Se il contribuente non collabora durante le indagini, scattano le preclusioni probatorie

di Leda Rita Corrado

di Leda Rita Corrado *La pronuncia numero 13289 del 17 giugno della Corte di Cassazione presenta tre profili di interesse il primo attiene la preclusione riguardante i documenti sottratti al controllo in sede amministrativa, il secondo l'operatività del contraddittorio endoprocedimentale nell'accertamento sintetico, il terzo la rilevanza dei beni relativi ad attività imprenditoriali ai fini della rettifica del reddito con il metodo sintetico.Il caso. Un contribuente impugnava l'avviso di accertamento con il quale veniva quantificato sinteticamente il reddito del 1995 sulla base del possesso di autovetture, sulla base dei coefficienti contenuti nei decreti ministeriali settembre e 19 novembre 1992, nonché alla luce dell'acquisto di un'azienda e di un immobile nel quinquennio successivo.In giudizio, il contribuente esibiva documenti non prodotti in sede di risposta al questionario. La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso dell'Amministrazione finanziaria, cassa con rinvio la sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto le lagnanze del contribuente.L'atteggiamento non collaborativo del contribuente durante l'indagine fiscale comporta preclusioni probatorie. In base all'articolo 32, comma 4, d.p.r. numero 600/73, le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta . In materia di Iva, analoga disciplina è posta dall'articolo 52, comma 5, d.p.r. 26 ottobre 1972.La Corte Costituzionale ha escluso che il principio di capacità contributiva ex articolo 53 Cost. sia leso da questa disposizione, operante sul piano esclusivamente processuale ordinanza numero 181/2007 .Le condizioni per le preclusioni probatorie richieste specifiche del Fisco ed elemento soggettivo del contribuente. La S.C. ha affermato la ragionevolezza di queste limitazioni al diritto alla prova a condizione che, da un lato, vi sia una specifica richiesta o ricerca da parte dell'Amministrazione finanziaria e che, dall'altro, il contribuente abbia tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio Cass. nnumero 16503/2006 e 19478/2009 . Tale duplice condizione sarebbe in concreto concepibile quasi esclusivamente in riferimento ai documenti di cui è obbligatoria la tenuta . Peraltro, l'inutilizzabilità dei documenti sottratti è temperata dalla possibilità, riconosciuta al contribuente, di dimostrare la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione.Nella sentenza in commento, il Collegio ribadisce la necessità di esaminare l'ammissibilità di ciascun documento prodotto dal contribuente in giudizio, accertandone la conferenza a fini difensivi e la sua eventuale novità rispetto ai documenti eventualmente prodotti in fase istruttoria, nonché, qualora siano state riscontrate effettive rilevanza e novità, stabilendo se l'omessa esibizione possa essere sanzionata con la inutilizzabilità processuale.Nel corso dell'intero giudizio tributario è preclusa al contribuente la produzione di documenti, libri e registri non esibiti durante accessi, ispezioni o verifiche o non trasmessi in risposta agli inviti dell'Amministrazione finanziaria, salva causa a lui non imputabile. Tali documenti non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente che abbia attuato manovre ostruzionistiche in occasione di indagini sul campo o a tavolino . Questa sorta di ritorsione scatta soltanto qualora gli agenti accertatori abbiano formulato richieste specifiche ad esempio individuando l'esistenza dell'emittente del documento o la sua funzione , mentre non è possibile parlare di sottrazione e quindi configurare una responsabilità del contribuente per omessa informazione nel caso in cui sia stata genericamente richiesta l'esibizione di tutta la documentazione utile per l'accertamento , giacché così si precluderebbe di fatto l'utilizzo in giudizio di qualsiasi documento non mostrato in sede endoprocedimentale. Dal lato del contribuente, si richiede la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo manifestato attraverso il rifiuto di esibire documenti che egli ha a propria disposizione o della colpa qualora dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga i documenti in suo possesso, ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per sua negligenza .Le previsioni hanno carattere sanzionatorio Queste previsioni hanno una connotazione latamente sanzionatoria se il contribuente non gioca a carte scoperte ed è reticente, scatta la limitazione all'esercizio del diritto di difesa. Le conseguenze negative operano anche sotto il profilo della valutazione della prova da parte del giudice, posta la rilevanza, nella formazione del suo convincimento, del contegno tenuto dalle parti non solo durante il giudizio ex articolo 116, comma 2, c.p.c., ma anche nel corso del procedimento amministrativo qualora il contribuente non abbia collaborato con l'ufficio durante la fase istruttoria, oppure non abbia diligentemente svolto le proprie difese in tale sede e a condizione che ciò non comporti un apprezzabile sacrificio , da questa sua condotta il giudice può trarre un elemento idoneo a svalutare l'attendibilità dei mezzi di prova da lui offerti durante il giudizio, oppure a rafforzare l'efficacia di quelli presentati ex adverso .ma non sono vessatorie. La scelta del Legislatore non può essere considerata vessatoria nei confronti del contribuente, essendo al contrario caratterizzata da ragionevolezza complessiva la disclosure permette di evitare il contenzioso ogni volta che l'ufficio non emetta l'atto impositivo, valorizzando le informazioni fornite dal contribuente e ritenendone fondate le ragioni. Allorché invece l'Amministrazione finanziaria si ostini a rimanere ferma sulle proprie convinzioni, la posizione in giudizio del contribuente ne uscirà rafforzata tutte le volte in cui egli abbia fornito i documenti richiesti ed abbia cristallizzato le proprie deduzioni difensive in memorie o verbali, l'ufficio procedente dovrà dimostrare che le ragioni e le circostanze allegate dal contribuente sono state prese in considerazione, adeguatamente valutate, nonché ragionevolmente superate, al fine di evitare che l'atto impositivo risulti viziato nella motivazione oppure dal punto di vista probatorio, per essere sprovvisto, anche alla luce dei chiarimenti forniti dal contribuente, del grado minimo di attendibilità richiesto nello specifico contesto conoscitivo. Un altro profilo rilevante è quello delle spese processuali.A ciò si aggiunga che, nel corso del procedimento amministrativo grava su entrambe le parti un obbligo di fair play ovvero - in termini più propriamente giuridici - un dovere di buona fede, qui intesa in senso oggettivo, quale regola di condotta da un lato, l'ufficio procedente deve formulare una richiesta che sia specifica qualità da valutare secondo le caratteristiche del caso concreto , dall'altro, il contribuente deve assumere un comportamento collaborativo e trasparente, anch'esso rispettoso dei canoni di correttezza e diligenza. Esiste quindi una tendenza del sistema a dare rilevanza in giudizio al contegno tenuto da entrambe parti nella fase endoprocedimentale, facendo leva sulla duttilità del principio di buona fede oggettiva, da calibrare sulle particolarità del singolo caso.Così tratteggiata la ratio della disciplina, c'è da osservare che ridotti sono i casi in cui il contribuente ha interesse a differire alla fase processuale la presentazione di documenti occultati durante l'istruttoria a quando la valenza difensiva del documento potrebbe essere vanificata dall'effettuazione di ulteriori e più approfondite indagini da parte dell'Amministrazione finanziaria b quando i documenti, anche se capaci di neutralizzare la specifica contestazione dell'ufficio procedente, potrebbero rivelarsi pregiudizievoli su altri fronti. In entrambe le ipotesi, le indagini amministrative risultano ostacolate dalla presentazione del documento in sede contenziosa, che quindi dovrebbe essere esclusa.Accertamento sintetico e contraddittorio endoprocedimentale. La sentenza in commento presenta un ulteriore profilo di interesse il Collegio, infatti, richiama i principi fissati dalle Sezioni Unite nelle sentenze del Natale 2009 in materia di accertamenti standardizzati, confermando l'obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale anche per le rettifiche fondate sul metodo sintetico.Secondo la giurisprudenza di legittimità, la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema dì presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento , esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte e condiziona la congruità della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attività accertativa siano stati disattesi . Il contribuente ha, nel giudizio relativo all'impugnazione dell'atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall'ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente stesso.Anche i beni dell'impresa rilevano ai fini dell'accertamento sintetico. Come anticipato, il terzo profilo di interesse della sentenza numero 13289 concerne la rilevanza dei beni relativi ad attività imprenditoriali ai fini della rettifica del reddito con il metodo sintetico.Nel caso di specie, la rettifica era stata fondata anche sul rilievo di spese per incrementi patrimoniali, rappresentate dall'acquisto di un'azienda.Il Collegio censura la pronuncia impugnata sia nella parte in cui nega che i beni relativi ad attività imprenditoriali possano essere assunti quali indici di spesa, ritenendo del tutto indifferente il fatto che i decreti ministeriali contenenti il cosiddetto redditometro non contengano alcun riferimento alle aziende.* Giornalista pubblicistaDocumenti correlati Cass. civ. numero 16503/2006 Cass. Civ. numero 19478/2009, entrambe reperibili nella banca dati DeJure