di Francesco, G. Capitani
di Francesco, G. CapitaniRicorreva l'imputato, già sottoposto ad una misura di prevenzione ex l. 575/1965 Disposizioni contro la mafia , avverso la sentenza del Tribunale di primo grado, confermata in Appello, che lo condannava per aver omesso di versare la cauzione comminata alla Cassa delle ammende articolo 3 bis della legge cit. , nonostante avesse asserito di non avere alcuna sostanza economica cui attingere. La Corte di Cassazione, sez. Quinta Penale, numero 39359/2011 depositata il 2 novembre, nel ribaltare quanto disposto, statuiva che Di conseguenza, la materiale impossibilità di adempimento, causata dalla mancanza di disponibilità economiche, può essere fatta valere non solo nel procedimento di prevenzione, in cui costituisce condizione di validità del provvedimento di sottoposizione a cauzione, ma anche nel processo penale ai fini dell'accertamento del reato. Correttamente deve, in definitiva, annullarsi senza rinvio l'impugnata decisione in quanto il fatto ascritto all'odierno ricorrente non costituisce reato per l'inesistenza della coscienza e volontà di non provvedere al chiesto pagamento .Il giudice penale può rivisitare quanto deciso dal giudice della procedura speciale. Gli Ermellini hanno ritenuto che il giudice penale invocato possa determinare nuovi contenuti o nuovi giudizi su quanto da altre autorità statuito, i cui effetti non si riverberano che sui singoli procedimenti attivati, siano essi di natura civile o amministrativa. Hanno dunque, nel caso di cui è discussione, ritenuto di poter fornire una nuova valutazione di insostenibilità economica della misura della cauzione imposta ai sensi dell'articolo 3 bis l. numero 575/1965 a carico dell'imputato, in confronto ai giudici precedentemente invocati che l'avevano ritenuta congrua.Nel caso specifico intercedono due procedimenti distinti. Quello sostanzialmente amministrativo, di cui è competenza del Tribunale penale eletto ai sensi della normativa speciale suddetta. Questo dispone della misura di prevenzione e della eventuale cauzione da corrispondere - confiscabile in caso di trasgressione alle misure medesime -. Nel caso in cui sussistano difficoltà economiche tali da porne a repentaglio l'adempimento, la stessa normativa speciale pone riparo garantendo ultimo comma articolo 3 bis cit. lo spazio per un ricorso/nuovo giudizio di sostenibilità economica che consente di rimodulare la cauzione comminata alle sopravvenute condizioni soggettive dell'imputato. Il giudice penale ordinario giudica invece del fatto - statico - dell'omesso versamento della sanzione, di per sé reato punibile in via contravvenzionale. Ebbene i giudici della Cassazione hanno ritenuto non colpevole l'avvenuto omesso versamento della cauzione, che nella quantità era stata giudicata congrua dal Giudice della misura di prevenzione. Nel caso, la Cassazione ha ammesso l'insussistenza di quel reato per involontarietà dell'inadempimento - data la nullità dichiarata del reddito -, scavalcando il giudizio di congruità emesso dal giudice competente ai sensi della legge speciale numero 575 cit La Corte di legittimità ha agito sulla fattispecie di reato dell'omesso versamento della cauzione - orientandola costituzionalmente sulla colpevolezza ai sensi dell'articolo 27 Cost. - e dunque valorizzandone una lettura di tipo sistemico. Tuttavia ha minato la linearità della procedura prevista dalla legge speciale che nel dettaglio consentiva di prestare alle premure giudiziali le esigenze economiche sopravvenute dell'imputato. In tal modo ha maturato una frattura stavolta di tipo sistematico - ossia di coerenza orizzontale delle normative applicabili -.La chiave di volta è la successione di leggi penali articolo 2 c.p. . A dire della Cassazione, infatti, è stato l'articolo 2 c.p., che consente al Giudice penale di rinnovare valutazioni di merito su questioni affrontate già da altri giudici. Si ripropone il pericolo della contraddittorietà logica/decisoria fra giudicati, nel caso la Cassazione ha ritenuto che bastasse per mandare esente l'imputato da responsabilità penale, una dichiarazione dei redditi pari a zero. Si è trattato dello stesso impietoso dato posto all'esame dei giudici precedentemente aditi, che pure aveva condotto ad un esito giudiziale diametralmente opposto. Al di là del caso specifico, si tratta di incoerenze forse inevitabili, ogni qual volta una ermeneusi costituzionalmente orientata si impone - nella sua forte pregnanza sostanziale - su una miriade di distinte procedure a tenuta stagna - almeno nelle intenzioni del legislatore -, ognuna delle quali in verità singolarmente costretta ad essere letta secondo l'alfabeto costituzionalista.La Cassazione annulla senza rinvio pur in presenza di un fatto poco circostanziato. Discutibile la formula assolutoria utilizzata dagli Ermellini, che hanno disposto l'annullamento senza rinvio della decisione d'appello. I giudici hanno ritenuto, giudicata mancante la colpevolezza del reo, di mandarlo assolto perché il fatto non costituisce reato e ne hanno stimata superflua ogni ulteriore cognizione. Due ulteriori note critiche in primis la formula assolutoria utilizzata non rientra nei canoni dell'articolo 620, primo comma, lett. a, c.p.p., che dispone il non dovuto rinvio nei soli casi di insussistenza tout court del fatto. Inoltre i giudici non hanno rinviato la decisione al giudice d'appello sebbene la circostanza assolutoria - un reddito dichiarato dell'imputato pari a zero - di per sé non costituisca, intuitivamente, un elemento inattaccabile di certezza, per giunta tale da segnare il destino di un accertamento penale giunto alle ultime battute. Sarebbe stato opportuno, a rigor di mera conoscenza del valore delle certificazioni del reddito nella realtà nazionale, disporre una ulteriore istruzione sul fatto reddituale, al fine di poter disinnescare quei paradossali effetti salvifici o agevolativi, qui sotto il profilo degli accertamenti penali, che seguono l'infedeltà dichiarativa in materia fiscale.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 luglio - 2 novembre 2011, numero 39359Presidente Calabrese - Relatore SabeoneRitenuto in fatto1. La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 6 dicembre 2010, ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo del 26 febbraio 2010 con la quale S. F. P. era stato condannato per il reato di omesso versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, ex articolo 3 bis legge 575/65, in quanto soggetto sottoposto a misura di prevenzione.2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando quale unico motivo l'insussistenza del reato per la materiale impossibilità, a cagione della mancanza di redditi, di adempiere al precetto normativa.Considerato in diritto1. Il ricorso è da accogliere con il conseguenziale annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza.2. In punto di diritto, giova premettere come l'impossibilità economica di far fronte all'obbligo di versamento della cauzione imposta, ai sensi dell'articolo 3 bis della L. 31 maggio 1965, numero 575, al soggetto nei cui confronti sia stata applicata una misura di prevenzione, sia deducibile anche nel giudizio penale instaurato a carico dello stesso per il reato costituito dall'inosservanza di detto obbligo e dell'essere, quindi, verificata dal Giudice penale a prescindere dalle verifiche già compiute dal Giudice competente per il procedimento di prevenzione al momento della determinazione della somma da versare v. Cass. Sez. I 24 novembre 2006, numero 39740 .La sentenza impugnata ha fatto, inoltre, applicazione dei principi, in precedenza enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte ma ormai superati da una lettura della norma più attenta ai profili costituzionali, secondo cui il reato previsto dalla indicata normativa si perfeziona al momento della scadenza del termine per la applicazione della cauzione, senza che il sottoposto possa fare valere la esistenza di sopravvenute gravi esigenze personali o familiari che potrebbero invece essere addotte esclusivamente nell'ambito del procedimento di prevenzione ovvero, ai sensi dell'articolo 3 bis, comma 8 della Legge 575/65 in sede di richiesta di revoca, anche parziale, delle misure patrimoniali imposte.Tale orientamento è stato, da tempo, oggetto di rivisitazione critica da parte della giurisprudenza di questa Corte v. da ultimo, Cass. Sez. I 3 marzo 2010 numero 13521 , alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale v. sentenza 1 giugno 1998 numero 218 che, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 bis della Legge 575/65 ha rilevato che, ave si ritenesse che la sanzione potesse essere applicata anche per una omissione sostanzialmente incolpevole a persona non abbiente, si configurerebbe un' inammissibile forma di responsabilità oggettiva.Tale approdo ermeneutico è, inoltre, ritenuto coerente con il disposto degli articoli 2 e 3 c.p.p., in base ai quali il Giudice penale risolve ogni questione da cui dipenda la decisione, salvo che si tratti di una questione pregiudiziale, relativa allo stato di famiglia o alla cittadinanza.Di conseguenza, la materiale impossibilità di adempimento, causata da mancanza di disponibilità economiche, può essere fatta valere non solo nel procedimento di prevenzione, in cui costituisce condizione di validità del provvedimento di sottoposizione a cauzione, ma anche nel processo penale ai fini dell'accertamento del reato.A quest'ultimo proposito occorre ulteriormente precisare come la valutazione della impossibilità di adempimento sia correlata all'onere dell'imputato di dimostrare la indisponibilità economica non preordinata ne' colposamente determinata v. Cass. Sez. V 23 giugno 2004 numero 31746 e 13 luglio 2007 numero 32615 e, comunque, all'allegazione di specifici elementi giustificativi dell'inadempimento, così da mettere il Giudice in grado di controllare la loro sussistenza con riguardo a tutte le presumibili fonti di reddito dell'interessato.3. Nella specie, questa volta in fatto, la Corte territoriale pur dando atto della presentazione da parte dell'imputato di una istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato v. pagina 2 della motivazione , peraltro accolta dal Tribunale di Palermo, non ne ha tratto le logiche determinazioni in merito all'insussistenza dell'ascritto reato.Ciò in quanto, da un lato, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato richiede un reddito insufficiente del richiedente nella specie pari a zero e, d'altra parte, sulla base del mutato indirizzo giurisprudenziale di cui prima si è fatto cenno, tale situazione costituisce sicuro indice dell'impossibilità dell'imputato di far fronte al pagamento delle somme dovute alla Cassa delle Ammende in quanto soggetto cui è stata applicata una misura di prevenzione.Correttamente deve, in definitiva, annullarsi senza rinvio l'impugnata decisione in quanto il fatto ascritto all'odierno ricorrente non costituisce reato per l'inesistenza della coscienza e volontà di non provvedere al chiesto pagamento.P.T.M.La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.