Licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto al riassetto organizzativo e al contenimento dei costi questa la tesi improbabile prospettata dalla parte datoriale. Le vere ragioni della scelta sembrano piuttosto legate ad attriti personali con il dipendente. Doveroso, quindi, procedere alla reintegra.
Questa la vicenda affrontata dalla Sezione Lavoro della Cassazione nella sentenza numero 15258/12 del 12 settembre. L’antefatto. La Corte di Appello di Brescia accoglieva l’impugnazione proposta da un uomo, il quale otteneva l’annullamento del licenziamento e la reintegra nonché la corresponsione delle mensilità maturate nel lasso di tempo post licenziamento nella società ove prestava servizio. Ricorreva per cassazione la parte datoriale, argomentando la presenza di un giustificato motivo oggettivo, incentrato su necessità di risparmio e di riorganizzazione del settore. Su chi grava l’onere probatorio? In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo – nella cui nozione rientra l’ipotesi di riassetti miranti a una gestione più economica dell’azienda, purché non pretestuosi ma funzionali ad affrontare situazioni non contingenti – è a carico dell’imprenditore l’onere della prova, sia delle effettive ragioni poste a fondamento del licenziamento, sia della impossibilità di impiego del dipendente nell’ambito del panorama aziendale ex multis, Cass. nnumero 10527/96 13021/01 7717/03 . Libera iniziativa economica. Le scelta datoriale dei criteri di gestione dell’impresa articolo 41 Cost. è insindacabile , in generale, dal giudice, il quale tuttavia è tenuto a vagliare sulla reale sussistenza del motivo addotto in caso di riscontro di atti pretestuosi a monte del riassetto organizzativo o di riparto incongruo tra gli uffici, scatta l’addebito. Parlano i numeri. Dall’esame della Corte territoriale è emerso come l’unico licenziamento fosse caduto su un lavoratore con cui si erano sprecati attriti e vivaci scambi di vedute, mentre sull’organico di 70 dipendenti – certo un numero non esiguo – nessun altro ha dovuto abbandonare la scrivania. Per di più non vi era stata la dismissione dell’intero settore dove l’uomo era prima impiegato, anzi lì l’attività continuava a fervere. Mancano, insomma, le esigenze tecnico economiche dedotte dal datore e la valide ragioni che avrebbero potuto giustificare il sacrificio della posizione del controricorrente. Il gravame viene perciò rigettato.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 maggio – 12 settembre 2012, numero 15258 Presidente Lamorgese – Relatore Tricomi Svolgimento del processo 1. La Corte d'Appello di Brescia, con la sentenza numero 433/06 del 22 febbraio 2007, accoglieva l'impugnazione proposta da S.R. nei confronti della società FIBER spa in ordine alla sentenza numero 351/2005 emessa dal Tribunale di Bergamo e, in riforma di quest'ultima, dichiarava illegittimo il licenziamento irrogato dalla società FIBER spa nei confronti del lavoratore, ordinando l'immediata reintegra del medesimo e la corresponsione delle mensilità globali di fatto maturate dal licenziamento alla data della reintegra, oltre interessi e rivalutazione. 2. Il lavoratore aveva adito il Tribunale per sentir dichiarare l'illegittimità del licenziamento intimatogli il 17 aprile 2003 per giustificato motivo oggettivo, a suo avviso insussistente, e la condanna alla riassunzione e al risarcimento del danno ex articolo 18 della legge numero 300 del 1970. Il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda. 3. Per la cassazione della suddetta sentenza resa in grado di appello ricorre la FIBER spa con un articolato motivo di ricorso. 4. Resiste con controricorso il S. . Motivi della decisione 1. Occorre premettere, in fatto, che la FIBER procedeva al licenziamento del S. per giustificato motivo oggettivo legato alla riorganizzazione del settore e alla redistribuzione dell'incarico di responsabile vendite Italia, ricoperto dal medesimo, su altri impiegati, per la necessità di ridurre i costi. 2. Tanto premesso può passarsi all'esame del motivo di ricorso, che è dedotto in uno al prescritto quesito di diritto. 2.1. La ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 della legge numero 604 del 1966, anche in relazione all'articolo 2967 cc. Ad avviso della società la decisione della Corte d'Appello si fonda sulla presunta mancata prova di non poter ricollocare il S. in altre posizioni di lavoro equivalenti e non coinvolte nel processo di riorganizzazione. Ciò tenuto conto di una serie di circostanze l'essere quello del S. , con il quale l'Azienda aveva avuto nel passato alcuni attriti, l'unico licenziamento il permanere del carattere articolato e complesso della struttura commerciale FIBER la possibilità di rinvenire nell'organigramma altri incarichi affini alla professionalità del S. la assunzione dopo l'intervenuto licenziamento di alcuni lavoratori operai, una segretaria, un responsabile dell'ufficio tecnico . Le argomentazioni della sentenza impugnata non sarebbero conformi all'articolo 3 della legge numero 604 del 1966 e alla disciplina del riparto dell'onere della prova nei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Ed infatti, la posizione lavorativa del S. era stata soppressa, e per la stessa non erano state effettuate nuove assunzioni, ma pur in presenza di queste pacifiche circostanze, la Corte d'Appello riteneva che FIBER spa non avesse adempiuto all'onere di provare l'impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni. Sul punto, invece, le testimonianze rese dal teste D. e dal teste F. davano atto di tale impossibilità. Erroneamente, la Corte d'Appello aveva ritenuto che il S. avesse dedotto la possibilità di essere adibito ad altre mansioni, in modo da poter evitare il licenziamento, e che la FIBER non avrebbe provato l'impossibilità di tale ricollocazione. Ed infatti, tale deduzione non era stata effettuata dal S. nei giudizi di merito. La Corte d'Appello avrebbe altresì disatteso il principio secondo cui nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il giudice deve effettuare un controllo circa la reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, senza poter sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa. Il giudice di secondo grado avrebbe, invece, suggerito alcune soluzioni gestionali che potevano ridurre i costi e salvaguardare il posto di lavoro del S. . 2.2. Le censure vengono sintetizzate nel seguente quesito di diritto, articolato in più punti. Se, in caso di mancata allegazione da parte di lavoratore di posizioni di lavoro scoperte allo stesso attribuibili, la società debba provare l'impossibilità di reimpiego dello stesso. Se, nel caso di mancata allegazione da parte del lavoratore circa posizioni di lavoro scoperte che avrebbe potuto ricoprire, l'onere della prova possa ritenersi assolto con la dimostrazione della soppressione delle mansioni assegnate e con la prova della mancata assunzione di altri lavoratori in sostituzione di quello licenziato. Se il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia incompatibile con l'assunzione di altri lavoratori in posizioni diverse da quella soppressa e con inquadramenti contrattuali diversi. 2.3. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato. Lo stesso s'incentra sulla circostanza che il lavoratore non avrebbe dimostrato e neppure allegato la esistenza di posizioni lavorative scoperte che potessero essere a lui attribuite. Occorre premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo - nella cui nozione rientra l'ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell'azienda, purché non pretestuosi o meramente strumentali ad incrementi dei profitti, ma funzionali a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti, le quali influiscono in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed impongano un'effettiva necessità di riduzione dei costi - grava sull'imprenditore l'onere della prova tanto della effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento, quanto dalla impossibilità di impiego del dipendente licenziato nell'ambito dell'organizzazione aziendale ex multis, Cass. numero 10527 del 1996, numero 13021 del 2001, numero 7717 del 2003 . Tanto premesso, si può rilevare rilevare che, proprio con riguardo alla sussistenza delle ragioni oggettive poste a base dei licenziamenti di cui trattasi ed all'assolvimento del conseguente onere probatorio, gravante, come si è ricordato, per legge sulla società, la Corte territoriale ha preso in esame le risultanze istruttorie e, dopo averle complessivamente valutate, è pervenuta alla conclusione della insussistenza delle ragioni obiettive che hanno determinato la Società appellante a recedere dal rapporto con il S. . La Corte d'Appello, in proposito, ricordando, altresì, come l'unico licenziamento era venuto a cadere su un lavoratore con cui si erano verificati attriti e di cui era stato contestato l'operato, ha rilevato che nessun altro licenziamento risultava su un organico di 70 dipendenti, e che, pur essendo stato smantellato come ufficio autonomo quello cui era addetto il S. , era residuata una attività non irrilevante, per cui non vi era stata la dismissione dell'intero settore. Così argomentando, la Corte di merito ha mostrato di adeguarsi all'orientamento giurisprudenziale consolidato secondo il quale nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento è riconducibile anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa e deciso dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo un'effettiva necessità di riduzione dei costi. Tale motivo oggettivo è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'articolo 41 Cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, con la conseguenza che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il lavoratore licenziato, sempre che risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, non essendo, peraltro, necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite ex multis, Cass., numero 21286 del 2006 . Poiché la Corte d'Appello ha escluso, con motivazione non adeguatamente censurata sul punto, la sussistenza delle esigenze tecnico economiche dedotte dal datore di lavoro e che la posizione lavorativa del S. dovesse essere sacrificata per quelle ragioni, viene meno la necessità dell'indicazione da parte del lavoratore dei posti in azienda ai quali potesse essere assegnato, prova che logicamente deve essere data una volta verificata l'effettività delle ragioni giustificatrici della soppressione della posizione lavorativa occupata dal lavoratore licenziato. 4. Il ricorso deve essere rigettato. 5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle speseci giudizio che liquida in Euro 4000 per onorario oltre 40,00 quaranta/00 per esborsi e oltre a spese generali, IVA e CPA.