici giorni dalla notifica del relativo decreto articolo 464-bis, comma 2, e 458, comma 1, cod. proc. penumero . Da queste due disposizioni del codice di rito deriva anche che, in caso di mancata presentazione entro tale termine della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, l’imputato decade dalla relativa facoltà. 2.2.– Come già più volte affermato da questa Corte, la sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui agli articolo 168-bis e seguenti del codice penale, si configura come un istituto di natura sia sostanziale, laddove dà luogo all’estinzione del reato, sia processuale, consistente in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio sentenze numero 131 del 2019, numero 91 del 2018, numero 201 del 2016 e numero 240 del 2015 . La giurisprudenza costituzionale è, altresì, costante nell’affermare, come ricordato dal rimettente, che la richiesta di riti alternativi «costituisce anch’essa una modalità, tra le più qualificanti sentenza numero 148 del 2004 , di esercizio del diritto di difesa» ex plurimis, sentenze numero 201 del 2016 e numero 237 del 2012 nello stesso senso, sentenze numero 219 del 2004 e numero 497 del 1995 . Da tali premesse questa Corte ha tratto la conclusione per cui, «quando il termine entro cui chiedere i riti alternativi è anticipato rispetto alla fase dibattimentale, sicché la mancanza o l’insufficienza del relativo avvertimento può determinare la perdita irrimediabile della facoltà di accedervi, “[l]a violazione della regola processuale che impone di dare all’imputato esatto avviso della sua facoltà comporta [ ] la violazione del diritto di difesa” sentenza numero 148 del 2004 » sentenza numero 201 del 2016 . 2.3.– La medesima conclusione deve essere ribadita con riferimento alla presente questione. Come nel procedimento per decreto, oggetto della sentenza numero 201 del 2016 da ultimo citata, anche nel giudizio immediato il termine entro cui chiedere i riti alternativi a contenuto premiale è anticipato rispetto al dibattimento, così che l’eventuale omissione del relativo avviso può «determinare un pregiudizio irreparabile, come quello verificatosi nel giudizio a quo, in cui l’imputato [], non essendo stato avvisato, ha formulato la richiesta in questione solo nel corso dell’udienza dibattimentale, e quindi tardivamente» sentenza numero 201 del 2016 . Tali affermazioni non possono che essere ribadite in riferimento alla disciplina delineata dall’articolo 456, comma 2, cod. proc. penumero , il quale va dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Ne discende – come già da tempo precisato da questa Corte con riferimento all’omesso o inesatto avviso della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato nel decreto che dispone il giudizio immediato sentenza numero 148 del 2004 , e come esattamente ritenuto dal giudice a quo – che l’omissione dell’avviso qui in considerazione non potrà che integrare una nullità di ordine generale ai sensi dell’articolo 178, comma 1, lettera c , cod. proc. penumero 3.– Resta assorbita la censura relativa all’articolo 3 Cost. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 456, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova.